God of War | La cronologia di Kratos
Un approfondimento dove indagare la tragedia greca di Kratos attraverso un elemento nascosto ma accurato: la cronologia.
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a cura di Adriano Di Medio
Redattore
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Santa Monica Studios
- Produttore: Sony
- Distributore: Sony
- Piattaforme: PC , PS4
- Generi: Azione , Avventura
- Data di uscita: 20 aprile 2018 (PS4) - 14 gennaio 2022 (PC)
Ormai da più di un anno è uscito God of War, la nuova avventura di Kratos nel gelido nord. Sulla bontà dell’opera in questione ci siamo già espressi più volte, tradizionalista nel riprendere la storia dello spartano ma anche innovativa nel reinventarlo come figura paterna. Oltre al giudizio critico, la forza espressiva della fatica di Sony Santa Monica è emersa nei molti approfondimenti che già le abbiamo dedicato in queste pagine. Oggi tuttavia vogliamo indagare qualcosa di diverso: non un riassunto delle trame o la cura per il dettaglio, ma una ricostruzione di quella che è la cronologia di massima di tutta la storia di Kratos, sia per la conclusa “Era greca” sia per l’appena inaugurata “Era nordica”.
God of War: Terra-Omega
Partiamo dal contesto: fin dal 2005 God of War è ambientato in una versione alternativa della nostra antica Grecia. La differenza più sostanziale sta nel fatto che quelle che nel nostro mondo solo solo miti e leggende nella Terra di God of War sono invece entità realmente esistenti. Dèi, Titani, grandi eroi e mostri sono quindi autentici e influenzano in maniera attiva gli esseri umani e la loro condotta. Vi è inoltre la presenza di forze occulte più o meno primordiali, manipolabili tramite artefatti, reliquie o doni. Si tratta di forze sostanzialmente neutrali, che dietro compenso e/o sacrifici di particolari oggetti sono in grado di potenziare le capacità dell’offerente. La più palese dimostrazione di questo nei vari God of War è la raccolta di manufatti come gli occhi di gorgone, le piume di fenice e i corni di minotauro per aumentare le capacità fisiche di Kratos.
La Grecia di God of War pare essere molto più progredita rispetto alla controparte storica, incamerando estetiche e tecnologie riconducibili alla tarda antichità o all’ingegneria (quasi) moderna. Ciò è dovuto probabilmente alla presenza delle già citate forze magiche, che permettono soluzioni costruttive altrimenti impossibili con le sole tecniche antiche. Non è stato raro per Kratos ritrovarsi dentro macchinari complessi o statue megalitiche, alcune delle quali impiegavano anche meccanismi a vapore. Questo tipo di energia era già stato scoperto dagli antichi romani, ma per una civiltà come la loro (in cui la schiavitù permetteva un apporto nei fatti infinito di energia) era rimasta più che altro una curiosità. Solo molti secoli dopo se ne sarebbe compreso (a seguito della sua reinvenzione) l’enorme potenziale. Gli umani hanno poi imparato a convivere con le numerose minacce che popolano la loro Grecia, giungendo in certi casi anche a imbrigliarle. Emblematico in questo senso è il Lestrigone, il gigante mansueto che in God of War Ascension accompagna fuori dal golfo le navi in partenza da Delfi.
Altro fattore importante è appunto la presenza divina. Gli Olimpici non solo influenzano la vita dei mortali, ma possono manifestarsi concretamente nel mondo materiale. La differenza sostanziale con la nostra mitologia è che gli dèi di God of War sono sì immortali ed eternamente giovani, ma sono comunque vulnerabili a particolari artefatti ed energie. All’epoca in cui si ambienta God of War la maggior parte di queste “armi” è stata nascosta o dimenticata, e in condizioni normali gli dèi dell’Olimpo sono talmente potenti da apparire autenticamente immortali agli occhi dei loro sottoposti. Oltre a creare illusioni e manipolare sia la percezione che la realtà, questi esseri sono l’incarnazione del loro “elemento”, e in quanto tale ne fanno da principali “catalizzatori” oltre che controllori. Se uno degli dèi dovesse morire infatti questa energia si manifesterebbe in maniera distruttiva, alterando gli equilibri del mondo. Anche in funzione di questo, l’unica vera regola imposta da Zeus a tutti gli abitanti dell’Olimpo è la proibizione di uccidersi a vicenda.
