I miracoli di Natale #1 - Death Stranding è il miglior Silent Hills di sempre
Death Stranding come Silent Hills: il titolo di Kojima Productions è un survival horror sotto mentite spoglie?
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a cura di Marcello Paolillo
Senior Staff Writer
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Kojima Productions
- Produttore: Sony Interactive Entertainment
- Distributore: Sony Interactive Entertainment, 505 Games (PC)
- Piattaforme: PC , PS4 , PS5
- Generi: Azione , Avventura
- Data di uscita: 8 novembre 2019 (PS4) - 14 luglio 2020 (PC) - 24 settembre 2021 (Director's Cut)
La nostra nuova rubrica che ci porterà come in un lungo calendario dell’avvento sino al giorno di Natale prende il via parlandovi di una saga che sta particolarmente a cuore a tutti noi giocatori: Silent Hill. La serie ci è infatti stata portata via, strappata come un giocattolo prezioso in mano a un bambino indifeso. Konami non ha avuto pietà: prima ha trasformato la sua serie horror di punta nata nel 1999 in un colabrodo degno della peggiore serie TV in terza serata, ha poi preso uno dei progetti più ambiziosi – un reboot a cura di Hideo Kojima e Guillermo Del Toro – e lo ha gettato a forza nel cestino dell’indifferenziata, senza pensarci due volte. Eppure, come i più attenti avranno sicuramente percepito da soli, P.T. (che avrebbe dovuto essere il prologo al progetto Silent Hills mai nato) non è stato “ucciso”, si è solo trasformato in qualcosa di diverso, forse migliore o forse no. Un neonato abbandonato senza pietà sotto la pioggia è stato preso da mani gentili e portato altrove, al sicuro. Crescendo, è diventato il titolo più discusso di queste settimane (e che farà parlare ancora molto a lungo, forse addirittura per anni): Death Stranding.
La nebbia e la (crono)pioggia
Non ci credete? Facciamo un passo indietro, allora: P.T. (abbreviazione delle parole “playable teaser”, ovvero “teaser giocabile”) è una demo in prima persona sviluppata da Kojima Productions, sotto lo pseudonimo 7780s Studio, e pubblicata da Konami. Diretto e progettato da Hideo Kojima, in collaborazione con il regista Guillermo del Toro, P.T. Apparve come contenuto scaricabile per PlayStation 4 il 12 agosto 2014, tramite download gratuito dal PlayStation Store. Allo sviluppo del titolo avrebbe dovuto prendere parte anche il noto mangaka Junji Itō. A conti fatti, si trattava di un teaser interattivo per il nuovo Silent Hills, vero e proprio riavvio della serie horror nata sulla prima PlayStation a 32-bit. Nonostante fosse quindi solo una demo della durata di un quarto d’ora circa, P.T. è stato acclamato per la regia, le trovate geniali e alcuni enigmi che variavano di volta in volta. Alla fine del teaser interattivo, si scopriva inoltre che il protagonista del gioco sarebbe stato Norman Reedus, attore visto nella serie The Walking Dead nei panni di Daryl Dixon.
Konami, ben cosciente di avere il coltello dalla parte del manico (anche per via del rapporto con il papà di Metal Gear Solid, ormai compromesso irrimediabilmente), decise di bloccare il progetto. Con enorme rammarico, il 26 aprile 2015 Del Toro e Reedus rivelarono al pubblico che il gioco “non accadrà”, facendo così intendere la sua cancellazione definitiva. Non contento del blocco del progetto, il publisher giapponese decise anche di rimuovere P.T. dal PlayStation Store, non consentendo neppure l’installazione del gioco a chiunque volesse provarlo con mano. Inutile dire che tutto ciò scatenò una levata di scudi senza precedenti, orfani da anni di un episodio della saga di Silent Hill degno di essere chiamato tale.
Il resto è storia. Kojima lascia Konami tra mille tribolazioni subito prima di concludere Metal Geat Solid V: The Phantom Pain (che vedrà la luce senza il nome del suo autore storico in copertina), decidendo poi di rimettersi in gioco con la sua Kojima Productions e tirando fuori dal cilindro il recente Death Stranding. La saga di Silent Hill risulta al momento data per dispersa in quel di Konami, nonostante le richieste incessanti da parte degli appassionati. Eppure c’è un “ma”. A ben vedere, ora che ci avete pressapoco giocato tutti (o quasi), in molti si saranno accorti di un dettaglio particolare nell’ultimo parto di Kojima. Al netto del suo essere un’avventura open world dalle tinte sci-fi (il futuro apocalittico descritto nel videogioco non è sicuramente uno scenario ideale in cui vivere), è impossibile non notare una ricca, ricchissima venatura orrorifica all’interno di Death Stranding, tanto che non è difficile pensare che il gioco sia un survival horror sotto mentite spoglie.
