L’apertura di questa nona generazione di console ce la ricorderemo come qualcosa di particolare. Sony e Microsoft, grandi rivali fin dai tempi di PlayStation 2 e Xbox, stanno muovendo le proprie pedine in maniera opposta.
Dove Microsoft pare pianificare più in futuro, tra Game Pass e acquisizioni bomba, Sony invece è la dirompenza fatta console, così travolgente da passar sopra agli errori di comunicazione e alle controversie sulla stessa PlayStation 5. Forse proprio per questo, Sony ha deciso di inserire tra i titoli di lancio qualcosa che non ci saremmo aspettati: il remake di Demon's Souls.
Non ce lo aspettavamo per due ragioni: il fatto che sia un rifacimento e che soprattutto che lo sia di un videogioco che è tutto meno che nazional-popolare. Eppure, sotto quest’ultimo aspetto il marketing di Sony sta operando in maniera quasi inversa.
Dopo l'anteprima del nostro Domenico, oggi vogliamo porci una domanda differente: con Demon's Souls Sony sta puntando al solo pubblico hardcore… o ce lo sta vendendo come il videogioco che non è, ovverosia facile?
Demon's Souls, una gita fuori porta a Boletaria
Cominciamo col ribadire che questo remake è sempre stato un segreto di Pulcinella. Sony aveva trascorso l’ultimo anno prima del suo annuncio facendo finta che Demon's Souls non esistesse. Aveva chiuso i server dell’originale, nonostante fosse un videogioco ancora molto seguito. Molti hanno pensato che fosse il preludio a una remastered mai arrivata, ma il dubbio più grande si era appunto avuto un anno fa, quando non era stato incluso neppure su PlayStation Now.
Tutti nodi che si sono sciolti quest’estate, alla rivelazione prima del filmato di apertura in CG e poi, poche settimane fa, con il gameplay trailer che abbiamo commentato live sul canale Twitch.
In quell’occasione, oltre a voler capire come il gioco approfitterà delle aumentate capacità di calcolo di PlayStation 5, avevamo sollevato ulteriori dubbi. Quasi tutti riguardavano aspetti non solo non ancora approfonditi, ma che anzi parevano volutamente glissati. Quello che abbiamo visto in movimento è infatti solo il Viaggio fino al Nexus, ovvero la parte che nel gioco funge da tutorial (tra l’altro saltabile a partire dalla seconda partita).
Quello che sfugge a chi non conosce Demon's Souls è che tale Viaggio è un addestramento, oltretutto volutamente limitato solo al minimo necessario. Un artificio che ai tempi fu pensato ad hoc per rendere il successivo “risveglio” del giocatore come il più violento possibile.
A incaricarsi del primo di questi simbolici “schiaffi” è proprio Avanguardia, il demone obeso che funge da boss introduttivo e a cui la maggior parte dei giocatori muore. Chiaramente una volta abituati al passo dei Souls, Avanguardia diviene più che altro un divertissement.
In ogni caso la morte del giocatore è comunque necessaria alla narrazione del gioco. Pertanto, se si riesce a sconfiggere Avanguardia ci si ritroverà faccia a faccia con il Dio Drago – nemico ancora troppo potente per un personaggio agli inizi, che in una cut-scene travolgerà il giocatore e lo spedirà al Nexus per direttissima.
Tuttavia nella demo mostrataci quest’ultimo segmento non era presente. Anzi, l’anonimo giocatore si faceva uccidere praticamente di proposito da Avanguardia in modo da chiudere il gameplay trailer.
Rubò sei anime nel Campo del Re
Il fatto sta appunto tutto qui: voler mostrare a tutti i costi di cosa è capace PlayStation 5 fa passare in secondo piano due elementi importanti di Demon's Souls. Nell’ordine, sono il fatto che appunto ci hanno fatto vedere il tutorial e che siamo davanti a un videogioco incredibilmente difficile. E non si tratta di affermazioni frutto di esagerazioni o romanticizzazioni.