Da Attica in poi
Il primo indizio sulla collocazione temporale di God of War viene dal capostipite: Kratos ammette quasi subito che sono dieci anni che serve fedelmente gli dèi. Viene lasciato nell’ambiguità se in suddetta cifra Kratos includa anche gli anni in cui fu sotto il giogo di Ares. Probabilmente essendo l’esordio fu una cifra messa lì per dare un po’ di retroterra, ma come vedremo risulterà abbastanza importante per i successivi episodi. God of War II infatti non dà particolari riferimenti temporali, relegandoli tutti a God of War: Chains of Olympus. Questo primo capitolo per PlayStation Portable si apre infatti con l’invasione persiana dell’Attica, piccola penisola greca veramente esistente che faceva da ingresso marittimo per Atene. Non a caso ancora oggi il luogo è sotto l’amministrazione della capitale ellenica, e vi sorge l’aeroporto internazionale della città. Andando poco più a nord si trova anche la piana di Maratona, dove nel 490 a.C. la coalizione greca (tutti tranne gli Spartani, cosa un po’ ironica contando che Kratos è spartano) combatté e vinse la celeberrima battaglia che respinse i persiani mettendo fine appunto alla prima guerra persiana. Ecco quindi una “data di massima”: Chains of Olympus si ambienta all’incirca durante la prima guerra persiana. Del resto durante la prima sequenza del gioco Ready at Dawn si affrontano i persiani, il loro re e il suo terribile Basilisco.
Anche se poi la finzione della storia porterà Kratos in locazioni puramente fantasiose, questo breve accenno contestuale rimarrà stranamente rispettato. Probabilmente God of War II non cita riferimenti temporali per evitare di complicare ulteriormente una sceneggiatura che già coinvolgeva la manipolazione temporale (compaiono le Sorelle del Destino). Solo con God of War III abbiamo qualche altro indizio, e passa per le varie pagine di diario che si trovano nel laboratorio di Dedalo nell’ultima parte dell’avventura. Ciascuna viene firmata dall’inventore con il nome e il numero di giorni passati da quando Zeus lo incaricò di costruire il labirinto. Il numero più alto rintracciabile è 4598, che diviso per il numero di giorni in un anno fa 12,59. Dato che Dedalo è stato incaricato da Zeus di costruire il labirinto dopo il ritrovamento del Vaso di Pandora da parte di Kratos, possiamo ipotizzare che tra primo e secondo God of War siano passati appunto dodici anni e mezzo.
La cronologia della tragedia
Prendiamo tutti questi dati e incrociamoli: quando lo incontriamo per la prima volta Kratos ha servito gli dèi per dieci anni. Se desumiamo che nel primo God of War abbia sui trenta-trentacinque anni (del resto stiamo pur sempre parlando di uno spartano, che anche volendo non aveva molte possibilità di giungere a vecchiaia) si è quindi venduto ad Ares nella seconda metà dei suoi vent’anni. Ha senso, del resto ha il sapore della tipica azione sconsiderata di un ufficiale giovane e affamato di carriera, come viene più volte dipinto appunto nel primo God of War. Se aggiungiamo Attica all’equazione la collocazione temporale quindi va all’incirca dal 500 al 490 avanti Cristo. In questo decennio potremmo supporre si ambienti anche God of War Ascension, il cui tempo narrativo è appunto tre settimane. Ugualmente tre settimane dura l’avventura di Kratos per il recupero del Vaso di Pandora dal dorso di Crono (la scalata del Titano viene detto essere durata tre giorni).
Nei dodici anni successivi, mentre Dedalo costruisce il Labirinto per imprigionare Pandora, Kratos siede sul trono dell’Olimpo e comincia ad assistere i propri compatrioti spartani nella conquista della Grecia. In tale arco di tempo si compiono prima gli eventi di God of War Ghost of Sparta e poi quelli del videogioco mobile God of War Betrayal. Il fatto che molte mosse delle Armi di Sparta facciano riferimento a Leonida, il leggendario re spartano morto alle Termopili (avvenute nel 480 a.C.) lascia intendere che Ghost of Sparta si ambienti appunto dieci anni dopo la morte di Ares. A seguito della sua ascensione all’Olimpo come dio della guerra, è facile pure presumere che l’invecchiamento biologico di Kratos si sia fermato nel corso di questi dodici anni. Ecco quindi spiegato perché in God of War III lo vediamo ancora tardo-trentenne.
