Immagine di Disgaea 6 Defiance of Destiny | Recensione - Zombie con manie di grandezza
Recensione

Disgaea 6 Defiance of Destiny | Recensione - Zombie con manie di grandezza

Pronti a tornare negli inferi?

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Informazioni sul prodotto

Immagine di Disgaea 6: Defiance of Destiny
Disgaea 6: Defiance of Destiny
  • Sviluppatore: NIS
  • Produttore: NIS America
  • Distributore: Koch Media
  • Piattaforme: PS4 , SWITCH
  • Generi: Gioco di Ruolo , Avventura
  • Data di uscita: 29 giugno 2021 (Switch)

A quasi sei anni dalla pubblicazione del quinto capitolo, che rimane l'ultimo inedito della serie, il franchise Disgaea torna sugli schermi di Nintendo Switch, dopo la pubblicazione delle versioni complete dei vecchi episodi viste negli scorsi anni.

Disgaea 6: Defiance of Destiny sbarcherà in esclusiva sulla macchina ibrida di mamma Nintendo il prossimo 29 giugno, e noi lo abbiamo giocato per settimane per offrirvi l'analisi più completa ed esauriente possibile.

Se non vedevate l'ora di tuffarvi nuovamente nel non-sense e nei combattimenti a turni che hanno resa famosa la serie, non dovete fare altro che continuare a leggere.

Lo zombie che non voleva morire

Zed è uno zombie che non può (e non vuole) morire: grazie ad un particolare incantesimo, ad ogni morte egli risorge dalle sue ceneri più forte di prima, memore delle circostanze della sua dipartita e deciso a vendicarsi.

Il suo bersaglio principale, alla faccia delle manie di grandezza, altri non è che il dio della Distruzione, capace di batterlo già innumerevoli volte nonché signore degli inferi, e, nonostante l'impegno profuso nel farsi ammazzare, Zed sembra ancora lontano dal livello di combattimento necessario per portare a termine la sua personalissima vendetta.

Consigliato dal fido Cerberus, allora, un cane che puzza di cadavere almeno quanto lui, il nostro decide di fare affidamento non solo sulle sue (insufficienti) forze, ma anche su quelle di alcuni degli eroi più famosi del regno degli inferi, tra cui alcuni favoriti dei fan di vecchia data del franchise, come Etna, Laharl e Flonne, giusto per nominare i primi che ci vengono in mente.

Tra l'assurdità che ha sempre contraddistinto la serie e le particolari necessità narrative di quello che a tratti sembra un episodio cross-over, la trama dietro Disgaea 6 è il non plus ultra del non-sense, tra improponibili freddure, umorismo nero e battute demenziali.

Le risate non mancheranno, come tradizione della serie, ma non nascondiamo che queste siano state meno rispetto al recente passato, un po' per il differente target della produzione, che apre un po' ai giocatori meno esperti, un po' perché alcune delle gag sono riciclate da alcuni dei più riusciti capitoli passati, su tutti Disgaea 4.

In ogni caso, se non prenderete la narrativa sul serio e avrete la pazienza di leggere tutti i dialoghi, la cui quantità è a tratti equiparabile a quella di una visual novel, tra uno scontro e il successivo, allora vi ritroverete tra le mani un prodotto capace di strapparvi qualche risata e di farvi passare spensieratamente le decine di ore (anche una sessantina) necessarie ad arrivare in fondo.

Un ciclico ritorno

Differentemente da molti altri franchise, impegnati ad abbassare la barriera d'ingresso per i neofiti, Disgaea 6 non si preoccupa minimamente di venire incontro a quanti volessero avvicinarsi alla saga solo adesso, quantomeno non nelle prime battute: sin dagli stage iniziali, infatti, i giocatori saranno bombardati da statistiche, percentuali di attacco, funzionalità secondarie disponibili nel hub centrale e tantissimi altri dettagli che possono richiedere un buon monte ore per essere assimilati.

Certo, rispetto al passato sono state sfoltite le classi che avevano avuto meno successo nei vecchi capitoli, ed è stato significativamente accelerato il processo di crescita dei personaggi, che richiedeva dosi di grinding decisamente eccessive in alcuni dei capitoli precedenti, eppure si fatica comunque a consigliare anche quest'ultima fatica di Nippon Ichi Software ai neofiti del genere.

