Con l’arrivo dell’aggiornamento 2.0, Animal Crossing: New Horizons chiude il suo percorso di crescita, dato che Nintendo ha annunciato che non ci saranno altri update corposi in futuro. Non una vera e propria fine del supporto, dunque, visto che gli eventi stagionali continueranno ad esserci e a far vivere il titolo per molti anni a venire (come avvenuto per i suoi predecessori); ciò nonostante, si tratta comunque di un punto di svolta fondamentale per New Horizons, che arriva ad un anno e mezzo circa dal suo rilascio originale e che ci permette di tirare finalmente le somme sull’ultimo episodio di una delle più popolari serie Nintendo.
Dopo un anno e mezzo dalla mia recensione originale, quindi, ho rispolverato la mia copia virtuale del gioco dopo un lungo periodo di pausa, per capire che cosa è New Horizons oggi e come alcune mie opinioni sul titolo sono cambiate nel tempo.
Animal Crossing: New Horizons è l’equivalente di Super Smash Bros. Ultimate?
All’epoca della sua uscita, Animal Crossing: New Horizons mi sembrò un po’ un punto di arrivo per la serie; aggiungeva numerose funzionalità rispetto ai predecessori, ed ancora non era chiaro quanti contenuti fossero assenti dal gioco base, né che ci avrebbero messo così tanto ad arrivare. A marzo 2020, poi, Animal Crossing: New Horizons si ritrovò, per pura casualità, ad essere il gioco perfetto per accompagnare le nostre vite durante il primo periodo dell’attuale pandemia.
Ci volle qualche mese perché ci rendessimo conto di quante cose, effettivamente, mancavano, ed ancora di più per capire che non sarebbero arrivate in tempi brevi. Non so, non possiamo sapere quanto la pandemia abbia inciso sulla lentezza che ha caratterizzato l’arrivo dei contenuti in New Horizons; ciò che sappiamo è che il gioco ha raggiunto la sua forma “completa” soltanto un anno e mezzo dopo la sua uscita originale. Virtualmente, adesso, non manca nulla o quasi.
Finalmente è arrivato Bartolo, probabilmente il personaggio più richiesto dai fan fin dal lancio del gioco; abbiamo anche rivisto mr. Resetti, grande assente finora. E tra graditi ritorni e miglioramenti alla QoL, New Horizons sembra davvero essere l’episodio più completo uscito sino ad ora. Certo, qualcosa, in realtà, manca ancora – dalla possibilità di servire il caffè ai clienti di Bartolo, fino a quella di cimentarsi in minigiochi più o meno corposi (rimane ancora inarrivabile la presenza di veri e propri giochi per NES nel primo Animal Crossing su Gamecube).
Qualcosa, ancora, si sarebbe potuto aggiungere dagli episodi passati. Il risultato, però, è soddisfacente tutto sommato, e ad oggi New Horizons rientra a pieno titolo tra i migliori episodi della serie, anche per l’aggiunta del corposo DLC Happy Home Paradise, di cui parlerò a breve. Vorrei però mettere in secondo piano il discorso contenutistico; non c’è dubbio che oggi New Horizons sia un’esperienza molto più completa rispetto a quella che avevamo tra le mani a inizio 2020, ma non penso che sia questo l’argomento più interessante. Ciò su cui mi vorrei soffermare è la gestione del titolo da parte di Nintendo, e cosa è New Horizons oggi.
Quando ci accorgemmo che in New Horizons erano assenti diverse feature del passato, si aprì un vero e proprio dibattito tra i fan. Da un lato, c’era chi preferiva aver avuto il gioco subito, pur incompleto; dall’altro, c’era chi avrebbe voluto attendere per avere il gioco con tutti i contenuti al lancio, senza dover aspettare così tanto per degli aggiornamenti che erano in realtà elementi tagliati rispetto ai titoli precedenti.
Con il senno di poi, penso che questa gestione abbia inciso negativamente su New Horizons, almeno nella mia personale esperienza di gioco. Animal Crossing, di suo, è una serie in cui il rischio di burnout è molto concreto: basta poco per spegnere quella magia, per rendere tediose quelle attività giornaliere che prima ci interessavano tanto. La mancanza di contenuti ha anticipato, per me come per altri giocatori, l’arrivo di questo burnout, di quel momento in cui si sente il bisogno di staccare per un po’ dal gioco.
L’essermi preso una lunga pausa dal titolo mi permette, oggi, di tornarci con voglia di giocare – ma capirei benissimo chi, dopo un anno e mezzo passato in attesa dell’esperienza “completa”, non volesse tornare sul titolo proprio per via di questo già citato burnout. Penso che questo sia un elemento da tenere in forte considerazione da parte di Nintendo per il futuro: un gioco basato sulla routine quotidiana di attività e compiti da svolgere dovrebbe essere rilasciato in forma completa al lancio, ancor più di altri titoli. Gli aggiornamenti servono a tenere vivo l’interesse, certo, ma dovrebbero aggiungere nuove feature, non rimettere feature che erano state rimosse, magari per ragioni di tempo.
