I videogiochi cyberpunk per non giocare solo Cyberpunk 2077

Se avete fame di videogiochi cyberpunk, state aspettando oppure avete finito già Cyberpunk 2077, ci sono altri titoli con cui vivere la fantascienza distopica.

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a cura di Valentino Cinefra

Staff Writer

Manca pochissimo all’uscita di Cyberpunk 2077 – ed è arrivata pure una prima recensione sottobanco – quello che probabilmente diventerà il punto di riferimento per quanto riguarda i migliori videogiochi cyberpunk mai usciti, ma la storia videoludica ha visto parecchi esponenti interessanti di questa particolare categoria di narrazione fantascientifica.

Un genere, il cyberpunk, che negli ultimi anni ha avuto un ritorno in auge considerevole per via di tanti prodotti di intrattenimento che hanno tinto da questo immaginario così vasto. Il cyberpunk si è innestato nella cultura pop, proprio come un innesto cybernetico in un corpo umano. Cyberpunk 2077 darà probabilmente un’ultima stoccata, quella definitiva per consacrare il genere almeno nel medium videoludico, dopo i tanti videogiochi cyberpunk che abbiamo visto nel corso della storia.

La storia curiosa riguardo l’ultimo, gargantuesco, lavoro di CD Projekt RED è la sua matrice. Ormai lo sapete, perché la parola “ispirato al gioco di ruolo cartaceo” è ormai diventata un mantra per parlare di Cyberpunk 2077, ma il team polacco è stato fan di Cyberpunk 2020, seminale gioco di ruolo di Mike Pondsmith che ha dato il via ad una piccola rivoluzione negli anni ’90 quando uscì sul mercato. Gioco che, tra l’altro, è tornato di recente con Cyberpunk Red edito da Need Games per il nostro Paese, nuova versione del gioco ambientata nel 2045 che funge quindi da ponte ideale per la lore del videogioco in uscita il 10 dicembre prossimo.

Videogiochi Cyberpunk-fantasy a Seattle

C’è un altro videogioco che ha avuto la stessa sorte, ed è Shadowrun: Returns. Il titolo è uno strategico a turni uscito nel 2013, ispirato al regolamento dell’omonimo gioco di ruolo cartaceo. La serie ha anche avuto una serie di espansioni, di cui alcune anche standalone, ovvero Shadowrun Dragonfall e Shadowrun Hong Kong. Ed è, al momento, l’esperimento più simile a Cyberpunk 2077 almeno nelle intenzioni. Immaginate di trasportare una classica ambientazione fantasy nel futuro più estremo: questo è in estrema sintesi il concept di Shadowrun.

Un’ambientazione dove la magia è in mano a degli sciamani che lottano per mantenere un contatto con l’elemento più spirituale e “reale” del mondo, mentre le corporazioni lottano tra di loro, la tecnologia prende il sopravvento nella vita di tutti i giorni, un aiuto ma contemporaneamente una condanna, ed i runners vivono la vita sul filo del rasoio tra lotte corporative e rappresaglie tra gang di strada. Il tutto mentre i giocatori possono impersonare protagonisti come nani, troll, mezzorchi, elfi e compagnia bella.

Sebbene, vista così, l’idea di Shadowrun possa essere sospettosamente trash, il fascino dell’ambientazione sta nel fatto che, contrariamente a Night City che è una città fittizia, le vicende si svolgono generalmente a Seattle. Anche, se come suggeriscono i nomi dei DLC, ovviamente vengono esplorate anche altre parti del mondo. E come si fa a dire di no ad un mondo dove il Presidente degli Stati Uniti d’America è un drago rosso sotto mentite spoglie?

Umanità e transumanesimo

Ma, se chiudiamo gli occhi e pensiamo al primo videogioco che ci viene in mente, la serie di Deus Ex è senza dubbio, insieme a System Shock, il nome che salta fuori.

Con Deus Ex: Human Revolution e Deus Ex: Makind Divided in particolare, la saga è riuscita a fare un ulteriore salto di qualità nel trasporre quella che a tutti gli effetti è la summa dell’immaginario cyberpunk. Nella, oggi, sfortunata saga di Eidos si parlava di transumanesimo, in un mondo permeato dalla nanotecnologia dove il tema centrale della narrazione sta appunto nel concetto di uomo che travalica i suoi limiti fisici per diventare qualcosa di nuovo.

