Hyrule Warriors: l’Era della Calamità | Video Recensione – La guerra di Zelda
Hyrule Warriors: L'Era Della Calamità, ossia un musou che a tratti sorprende, ma soprattutto un prequel perfettamente incastrato nel canone di Breath of the Wild.
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a cura di Valentino Cinefra
Staff Writer
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Omega Force
- Produttore: Koei Tecmo, Nintendo
- Distributore: Nintendo
- Piattaforme: SWITCH
- Generi: Hack n' slash
- Data di uscita: 20 novembre 2020
Hyrule Warriors: l’Era della Calamità arriva a sorpresa, in un anno in cui Nintendo ha dovuto rivedere fortemente i propri piani, partiti con un Animal Crossing: New Horizons a palla di fuoco e finiti con una serie di rinvii importanti al 2021 tra No More Heroes 3 e Bravely Default 2, affiancati però da un prequel di Breath of the Wild che onestamente era difficile prevedere. Soprattutto che fosse un Hyrule Warriors, ovvero un franchise che pensavamo ormai sepolto nell’epoca Wii U, nonostante sia poi tornato su 3DS e Nintendo Switch.
Nella nostra anteprima vi abbiamo accennato come, in realtà, nonostante Hyrule Warriors: l’Era della Calamità sia in tutto e per tutto un musou, abbiamo intravisto qualche idea che ci avrebbe potuto sorprendere proseguendo nella nostra avventura. E lo ha fatto, perché dopo le 28 ore (spese nella quasi totalità per le missioni principali, lasciando indietro molti contenuti secondari) che abbiamo impiegato ad arrivare al finale di questo prequel, possiamo affermare con una certa tranquillità che L’Era della Calamità è un successo oltre le aspettative.
In primis perché è un musou molto più divertente del solito, complice un gran lavoro fatto per il sistema di combattimento nel caratterizzare ogni singolo personaggio, ma anche per la capacità di raccontare ed espandere l’universo di Breath of the Wild in un modo che non ci aspettavamo assolutamente.
Hyrule per sempre!
La storia, il motivo per cui Hyrule Warriors: l’Era della Calamità esiste è ormai noto. L’avventura di Koei Tecmo e Nintendo racconta i cento anni che precedono The Legend of Zelda: Breath of the Wild, andando a scoprire proprio come i Campioni e Zelda hanno affrontato la Calamità Ganon, e come Hyrule sia poi stata distrutta. A conti fatti, non poteva che essere un musou il tipo di videogioco più adatto, no?
La prima missione è proprio una gigantesca battaglia davanti al Castello di Hyrule, dove prendiamo il controllo di Link in versione soldato reale. Dopo aver preso confidenza con i semplici comandi, e aver fatto la conoscenza di una giovanissima e caparbia Impa, inizia la lunga cavalcata che porterà i nostri eroi ad affrontare Ganon.
Il tutto però ha una variabile da non sottovalutare, quel dettaglio che accennavamo nell’anteprima e su cui volevamo saperne di più. Il piccolo guardiano che torna indietro nel tempo suonando la Song of Time, mentre il castello di Hyrule viene distrutto dai guardiani controllati dalla Calamità, e che si presenta a Link, Impa e Zelda proprio nelle prime battute del gioco. Purtroppo non possiamo discutere in maniera approfondita del finale de L’Era della Calamità – magari lo faremo successivamente – ma sappiate che senza svelare troppo, siamo sicuri che l’epilogo della storia farà discutere la community e la dividerà.
Detto ciò, una volta che la tavoletta Sheikah di Impa reagisce in modo anomalo con il piccolo guardiano, inizia la lunga corsa alle armi per prepararsi all’assalto della Calamità profetizzato dal Re in persona. Sappiate che, da questo momento in poi, L’Era della Calamità ci ha sorpreso missione dopo missione per quanto riguarda la narrazione ed il racconto che viene espresso in quello che, altrimenti, poteva essere un compitino senza troppi sforzi.
C’è un lavoro enorme nel raccontare la figura di Zelda, la sua consapevolezza nel dover ricercare il risveglio di un potere che sembra non arrivare mai, il rapporto tumultuoso con suo padre, il suo essere la figura di riferimento per Link, i Campioni e tutta Hyrule. Talmente centrale che, ad un certo punto, la principessa diventa assoluta protagonista della storia lasciando in disparte ogni altro personaggio.
