Immagine di El Hijo - A Wild West Tale | Recensione - Stealth e spaghetti western
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El Hijo - A Wild West Tale | Recensione - Stealth e spaghetti western

Ambientato in un far west cartoon, El Hijo - A Wild West Tale è uno stealth game

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a cura di Daniele Spelta

Redattore

Informazioni sul prodotto

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El Hijo
  • Sviluppatore: Honig Studios
  • Piattaforme: PC
  • Generi: Stealth game
  • Data di uscita: TBA

Se c’è una cosa che non perdoneremo mai al PC Gaming Show — e più in generale agli eventi e alle fiere — sono i suoi trailer sconclusionati e presentati a raffica, senza alcuna informazione o data, tutti buttati dentro ad un calderone condito con frame che saltano da un titolo all’altro e musica incalzante. In quel turbinio caotico di immagini e suoni è difficile memorizzare qualche nome e anche quelli capaci di attirare un minimo l’attenzione vengono subito confinati in un angolo della memoria, sepolti da altri trailer e altri titoli che ovviamente faranno la stessa fine.

Questo rischio lo ha corso anche El Hijo - A Wild West Tale. Mostrato per la prima volta al PC Gaming Show del 2019, lo stealth game creato da Honig Studios ha catturato immediatamente la nostra curiosità per la sua ambientazione da spaghetti western e per il suo protagonista, un bambino di sei anni alla disperata ricerca di sua madre, rapita da un misterioso gruppo di banditi.

Il silenzio assoluto e un anno trascorso senza notizie rilevanti hanno sbiadito il ricordo di quella presentazione losangelina, almeno fino a questo inizio dicembre 2020, momento in cui El Hijo approda su PC, Nintendo Switch, PlayStation 4 ed Xbox One e subito ci ricorda il perché dell’interesse suscitato in quella calda estate dell’E3.

Alla ricerca della propria madre

La storia raccontata da El Hijo inizia in modo sbrigativo e senza troppi fronzoli. Dopo una velocissima spiegazione dei comandi e un’infarinatura sulle meccaniche stealth inserita in modo abbastanza forzato, le vicende prendono una brutta piega quando la fattoria gestita dalla madre e dal figlio viene assaltata e bruciata da una banda di criminali.

Almeno inizialmente non c’è una spiegazione a questo atto criminale, ma l’anonimo duo - nel senso che di entrambi i protagonisti non viene mai citato il nome - è costretto ad abbandonare la casa, oramai ridotta ad un cumulo di cenere.

Poche parole, tanti fatti

L’unica scelta rimasta è quella della forzata separazione. Con le spalle al muro, la madre decide così di affidare il proprio figlio al convento gestito da una qualche setta religiosa non ben specificata. Nonostante l’apparente drammaticità degli eventi, El Hijo è tutt’altro che uno smielato strazio e, anzi, l’abbandono e l’ovvio futuro ricongiungimento dopo le infinite peripezie del duo vengono portati avanti solo da qualche cutscene, in un silenzio pressoché assoluto.

La storia resta insomma abbastanza fumosa, qualche indizio viene sparso qua e là per meglio contestualizzare l’assalto ed unire i banditi alla setta religiosa, ma non aspettatevi grandi colpi di scena o filmati dal taglio cinematografico, perché El Hijo punta tutto sul suo gameplay.

Giocare con le ombre

Come detto in apertura, l’opera sviluppata da Honig Studios è uno stealth game, ed è uno di quelli duri e puri. El Hijo e i suoi protagonisti rifuggono completamente dalla violenza, non c’è modo di stordire - se non proprio negli ultimi livelli con degli innocui fuochi d'artificio - o peggio ancora eliminare i nemici e, dunque, l’unico modo per avanzare livello dopo livello e riabbracciare la propria madre è trarre vantaggio dalle innumerevoli soluzioni tattiche proposte dai vari ambienti esplorati e proseguire senza essere scoperti.

Le aree spaziano dalle iniziali stanze del monastero a delle oscure miniere cariche di dinamiti, passando poi cortili, deserti aperti, treni e molto altro. Se inizialmente questi scenari assumono delle geometrie piuttosto lineari e guidano i giocatori alla scoperte delle singole meccaniche, con il passare del tempo viene abbandonata questa direzione retta e vengono abbracciati i classici stilemi dei livelli sandbox.

Che si guidi il coraggioso bambino oppure l’intrepida madre, l’obbiettivo è sempre uguale: partire dal punto A ed arrivare al punto B. Il problema, o meglio il bello, è che non c’è mai un’unica strada e le chiavi di lettura sono molteplici e fantasiose.

L’alleato principale resta senza ombra di dubbio l’oscurità, spazi in cui ci si può muovere più o meno liberamente per aggirare le guardie, per poi magari nascondersi all’interno di una giara e attendere che il bandito di turno ci dia le spalle.

I livelli sono insomma dei veri e propri parchi giochi da sfruttare ed esplorare a proprio piacimento, rompendo vasi o bottiglie, buttando giù pali per costruire ponti improvvisati e sfuggire al monaco che ci dava la caccia, fino ad arrivare a creare dei semplici percorsi su binari abbandonati per scappare rapidamente da una miniera.

Accanto alle possibilità offerte dal buonissimo level design, ci sono poi i vari strumenti messi a disposizione dei due protagonisti. Nelle tasche del bambino trovano così spazio una fionda, indispensabile alleato per mandare in frantumi lampade, un giocattolo a molla che terrà occupati i nemici per il tempo sufficiente o, ancora, dei frutti viola che, esplodendo, creano una nuvola di fumo momentanea dietro cui nascondersi.

