Anche quest’anno, Call of Duty lascia un’impronta profonda sul mondo videoludico. Black Ops: Cold War rappresenta il diciassettesimo capitolo della serie principale – un numero davvero impressionante, soprattutto se consideriamo la capacità della serie di conquistare ancora milioni di videogiocatori, vecchi e nuovi. Non è soltanto questo, però: un po’ come Modern Warfare lo scorso anno, questo nuovo Black Ops: Cold War rappresenta una sorta di rilancio, un ritorno al passato che fa da ponte verso il futuro, complice anche il lancio avvenuto sulle console di nona generazione.
Dopo avervi fornito un’analisi approfondita tanto della campagna, quanto del comparto multigiocatore, abbiamo voluto soffermarci ancora una volta sul titolo di Treyarch e Raven Software, analizzando la sua importanza all’interno della serie, quali sono i legami che ha con il passato e cosa ci aspettiamo, da ora in poi, per Call of Duty, nelle sue diverse iterazioni.
Uno sguardo al passato per disegnare il futuro
Sin dagli albori della serie, la componente single player di Call of Duty ha sempre diviso i giocatori. C’era chi la trovava divertente, chi lamentava la scarsa durata (diventata quasi una caratteristica della serie), chi invece la ignorava completamente, ritenendo Call of Duty un titolo votato principalmente al multiplayer. Certo, di acqua sotto i ponti ne è passata dai primi Call of Duty, e alcuni titoli in particolare hanno dimostrato che la serie può effettivamente proporre qualcosa di buono anche a livello narrativo.
Stiamo pensando, in particolare, ai primi due Modern Warfare, ai primi due Black Ops e, in una certa misura, a WWII. Eccezion fatta per quest’ultimo episodio, però, sembrava che l’attenzione alla campagna per giocatore singolo fosse andata scemando nella serie. Sì, la campagna è (quasi) stata sempre presente, vero, ma sembrava diventata incapace di stupire o di rinnovare una formula diventata stantia. Ed è quasi paradossale, perché questo periodo buio per il single player di Call of Duty è anche quello in cui gli sviluppatori hanno sperimentato di più a livello di ambientazioni, andando a toccare scenari sci-fi che fino a poco tempo prima sarebbe stato impensabile vedere in una serie come questa.
Ecco, in questo senso già il Modern Warfare dello scorso anno aveva il sapore di un ritorno al passato, più ancora del vecchio WWII. E questo non era dovuto soltanto al ritorno del sottotitolo “Modern Warfare”, né alla ricomparsa di personaggi iconici come il Capitano Price, Soap o Ghost: il ritorno alle origini era dovuto anche ad una rinnovata attenzione allo script, di qualità notevolmente superiore rispetto ai capitoli degli anni precedenti, e dal ritorno ad un’ambientazione contemporanea, che aveva contraddistinto molti titoli firmati da Infinity Ward. E qualcosa di simile è successo quest’anno.
Chiariamoci, Black Ops: Cold War ha avuto uno sviluppo travagliato, che ha visto un cambio di sviluppatori in corso d’opera, dunque non sappiamo quali fossero i piani originali per questo titolo; è possibile che, inizialmente, Raven Software e Sledgehammer Games non avessero neanche in mente di riprendere la saga di Black Ops. Tuttavia, il corso degli eventi ci ha portati ad avere un reboot di Black Ops ad opera di Treyarch, l’anno dopo che Infinity Ward ha confezionato un reboot del “suo” Modern Warfare. E, anche in questo caso, questo reboot sa di sguardo al passato, in particolare ai primi due Black Ops, certamente tra i titoli della serie più apprezzati per il single player.
Il gioco riprende infatti le tematiche del primo capitolo: fantapolitica, spionaggio, complotti, paranoia – oltre, ovviamente, alla cornice temporale già parzialmente sondata nel capitolo originale. Del secondo capitolo viene invece ripresa la struttura, in particolare l’idea di offrire dei bivi all’interno del gioco e dei finali multipli. Indubbiamente, dunque, il passato, anche quest’anno, è stato fonte di ispirazione per capire quale potrà essere il futuro della serie. E questo si riflette anche nella qualità della sceneggiatura: non saremo ai livelli di alcuni dei migliori capitoli della serie, ma Black Ops: Cold War si distacca enormemente dall’anonimo Black Ops III. Se poi con Black Ops IIII, per un attimo, era sembrato che Call of Duty potesse effettivamente abbandonare il single player, con Modern Warfare e con Black Ops: Cold War è invece evidente che gli sviluppatori sembrano avere ancora molto da dire anche sotto questo riguardo.