Ma non solo Zelda gode di un approfondimento maggiore. Per i fan di Breath of the Wild c’è finalmente l’occasione di vedere i Campioni prima e dopo l’investitura a piloti dei colossi sacri, di assistere al rapporto tra di loro, a dialoghi inediti ed uno sviluppo dei personaggi che, nonostante i flashback ed il DLC La Ballata dei Campioni, è largamente superiore a quanto visto in precedenza.
E il tutto rispettando pienamente i canoni estetici e stilistici del titolo del 2017 per Nintendo Switch. Quando le custcene sono epiche – e lo sono spesso e volentieri, nel raccontare i momenti più frenetici della guerra, commoventi nei momenti in cui Zelda e Re Roham si confrontano, così come quando Revali punzecchia Link, Urbosa cerca di essere protettiva nei confronti della sua “principessina” o si scopre cosa si cela dietro al Clan Yiga – ecco, in ognuno di questi momenti, l’Era della Calamità riesce nell’intento di sembrare una parte naturale e perfettamente integrata nel racconto di Breath of the Wild.
Stessa cosa per la colonna sonora, che abbandonate le sonorità rock ed heavy metal abbraccia riarrangiamenti delle tracce originali per aumentare il ritmo e sorreggere l’epicità della storia, nonché musiche inedite, sempre con la stessa eleganza dell’accompagnamento musicale di riferimento.
Questo è, forse, il merito più grande del titolo. L’apporto di Nintendo in questo caso è stato provvidenziale ed evidente, anche nel dare dignità a personaggi secondari di Breath of the Wild, ma anche nel raccontare ed ampliare notevolmente i segreti di una Hyrule mai così misteriosa e criptica nella storia del franchise di The Legend of Zelda. Che siano le oscure motivazioni del Clan Yiga, così come alcuni dettagli di folklore delle popolazioni del regno, L’Era della Calamità è anche una buona fonte enciclopedica oltre che un racconto perfettamente in linea con i canoni originali.
E questo, fidatevi, non era un compito affatto scontato da raggiungere se ripensiamo all’Hyrule Warriors del 2014 ed alla strega Cia che, attratta da Link, mette a soqquadro tutto il multiverso della serie solo per trovarlo.
I Guerrieri Z(elda)
Appurato che L’Era della Calamità è un racconto quasi imprescindibile per i fan di Breath of the Wild, risulta a sorpresa anche molto più appassionante dei soliti musou. La base del gameplay è ovviamente sempre la stessa, con un sistema di combattimento fatto di attacchi molto basilari, nemici che rappresentano una sfida spesso infima e servono solo come carne da macello, e un ritmo basato sull’attaccare freneticamente. Ma il team di sviluppo ha saputo valorizzare ciò che porta in dote il gameplay del capitolo originale, integrandolo con intelligenza.
In primis il contrattacco che, analogamente a Breath of the Wild, si attiva schivando con il tempismo perfetto, e permette di poter colpire molto velocemente in un breve lasso di tempo rallentato. A questo proposito c’è anche il parry contro i raggi dei guardiani, che nella frenesia degli scontri non abbiamo utilizzato granché, ma che in alcune missioni secondarie incentrate particolarmente su questi nemici, può essere una soluzione difensiva ottima. I nemici inoltre hanno sempre la solita difesa da rompere colpendoli in determinati momenti, che danno la possibilità di scatenare un attacco sul punto debole che infligge un quantitativo enorme di danni. Poi si possono raccogliere dagli sciamanix le bacchette del fuoco, del ghiaccio e del fulmine che interagiscono con gli elementi e l’ambiente circostante in maniera coerente, e si possono usare in combattimento.
In più c’è la tavoletta Sheikah, in dotazione ad ogni personaggio, e che ognuno di essi usa in maniera diversa. I poteri sono quelli che già conoscevamo ovvero Glacyor, Kalamitron, Stasys e le Bombe. La tavoletta si può usare in qualsiasi momento, ma soprattutto in relazione ad attacchi speciali dei nemici più minacciosi si può usare uno specifico potere per un tipo di attacco, segnalato sopra la testa del nemico che sta attaccando. In questo modo l’effetto è ancora più pirotecnico, eccessivo e potente. I modi in cui i vari personaggi usano la tavoletta sono molto diversi tra loro, tra impieghi più o meno estrosi ad usi più particolari e tecnici, se di “tecnica” si può parlare in un musou.
