La voglia di sperimentare non è mai mancata a Remedy Entertainment. Sam Lake&Co hanno sempre rifiutato con forza etichette e stereotipi e da Max Payne a Quantum Break, passando per Alan Wake, lo studio finlandese ha sempre cercato di innovare e proporre all’utenza qualcosa che fosse ben lontano da cliché e ritriti déjà vu. Control, la loro nuova e attesa opera, segue la stessa linea, anzi, solca il sentiero in modo ancora più marcato e non ha paura di distaccarsi con forza anche dal passato della stessa software house per proporre un qualcosa che muti continuamente forma nelle mani di chi impugna il pad.
Nella sezione di hands off prima e di provato vero e proprio in seguito, sembrava che Control dicesse di continuo “Fai quello che vuoi! Eccoti una stanza nuova, decidi tu che farne”. Osservando le movenze di Jesse Faden oppure pad alla mano, lo stesso mondo sembra piegarsi al volere di chi sta dall’altra parte dello schermo, a cui non è precluso nulla e, al contrario, viene spinto dalle stesse scelte di design ad innumerevoli approcci, che si tratti di una nuova orda di nemici da abbattere o di un labirinto da attraversare.

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Intricato è l’aggettivo perfetto per descrivere ciò che prendeva forma sulla schermo, a partire dallo stesso palazzo che fa da cornice all’avventura. Non si sa se l‘Old House sarà l’unica location o se verranno esplorati anche altri scenari, ma anche se fosse vero il primo caso ogni lamentela finirebbe presto nel cestino. Nelle sue inquietanti architetture brutaliste, l’edificio si è rivelato il vero protagonista di questo primo contatto, uno spazio in continuo divenire dove le forme si fondono e i confini sono solo apparenti: è bastato incrociare un semplice ascensore per lasciarsi alle spalle le fredde vetrate e finire in inquietanti sotterranei popolati da esseri deformi. Alla fine erano solo dei bagni in cui il servizio di pulizia non passava da troppo tempo, ma in mezzo a quei wc decadenti c’era comunque spazio per oggetti di interesse e potenziamenti. In quest’ottica si inseriscono sub quest, aree nascoste e potenziamenti celati, tutti elementi che rendono il titolo un’esperienza differente a seconda della strada scelta.
Nonostante fosse solo un frammento del mondo di gioco, l’assaggio ha lasciato intravvedere le potenzialità di quello che si configura come un vero e proprio metroidvania: abbandonate le pretese da semi-serie TV di Quantum Break, il team di Remedy ha optato per una soluzione diametralmente opposta, lasciando al giocatore il piacere di scoprire quello che è racchiuso fra laboratori e sale segrete. E anche dimensioni alternative, perché Control mischia senza soluzione di continuità sci-fi, horror e fantasy e proprio in questo primo incontro si è concretizzata sugli schermi un’area al di fuori della realtà, una frattura nello spazio e nel tempo in cui la protagonista se l’è vista con un nemico inizialmente imbattibile e che poteva subire danni solo attraverso i colpi dei suoi ex alleati, ora posseduti da Jesse grazie ad uno dei suoi poteri. Un altro caso è il labirinto fatto di pareti in continuo cambiamento in cui ci siamo trovati quasi per puro caso e questi sono solo alcuni spunti che lasciano ben sperare in termini di level ed enviromental design. Una volta liberata un’area, questa diventa una zona idonea sia per potenziare la protagonista attraverso l’albero delle abilità sia per viaggiare velocemente da una parte all’altra del grattacielo, un fast travel indispensabile antidoto contro il fastidioso backtracking tipico di ogni sandbox.

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Il sistema è legato a doppio filo con gli elementi dell’ambiente: ogni cosa è letale nelle mani della nuova direttrice del FBC, che si tratti di scaffali, pezzi di pareti, corpi inanimati e gli immancabili oggetti esplosivi. Grazie ad un sistema di controlli intuitivo e funzionale ci si sente immediatamente in sintonia con questa meccanica e creare del sano caos per distruggere senza troppe remore qualsiasi cosa contro il volto di uno strano alieno-mutante-zombie è davvero una bella soddisfazione. Questi momenti di assoluta onnipotenza si alternano in modo calibrato con delle fasi di shooting in cui risalta la polivalenza della Service Weapon, l’unica bocca di fuoco a disposizione di Jesse. Tramite la pressione di un semplice tasto, l’arma cambia all’istante potenza, precisione e cadenza, passando da una mitraglia a ripetizione a letale – ma molto lento – fucile a pompa. Sia i poteri che la pistola sono limitati da due corrispettive barre che evitano da un lato l’abuso e dall’altro suggeriscono in modo implicito la complementarietà dei due sistemi.
Quando si combatte, Control sembra davvero essere quel titolo innovativo capace di spezzare l’encefalogramma piatto di shooter in terza persona senza personalità, ma lo stesso discorso potrebbe non applicarsi ad un sistema di crescita più tradizionalista. In questo momento il condizionale è d’obbligo e l’accusa di conservatorismo è di certo prematura, ma stando a quanto visto, tra modifiche alle armi, potenziamenti per Jesse in persona e skill tree non si può di certo parlare di rivoluzione, tra un +20% alla barra della salute o un maggior danno per l’arma da fuoco. Un discorso simile può essere fatto sul lato tecnico.
Control spinge forte sul pedale della distruzione ambientale, qualsiasi cosa può essere sollevata, spostata, lanciata ed è dotata di una fisica propria e Remedy non si è di certo risparmiata per quel che riguarda particellari, riflessi e giochi di luce, tutti ingredienti che donano all’opera una forte personalità e contribuiscono a creare quell’effetto straniante dove le rigide geometrie di solido cemento si liquefanno all’istante per diventare l’esatto opposto. C’è però un compromesso: la versione giocata era un’alpha, mancano ancora una manciata di mesi alla pubblicazione e questa considerazione va più che altro presa come un promemoria per il futuro, ma durante tutta la prova ben visibili rallentamenti, flickering e sprazzi di raggdoll.