Questa completa inversione di rotta non era affatto scontata, e dobbiamo dire che ci ha piacevolmente sorpresi trovare nuovamente in Call of Duty campagne single player degne di questo nome. La calda accoglienza di pubblico e critica ci spinge a ritenere che i prossimi capitoli continueranno su questa scia. In particolare, per la sotto-serie di Black Ops, quello che speriamo è che gli sviluppatori vogliano continuare ad approfondire le tematiche introdotte in questo primo episodio, senza spostarsi completamente in territorio fantascientifico come invece avveniva già con Black Ops II. Questo permetterebbe di avere due sotto-serie all’interno della saga: Modern Warfare, votata a storie più cupe e realistiche, e Black Ops, votata invece a trame cervellotiche fatte di complotti e retroscena storici poco conosciuti.
Si verrebbe a ricreare quindi la situazione che avevamo già avuto ormai tanti anni fa, ma con forti diversità. Il nuovo Modern Warfare è diverso dagli originali, più maturo e meno “americano”, almeno per certi versi (e nonostante alcune scelte non proprio felici dal punto di vista narrativo); allo stesso modo, il nuovo Black Ops non ripercorre pedissequamente la strada tracciata dagli originali di Treyarch, ma si smarca grazie alla maturità acquisita dai diversi studi di sviluppo.
Il vero, grande interrogativo che abbiamo al momento riguarda il titolo dell’anno prossimo e, in generale, il futuro della rotazione degli studi: chi si occuperà di Call of Duty 2021? Avremo ancora tre sviluppatori ad alternarsi o il fallimento dell’accoppiata Raven Software e Sledgehammer Games riporterà tutto nelle mani delle sole Treyarch e Infinity Ward? Sono interrogativi importanti, ma la certezza è che dopo questi ultimi due capitoli Call of Duty ha segnato il suo ritorno in pompa magna nel campo del single player.
Squadra che vince non si cambia: il multigiocatore tra competizione e zombie
Abbiamo dedicato un largo spazio in questo editoriale alla componente single-player di Black Ops: Cold War, perché effettivamente si tratta dell’aspetto che più era in dubbio, dopo che Black Ops III aveva mostrato una campagna totalmente anonima e Black Ops IIII semplicemente non ne aveva una.
Il multiplayer, invece, è sempre stato il fiore all’ochiello di Call of Duty; tranne rari casi (viene in mente Call of Duty: Ghosts, ma anche Advanced Warfare e WWII) le aspettative dei giocatori non sono mai state deluse sotto questo aspetto. Ed anche quest’anno, effettivamente, le cose stanno così. Certo, si possono muovere alcune lamentele: le mappe, al momento, non sono molte, e anche le nuove modalità scarseggiano. Il meccanismo di fondo, però, è lo stesso che ci viene proposto da qualche tempo a questa parte. Sotto il profilo del multiplayer, dunque, gli sviluppatori sembrano aver trovato una quadra che funziona, e che necessita soltanto di piccoli ritocchi di capitolo in capitolo, senza bisogno di rivoluzioni.
Certo, questo Black Ops: Cold War porta con sé alcune novità: nuovi veicoli, nuove armi, piccoli ritocchi che non vanno però ad incidere sull’esperienza generale. La differenza principale con il Modern Warfare dello scorso anno, dunque, non sta tanto nelle meccaniche di gioco, quanto nell’approccio a queste meccaniche e nel feeling che viene dato al giocatore. Se siete veterani della serie potrete capire di cosa stiamo parlando: i capitoli di Infinity Ward sono leggermente più lenti, complice un design delle mappe più stratificato e, talvolta, dispersivo; Treyarch, invece, preferisce da tempo incontri più dinamici, con mappe che favoriscono la cadenza ritmata degli scontri di fuoco. Per un occhio esterno, le differenze non sono così visibili; per gli appassionati, tuttavia, possono davvero essere rilevanti nell’apprezzare o meno un capitolo. Questa eterogeneità di impostazione permette di avere, anche nel multiplayer, due giochi simili ma diversi tra loro, ciascuno caratterizzato dalle sue sottigliezze che non sono presenti nell’altro.