A questo proposito confermiamo anche le impressioni positive riguardo il feeling dei personaggi. Sia per le animazioni che per il concept dietro ad ogni moveset, nonostante il numero di personaggi cresca anche in maniera discreta (tra cui almeno un paio di sorprese tra missioni secondarie ed endgame) non si ha mai l’impressione di ritrovarsi tra personaggi fotocopia nonostante il rischio ci possa essere stato per via dei combattenti che ci si ritrova a sbloccare.
Se Revali vola e le sue combo sono molto più interessanti e varie in aria, c’è una Urbosa che basa tutto sugli attacchi elettrici della sua scimitarra, mentre Daruk può creare combo sempre più interessanti con i pilastri di magma che evoca con gli attacchi forti, fino a farli esplodere per fare più danni. Ma ancora, Mipha può muoversi attraverso delle pozze d’acqua che crea nel terreno, e l’acqua che genera cura i punti ferita degli alleati. Zelda fa vere e proprie acrobazie con la tavoletta Sheikah, mentre Impa è una ninja che non sfigurerebbe tra le fila dei più grandi guerrieri di Naruto. Link, infine, può equipaggiare tre armi diverse, tutte e tre con moveset e feeling propri. Spada e scudo sono abbastanza bilanciati, lo spadone fa danni immensi ed ha una meccanica per cui può scatenare versioni potenziate degli attacchi forti subendo un quantitativo minimo di danni (che può recuperare mangiando), mentre con la lancia il confine con un Dynasty Warriors diventa molto labile perché Link sferra colpi velocissimi e con il suo attacco speciale vola in picchiata sui nemici.
Se la ripetitività tipica del genere è inevitabile, e pertanto ribadiamo che dovrete fare un piccolo sforzo se odiate i musou ma amate Breath of the Wild, passerete spesso da un personaggio all’altro per provare sempre una nuova combo, o semplicemente prendere confidenza con l’uno o con l’altro personaggio. Anche perché i personaggi possono essere potenziati, tra level up e missioni secondarie che ne aumentano la resistenza e le barre della mossa speciale, così come le armi possono essere fuse per migliorarne il valore di attacco o assegnargli dei bonus passivi. C’è di che divertirsi insomma, anche grazie alla miriade di cose che si possono fare durante l’avventura.
Combattimenti in larga scala
La progressione di Hyrule Warriors: L’Era della Calamità è abbastanza classica e fatta a missioni, con la variante della mappa di gioco. Le missioni principali fanno progredire la storia, con delle mappe che riprendono pedissequamente il luogo fisico di Hyrule in cui sono situate. Pertanto non sono mai ambientazioni piatte o banali, e le missioni della storia in generale sono sempre divertenti e stimolanti, rendendo la classica dinamica avamposto-mostri-boss un lontano ricordo.
A volte si combatte in stretti corridoi, in altre si devono difendere castelli, oppure andare in giro per la mappa a fermare i mini-boss che bloccano le truppe nemiche, o difendere un alleato che si muove da una posizione all’altra. Sebbene il combattimento sia sempre centrale, ovviamente, alcuni momenti della storia principale sono galvanizzanti non solo dal punto di vista narrativo ma anche ludico. Un concetto che si espande in parte anche alle missioni secondarie, perché insieme alle poche missioni di puro farming ci sono combattimenti in varie condizioni diverse, che rendono anche le dinamiche di potenziamento dei personaggi, attraverso incarichi alternativi delle attività, mai prettamente noiose.
In tutto questo si innestano i combattimenti con i boss che, complici anche le dinamiche di gameplay, assumono tutto un altro aspetto e si avvicinano molto a quella che è l’esperienza di un action GDR più classico. Soprattutto nella seconda metà del gioco dove la difficoltà sale nettamente, i combattimenti con i boss si giocano con più calma, ed i moveset degli stessi risulteranno molto familiari a chi si è già prodigato in molti scontri ad alta tensione in Breath of the Wild. Una gestione del ritmo davvero ottima, che dà respiro ad un genere che ne aveva assolutamente bisogno.
Ci sono poi le missioni con i colossi sacri che, tolto l’entusiasmo iniziale, per forza di cose risultano le più ripetitive e meno coinvolgenti. L’impatto nel pilotare le macchine da guerra è notevole, le mosse sono devastanti e pirotecniche, e mettersi alla guida dei colossi all’inizio è divertente. Anche in questo caso il lavoro di differenziazione è stato pregevole, ma vista la disparità bellica tra colossi e nemici, questo tipo di missioni si risolve presto in uno spam selvaggio di mosse fino a raggiungere l’obiettivo finale.