Ci sono tanti temi interessanti, molto profondi e raffinati che compariranno anche in Cyberpunk 2077 ovviamente, e recuperare la saga di Eidos oggi rappresenta un ottimo modo per rifarsi gli occhi e nutrire la mente. Ma anche divertirsi di gusto perché, con tutti i suoi limiti, la formula ibrida tra FPS e RPG era qualcosa che all’epoca funzionava particolarmente.

Sigarette e cromature

Parlando invece di quel cyberpunk fatto più di dialoghi profondi, sigarette, alcol e bar di dubbia matrice, un altro titolo da non ignorare è assolutamente The Red Strings Club. Una visual novel (con una bellissima colonna sonora) incentrata su tre personaggi che frequentano l’omonimo bar che dà il nome al titolo, che attraverso dei minigiochi sviluppa e racconta la storia di questi figuri.

Del titolo, una vera gemma indie, colpisce particolarmente il racconto molto umano, la misura calda della narrazione, contrapposta a quella che è a tutti gli effetti un’ambientazione fortemente futuristica, fatta di tecnologia fredda, innesti cybernetici ed un mondo asettico e totalmente impersonale come solo un futuro distopico sa essere.

Ma tra le matrici più interessanti del genere cyberpunk c’è proprio il noir, il racconto dell’uomo che prima di tutto lotta contro sé stesso e le sue pulsioni, i suoi desideri contrapposti a quelli di una società che spesso lo opprime. Per ogni “città da bruciare” c’è un eroe, o per meglio dire un antieroe, in ogni racconto cyberpunk che si rispetti il quale si deve guardare allo specchio e chiedersi cosa è disposto a rischiare per la propria posizione nel mondo.

L'omaggio del Maestro ai videogiochi cyberpunk

A questo proposito è curioso notare come proprio una delle figure più eclettiche del mondo dei videogiochi, ovvero Hideo Kojima, non si sia lasciato sfuggire l’occasione di raccontare il cyberpunk alla sua maniera. Non con la saga di Metal Gear Solid, che dalle ideologie che permeano la narrativa di genere pesca parecchio, ma con Snatcher.

Il titolo è del 1988, ed è stato il secondo videogioco di Kojima. Una visual novel fortemente ispirata a Blade Runner, dall’estetica fino alla trama. Gillian Seed è infatti un detective che va a caccia di cyborg chiamati proprio “Snatcher”, che uccidono gli umani per prenderne il posto e infiltrarsi nella società. Come detto: il Blade Runner videoludico (anche se esiste un videogioco tie-in ufficiale) secondo Kojima. Il videogioco oggi è introvabile ovviamente perché uscì su NEC PC-8801 e MSX 2, arrivando in Europa nel 1994 e solo su SEGA Mega CD, ma se avete modo di smanettare un emulatore e siete curiosi di scoprire com’è, è sicuramente un recupero interessante.

Indagatore del cyber-incubo

Titolo ben più reperibile è Observer System Redux, pubblicato come versione rimasterizzata di Observer lo scorso 10 novembre 2020 da Bloober Team. Il cyberpunk di Observer è interessante, perché punta sull’horror psicologico per raccontare le vicende di un detective nel 2084, il quale si ritrova ad indagare sulla scomparsa di suo figlio. Interpretato tra l’altro da Rutger Hauer, in una delle sue ultime performance prima della sua scomparsa, che di cyberpunk se ne intende con la sua interpretazione del leggendario replicante Roy Batty.

Il detective Lazarski può indagare nei ricordi dei sospettati, cercando di accedere ad informazioni e dati che possano essere utili alla sua ricerca. Ma, ovviamente, anche con la psiche degli stessi, le loro emozioni, paure e traumi che ovviamente mettono a dura prova anche la stabilità psicologica del protagonista. Una lettura veramente affascinante del genere cyberpunk, che va recuperata per avere un bellissimo spaccato di quello che può essere l’archetipo dell’indagine fantascientifica in un videogioco.