Credete che stiamo esagerando, lasciandoci andare alla nostra fervida immaginazione? Fermatevi un secondo a pensarci: innanzitutto il protagonista è Norman Reedus, lo stesso attore che avrebbe dovuto vestire i panni del personaggio principale di Silent Hills. Fin qui nulla di così strano, dopotutto Reedus e Kojima hanno da tempo stretto una forte amicizia che è presto sfociata in una fruttuosa collaborazione tra i due artisti, quindi la cosa non risulta sospetta più di tanto. Dove Death Stranding inizia clamorosamente a sfiorare i confini dell’horror in senso stretto, è quando si va ad analizzare le meccaniche di gioco. Sam è chiamato ad attraversare lande sperdute in totale solitudine, spesso senza armi o con alcuni poco efficaci sistemi di difesa. Le condizioni meteo avverse (in questo caso la cronopioggia) preannunciano l’arrivo delle CA, creature provenienti da altrove invisibili all’occhio umano ma sempre e comunque presenti e “vive” attorno a noi. Ragion per cui, dovremo assolutamente evitare le CA. Lo scanner dell’Odradek ci aiuterà a rilevarle, girando su se stesso quando le entità si troveranno nei pressi del giocatore.
Trattenere il respiro e camminare lentamente per non farci vedere sarà fondamentale, tanto che anche il nostro BB risulterà accorgersi della loro presenza. Detta così potrebbe non suonarvi familiare, ma non vi ricorda tantissimo una meccanica tipica di un Silent Hill qualsiasi? Creature provenienti da una dimensione parallela, la nebbia e la pioggia che ci preannunciano un incontro ben poco amichevole, l’impossibilità di affrontare i demoni a brutto muso e un apparecchio tecnologico (la radio, nel caso della serie Konami) per scovarne la loro presenza. Anche la tematica di un “aldilà” in cui le anime dei defunti sembrano essere inevitabilmente “connesse” con il nostro mondo, è una cosa che accomuna inevitabilmente i due titoli. A ciò va aggiunta anche la costante sensazione di solitudine, l’inquietudine dovuta a incubi ricorrenti, le visioni e la presenza di personaggi che sulla carta sembrano nascondere segreti inconfessabili: guardando Amelie è impossibile non trovare somiglianze, anche solo dal punto di vista estetico con l’inquietante Maria vista in Silent Hill 2 (2001) entrambi personaggi chiave – per non dire fondamentali – legati alle trame dei rispettivi giochi.
Possibile che Kojima abbia quindi “estratto” le migliori idee che aveva in mente per Silent Hills, impiantandole nel suo Death Stranding? Altamente probabile. L’alone di morte e putrefazione perenne, l’angoscia e quel senso di tristezza che pervade l’avventura di Sam (grazie anche a una colonna sonora che non dispiacerebbe al compositore Akira Yamaoka), rendono il gioco Kojima Production un survival horror a tutti gli effetti. Curioso come, stando ad alcuni rumor apparsi nel momento in cui scriviamo questo articolo, Hideo potrebbe star pensando proprio a un gioco dell’orrore come suo prossimo, misterioso progetto. Chissà che non riprenda proprio l’ossatura di P.T./Silent Hills, portandoci questa volta davvero tra le strade di una cittadina avvolta nella nebbia e negli incubi che prendono vita. Non sarebbe la prima volta né l’ultima, dopotutto.
Non sapremo mai quale fosse la visione di Hideo Kojima per il suo Silent Hills. O forse, dopo aver giocato Death Stranding, siamo in grado di dire quasi con assoluta certezza che l’avventura di Sam Porter Bridges è davvero il miglior survival horror a cui il papà di Metal Gear Solid poteva farci giocare. È impossibile non provare un brivido dietro la schiena davanti alle CA, così com’è impossibile non tremare dalla paura quando queste ci circondando, tra la pioggia battente e il pianto del nostro BB. Chissà se il buon Hideo, un giorno, non ci darà conferma di questa nostra visione. Al momento, tuttavia, queste restano soltanto delle semplici idee, forse molto più vere e terrificanti di quanto si possa credere.
“Nei miei sogni tormentati, vedo quella città. Silent Hill. Mi promettesti che un giorno mi ci avresti riportato.”
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