Per pubblico e addetti ai lavori, incensare il nuovo DualSense è stata la logica reazione alla verve innovativa di PlayStation, sostanzialmente per due motivi. Il primo è legato al fatto che sarebbe stato difficile tessere le lodi delle novità di casa Sony quando al lancio, al di là di Sackboy: Una Grande Avventura, dei titoli retrocompatibili e delle riproposizioni migliorate, abbiamo avuto di fatto come esclusive poco più di un DLC espanso (Marvel's Spider-Man: Miles Morales) e un remake 1:1 di nome Demon's Souls. Il secondo motivo è inevitabilmente dettato dal gusto per la novità, dall'eccitazione legittima che scaturisce da un modo di convogliare le esperienze di gioco che finora non avevamo mai visto (né mai sentito sui nostri palmi, è il caso di dirlo).
Come ricorderete, i primi giorni con DualSense ci hanno fatto dire a più riprese che era l'unica cosa davvero next-gen che avessimo provato finora, e la sincera curiosità delle applicazioni future coi giochi che verranno non smette ancora di vellicare le più segrete e avveniristiche fantasie in termini di applicazioni e profondità del coinvolgimento. Eppure, dopo le settimane trascorse, quella magia sembra già svanita. Sembra tutto diventato scontato, come un'abitudine a cui si smette di far caso in poco tempo. Si è dunque aperta la strada alla convinzione che partita dopo partita, giorno dopo giorno, smetteremo di farci caso, come un rumore di fondo che sfugge via dalla nostra soglia di attenzione pur rimanendo sempre lì.
DualSense, la novità che sa di gimmick?
È davvero difficile spiegare a parole le sensazioni che un pad simile è in grado di restituire a chi non lo ha mai provato. Gli appassionati più fortunati sanno bene a cosa ci stiamo riferendo, e possono condividere quelle stesse sensazioni di meraviglia che anche noi abbiamo avuto durante i primi giorni. Chi ancora è lì ad aspettare la propria PS5, un po' deluso e un po' inviperito dalla gestione del lancio e delle scorte, non ha avuto modo di rendersi conto che - sì, ve lo diciamo sul serio - un pad può in effetti creare un livello di coinvolgimento senza pari, capace di calare il giocatore in una nuova dimensione e far sentire sostanziali differenze a seconda di un terreno che cambia, di un'azione replicata tramite le resistenze dei grilletti, di una situazione al limite che si può avvertire anche attraverso le proprie mani.
Al di là di Astro's Playroom, che non esiteremmo a definire una sorta di brochure interattiva (e al contempo la migliore applicazione delle potenzialità di DualSense), al momento è evidente che gli sviluppatori debbano mettere a frutto le potenzialità del pad e le migliori idee per farlo rendere come si deve. In questa prima tornata di titoli sono stati davvero pochi i momenti che ci hanno indotto a pensare che fosse davvero qualcosa di avveniristico, ma tutte le volte che è successo, DualSense ha lasciato capire che si tratta potenzialmente di uno strumento in grado di dare più corpo persino ai giochi stessi e alle esperienze che essi sono in grado di offrire.
Addirittura in Demon's Souls, che è uno dei giochi che sfruttano pochissimo le sue funzionalità, abbiamo avvertito sensazioni che in passato era sostanzialmente impossibile replicare. Non ci stiamo riferendo alla semplice vibrazione durante il lancio delle magie o quando vengono sferrati gli attacchi, ma a un momento particolare all'interno della Torre di Latria. Zona già ansiogena di suo e capace di gettare il giocatore nell'incertezza, costringendolo ad avanzare a piccoli passi verso aree in larga parte immerse nel buio e nella penombra, è costruita attorno a una sorta di monolite con un composto organico che ne ha infestato la struttura principale.
In lontananza è possibile scorgere la sua grandezza offesa da quell'osceno agglomerato di viscere bitorzolute ed enfiate, ma solo avvicinandosi piano piano se ne avverte la sua disturbante influenza: il DualSense pulsa lievemente, quasi con calma indisturbata, come se il battito di quel cuore malevolo si trovasse proprio nelle profondità del pad e in qualche modo arrivasse direttamente al giocatore attraverso un legame fisico. E poi? E poi nient'altro, perché l'apporto che dà a Demon's Souls finisce qui.
