Dragon Quest II: Luminaries of the Legendary Line | Recensione Nintendo Switch
La saga del Drago continua su Nintendo Switch
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a cura di Nicolò Bicego
Redattore
Dragon Quest non ha mai conosciuto in Occidente il successo che ha avuto in Oriente, dove la serie può tranquillamente giocarsela con Final Fantasy in quanto a popolarità. Questo è dovuto anche al fatto che molti episodi della serie non sono arrivati nel nostro territorio se non di recente, tramite porting e remake. Tra questi c’è anche Dragon Quest II: Luminaries of the Legendary Line, rimasto inedito in Europa fino al suo lancio su dispositivi mobile di qualche anno fa. Oggi il titolo arriva per la prima volta sulle console europee attraverso una conversione per Nintendo Switch, rilasciata in tandem con quelle del primo e del terzo capitolo. Come è invecchiato questo storico episodio? Scopriamolo insieme.
Il mondo è in pericolo, di nuovo
Chi conosce la serie, sa che Dragon Quest, a differenza dei Final Fantasy (almeno dal IV in poi) non ha mai goduto di un comparto narrativo particolarmente forte, seppure con notabili eccezioni. Dragon Quest II: Luminaries of the Legendary Line (da ora solo Dragon Quest II) rientra in pieno in questa regola. La storia si connette solamente in modo blando a quella del primo capitolo. Le vicende hanno inizio quando il mago Hargon attacca il castello di Moonbroke. Il suo obiettivo è quello di evocare il demone Malroth per distruggere il mondo intero. Fortunatamente, un soldato riesce a sfuggire alla strage e a raggiungere il regno di Midenhall dove, prima di morire, riesce ad avvisare il re del pericolo incombente. Il sovrano, a questo punto, incarica il figlio di partire con la missione di scovare e sconfiggere Hargon prima che possa mettere in atto il suo malvagio piano; figlio che, peraltro, è un discendente di Erdrick, proprio come l’eroe del primo episodio. Questa storia è ambientata cento anni dopo quella del suo predecessore e insieme al successivo Dragon Quest III: The Seeds of Salvation costituisce quella che è stata definita la “trilogia di Erdrick” (o di Loto, nome che il leggendario personaggio ha nella versione giapponese) proprio perché i tre titoli ruotano, ognuno a modo suo, intorno a Erdrick e alla sua discendenza.
Il nostro eroe comincia il suo viaggio da solo, ma ben presto altri personaggi si aggiungeranno alla sua avventura. Sia la storia che i personaggi mancano di quella profondità tipica dei JRPG delle generazioni successive, e le vicende narrate del gioco scorrono davanti ai nostri occhi senza che ci sia un vero e proprio coinvolgimento in ciò che sta accadendo. Dopotutto, Dragon Quest II è figlio di altri tempi e questa versione, per quanto rimaneggiata tecnicamente, lascia pressoché inalterato il contenuto di base. A proposito del lato tecnico, il lavoro svolto è decisamente soddisfacente; pur non trattandosi di un remake intenzionato aggiornare il gioco agli standard odierni, gli sviluppatori sono riusciti a svecchiare l’estetica di Dragon Quest II, con personaggi e scenari che godono di un dettaglio insperabile per l’originale versione NES. La colonna sonora è tra gli aspetti del gioco che sono invecchiati meglio; pur non potendo rivaleggiare con altri classici dei JRPG, le tracce offerte sono un buon accompagnamento per l’avventura che potreste voler ascoltare anche al di fuori del gioco.
È pericoloso andare da soli…
Al giorno d’oggi può sembrare quasi un paradosso, ma nel primo Dragon Quest era possibile controllare un solo personaggio e le battaglie a turni avvenivano contro un solo nemico alla volta. Questa premessa è necessaria per contestualizzare la portata delle novità che Dragon Quest II portò all’epoca della sua uscita: come abbiamo accennato nel paragrafo precedente, Dragon Quest II rendeva possibile aggiungere altri personaggi al proprio party, e nelle battaglie era finalmente possibile incontrare intere squadre di mostri.