Demon's Souls è nato nel momento peggiore, ed era considerato un fallimento annunciato addirittura da prima che iniziasse lo sviluppo. Lo stesso Miyazaki ha detto che ciò fu la sua fortuna, in quanto avrebbe potuto realizzare il videogioco dei suoi sogni praticamente senza conseguenze.
È rimasta negli annali la disastrosa presentazione del gioco al Tokyo Game Show del 2008, dove tutti dicevano che fosse “sbagliato” e troppo frustrante. Persino Shuhei Yoshida lo definì «incredibilmente brutto», parole di pancia che il dirigente Sony avrà modo di rimpiangere.
https://www.youtube.com/watch?v=2TMs2E6cms4Ma il motivo per cui il primo Souls è memorabile sta nel suo essere una diretta ribellione al videogioco buonista e soprattutto dalla mancanza di sfida. Un fulgido esempio di underdog, ovvero dello sfavorito che trionfa nonostante le avversità. Un fervore così quietamente intenso che abbiamo dovuto aspettare Sekiro: Shadows Die Twice perché accadesse una seconda volta.
Ebbene, tutto ciò nel remake di Demon's Souls non è evidenziato a sufficienza. Abbiamo visto i dettagli e la truculenza delle nuove animazioni (backstab, parry e repost), i nemici base abbattibili con un colpo e la nebbia opprimente. Ma l’unico modo per vedere la famigerata scritta “SEI MORTO” è stato aspettare che il personaggio nel trailer si facesse abbattere di proposito. Come se l’unico modo per morire in Demon’s Souls sia “andarselo a cercare”, quando invece in questo videogioco morire costa caro e soprattutto succede molto spesso.
Giganti con i piedi d’argilla
Demon’s Souls è infatti difficile sia in maniera voluta sia per inesperienza di FromSoftware stessa. Per quanto il team fosse partito da King’s Field (serie ormai ricordata sul web solo per l’atroce doppiaggio italiano del suo quarto e ultimo capitolo), doveva far pratica con il bilanciamento sia del personaggio che della sfida.
Tutto ciò è fondamentale, in quanto i Souls sono perennemente in bilico tra la sfida e l’eccesso; il superamento di quest’ultimo porterà solo all’abbandono da parte dell’utente finale. Con Demon's Souls i ragazzi di FromSoftware si erano impegnati in un grandissimo lavoro di bilanciamento, ma allo stesso tempo si vede che per loro era la prima volta.
Della sua stirpe Demon's è sì probabilmente il più difficile, ma allo stesso tempo è anche il più “rompibile”. La sua progressione per le zone e il potenziamento del personaggio sono infatti così aperti che con le giuste mosse è possibile divenire fin troppo potenti in troppo poco tempo, vanificando qualunque sfida.
In questo senso il web è pieno di strategie di questo tipo, e il bello è che sono davvero poche quelle che si basano sullo sfruttamento di bug o glitch (è ancora famoso il "glitch delle anime", che permetteva di ottenere un quantitativo di Anime praticamente illimitato).
Ma tralasciando queste complicazioni accidentali, Demon's Souls creava la propria sfida con artifici che oggi sarebbero discutibili anche per coloro che i Souls li hanno conosciuti a partire dal 2011. Un esempio è proprio il Dio Drago, versione grezza della Culla del Caos in cui non c’è un vero e proprio combattimento da affrontare ma solo la fortuna di evitare attacchi che uccidono istantaneamente.
Per il resto, chiunque ci sia passato si ricorda bene quanto i boss fossero scenografici, ma anche di come tutti questi avversari avessero enormi (nonché voluti) punti deboli sfruttabili per avere facilmente la meglio.
Demon's Souls, nonno inquietante di Dark
L’unica maniera per rendere le boss fight pericolose era farvi arrivare il giocatore già spossato, quindi senza la freschezza mentale per reagire al volo a un nemico potente che oltretutto non conosce. Demon's Souls è infatti costruito in maniera diametralmente opposta al primo Dark Souls. A Boletaria i giocatori hanno imparato a fare i conti con ambientazioni lunghe e logoranti, piene di nemici e trappole e rarissime scorciatoie.