Applicazioni di oggi, novità di domani. O forse abbandono e indifferenza?
Si potrebbe dire che nel caso specifico del progetto di Bluepoint Games sia tutto giustificato, perché in fondo si tratta solo di un remake, ma la verità sta un po' nel mezzo e il poco impegno è evidente. E per quanto riguarda invece l'apporto dato a Miles Morales, al di là della sensazione di star sparando delle ragnatele dal proprio polso? Appunto, nient'altro che non possa essere ascritto sotto la definizione di orpello. E in Godfall?
Ma davvero il massimo che si possa fare è far sentire la resistenza dei grilletti durante alcuni attacchi? Insomma, dove sono tutte le "sensazioni" adattate a dei momenti specifici, alle azioni contestuali, all'ambiente che ci circonda, agli atti che compiamo e agli eventi che viviamo? L'impressione, almeno al momento, è che quella offerta dal DualSense sia un'aggiunta di poco conto; o meglio, il reale timore è che gli sviluppatori la ridurranno ad essere tale.
Eppure ci sono dei titoli, e soprattutto dei generi specifici come quelli dedicati alla corse, che sembrano essere proprio il vestito perfetto che DualSense è in grado di calzare col massimo della disinvoltura e della credibilità. Guardiamo ad esempio alla versione PS5 di WRC 9: regala sensazioni che fanno pensare - senza nessuna ombra di dubbio - di avere tra le mani un dispositivo capace di cambiare finalmente le carte in tavola, di far sentire sul serio le sensazioni che si avvertono in terreni diversificati, tra i tremori continui sulla ghiaia, i sussulti sulle strade sconnesse, la vellutata leggerezza dell'asfalto.
E poi il feedback delle vetture: diversificate, certo, ma soprattutto simili nel restituire i singulti di un improvviso cambio di marcia, la profondità dell'accelerazione graduale, il modo in cui i freni reagiscono in base alla velocità a cui è lanciata la vettura o quando d'improvviso si tenta una svolta con derapata che provoca una resistenza sulla forza d'arresto. Era dunque tutto vero: coi giochi di corse la musica cambia completamente, e in attesa di Gran Turismo 7, conoscendo bene la maniacalità di Yamaguchi e soci, è lecito aspettarsi un importante approfondimento sensoriale su ogni automobile, per far regalare ai giocatori la più coinvolgente esperienza al volante virtuale.
In conclusione
Con DualSense potremmo spingere il desiderio molto più lontano di quanto le effettive possibilità riescano a offrire al momento. Pensate a una scelta cruciale da compiere, o a un assassinio dove penetrare le carni nemiche con la lama di un coltello vi faccia sentire tutto il peso del gesto attraverso i grilletti che si oppongono, o magari a esperienze sensoriali tra i cieli o nelle profondità marine, tra la brezza di un vento che spira con forza o con tutto ciò che a livello emozionale può fare il videogioco d'autore.
Eppure ci stiamo già abituando, quasi non ci accorgiamo che il DualSense esista durante lunghe sessioni di gioco; stiamo già prendendo le misure ai nostri stupori iniziali. Ed è quasi ironico parlarne mentre molti utenti ancora non hanno la più pallida idea di cosa significhi tutto ciò, dato che anche in questo inizio 2021 PS5 è introvabile.
Vi ricordate come andò col DualShock, no? All'inizio era una novità d'impatto, e benché non sia neanche lontanamente paragonabile a ciò che fa un DualSense, le applicazioni furono tutte molto azzeccate. Oggi su PS5 abbiamo un solo esempio sfolgorante e poca, pochissima applicazione da parte degli sviluppatori, che al momento sembrano un po' freddini e poco risoluti in tal senso. Ci aspettiamo che siano come al solito le grandi esclusive a risollevare la situazione – grandi esclusive su cui attendiamo di mettere le mani quest'anno – ma va detto che "la cosa più next-gen di PS5" potrebbe avere una fiammella già piuttosto tenue.
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