La progressione dei personaggi rimane lineare: le “sole” cose a cui bisogna badare sono l’esperienza acquisita tramite le battaglie e l’acquisto di equipaggiamenti migliori nei negozi. Se siete abituati ad un sistema di progressione più profondo (come il sistema dei “jobs” dei vari Final Fantasy), scordatevelo; qui siamo di fronte a meccaniche molto più spartane. Questo però non si traduce assolutamente in semplicità: il gioco è famoso per essere tra i più difficili della serie, e la sua fama è stata mantenuta anche da tutte le successive riedizioni. Perciò, qualora voleste affrontare la sfida offerta da Dragon Quest II, dovrete dedicarvi di buona lena all’esplorazione del mondo in cerca di occasioni per migliorare le statistiche del vostro party; anche questa è una novità rispetto al primo capitolo, che non garantiva altrettanta libertà.
Rispetto alla versione originale, è stata aggiunta una funzione quick save; aggiunta decisamente gradita se consideriamo che nell’originale Dragon Quest II si poteva salvare davvero poco spesso, costringendo i giocatori a lunghe sessioni per arrivare al successivo punto di salvataggio. Questa feature rende Dragon Quest II un titolo giocabile tranquillamente anche in modalità portatile, adattandosi perfettamente alla natura ibrida di Nintendo Switch; certo, non si tratta di un titolo esattamente “mordi e fuggi”, ma se siete esperti di JRPG e non temete di dimenticare quello che stavate facendo (perché il gioco non vi offrirà grandi aiuti per ricordarlo), potrete tranquillamente continuare le vostre avventure anche fuori casa.
Gli anni che passano
Nella nostra analisi di Dragon Quest II, non abbiamo ancora risposto alla domanda che ci siamo fatti inizialmente: il gioco ha retto il passare del tempo? La risposta, purtroppo, è no. Sebbene sia sicuramente un passo avanti rispetto al primo episodio, le novità che Dragon Quest II introduce sono oggi talmente scontate che solamente i veterani del genere sapranno apprezzare il gioco per il suo contributo alla serie. L’inizio del gioco, lento tanto dal punto di vista narrativo quanto dal punto di vista del gameplay, risulta oggi ancora più tedioso, così come la parte finale, eccessivamente punitiva, risulta più frustrante che divertente. L’eccessiva semplicità delle meccaniche di cui parlavamo, inoltre, è difficile da digerire vista la grande evoluzione che il genere ha avuto nel corso degli ultimi vent’anni.
Certo, se siete davvero appassionati di JRPG potrete comunque voler giocare Dragon Quest II per il suo innegabile valore storico; per tutti gli altri, però, ci sono titoli di gran lunga migliori, anche all’interno della stessa serie. Tra questi anche il suo diretto successore, di cui potrete presto leggere la recensione sulle nostre pagine.
7.0
Il voto finale che abbiamo assegnato a Dragon Quest II: Luminaries of the Legendary Line è riferito a quello che il gioco ha ancora da dire al giorno d’oggi. Infatti, sebbene il titolo apportasse importanti novità alla serie, migliorando in tutto e per tutto quanto fatto dal suo predecessore, questi elementi sono oggi dati per scontati, rendendo difficile percepire l’importanza di queste novità per i non veterani della serie. Non aiuta il fatto che diversi aspetti del gioco siano invecchiati piuttosto male, dal lento incedere della narrativa, sempre piuttosto generica, all’eccessiva semplicità delle meccaniche di gioco, fino ad arrivare alla parte finale dell’avventura, ancora eccessivamente punitiva. Il nostro consiglio è di recuperarlo solo se siete davvero fan di questa serie e volere giocare ogni capitolo per vederne l’evoluzione, altrimenti c’è sicuramente di meglio da poter giocare oggi.
Voto Recensione di Dragon Quest II: Luminaries of the Legendary Line | Recensione Nintendo Switch - Recensione
Voto Finale
Il Verdetto di SpazioGames
Pro
-
Un titolo storico finalmente disponibile sulle console europee...
Contro
-
... arrivato troppo tardi per essere goduto davvero
Commento
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