Disaster Report 4 Summer Memories: Memorie di un'estate dimenticabile - Recensione
Un disastro sotto alcuni punti di vista
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a cura di Gianluca Arena
Senior Editor
Informazioni sul prodotto
- Produttore: Irem Software
- Piattaforme: PS4 , SWITCH
- Data di uscita: 25 ottobre 2018 (Giappone) - 7 aprile 2020 (Europa)
Tra le serie dimenticate della scorsa decade ce n’era una che simulava disastri su larga scala, unica nel suo genere, con valori produttivi da film di serie B e una visione tutta giapponese della tragicità: stiamo parlando del franchise Disaster Report. Oggi, a diversi anni dall’ultimo episodio, giunge su Switch (versione recensita) e PS4 la quarta iterazione del brand, sviluppata da Granzella e distribuita in Europa da NIS America.
Quanto saranno dolci le memorie dell’estate? Non vi resta che scoprirlo nella nostra recensione.
Storie da un disastro
La nostra analisi del titolo Granzella, che ha avuto uno sviluppo non facile ed ha seriamente rischiato di non arrivare mai alla fase di pubblicazione, inizia con un paradosso: il titolo, di fatto, è sprovvisto di un racconto nel senso più classico del termine, eppure l’aspetto narrativo risulta, probabilmente, uno dei più riusciti della produzione.
Questo perché il titolo si giova di un peculiare tipo di narrativa, a metà tra l’emergente e l’ambientale, in cui i drammi personali piccoli e grandi degli altri sopravvissuti rappresentano il collante tra una fase di gioco e l’altra, con sullo sfondo la vicenda del nostro alter ego, creato ad hoc tramite un editor in verità piuttosto scialbo.
Mentre ci dirigevamo nella zona centrale di una grande metropoli del Giappone, il nostro autobus, in seguito ad una fortissima scossa di terremoto, si ribalta in mezzo alla strada, mietendo diverse vittime e finendo con il coinvolgere diversi altri mezzi nell’incidente.
Il nostro personaggio rimane fortunatamente illeso, ed inizia a cercare un modo per tornare a casa sano e salvo, mentre tutto intorno a lui va in frantumi: automobili a fuoco in mezzo agli incroci, grattacieli enormi collassati, palazzine implose e sedi stradali completamente distrutte sono solo alcuni degli effetti collaterali del terremoto, il cui lo sciame sismico punteggia l’avanzamento lungo i tre quarti dell’avventura.
Senza un background narrativo ed una personalità formata, che saranno invece le risposte del giocatore a forgiare, il nostro avatar risulta solamente un mezzo, utile ad esplorare gli scenari e a venire in contatto con le vere storie, quelle degli altri sopravvissuti.
Ce ne sono di più riuscite (un uomo di mezza età che ha perso il lavoro da settimane ma non ha ancora avuto il coraggio di dirlo alla propria famiglia o un ragazzo che fugge dalla yakuza) e di meno impattanti (una giovane insegnante che ha perso le sue studentesse o un dipendente di un convenience store preso dal panico), ma la scrittura è mediamente di buon livello, intrisa di quel tono melodrammatico tanto caro agli sceneggiatori giapponesi.
Il riscontro che è possibile dare nelle varie situazioni, mostrando empatia, indifferenza o perfino cattiveria, determina poi il comportamento degli NPC nei nostri confronti e modifica, seppur in minima parte, l’avanzamento lungo la quest principale, che è possibile portare a termine in una decina di ore circa.
L’esperimento narrativo, oltre che interessante, può dirsi quindi riuscito, e si finirà spesso con l’appassionarsi alle vicende di perfetti sconosciuti ben più di quanto si farebbe nella realtà in una situazione di emergenza assoluta come quella dipinta dal gioco.
Avanzamento random
Nell’attuale panorama videoludico, il gameplay di Disaster Report 4 Summer Memories risulta abbastanza peculiare nel suo approccio a metà tra un’avventura, un’elementare gioco di azione e un puzzle game: sin dall’uscita dall’autobus ribaltato, dopo aver scelto se e come cedere il posto ad un’anziana signora poco prima del disastro, l’esplorazione e l’assoluta necessità di parlare con tutti gli altri sopravvissuti si rivelano, da subito, essenziali per l’avanzamento.