Ma le ambientazioni non si limitavano ad essere “solo” logoranti: la loro “indipendenza” permetteva infatti a From Software di rivestirle con una coltre di oscurità e con un disegno dei livelli che oggi molti vedrebbero come eccessivo.
Vi sono zone fatte di fragili ponti e corridoi claustrofobici, appaiate a opprimenti tunnel con insetti giganti e scogliere a precipizio sull’oceano. Così come ci ritrova dentro labirintiche prigioni piene di lamenti, strumenti di tortura e carcerieri lovecraftiani dagli attacchi pericolosissimi (diretta ispirazione per il futuro Bloodborne).
A questo si sommavano le volute “restrizioni” per il personaggio stesso. Egli non poteva vendere oggetti in cambio di Anime, così come era limitato persino nella loro raccolta. Non era solo il concetto per l'epoca nuovo di “oggetti attivi” (cioè quelli indossati) che influivano su agilità e velocità di movimento, ma anche il fatto che una volta raggiunto il peso massimo trasportabile non era più possibile raccogliere niente.
Qualcosa che obbligava a tornare al Nexus per depositare tutto e quindi ripartire da capo con la zona. Regole pesanti e infatti non riproposte in futuro, con la sola eccezione del peso degli oggetti indossati.
È in tutti questi casi che Demon's schiaffeggia con più cattiveria il giocatore, obbligandolo a meccaniche di sopravvivenza che si trasformano in un’odissea lacerante. Il tutto in situazioni già di loro pensate per mettere sotto torchio il senso dell’orientamento. Possibile che l’unico modo per vendere un gioco così sia fare finta che tutto ciò non esista?
Quando una grafica migliore vuol dire anche narrativa migliore
Ora come ora, non possiamo sapere quanto tutto ciò influenzerà il lavoro di BluePoint. Già adesso però è chiaro come questi sviluppatori stiano facendo un enorme lavoro da un punto di vista non solo grafico, ma anche estetico. Un terreno fertile che amplia incredibilmente il (magro?) retroterra narrativo originale.
Basta osservare i dettagli aggiunti al solo Avanguardia per rendersene conto. Nell’originale appariva come grigio e ingoffato, quasi “melmoso” nella texture che FromSoftware gli aveva arrangiato addosso. Invece che spaventare o disgustare, Avanguardia finiva con il suscitare una tenerezza quasi paradossale – specialmente con quelle piccole ali capaci di sollevarlo solo qualche metro neanche fosse il canarino Titti o uno dei diavoli viola di Cuphead.
Nel remake il grigio è sostituito dal colore della carne, e l'essere è ricoperto di sangue e ferite in suppurazione. Le stesse ali sono ora intrappolate in una sorta di “collare” rugginoso che pare fuso con la sua stessa carne. Un fardello che pare impostogli fin dalla “nascita” onde evitare che possa svilupparle a dovere e quindi scappare.
Viste queste premesse, per adesso possiamo solo immaginare cosa sta facendo BluePoint Games con ambientazioni ben più pregne di possibilità. Il trailer ci ha fatto vedere più che altro boss più o meno celebri: si contano la coppia di gargolle Mangiauomini, il Ragno Corazzato, la viverna rossa al Castello di Boletaria e soprattutto l’irritantissimo Fiammeggiante.
A questo riguardo viene anche da chiedersi quanti dei “trucchi” contro tutti questi nemici saranno mantenuti e quali no. Per esempio la viverna era abbattibile con l’arco (e un po’ di pazienza) già a inizio avventura, così come lo era la sua “collega” blu prima di accedere alla sala del trono di Allant XII, re di Boletaria. Ugualmente bisognerà capire quanto sarà ancora possibile approfittare della bassissima difesa magica del Fiammeggiante, in origine la chiave per abbatterlo senza troppa fatica.