Una volta completata l’avventura vi ritroverete anche con un endgame che continua a fornire motivi per tornare a giocare, anche al di là del voler riaffrontare le missioni ad un livello di difficoltà più alto, che già salendo di uno diventano una sfida ben diversa.
Una guerra troppo potente per Nintendo Switch
Come detto in precedenza, Hyrule Warriors: l’Era della Calamità e fedele anche e soprattutto per lo stile artistico e la grafica: ripresi pedissequamente i modelli dei personaggi, che in certi frangenti risultano addirittura più curati e luminosi, così come l’estetica del mondo e dei personaggi. Il maggior quantitativo di nemici e la natura “apocalittica”, se vogliamo, della storia, forniscono di tanto in tanto anche dei colpi d’occhio notevoli che semplicemente non erano possibili in Breath of the Wild.
Quando ci si ritrova davanti ad una schiera di guardiani minacciosi corredati di boblin, all’interno di uno dei castelli in fiamme, vedendo i personaggi principali alleati che si prodigano in mosse speciali e cominciano a combattere, magari il tutto con l’aiuto del tramonto, è impossibile non rimanere almeno un attimo colpiti.
Tutto questo si paga su TV con una risoluzione dinamica che di tanto in tanto si abbassa per facilitare i momenti più frenetici, ed un frame rate che non riesce a tenere i ritmi più sostenuti e nei momenti più concitati – che non sono neanche pochi, come immaginerete – si abbassa drasticamente anche per alcuni secondi. Non è niente che invalidi l’esperienza di gioco, sia chiaro, ma neanche qualcosa che si noti solamente con un occhio molto allenato, anzi. Nel momento in cui scriviamo non sappiamo se ci saranno patch al day one in arrivo, ma il titolo sicuramente ne avrebbe bisogno.
Per chiudere le considerazioni dal punto di vista tecnico aggiungiamo anche una telecamera che ogni tanto fa fatica a seguire l’azione, soprattutto negli scontri con i nemici più grandi in spazi angusti o angoli strani, ritrovandosi praticamente a combattere quasi alla cieca. Revali soffre curiosamente di questo problema in volo, con la telecamera che prende un angolo strano e ogni tanto lascia il giocatore con una visuale abbastanza inutile e incomprensibile.
Il prequel che non ti aspetti
Vogliamo soffermarci ulteriormente sul grande lavoro fatto per raccontare la lore di Breath of the Wild, così come la fedeltà nel riproporre in maniera sorprendente, a tratti anche non necessaria, molti dei dettagli del gioco originale. La mappa interamente ricostruita, l’interfaccia che richiama uno ad uno gli stessi elementi grafici e testuali, la presenza dei Korogu all’interno delle mappe che donano i semi, le ricette per i cibi da confezionare prima di ogni missione, e come accennato la colonna sonora che ripropone le stesse melodie ma riarrangiate in maniera perfetta e mai eccessiva per ogni momento.
E non possiamo non sottolineare come sia bello, perché poteva essere fatto in maniera molto più sbrigativa, tornare in un certo senso all’interno di un’opera così importante. Scoprirne nuovi dettagli, anche solamente assistere a tanti nuovi dialoghi tra personaggi che abbiamo amato, e in alcuni casi anche sentirli parlare per la prima volta. Vivere di nuovo un pezzo di questa storia così bella, scoprire come il mondo è diventato in quel modo, anche fisicamente parlando con le distruzioni di luoghi come il Castello di Akkala e la Muraglia di Finterra.
Perciò, al di là di tutto quello che vi abbiamo raccontato finora il nostro consiglio è, per puro spirito di analisi critica ed oggettiva, di non giudicare Hyrule Warriors: l’Era della Calamità dal suo genere di appartenenza – perché a parte l’essere un titolo comunque molto più che buono, divertente e con una mole di contenuti ed idee che sorprendono, è dichiaratamente un tassello importante di quello che è lo sviluppo del franchise intorno a The Legend of Zelda: Breath of the Wild.
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Voto Recensione di Hyrule Warriors: L'Era della Calamità - Recensione
Voto Finale
Il Verdetto di SpazioGames
Pro
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Narrazione tra epica, slice of life e nozioni di ambientazione
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Animazioni e moveset dei personaggi straordinari
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Fedeltà al canone originale in ogni aspetto, dall’estetica alla colonna sonora
Contro
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Frame rate poco stabile, arriverà una patch?
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Nonostante le novità del gameplay, è sempre un musou
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La narrativa dividerà la community
Commento
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