Ancora una volta, dopo una manciata di attimi lineari sfruttati per spiegare i nuovi trucchi del mestiere, El Hijo abbandona ogni forma di guida, tanto che noi stessi, giusto per citare uno fra i tanti approcci possibili, non abbiamo quasi mai sfruttato il pupazzo rumoroso, preferendo al contrario giocare con le numerose soluzioni ambientali da manipolare con la fionda.

Lo stealth viene poi amalgamato con qualche fase puzzle interessante, ingegnosa e mai troppo complessa da spezzare il ritmo, ma che aggiunge ulteriore tensione quando il rumore di uno spaventapasseri rischia di attirare un cane randagio.

Sfuggire in scioltezza

Honig Studios ha studiato in modo attento le varie soluzioni proposte dagli stealth game più blasonati e, con scelte di game design ben calibrate, è riuscito ad evitare gli ostacoli più fastidiosi, uno su tutti il senso di frustrazione dopo l’ennesimo fallimento. Le guardie seguono pattern prestabiliti in cui c’è sempre un punto debole da sfruttare, non si lasciano mai andare ad azioni impossibili da prevedere e, schiacciando un apposito tasto, vengono immediatamente visualizzati i loro coni visivi.

Inoltre, gli errori sono mitigati dai numerosi checkpoint e, anche quando si entra nel raggio di azione di un santone o di un classico bandito del Far West, quest’ultimo non farà scattare immediatamente l’allarme con il conseguente game over, ma entrerà prima in uno stato di allerta, con un un breve lasso di tempo per correre - letteralmente - al riparo e far ritornare la situazione alla normalità.

In un quadro nel complessivo positivo, c’è però spazio per qualche ombra di troppo, questa volta non una nostra alleata. Ciò che manca ad El Hijo è innanzitutto quel tocco di eleganza e raffinatezza visto nei recenti Desperados III o Shadow Tactics: Blades of the Shogun, a cui si aggiunge poi un’intelligenza artificiale facilmente aggirabile e, alle volte, proprio al limite della stupidità.

Una guardia a cui si romperà infatti una lampada esattamente sotto il naso si alzerà a controllare l’accaduto, ma poi tornerà a sedersi sulla sua sedia fissando il buio, come se quel sasso lanciato in modo preciso fosse caduto dal cielo senza nessuna mano ad averlo scagliato. Peggio ancora quando si iniziano a spostare carrelli, tirare leve e modificare tutti gli altri elementi dello scenario, bizzarrie che però non scuotono gli stoici avversari.

A causa di questa AI tutt'altro che brillante il livello di sfida è tarato generalmente verso il basso e, misteriosamente, non si attiene nemmeno ad un normale crescendo, con alcuni livelli posti verso la parte finale decisamente più abbordabili dei precedenti. L’unico elemento di sfida sono gli altri bambini sparsi per gli scenari, che possono esser ispirati e che in cambio riforniscono le scorte dei protagonisti per quel che riguarda i vari gadget. Insomma, una spinta in più per i completisti, ma un'aggiunta che varia di poco il giudizio sulla difficoltà complessiva.

La vera complessità nasce solo da dei comandi non sempre rapidi e che tendono a dare il peggio di sé proprio nei momenti sbagliati. I fallimenti più fastidiosi nascono mentre si è appostati al sicuro dietro ad un riparo, che purtroppo tradisce quando si cerca di scavalcarlo solo perché l’azione del salto entra misteriosamente in conflitto con quella dell’abbassarsi. Allo stesso modo, prendere la mira con la fionda può diventare un’impresa titanica quando il mirino inizia ad incastrarsi su oggetti posti su altezze differenti. El Hijo non fa insomma della precisione uno dei suoi punti di forza

Questi errori ci sono, sono innegabili e anche piuttosto frequenti e la loro unica fortuna è l’estrema accessibilità di El Hijo. Anche in caso di cattura a causa di uno di questi inceppi appena citati, un rapido riavvolgimento porta la situazione a pochi istanti precedenti, senza il rischio di dover rifare da capo intere sezioni di livelli.

Un western indipendente

Infine, il comparto tecnico di El Hijo mostra pienamente la sua natura indie, con una resa grafica semplice e senza troppi fronzoli, impreziosita comunque da una direzione artistica in stile cartoon perfettamente calzante con i toni leggeri dell’opera.

Al contrario, ci si poteva aspettare qualcosa di più per la colonna sonora che appare solo a tratti, mentre per gran parte del viaggio si viene accompagnati dal silenzio più assoluto.

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Voto Recensione di El Hijo - Recensione


7

Voto Finale

Il Verdetto di SpazioGames

Pro

  • Ogni scenario è aperto a molteplici soluzioni

  • Level design ben calibrato per lo stealth e le sezioni puzzle

  • Nessun rischio frustrazione

  • Ambientazione azzeccata

Contro

  • AI decisamente poco sveglia

  • La storia resta fin troppo in secondo piano

  • Comandi poco precisi

Commento

El Hijo - A Wild West Tale è lo stealth game ideale per chi è alla ricerca di un'esperienza non troppo complessa ma comunque capace di stuzzicare l'intelligenza, grazie ad un mix a base di ottimo level design, sezioni puzzle ben calibrate e tante soluzioni offerte in ambienti sandbox, il tutto condito da una spensierata atmosfera da spaghetti western. C'è però un rovescio della medaglia, un lato meno positivo in cui trovano spazio un'intelligenza artificiale molto basilare - per non dire proprio stupida alle volte - e qualche imprecisione di troppo nel sistema dei comandi.
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