Ugualmente non possiamo ancora sapere come decideranno di implementare e riscrivere altre meccaniche piuttosto rigide come il gioco online e il concetto della Tendenza – anche se, dai trailer finora pubblicati, pare proprio che non verrà inserita la sesta Arcipietra.
Quest’ultima, nota come "dei Giganti", è infatti spaccata e inutilizzabile tanto nel remake quanto nell’originale. Un trucco scenografico per nascondere il fatto che ai tempi i FromSoftware non erano riusciti a ultimarne le ambientazioni.
Buongiorno, vorrei Demon's Souls – ottanta anime, prego
Tutti questi dettagli faranno sicuramente la gioia dei veterani e degli appassionati dei Souls, ma il lancio di una nuova console è un periodo troppo delicato perché Sony si possa permettere di parlare solo a loro.
Di certo sono quello zoccolo duro che comprerà questo remake di Demon's Souls, ma a livello puramente numerico rappresentano solo (si fa per dire) quella fetta di pubblico per cui l’acquisto è statisticamente più probabile. Quello che di solito bisogna fare a livello di marketing è appunto concentrare i propri sforzi sulla fascia di pubblico diametralmente opposta.
Parliamo forse di quell’utenza più casual, magari non occasionale ma che comunque ha una visione più disimpegnata del videogioco. Certo non possiamo sapere quanti “fan inconsapevoli” dei Souls vi siano tra loro, ma comunque parliamo di un rischio.
Un rischio perché Sony si ritroverà a farli “emergere” nel modo più brutale, con il Souls che meno perdona e che probabilmente del lotto è quello invecchiato peggio. Senza poi contare che avranno sborsato un bel po’ di soldi – tra console e gioco stesso – per cimentarvisi.
Realizzare di aver speso ottanta euro al lancio per un videogioco in cui si fa una fatica tremenda anche solo per il primo boss potrebbe essere una scottatura non da poco. Nel peggiore dei casi porterebbe a pensare di essere stati vittima di un marketing disonesto.
Un marketing che curiosamente è l’esatto opposto rispetto a quello deciso da Sony nel passato recente. Esempio di questo è proprio Bloodborne, che nel 2015 fu pubblicizzato parlando solo a quell’utenza già veterana non solo di Demon’s Souls ma soprattutto dei Dark Souls.
All’epoca il secondo capitolo di quest’ultima saga già scricchiolava sotto i suoi difetti, e Bloodborne venne quasi riproposto come una sorta di “Dark Souls I-2” – tanto che ne venne più volte sbandierata la difficoltà punitiva e il fatto che “vi farà sudare sette camicie ma lo adorerete per questo”. Cosa poi successa, ma che evidenzia come in pochi anni si sia passati da un estremo all’altro.
Mettersi davanti ai propri limiti
La decisione di Sony di rendere il remake di Demon's Souls uno dei titoli di lancio di PlayStation 5 non è né errata né vincente: è un rischio. Lo è perché Demon's Souls è sì un grandissimo videogioco, ma è anche un’esperienza dichiaratamente adatta solo a un certo tipo di videogiocatori. Cercare di vendere a tutti un videogioco che è palesemente non per tutti è una mossa che può andare bene ma può andare anche molto male molto in fretta. Qualcosa di cui in Sony sono probabilmente consapevoli, e che potrebbe essere alla radice di una campagna di marketing venuta fuori come un po’ troppo sibillina.
Tralasciando le dinamiche del marketing, quello che conta è come Demon's Souls svolga un ruolo quasi taumaturgico nel mettere davanti ai propri limiti ogni videogiocatore. Un lavoro sporco ma di cui ognuno ha bisogno, in quanto gli permette di impostare la propria esperienza videoludica non solo come intrattenimento o disimpegno, ma come un piccolo e significativo percorso di auto-miglioramento.
Qualora vogliate riscoprire il "futuro prossimo" dei Souls o anche solo tenervi "in allenamento", Dark Souls Remastered (disponibile anche su Xbox One e Nintendo Switch) è quello che fa per voi!