Ricordi e memorie

Sul tema dei ricordi, da sempre fortissimo nel genere e che in Cyberpunk 2077 ritroveremo parzialmente con la braindance, aveva lavorato anche Dontnod. Prima di diventare celebre con Life is Strange, lo studio transalpino aveva pubblicato Remember Me, l'opera prima che raccontava un cyberpunk decisamente particolare che, con i suoi difetti intrinsechi soprattutto di gameplay, rimane però una piccola chicca di un paio di generazioni fa. Remember Me è ambientato a Neo Parigi, una rivisitazione futuribile della capitale francese. Anche in questo caso abbiamo una protagonista alla ricerca di qualcosa, la reazionaria Lilin, una donna che ha perso i suoi ricordi.

C’è anche un regime distopico, il quale sfrutta gli innesti neurali per cancellare le esperienze più dolorose vissute da una persona, il tutto ovviamente a pagamento. Una tecnologia al limite tra la droga e la necessità, che porta gli uomini in fretta alla deriva morale, tra l’assuefazione dell’abituarsi solamente ai bei ricordi, ed il dilemma etico che ne consegue nel permettere ad un’azienda di manipolare, di fatto, l’essenza delle persone. Un videogioco oggi invecchiato un po’ male, anche per via di un combat system non all’altezza, ma che ci aveva fatto capire già all’epoca il talento delle penne di Dontnod Entertainment, che poi abbiamo amato con opere Life is Strange, Tell Me Why e Twin Mirror.

Il cyberpunk discreto

Ormai avrete capito quali sono alcuni tra i temi più comuni del cyberpunk: una città che è il riflesso di chi la abita, una corporazione malvagia, il conflitto tra ceti sociali e qualcuno che cerca di porre rimedio alla distopia, lottando con tutte le forze. Vi è venuto in mente un certo JRPG di una famosissima saga? Esatto.

Final Fantasy VII non è esattamente inscrivibile nel genere dei videogiochi cyberpunk, ripropone esattamente questi temi. Non lo fa con l’estetica tipica del cyberpunk, perché l’ispirazione è più quella steampunk o dieselpunk, ma la mitragliatrice nel braccio di Barrett non può certo non essere considerata una versione vintage di un cyberware. Ed effettivamente la lotta tra Avalanche e la Shinra, la città di Midgar nel suo opprimente fascino che divide i poveri dai ricchi, sono una rivisitazione di quello che potrebbe essere decisamente un’ambientazione cyberpunk.

E, nel futuro della storia che seguirà dopo Final Fantasy VII Remake uscito quest’anno, non mancano di certo anche altre riflessioni su temi sociali ed etici più importanti, legate soprattutto a personaggi come Sepiroth e, ricollegandoci curiosamente ai citati Remember Me ed Observer, i ricordi e la memoria come specchio della propria umanità.

Cani da guardia

Parlando di saghe videoludiche recenti ce n’è una che, benché ambientata nella contemporaneità, è incentrata su uno dei temi centrali del cyberpunk, ovvero la lotta sociale in questo caso tra cittadini e le istituzioni controllate da una corporazione. Ovviamente Watch Dogs, che già dal primo episodio metteva in scena una narrazione molto intrigante, incentrata sull’hacker Aiden Pearce e la sua lotta contro il CTOS a fianco dei reazionari della DeadSec.

Il primo capitolo della serie, uscito nel 2014, fu anche curiosamente molto profetico riguardo alcune tematiche legate alla tecnologia, come ogni buona fantascienza dovrebbe essere. In particolare all’uso e abuso di dati sensibili delle persone che, ignare, sono praticamente nude quando navigano online. Tra il cellulare miracoloso di Aiden ed il sistema di avanzatissima sorveglianza del CTOS, nell’epoca moderna sono ormai moltissime le storie, che spesso sfociano in veri e propri scandali, relativi alle grandi aziende che usano in maniera illecita i dati raccolti, così come un eccessivo uso di sorveglianza e monitoraggio.

E sebbene il secondo capitolo sia stato un tentativo abbastanza fallimentare di svecchiare il franchise, Watch Dogs Legion spinge anche di più per quanto riguarda l’estetica avvicinandosi molto di più a Cyberpunk 2077 se vogliamo. Dall’abbigliamento alla tecnologia, la Londra del 2026 ed i suoi cittadini è probabilmente uno dei videogiochi cyberpunk più vicino alla contemporaneità tra quelli presenti sul mercato.

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