Hunt: Showdown, quando il controller supera la rivoltella - Recensione
Vivi per morire un altro giorno.
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a cura di Pasquale Fusco
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Crytek
- Produttore: Crytek
- Distributore: Koch Media
- Piattaforme: PC , PS4 , XONE
- Generi: Sparatutto
- Data di uscita: 27 agosto 2019 (PC, Xbox One) - 18 febbraio 2020 (PS4)
Ci avevano scaraventati prima su un’isola tropicale, poi in una New York post-apocalittica, affidandoci una formidabile nanotuta e il compito di sventare un’invasione aliena. Dopo la serie Crysis, tuttavia, il team di Crytek ha affrontato un periodo buio, durante il quale si è assistito alla chiusura di diversi studi e alle dimissioni del suo controverso CEO, tale Cevat Yerli (2018). Eppure, lo studio bavarese non ha voluto mollare la presa ed è stato in grado di sfornare un altro paio di concept a dir poco intriganti: il più recente risponde al nome di Hunt: Showdown, insolito ibrido tra sparatutto western e survival horror.
Avevamo già promosso l’ultima fatica di Crytek attraverso le parole del nostro Marino, che ne lodava l’esaltante formula co-op e la realizzazione tecnica, ma, al tempo, Hunt non aveva ancora fatto i conti con il (difficile) pubblico console. Inauguriamo dunque una nuova battuta di caccia, questa volta impugnando il DualShock di PlayStation 4. La preda ci attende… o è lei ad attendere noi?
Louisiana, 1895: Parte II
L’ambientazione scelta per Hunt: Showdown si identifica in una tenebrosa Louisiana di fine ‘800, le cui paludi brulicano di creature non-morte e altre aberranti mostruosità. I superstiti del cataclisma si sono riuniti per ripulire queste lande velenose, armandosi fino ai denti e sfruttando le proprie inusuali capacità paranormali. Nel mondo di Hunt si respira una pesante aria di morte: cadaveri e carcasse di animali popolano i villaggi e le poche strade sterrate, mentre dai mattatoi apparentemente abbandonati echeggiano versi sinistri. È un dipinto tanto macabro quanto ammaliante, che regala al genere dei first-person shooter una delle atmosfere più inquietanti di sempre.
Crytek combina sapientemente meccaniche PvE e PvP per partorire uno shooter multiplayer davvero unico, iniettandogli un’ingente dose di survival a favore di un elevato tasso di sfida. I giocatori non si limiteranno a unire le forze per affrontare orde di mostri controllati dall’IA: i 12 partecipanti si affronteranno a vicenda in uno scontro tra lupi solitari o tra squadre da due o tre cacciatori. Qui si percepisce la sottile influenza dei battle royale, con punti di spawn inseriti in maniera randomica all’interno di una vasta mappa e con la presenza di alcuni luoghi d’interesse dove si consumeranno i potenziali scontri.
In ogni caso, l’obiettivo sarà scovare una manciata di indizi che possano ricondurci sulle tracce di un potente e spaventoso boss, eliminarlo e riscuotere la relativa taglia; vincerà il giocatore – o la squadra – che si sarà dato alla fuga l’ambito bottino. Quello che potrebbe sembrare un compito alquanto semplice richiede, in realtà, grande attenzione e un minimo di strategia: fiondarsi per primi nella tana del mostro vi garantirà un discreto vantaggio sugli avversari, ma questi potrebbero sempre approfittare della vostra penuria di munizioni per mettere a segno un attacco a sorpresa e privarvi dell’agognata taglia appena intascata. Occorrerà valutare ogni singola opzione e trarre il massimo vantaggio da trappole e vie di fuga, senza tralasciare la comunicazione con i propri compagni di caccia.
A complicare ulteriormente le cose ci pensano i mob, la cui costante presenza non può che accrescere un livello di tensione di per sé già asfissiante.
