Corte d'appello - Il gioco che uccise Spyro
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a cura di Nicolò Bicego
Redattore
Benvenuti nella nostra corte d’appello. In ogni episodio, andremo a pescare un titolo del passato videoludico, più o meno recente. In ogni caso, si tratterà di titoli che, in qualche modo, sono riusciti a dividere pubblico e critica, titoli che meriterebbero una seconda opinione che decida delle loro sorti. Solo con una nuova analisi giungeremo all’emissione di un verdetto, in cui il nostro imputato verrà giudicato innocente o colpevole.
A pochi giorni dall’uscita di Spyro Reignited Trilogy, non poteva esserci occasione migliore per rievocare le gesta dell’eroico draghetto viola. Il nostro imputato di oggi è il titolo che, per molti, ha segnato l’inizio della fine per Spyro. Stiamo parlando, ovviamente, di Spyro: Enter the Dragonfly.
Non c’è due senza tre, il quarto vien da sé
Dopo il successo della trilogia originale su Playstation, Universal era intenzionata a spremere il franchise di Spyro anche senza Insomniac. La scelta ricadde su due studi alle prime armi, che avrebbero chiuso i battenti poco dopo il rilascio del gioco: Check Six Studios ed Equinoxe Digital Entertainment. Come se non bastasse, Universal voleva sugli scaffali un gioco di Spyro per il Natale 2002, a qualsiasi costo, anche di sospendere lo sviluppo prima della sua fine naturale. Questa premessa spiega gran parte dei problemi di Enter the Dragonfly, pur non giustificandoli.
Partiamo proprio dall’inizio. La storia si apre con i nostri eroi intenti a festeggiare il rito di passaggio dei giovani draghi (quelli liberati in Year of the Dragon!), che avranno finalmente la loro libellula personale. Ripto, però, ha altri piani: dimenticandosi di essere stato sommerso nella lava al termine del secondo episodio, il cattivo della serie ricompare senza alcuna spiegazione e rapisce le libellule. Sarà compito di Spyro, ovviamente, recuperare le libellule e sconfiggere nuovamente il malefico Ripto. Il cast vede il ritorno di altri personaggi, tra cui Hunter, Bianca e Riccone. Peccato che Bianca compaia solamente nel filmato iniziale per poi svanire nel nulla; lo stesso si può dire per Riccone che, dopo una sola comparsata, sembra essere completamente irreperibile. È chiaro che molti elementi della storia sono stati tagliati, rendendo involontariamente ridicolo quel che ne rimane, che appare totalmente sconnesso e privo di logica interna.
Graficamente, però, il titolo si difende bene. Il salto generazionale ha giovato a Spyro, ed il mondo di gioco appare più dettagliato che mai. Ed è tutto bello da vedere fino a che non si decide di iniziare a giocare. Per quanto si sforzi, il gioco non riesce ad avere un frame rate stabile: ogni azione diventa una sequenza di fotogrammi, facendo rimpiangere gli episodi PS1. Un peccato perché si tratta di problemi che sarebbero stati sicuramente risolti con più tempo a disposizione. Il sonoro è l’unico comparto privo di note dolenti, grazie al ritorno del compositore storico Stewart Copeland.
Ehm, che succede amico?
Pad alla mano, Spyro: Enter the Dragonfly non si distanzia dai predecessori, anzi, riprende in toto la loro formula di gioco. Come intuibile, le libellule sono i collezionabili di questo capitolo, che vanno ad affiancarsi alle classiche gemme. Esse sono sparse nei nove livelli di gioco (sì, avete capito bene, nove), e se alcune potranno semplicemente essere catturate durante l’esplorazione, altre richiederanno il completamento di particolari missioni. L’unica, vera novità a livello di gameplay sta nell’inserimento di nuove tipologie di soffio per Spyro: al classico fuoco si aggiungono un soffio di ghiaccio, di tuono e di bolle. Ciascuno di essi ha però un uso estremamente circostanziale, che non va ad incidere sulla formula di base.
La mancanza di novità è però il minore dei problemi di Enter the Dragonfly. Innanzitutto, i controlli sono inspiegabilmente imprecisi rispetto al passato: non ci si sente mai davvero in controllo di Spyro. Certe volte, poi, un bug fa semplicemente fermare il draghetto, che non si muoverà più fino al riavvio della console. Potremmo dedicare un intero articolo ai bug e ai glitch presenti nel gioco: interi livelli che scompaiono, Spyro che continua a nuotare fuori dall’acqua, fino al “famoso” glitch che permette di affrontare il boss finale ad inizio gioco sfruttando un particolare punto del terreno. Pur chiudendo gli occhi su tutto ciò, il grande problema rimane: Enter the Dragonfly conta solamente nove livelli, inseriti in un unico mondo di gioco. Il confronto numerico con i predecessori è impietoso, ma per chiunque riesca a sopportare l’immonda esperienza che è Enter the Dragonfly, l’arrivo dei titoli di coda, per quanto celere, non potrà che essere una manna dal cielo.
Avrete capito dove stiamo andando a parare: il nostro imputato di oggi non può che essere dichiarato colpevole, tanto di essere un pessimo gioco quanto di aver rovinato, a tutti gli effetti, la carriera del draghetto viola più amato del mondo videoludico. Possiamo solo sperare che Activision, dopo la Reignited Trilogy, decida di portarci un quarto capitolo della saga di Spyro che sia degno del nome che porta.
Il nostro verdetto non può che essere uno: Enter the Dragonfly è colpevole non solo di essere un pessimo gioco, ma anche di aver rovinato la carriera del giovane draghetto viola, che non sarebbe più riuscito a tornare ai fasti di un tempo dopo questo episodio. Un’esperienza da dimenticare per tutti i ragazzini di una volta che speravano di trovare in questo titolo un degno erede della trilogia originale, rimanendone inevitabilmente delusi.
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