L’anno e mezzo passato, però, mi ha dato anche modo di riflettere su altri aspetti di New Horizons. Nelle prime settimane di gioco, pensavo di trovarmi di fronte all’equivalente di Super Smash Bros. Ultimate per la serie di Smash Bros.; vale a dire un punto di arrivo, la fine di un percorso dopo il quale è difficile immaginare qualcosa di ancora migliore. Ecco, l’anno e mezzo passato mi ha fatto rendere conto che le cose, qui, stanno diversamente. Non solo per via di quanto ho detto finora, e non solo perché il gioco era molto più scarno di quanto sembrasse in fase di recensione, ma anche perché mi sono reso conto di quanto spazio ci sia per migliorare.
Chiariamoci, New Horizons è un ottimo titolo, imprescindibile per gli appassionati. Eppure ci sono delle cose che col tempo mi hanno convinto meno. Il crafting, ad esempio; se all’inizio mi sembrava un’ottima trovata, oggi lo trovo un aspetto piuttosto tedioso, che non mi dispiacerebbe vedere tagliato in futuro (o almeno migliorato e snellito). Lo stesso vale, in parte, per le Miglia Nook, che si sono rivelate, nella mia personale esperienza, molto meno efficaci ed “appassionanti” di quanto mi erano sembrate all’inizio. La migliore aggiunta dell’episodio, per me, rimane la possibilità di trasformare l’isola a proprio piacimento, e proprio da qui ripartirei nel prossimo capitolo. Sia chiaro, si tratta di giudizi soggettivi; penso, però, che sia piuttosto condivisibile l’idea che queste feature possano essere almeno migliorate, anche nel caso in cui vi siano piaciute.
Ci sono poi i contenuti ancora mancanti di cui vi ho parlato, oltre a numerose cose che potrebbero essere aggiunte, migliorate o approfondite (pensiamo soltanto alla componente multiplayer). Insomma, ad un anno di distanza vedo New Horizons più come un altro, importante passo in avanti piuttosto che come un punto di arrivo. Siamo ancora molto lontani dall’avere un Animal Crossing Ultimate che ci faccia legittimamente domandare “come si può migliorare da qui?”. Questo non sminuisce l’importanza e la bontà del titolo, attenzione: si tratta solo di ricontestualizzare la sua posizione all’interno della serie, in vista del futuro. E nel farlo è importante anche considerare la “fusione” con Happy Home Paradise.
Animal Crossing: Happy Home Paradise è la perfetta appendice per New Horizons
Lo dico fin da subito, non ho mai avuto una grande passione per Animal Crossing: Happy Home Designer. Un po’ perché rendeva protagoniste alcune delle meccaniche che meno mi interessano in un Animal Crossing – ma questo è un fatto personale – e un po’ perché l’ho sempre visto come un prodotto volto più che altro a battere cassa in un periodo piuttosto difficile per Nintendo.
Il gioco è uscito nel 2015, una delle annate più difficili per la casa di Kyoto. Wii U si stava dimostrando incapace di riprendersi dal suo insuccesso iniziale, e Nintendo si trovò a far arrivare sul mercato alcuni tra i peggiori titoli della sua storia nella speranza di potersi almeno risollevare con la vendita dei giochi (penso in particolare al trittico Mario Tennis: Ultra Smash, Chibi-Robo: Zip-Lash! e Animal Crossing: Amiibo Festival).
Sia chiaro, Happy Home Designer non era un pessimo titolo, ma non sono mai riuscito a scollarmi di dosso la sensazione che avrebbe funzionato meglio come espansione di New Leaf piuttosto che come gioco a sé stante, venduto a prezzo pieno per gli standard di Nintendo 3DS. Per questo insieme di motivi non ho mai desiderato ardentemente una prosecuzione di questa versione di Animal Crossing.
Con Happy Home Paradise, però, penso che Nintendo abbia fatto centro. Innanzitutto da un punto di vista puramente commerciale: offrire il gioco gratuitamente con l’abbonamento a Nintendo Switch Online + Pacchetto Aggiuntivo e venderlo separatamente come espansione del gioco base è sicuramente una tattica più efficace rispetto a quando Happy Home Designer veniva venduto come titolo a parte. Questo, inoltre, ha ripercussioni sull’intera esperienza.
Happy Home Designer era un titolo che pretendeva di camminare sulle sue sole gambe, offrendo una versione limitata di Animal Crossing, che espandeva ed approfondiva alcune feature sacrificando tutte le altre; questo significava che il rischio di annoiarsi era ancora più concreto di quanto non lo fosse per un titolo della serie principale, già soggetta all’effetto burnout di cui vi ho parlato. Stavolta, il nuovo Happy Home Paradise viene integrato nell’esperienza del gioco principale.
Ciò significa che l’espansione va ad arricchire New Horizons, offrendo nuove attività e compiti da svolgere che rientrano nell’economia generale del titolo, piuttosto che risultare meccaniche fini a se stesse come nel precedente Happy Home Designer. Per questo, se siete stati appassionati del precedente titolo, ma anche se non lo siete stati, Happy Home Paradise è un acquisto fondamentale per chiunque apprezzi queste meccaniche di gioco, perché va davvero ad espandere ed arricchire l’esperienza di base.
E penso che questo punto di arrivo per New Horizons debba essere il punto di inizio per l’inevitabile prossimo episodio: adesso che le due “anime” di Animal Crossing sono state unite, dove possiamo andare?
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