E alla fine arriva Hideo Kojima. In realtà non era la fine, è stato più nella prima metà dell’evento Kickoff della Summer Game Fest, ma Kojima è arrivato e ha consegnato il suo pacco – ovviamente, in una scatola di cartone. Il pacco era Death Stranding Director’s Cut, una versione next-gen dell’instant classic di Kojima Productions in arrivo in una data non ancora precisata su PS5.
Il game designer e director giapponese non ha rinunciato ad un ulteriore momento di teasing e ieri, parlando con il presentatore Geoff Keighley, si è lanciato in una buona dose di smoke and mirrors riguardo al suo prossimo progetto. Come capita spesso con il personaggio, quello che ha detto significa molto o niente, ma di certo sentirlo ragionare su un mondo le cui inaudite deviazioni aveva – ancora una volta – preconizzato è stato puntualmente interessante; vi abbiamo riassunto e contestualizzato il suo discorso qui e, che siate fan o meno, non vorrete perdervelo.
Se invece siete interessati a Death Stranding, questo è il posto giusto: abbiamo sviscerato il brevissimo trailer per fare della sana speculazione (sembra di essere tornati nel 2018, e ci viene da dire “magari”) sulla storia, sui contenuti, sull’ambientazione e su quello che possiamo aspettarci dall’arrivo del gioco su PS5 ad un anno dal suo arrivo su PC – e a quasi due dall’uscita originale per PlayStation 4.
Addio, Metal Gear…
Partiamo subito dallo spezzone incriminato: Sam che prende una scatola di cartone, la svuota e ci si infila dentro. Naturalmente, si tratta di un’autocitazione e un auto-tributo di quelli che solo Kojima, ma è legittimo che abbia destato scalpore perché si tratta di quella più marcata da quando il nipponico ha lasciato Kojima e si è messo alle spalle la proprietà intellettuale di Metal Gear.
Abbiamo visto fan lanciarsi in congetture delle più disparate sulla possibilità che questa Director’s Cut non sia altro che una menzogna ordita per anticipare un nuovo gioco della serie con Snake e Otacon, qualcosa che – nel caso servisse – non fa altro che aumentare il valore del marketing incentrato sulla sua figura di Kojima: anche l’operazione più semplice, la nuova versione di un gioco già esistente, viene vista e applaudita come un’opera magna dal messaggio nascosto cerebrale.
Era successo anche di recente con Abandoned, un nuovo survival per PlayStation 5 realizzato da un team di sviluppo indipendente alquanto affermato: gli appassionati – piacevolmente scottati dalla fantastica messinscena tirata in piedi per The Phantom Pain - avevano collegato senza alcuna ragione apparente quel gioco al genio asiatico, che si era ritrovato (malgrado suo e dei poveri sviluppatori) al centro della scena a costo zero.
Vedovi e vedove di Metal Gear, la realtà è ben diversa: questa edizione estesa di Death Stranding è oggetto di rumor da mesi e dunque non c’è da aspettarsi grosse sorprese, o almeno non tali da far diventare il gioco improvvisamente un tie-in della saga di Konami per ragioni non troppo comprensibili. Possiamo dirci i primi ad essere dispiaciuti della cosa ma, evidentemente, è il momento di andare avanti con le nostre vite da videogiocatori.
Anche perché, del resto, questo è esattamente ciò che sta facendo lo stesso Maestro. Nell’inizio-parodia del trailer, vediamo come Sam Porter Bridges prenda una scatola di cartone, e la studi nel tentativo di capire se e come usarla per un’azione silenziosa. La scatola contiene arance e queste sono un riferimento al logo “The Orange” apposto in più occasioni sui cartoni da Metal Gear Solid 2 a salire.
Se proprio vogliamo lanciarci nei simbolismi, il fatto che le arance vengano gettate via può essere letto come una certificazione dell’addio definitivo a Metal Gear, e in particolare a Konami se consideriamo che gli agrumi vengono quasi scagliati con noncuranza e sprezzo contro il pavimento. Ma è l’intero discorso della scatola a prestare il fianco a diversi tipi di valutazione sul tema della rottura con il passato.
Sam giunge infatti alla conclusione che la scatola non sia un buon mezzo per attraversare silenziosamente una stanza piena di nemici, e lo fa non prima di aver tentato. Quella scena mette nero su bianco una volta in più le differenze tra cui e i diversi protagonisti di Metal Gear: i vari Snake e Big Boss si trovano a loro agio “nella scatola” – ma anche ad essere l’eroe che risolve tutto e a cui non dà noia che la gente si aggrappi a lui nei momenti di disperazione.
Il nostro corriere preferito (senza offesa per quelli dei quali stiamo aspettando le consegne nel mondo “reale”, si intende) invece proprio non riesce a starci, non capisce nemmeno come dovrebbe funzionare, e – nel suo ormai proverbiale silenzio – non ama il ruolo di eroe e protagonista che l’universo di Death Stranding vuole per forza cucirgli addosso.
… Bentornato stealth?
Nella fase introduttiva di Death Stranding, Kojima aveva battuto molto sul tasto che, no, questo suo nuovo titolo non sarebbe stato ancora una volta uno stealth – che lo stealth sarebbe stato soltanto uno dei modi in cui i giocatori avrebbero potuto fruirne. Eppure, questo nuovo trailer ci lascia pensare che gli sia sfuggita un tantino la mano per quanto riguarda l’espansione dei contenuti dell’esclusiva PlayStation.