A parte i diari di Dedalo però quest’ultimo videogioco non dice quanto dura la caduta dell’Olimpo. Del resto è probabile che la concezione stessa del tempo si sia distorta a seguito della morte degli Olimpici e anche di Titani come Gaia e Crono. Come prima conclusione possiamo quindi stimare che la cosiddetta “Era greca” di God of War si ambienti su un totale variabile da venticinque a trent’anni.
Un retcon per il settentrione
Se fossimo ancora al 2013, la cronologia di God of War si sarebbe potuta concludere con il crepuscolo degli dèi greci. L’inaugurazione della nuova “Era norrena” ha un po’ cambiato le cose e costretto i creatori a un sotteso ma importante retcon. Se in God of War III viene lasciato intendere che tutto il mondo sia sprofondato nel caos a seguito della caduta dell’Olimpo, nel God of War del 2018 questa cosa è stata corretta lasciando intendere che Kratos ha distrutto solo la parte di mondo che era sotto la giurisdizione degli dèi dell’Olimpo. È un giustificativo a posteriori necessario per inserire altri pantheon nel contesto generale della serie, oltre che (potremmo pensare) un omaggio all’ormai celebre “God of War 3 secondo David Jaffe”. Il creatore originale della serie infatti aveva in mente qualcosa di molto simile per il terzo capitolo della saga: secondo questa visione Kratos avrebbe infatti affrontato una coalizione tra gli dèi greci, nordici ed egiziani, in cui avrebbe prevalso capendo che l’unica via per distruggerli sarebbe stato fare in modo che i mortali smettessero di credere in loro.
In ogni caso le cose sono andate diversamente, e i Santa Monica sono dovuti ripartire basandosi sui loro precedenti lavori. Ecco pertanto che non ci è dato sapere quanto tempo è passato dalla distruzione dell’Olimpo; si tratta comunque di molti anni (proprio nelle prime ore di trama Kratos si chiede “Come mi hanno trovato dopo tutto questo tempo?”). Lo stesso fumetto-prequel della Dark Horse iniziato a fine 2018 e tuttora in fase di pubblicazione (in Italia dovrebbe arrivare a giugno) non pare per adesso dare particolari indizi su come egli sia giunto al Nord. In ogni caso possiamo anche qui dare una collocazione temporale, anche se nessuna data. Kratos appare chiaramente invecchiato, e per quanto rimanga molto forte ha una corporatura che lo colloca tranquillamente sui cinquant’anni (o tardi quaranta a fare gli ottimisti). Desumendo che suo figlio Atreus sia preadolescente (quindi sui dodici anni) sono passati almeno tredici anni da quando Kratos è giunto al nord. A volerla spingere ancora più in avanti potremmo aumentare questo quantitativo a quindici: Faye, la compagna di Kratos e madre di Atreus viene più volte ricordata come una donna molto forte ma anche buona e giusta. Una personalità tale da aver nei fatti redento Kratos, traguardo piuttosto difficile da raggiungere in tempi brevi.
Alla luce di tutti questi ragionamenti, possiamo dire che il nuovo God of War si ambienti circa quindici anni dopo God of War III. È una data un po’ di compromesso, ma che serve a dare un senso sia all’introduzione dei nuovi protagonisti che all’invecchiamento di Kratos. Incrociandolo alle datazioni emerse dai capitoli per PSP potremmo quindi dire che siamo attorno al 460 avanti Cristo. Nonostante questa ricostruzione abbia il suo fascino, non bisogna fare completo affidamento sul deterioramento fisico del protagonista: prima di essere dio della guerra era biologicamente un semidio, e in quanto tale potrebbe godere di un invecchiamento biologico rallentato. Anche osservando Atreus si potrebbe dire che nell’universo di God of War i semidei hanno una fase di crescita biologica fisicamente equivalente agli umani, ma poi godono di una giovinezza prolungata così come l’età. Rimane comunque un ennesimo segno di qualità il fatto che God of War non solo abbia mantenuto una notevole coerenza interna, ma che non l’abbia neppure dimenticata anche quando si è trattato di stravolgerne completamente il contesto.
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