Si parte dunque dai classici zombie per arrivare a creature più caratteristiche, i cosiddetti Marchiati, che si contraddistinguono per pattern più complessi e abilità decisamente più letali – non dimenticherete tanto facilmente il primo incontro con l’Arnia. I veri incubi sono però incarnati dalle ‘prede’ a cui daremo la caccia, quei mostri che attenderanno pazientemente il nostro arrivo nell’oscurità del loro covo: il Macellaio è un colosso armato di un enorme uncino fiammeggiante, e tanto basta sapere per iniziare a tremare; l’Aracnide risveglierà in noi le fobie più terrificanti, mentre l’Assassino ci farà dannare con quella che definiremmo la boss fight più impegnativa del gioco.
Che stiate affrontando un altro cacciatore o una bestia a otto zampe, il gunplay sarà vostro alleato e, almeno nelle prime partite, il vostro peggior nemico. Dimenticatevi le generose hitbox o la mira assistita degli altri FPS, perché Hunt: Showdown vi schiaffeggerà con uno shooting nudo e crudo, estremamente realistico – e talvolta punitivo – per quanto concerne il sistema di puntamento e quello di ricarica, il quale costringerà il giocatore a reinserire manualmente ogni singolo proiettile nel caricatore. Mettere a segno un colpo preciso richiederà grande precisione e quindi un’arma adatta: tra le oltre 50 bocche da fuoco presenti nel gioco, la tradizionale revolver si rivelerà la più versatile nella maggior parte degli scontri, ma un fucile a canne mozze può svoltare le sorti di un combattimento ravvicinato, così come una carabina può facilitare il tiro dalle lunghe distanze.
La componente survival di Hunt risiede dunque in un più ragionato approccio all’azione e nella gestione intelligente delle proprie risorse, a cui si aggiunge un time-to-kill ridotto all’osso. Non va sottovalutata, tuttavia, un’altra specifica meccanica di questo titolo: il permadeath. Il nostro alter ego corrisponde a un personaggio a cui sono affibbiati un nome e una serie di caratteristiche uniche, come armi e perk speciali, ma rischieremo di perdere tutto in caso di morte. Tale timore si concretizza nel momento in cui avremo portato il nostro cacciatore a un livello alto, dopo aver messo a segno una serie di vittorie e sbloccato abilità aggiuntive, il che ci spingerà a giocare i match successivi prestando maggiore attenzione ai pericoli che ci circondano.
La caccia su PS4: tra compromessi e mezzi miracoli
Le principali differenze tra la versione originale di Hunt: Showdown, debuttata lo scorso anno su Steam, e i porting console risiedono principalmente nel comparto tecnico. Senza troppe sorprese, il meno performante hardware di Xbox One e PlayStation 4 ha costretto Crytek a porre numerose limitazioni, anche sulle macchine mid-gen (One X e Pro), dove si fa ancora fatica a raggiungere gli eccezionali risultati offerti su PC.
Prima ancora di poter fare il nostro ingresso nelle arene di Hunt ci toccherà affrontare il primo vero nemico del gioco: l’interfaccia. I menu della versione console presentano la medesima struttura vista un anno fa su PC, con un puntatore che potrà essere manovrato con la levetta analogica per navigare tra le numerose pagine della schermata, il tutto in maniera estremamente lenta e, a tratti, snervante. Non scherzano nemmeno i caricamenti, eccessivamente lunghi sia in fase di avvio che nel loading che precede ogni match.
Su console il CryENGINE non brilla quanto dovrebbe, ma riesce senz’altro a regalarci un buon colpo d’occhio. Un sofisticato sistema di illuminazione gestisce eccezionalmente ogni fonte di luce e contribuisce al realismo di uno scenario che cela una maniacale cura ai dettagli, soprattutto in termini di design. Dettagli che si scontrano, però, con persistenti problemi di pop-up e texture impastate, a cui si affiancano modelli poligonali non sempre convincenti. A questo punto non possiamo che restare spiazzati davanti alla gestione di alcuni effetti grafici che, evidentemente, non volevano essere sacrificati da Crytek: il fuoco delle torce impugnate dagli zombie, i riflessi sugli specchi d’acqua e la folta vegetazione sono elementi che si contrappongono alla ‘sporcizia’ della veste grafica e che, con ogni probabilità, hanno costretto gli sviluppatori a optare per altri compromessi.