Benché Sam non usi la scatola, infatti, la sua sola presenza potrebbe suggerire un focus sulle dinamiche dell’azione silenziosa: magari stavolta con modalità più avanzate o, semplicemente, con tecniche meno fantasiose. Lo sguardo che il personaggio getta in prima persona al condotto dell’aerazione aperto (in cui viene “detto” che potremo infilarci con lo stratagemma classico da designer del topolino che ci va a passeggio) è inevitabilmente un indizio in tal senso.
La stessa ambientazione pare indicare un ritrovato focus sullo stealth: ad un primo sguardo, è una sorta di reskin della base di Shadow Moses del primo Metal Gear Solid, ed è piena di potenziali coperture e percorsi che paiono fatti appositamente per contenere le routine di movimento di sentinelle il cui compito potrebbe essere impedirci di raggiungere qualche tipo di traguardo.
Per quel che abbiamo visto, il setting dell’espansione sembrerebbe essere completamente agli antipodi rispetto al gioco principale – un gioco apertissimo. Qui, dopo un corridoio che ricorda una scena di The Last of Us Part II che probabilmente avrete anche voi ancora in mente, abbiamo quello che parrebbe un centro logistico.
La struttura è così schematica e precalcolata che farebbe pensare ad una sorta di VR Missions di Metal Gear Solid, solo per Death Stranding; un contenuto in stile modalità Sfida che potrebbe dare voce ad una reiterabilità e ad una fruizione continua alle quali Kojima dà la caccia dai tempi di Metal Gear Solid: Peace Walker, a volte bene e a volte male, e che potrebbe fare bene soprattutto su PC.
Una simile ipotesi (ardita, se pensiamo al pubblico cui si rivolge) è però in contrasto con i rumor della vigilia, secondo cui la Director’s Cut avrebbe esplorato una nuova storia addizionale, e quindi potrebbe trattarsi banalmente di un setting diverso; questo potrebbe spiegare il look esotico dei nemici, che di getto ci ha ricordato Predator.
Se storia dev’essere – e comunque vada ci aspettiamo qualche collegamento – il fatto che il logo Fragile Express venga tenuto tanto a lungo in bella vista e in primo piano fa pensare che sarà proprio Fragile a mandarci in missione; pista che adoriamo, visto che è lei il nostro personaggio preferito del gioco (e sto usando il pluralis maiestatis, qui, per una ferma imposizione della mia inappuntabile preferenza sul resto della squadra di SpazioGames).
La location potrebbe essere nient’altro che una base di Fragile Express in un punto non precisato della grande America raffigurata nel gioco principale ed esplorata in una parte finora chiaramente incompleta nella storia. Ciò spiegherebbe la facilità con cui Sam entra nella base attraverso una porta precedentemente chiusa, soltanto strisciando il dito lungo una barra, che potrebbe magari stare rilevando le credenziali d’accesso dal “bracciale” fornito proprio da Fragile in precedenza.
Resta da capire il senso di queste formazioni rocciose, se e quanto c’entrino le CA, e chi siano i nuovi nemici: potrebbero essere versioni dei Muli di altre zone delle UCA, poiché parliamo di esseri che vigilano su un potenziale centro di logistica, ma è anche vero che i dettagli dorati sulle loro corazze rimandano inevitabilmente a quelli individuati sulle sacche per cadaveri nell’originale Death Stranding.
Questo particolare, insieme al numero di modello in stile seriale apposto sulla placca metallica di una di quelle armature, potrebbe rimandare ad una sorta di cyborg o ad un modo per sfruttare a proprio vantaggio (di chi non si sa, per ora: ma un’espansione introdurrebbe davvero un villain tutto nuovo?) i morti a metà strada dell’immaginario kojimiano.
“Catturato su PS5”
Ci eravamo ripromessi di non fare voli pindarici su un semplice trailer ma la missione è particolarmente ardua quando si parla di Hideo Kojima; se non altro, la clip di Death Stranding Director’s Cut ci restituisce almeno un dato di fatto, ovvero che il gioco è stato catturato direttamente su PS5 e che quindi possiamo aspettarci un numero di miglioramenti progettati per la nuova console.
Detto del prevedibile supporto al controller DualSense, che potrebbe fare faville con la distribuzione dei pesi durante le consegne, è inevitabile immaginare un upgrade ai 60fps come accaduto con le altre esclusive PlayStation. Non è scontato che non si vada oltre, nonostante Sony stia rifuggendo la sfida dei 120fps con Microsoft, poiché parliamo di un mondo non particolarmente probante da elaborare.
La versione PC ha dimostrato che è possibile fare anche dell’altro nel complesso ed è legittimo attendersi potenziamenti pure su ulteriori aree della produzione, a cominciare dalla qualità dell’immagine (già elevatissima): ai tempi del secondo lancio dello scorso anno, c’era stata un’apertura sul ray tracing e chissà che questa non sia l’occasione giusta per implementarlo come bonus aggiuntivo e incentivo ad un ennesimo acquisto.
La dicitura “remastered” affiancata ad “expanded” sotto il trailer pubblicato da PlayStation sembrerebbe puntare in effetti ad una ri-lavorazione di un certo spessore e non semplicemente un port tarato su PS5 dell’edizione PC, che si era messa in gioco come un pacchetto definitivo ma di certo non next-gen nell’estate del 2020.
Quel che è certo è che il logo PlayStation Studios in apertura di trailer ha marcato il territorio: i contenuti della Director’s Cut ce li aspettiamo, salvo sorprese, come esclusiva PS5 – similmente a Final Fantasy VII Remake Intergrade – per almeno un anno, e poi da lì si ragionerà sulla possibilità di uscire su altre piattaforme. Ulteriori dettagli distano solo poche settimane, come rivelato da Geoff Keighley alla Summer Game Fest, per cui possiamo cominciare a scommettere su un lancio nel 2021.
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