D'altro canto, i veterani della serie e, più in generale, gli amanti degli strategici a turni longevi e mediamente complicati, troveranno pane per i loro denti, in un mercato che, invece, tende sempre di più alla semplificazione e alla standardizzazione dei generi videoludici.

A tal proposito, segnaliamo l'assenza delle Magic Change, che servivano a trasformare i mostri in armi nei vecchi capitoli, ma anche cambiamenti in positivo, come la nuova interfaccia grafica, decisamente più chiara e meno claustrofobica di quella vista nel quinto capitolo.

Meno impattante, invece, l'aggiunta della modalità Auto-Battle, una feature utile più che altro a velocizzare il grinding nei livelli già portati a termine e decisamente poco praticabile quando si affronta uno stage per la prima volta, a causa di una intelligenza artificiale non troppo affidabile, che alterna buoni spunti ad inspiegabili mosse conservative.

Per il resto, le meccaniche di gioco si discostano assai poco da quanto visto fin qui all'interno del franchise: scontri a turni, con il giocatore che muove tutte le sue unità per poi passare la palla all'intelligenza artificiale nemica, la possibilità di concatenare attacchi di gruppo qualora si riesca a circondare un'unità nemica, generando output di danni al limite dell'inverosimile, con numeri che superano facilmente il milione nelle fasi più avanzate dell'avventura.

La formula base, che pure si difende benone nonostante il passare degli anni, abbisognerebbe probabilmente di uno scossone, di un paio di trovate che vadano a sparigliare le carte in tavola e che vadano ad aggiungersi ai geo panel, alla possibilità di lanciare i membri del party e a tutte quelle altre feature che tornano, immutate, da sei capitoli a questa parte.

Ha destato inoltre qualche perplessità il bilanciamento generale della difficoltà, che sembra più accondiscendente di quanto non fosse in alcuni dei capitoli precedenti, coadiuvato dalle infinite possibilità di grinding che il prodotto offre, ma che ha riservato un paio di picchi di difficoltà che ci hanno costretto a qualche battaglia di allenamento per proseguire.

Treddì

Soffermandoci per un attimo sulla componente tecnica, decisamente secondaria nella storia di questo franchise, non possiamo non sottolineare un cambiamento epocale per la serie, probabilmente quello più evidente di questo sesto capitolo, ovvero il passaggio dagli sprite bidimensionali che hanno fin qui caratterizzato tutti gli episodi ad un cel shading poligonale, con i modelli di eroi ed avversari interamente tridimensionali.

Questa scelta, com'era lecito attendersi, porta con sé tanto rivolti positivi quanto negativi: tra i primi possiamo sicuramente annoverare un ammodernamento dell'aspetto estetico ed una maggiore sensazione di occupazione degli spazi da parte dei personaggi, mentre tra i secondi, complice il non esaltante budget a disposizione del team di sviluppo, possiamo annoverare una certa omologazione a tanti congeneri sul mercato ed un aspetto piuttosto povero di molte delle ambientazioni esplorate durante la lunga campagna.

Per quanto ci riguarda, i pro superano i contro, al netto delle rimostranze dei nostalgici della prima ora: la regia e la messa in scena delle battaglie hanno guadagnato in chiarezza e la valutazione di determinati colpi è adesso migliorata, laddove in passato ci era capitato, soprattutto nelle situazioni più affollate, con più caselle adiacenti impegnate da truppe amiche e nemiche, di incappare in errori di valutazione legati alla prospettiva ed al contrasto tra gli sprite in due dimensioni e gli scenari in tre.

Se si passa ad analizzare le performance, invece, siamo purtroppo costretti a far battere la lingua proprio dove il dente duole: probabilmente a causa dell'inesperienza del team di sviluppo con la tridimensionalità, abbiamo assistito ad una resa piuttosto scadente tanto in modalità portatile quanto giocando sulla televisione di casa, sebbene dalle opzioni sia possibile scegliere tra tre differenti modalità.

La peggiore, dal nostro punto di vista, è quella denominata Performance: pur di alzare il framerate del gioco, che comunque non sempre mantiene i 60 fps, la risoluzione si abbassa a livelli inaccettabili, e, complice la ricchissima palette cromatica del gioco, il risultato finale si avvicina molto ad un quadro impressionista in movimento, e non lo diciamo come un complimento.