È dunque il frame-rate a pagarne le conseguenze. Sulla PS4 Pro utilizzata per la nostra prova, i 30 fotogrammi al secondo di Hunt: Showdown sono granitici, ma allo stesso tempo restituiscono una legnosità a dir poco fastidiosa nei movimenti che rischia di compromettere l’intera azione in-game, soprattutto nei concitati scontri con gli altri giocatori. Nulla da ribattere, invece, per il sistema di comandi, ben trasposto su controller seguendo i più tradizionali schemi degli sparatutto in prima persona, assegnando ai trigger le funzioni di mira e fuoco e ai tasti dorsali l’innesco dei gadget e delle abilità del nostro cacciatore – come la Visione oscura (R1), che utilizzeremo per rintracciare il bersaglio contrassegnato.
Ineccepibile, invece, il comparto sonoro, frutto di un maestoso lavoro di design che contribuisce in maniera sensibile all’approfondimento dello stesso gameplay. Il tintinnio di una catena, il nitrito di un cavallo ormai morente, il pungente gracchiare dei corvi: ogni singolo verso o rumore rischierà di allertare i mob e gli altri giocatori, segnalando la nostra posizione attraverso una precisissima localizzazione delle sorgenti sonore. L’audio binaurale opera egregiamente anche su console e l’utilizzo di un buon paio di cuffie è consigliato, anche solo per potersi godere la coinvolgente soundtrack o l’ipnotico tema musicale che ci accompagnerà nei menu di gioco.
Durante il nostro test non sono mancati problemi di instabilità, alcuni dei quali anche piuttosto gravi. Messi da parte alcuni bug ereditati dalla build originale, Hunt: Showdown ci ha pugnalati alle spalle con un paio di crash a fine partita, lasciando morire il nostro personaggio e rendendo vano ogni tentativo di recupero – complice il permadeath di cui sopra. Un simpatico glitch ci ha inoltre permesso di eliminare un Aracnide con estrema facilità, approfittando del fatto che fosse rimasto bloccato contro una colonna.
A dirla tutta, il prezzo di Hunt: Showdown su PS4 ci è sembrato un po’ troppo alto per la mole di contenuti proposta da questo titolo multiplayer. Una singola modalità di gioco principale e tre boss non bastano a giustificare i circa 40 euro richiesti dalla Launch Edition, che oltretutto si limita ad aggiungere solo un paio di personaggi bonus.
+ Comparto sonoro di grande qualità
+ Buon colpo visivo, con picchi sull'illuminazione
- I limiti del CryENGINE su console sono evidenti
- Prezzo troppo alto su PS4
7.6
Con Hunt: Showdown, i ragazzi Crytek ci avevano dimostrato di essere ancora capaci di sorprendere il pubblico con concept originali e virtuosismi tecnici. L’approdo su console è stato dunque accolto con grande interesse dai giocatori PlayStation, inaugurando nuove battute di caccia nella pestilente Louisiana che ci aveva già inquietati su PC. Buono il colpo visivo offerto dal CryENGINE, con diversi picchi raggiunti nell’illuminazione e nell’effettistica e altrettanti bassi nella gestione di texture e modelli poligonali. Peccato per i prevedibili 30fps, che, seppure solidi, minano in maniera percettipile il flow degli scontri con zombie e cacciatori.
Voto Recensione di Hunt: Showdown - Recensione
Voto Finale
Il Verdetto di SpazioGames
Pro
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Formula tanto originale quanto divertente
-
Comparto sonoro di grande qualità
-
Buon colpo visivo, con picchi sull'illuminazione
Contro
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Interfaccia e menu da rifare
-
I limiti del CryENGINE su console sono evidenti
-
Prezzo troppo alto su PS4