Il gioco è suddiviso in un certo numero di aree non comunicanti tra loro sebbene adiacenti, all’interno delle quali è necessario risolvere una serie di piccoli rompicapo per proseguire: uno dei grossi problemi della produzione, però, è che l’avanzamento lungo la quest principale è completamente arbitrario, e porta a numerosi momenti di stallo e frustrazione.
Delle decine di personaggi che popolano la prima area, giusto per fare un esempio senza spoilerare nulla, solamente tre o quattro hanno qualcosa di significativo da dire, con gli altri che ripetono ad nauseam la medesima linea di dialogo: in assenza di indicatori o indizi di qualsivoglia natura, l’unico modo per capire cosa fare è girovagare e parlare con tutti, nella speranza di azzeccare il giusto sopravvissuto.
Se già questa scelta di game design riporta ad un’altra era videoludica, che fortunatamente ci siamo lasciati alle spalle, la situazione è ancora peggiore se si considera che molti di questi eventi hanno un ordine ben preciso di attivazione, e se non lo si segue il rischio di rimanere bloccati (o comunque perdere diversi minuti) è consistente.
Laddove c’era un ferito a terra che non era apparentemente possibile aiutare, è possibile che, dopo aver risolto un altro piccolo problema altrove, ci sia un ferito che abbia bisogno di aiuto e con il quale è possibile interagire.
Similmente, un marciapiedi vuoto può riempirsi di persone comparse dal nulla (nonostante le aree risultino bloccate, all’apparenza) che hanno bisogno che ritroviamo uno dei loro cari o che consegniamo un oggetto a qualcuno dall’altra parte dello scenario.
Insomma, la progressione è confusionaria e randomica, e azzera i ritmi (già non esaltanti) del gameplay, sfidando costantemente la pazienza del videogiocatore: nella seconda parte della campagna la situazione migliora leggermente, ma solo perché le aree sono un po’ più ampie e la sensazione di essere topi in trappola si allevia di conseguenza.
Quando poi – riuscita ad interpretare la catena di eventi che il gioco esige venga portata a termine per avanzare – si passa all’azione, la situazione non migliora poi di molto: il control scheme è impacciato e il nostro avatar lento e tendente ad incastrarsi nello scenario (ed in altri sopravvissuti).
La varietà di situazioni è invece discreta, tra fasi a piedi, altre a bordo di mezzi (come un motorino di quelli tipicamente nipponici) ed altre in acqua, ma la rapidità nella risposta ai comandi e la fluidità nelle animazioni non sono propriamente il forte della produzione.
Le scene di azione ravvivano un po’ la situazione, ma sono spesso legate a QTE (ripetibili senza conseguenza qualora falliti) e fasi in cui premere ripetutamente un pulsante o muoversi in una data direzione entro un tempo limite: le abbiamo trovate migliori di altre parti del gioco, ma largamente inferiori, giusto per guardare al passato del franchise, a quelle viste nell’episodio uscito su Wii nel 2008, Disaster Day of Crisis, sviluppato dai ragazzi di Monolith Software.
Granzella ha scelto di abbandonare quel tipo di impostazione, preferendo enfatizzare l’esplorazione, che rimane uno degli aspetti meglio curati del titolo, e la risoluzione di piccoli puzzle ambientali legati alle richieste dei sopravvissuti, che spaziano dalle più stringenti alle più inverosimili, come trovare la carta igienica per un (finto) impiegato di un minimarket.
Questa serie di scelte di game design e di soluzioni ludiche alquanto elementari finiscono con l’impoverire l’esperienza di gioco rispetto ad altri episodi del franchise e ad altri congeneri, lasciando a Disaster Report 4 Summer Memories solamente la corona dell’originalità, visto che nessun altro gioco sul mercato offre una visione così d’impatto (soprattutto su PS4 per i possessori di PSVR) sui disastri naturali.
Ordine di problematiche
Come per alcune delle scelte di design appena analizzate, anche il comparto tecnico di Disaster Report 4 Summer Memories è fermo quantomeno ad una generazione fa e delude sotto diversi punti di vista, in particolare nella versione per Nintendo Switch da noi provata.
Se già la demo rilasciata su Nintendo eShop ci aveva lasciato perplessi, insinuando il dubbio che ci potessero essere problemi tecnici, questa versione finale, purtroppo, ha trasformato le paure in certezze: mole e modellazione poligonali risultano insufficienti, il comparto animazioni è limitato e decisamente legnoso, gli effetti particellari di esplosioni e rotture risultano obsoleti e poco credibili, tanto quanto la resa dell’acqua e di altri liquidi.