Un po' meglio la modalità Graphics, che si attesta sui 30 fps abbastanza stabili: nonostante un aliasing pronunciato e tentennamenti visibili durante le battaglie più affollate, la natura a turni del gioco rende accettabile l'aggiornamento dello schermo a ritmi più bassi, tanto che durante le nostre ore di test abbiamo optato per questa modalità per la gran parte del tempo (soprattutto giocando su una tv in 4K).

La terza ed ultima modalità, denominata Balanced, è probabilmente quella standard degli altri episodi del franchise, con un frame rate sbloccato che oscilla tra i 30 e i 45/50 fps, ma, nonostante il livello di dettaglio sia inferiore alla succitata modalità Graphics, non mancano cali di framerate anche abbastanza bruschi ed imperfezioni nella visualizzazione di molte delle scene di intermezzo.

Va detto che tutte le ore di test sono avvenute prima dell'immancabile patch day one, e che quindi la versione a cui i nostri lettori avranno accesso potrebbe essere ottimizzata rispetto a quella a cui abbiamo giocato noi, ma è bene sottolineare come, su una console che ha dimostrato di poter far girare, seppure non senza compromessi, titoli come i due Doom, Wolfenstein II, The Witcher III e i due Metro di 4A Games, è deludente che un gioco povero graficamente come Disgaea 6 arranchi.

Gradita la presenza della doppia traccia audio inglese/giapponese, un po' meno l'assenza dei sottotitoli nella nostra lingua, soprattutto a fronte della presenza di quelli in spagnolo, tedesco e francese. Promosso a pieni voti il doppiaggio, soprattutto grazie ad un campionario di voci fuori dal coro, azzeccatissime per personaggi assurdi come quelli che compongono il cast di questo sesto capitolo.

Pollice in alto anche per la quantità di contenuti, al netto di una inevitabile sensazione di ripetitività da sempre connaturata tanto al genere di riferimento quanto alla serie in sé: noi abbiamo impiegato quarantatré ore a vedere i titoli di coda, dedicandoci solo in minima parte ai combattimenti opzionali, ma volendosi immergere completamente nei contenuti secondari non si faticherebbe a raddoppiare il monte ore complessivo.

Se volete giocare Disgaea 6 su Nintendo Switch, trovate la console in versione Lite a prezzo ridotto su Amazon.

Voto Recensione di Disgaea 6: Defiance of Destiny - Recensione


7.6

Voto Finale

Il Verdetto di SpazioGames

Pro

  • Il passaggio alle tre dimensioni dona fisicità alle battaglie...

  • Quantità di contenuti ciclopica come al solito

  • Meccaniche di gioco collaudatissime...

  • Non richiede la conoscenza dei capitoli precedenti per essere goduto a pieno

Contro

  • ...ma siamo sicuri che dividerà la fanbase

  • Piccoli problemi di bilanciamento della difficoltà

  • ...a scapito del fattore novità

Commento

Dopo cinque capitoli ben accolti da pubblico e critica, Disgaea 6 Defiance of destiny era ad un bivio: riproporre la formula che ha fatto fin qui la fortuna del franchise senza grossi stravolgimenti, concentrando i cambiamenti all'aspetto visivo con il passaggio alla tre dimensioni, oppure dare uno scossone alla serie, per mantenerla al passo con la concorrenza, che negli anni si è fatta più agguerrita. NIS America ha optato per la prima soluzione, ammorbidendo in un certo qual modo il tasso di sfida e puntando sulla solidità di un gameplay collaudato e ben conosciuto dal pubblico, facendo di questo sesto episodio uno di transizione, meno scintillante dei due che lo hanno preceduto ma pur sempre notevole in quanto a profondità delle soluzioni ludiche ed offerta contenutistica. Se vi aspettavate una mezza rivoluzione, rimarrete probabilmente un po' delusi, altrimenti anche questo sesto episodio saprà regalarvi decine di ore di combattimenti a turni e dialoghi senza senso. Anche i neofiti potrebbero dare una chance al prodotto, perché, nonostante la barriera d'ingresso rappresentata dal gran numero di statistiche e variabili, esso ci sembra più approcciabile dei suoi immediati predecessori.
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