Questa pochezza tecnica, purtroppo, impatta sulla sensazione di immersione nel mondo di gioco: palazzi che si sbriciolano in maniera inverosimile detraggono dalla sensazione di pericolo incombente, tanto quanto veicoli in preda a fiamme distorte e che non si propagano come dovrebbero risultano comici invece che pericolosi.
Al danno si aggiunge la beffa: le performance non sono quelle che ci saremmo aspettati su Switch, se è vero che, nonostante il limitato appeal visivo del gioco, il framerate non è estraneo a singhiozzare in diverse circostanze, scendendo attorno ai quindici frame per secondo (o qualcosa di simile, ad occhio nudo) in occasione delle esplosioni e dei crolli più imponenti.
La situazione non muta di molto giocando in modalità docked o in quella portatile, almeno, ma in entrambi i casi siamo lontani dalle prestazioni a cui Switch ci ha abituato (basti pensare ai recenti, eccellenti porting visti in Metro Redux).
Sicuramente una patch potrà migliorare tanto le prestazioni e l’attesa dovuta ai numerosi caricamenti, che spezzano l’azione con una frequenza fastidiosa, ma anche in quel caso il comparto tecnico rimarrebbe insufficiente, o quantomeno gravemente lacunoso.
Ed è un peccato, perché, invece, non dispiace la direzione artistica, che strizza l’occhio ai vecchi episodi della serie Yakuza e riesce a dipingere un Giappone contemporaneo credibile e ben differenziato nei volti e nelle sagome delle decine di personaggi non giocanti con cui il nostro alter ego verrà in contatto. Stesso discorso per la colonna sonora, che alterna prolungati silenzi a fasi in cui, in concomitanza con delle cutscene in-game, riesce a sorprendere e a distinguersi per leggiadria e melanconia.
Sottolineiamo, in chiusura, che l’assenza della lingua italiana, comprensibile per un titolo di questa portata (parlato in giapponese e sottotitolazione inglese) non influenza più di tanto la godibilità del prodotto, perché il livello di conoscenza della lingua d’Albione richiesto è poco più che scolastico.
+ Concept ancora fresco dopo tanti anni...
- ...che però si sentono tutti in altri ambiti
- Tecnicamente indietro di una decina d'anni
- Limitato a livello di gameplay
6.4
Disaster Report 4 Summer Memories sembra essere rimasto troppo a lungo nel limbo della produzioni il cui sviluppo è stato travagliato e si è prolungato nel tempo: numerose scelte di game design cervellotiche, un comparto tecnico obsoleto e un avanzamento troppo spesso arbitrario lungo la storyline principale sono tutti indizi che portano alla medesima conclusione. Sebbene non tutto sia da gettare alle ortiche, a partire dal peculiare stile narrativo e fino all’idea di fondo, rimasta inesplorata anche a distanza di tanti anni, il risultato finale è quindi al di sotto delle aspettative, e potrà divertire solo coloro disposti a scendere a patti con una serie di limitazioni che l’attuale mercato videoludico sembra essersi lasciato alle spalle definitivamente nel corso dell’ultimo decennio.
Voto Recensione di Disaster Report 4 Plus: Summer Memories - Recensione
Voto Finale
Il Verdetto di SpazioGames
Pro
-
Stile narrativo unico ed interessante
-
Concept ancora fresco dopo tanti anni...
Contro
-
Avanzamento durante la quest del tutto arbitrario
-
...che però si sentono tutti in altri ambiti
-
Tecnicamente indietro di una decina d'anni
-
Limitato a livello di gameplay
Commento
Disaster Report 4 Summer Memories sembra essere rimasto troppo a lungo nel limbo della produzioni il cui sviluppo è stato travagliato e si è prolungato nel tempo: numerose scelte di game design cervellotiche, un comparto tecnico obsoleto e un avanzamento troppo spesso arbitrario lungo la storyline principale sono tutti indizi che portano alla medesima conclusione. Sebbene non tutto sia da gettare alle ortiche, a partire dal peculiare stile narrativo e fino all'idea di fondo, rimasta inesplorata anche a distanza di tanti anni, il risultato finale è quindi al di sotto delle aspettative, e potrà divertire solo coloro disposti a scendere a patti con una serie di limitazioni che l'attuale mercato videoludico sembra essersi lasciato alle spalle definitivamente nel corso dell'ultimo decennio.
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