Quello che invece da ora in poi accomunerà i nuovi capitoli della serie è il modello di update gratuiti presentato con lo scorso Modern Warfare. Finalmente, anche in Black Ops possiamo dire addio al vetusto modello dei quattro pacchetti DLC pubblicati nel corso dell’anno, incapaci di accontentare tutti a causa della selezione delle mappe e del prezzo a cui venivano proposte. Black Ops: Cold War verrà costantemente aggiornato con nuovi contenuti, totalmente gratuiti per tutti i giocatori; viste le vendite che il gioco sta registrando, non dubitiamo che questo modello verrà mantenuto anche per i prossimi episodi, e difficilmente qualcuno sentirà nostalgia dei vecchi DLC a pagamento.
Oltretutto, nei futuri aggiornamenti saranno presenti anche nuove mappe per la modalità zombie. Ecco, questo è un altro aspetto per cui non ci aspettavamo rivoluzioni, ed effettivamente così è stato: la modalità zombie è tornata con le stesse caratteristiche di sempre, anche se sono presenti alcune novità che potrebbero fare la differenza rispetto al passato (su tutte la possibilità di personalizzare ancora di più il proprio personaggio a livello di loadout).
C’è anche una nuova modalità, attualmente esclusiva per le console di casa Sony. Tuttavia, si sente la mancanza di qualcosa di veramente fresco per i marcescenti non morti, dunque la nostra speranza è che nei futuri update gratuiti Treyarch e Raven Software abbiano qualche sorpresa in serbo per noi, magari riprendendo alcune idee del passato, come la buona modalità Tranzit di Black Ops II, o sperimentando con qualcosa di totalmente nuovo, che riveda la formula da capo a piedi. Su tutte, questa è la modalità che, secondo noi, avrebbe più bisogno di una ventata d’aria fresca in futuro, perché pur funzionando ancora la pesantezza si avverte (già da qualche anno, a dire il vero).
E Warzone?
Andiamo a chiudere questo nostro editoriale con un accenno al futuro di un altro Call of Duty, il free-to-play Warzone, vera rivelazione della scorsa annata videoludica. Che impatto avrà l’uscita di Black Ops: Cold War su di esso? Certamente lo sviluppo di Warzone continuerà attivamente, vista la moltitudine di giocatori attivi su cui può contare. L’impatto di Black Ops: Cold War sarà, in un certo senso, marginale; cominceremo a vedere contenuti ispirati all’ultima fatica di Treyarch e Raven Software comparire in Warzone, al posto di contenuti dedicati all’ultimo Modern Warfare.
Ovviamente continuerà la sinergia tra la serie principale ed il titolo free-to-play, grazie ad un sistema di progressione condiviso, che già l’anno scorso aveva dato vita ad un vero e proprio ecosistema targato Call of Duty. Insomma, se siete giocatori appassionati di Warzone non dovete preoccuparvi per il futuro del vostro titolo: probabilmente ci accompagnerà ancora per molti anni a venire, affiancando di volta in volta il titolo corrente della serie principale.
In conclusione
Fino a qualche tempo fa il futuro della saga di Call of Duty sembrava incerto – non tanto per le vendite, sempre stellari, quanto per il fatto che la serie sembrava aver smarrito la sua identità, a causa di campagne single player anonime e un multiplayer non sempre capace di essere all'altezza delle aspettative.
Modern Warfare prima e Black Ops: Cold War adesso segnano invece una sorta di ritorno alle origini, che non si limita a celebrare il passato ma guarda al futuro, aprendo la strada a nuovi capitoli in grado di lasciare il proprio segno nel mondo videoludico. Pur con le riserve mostrate in sede di recensione, dunque, possiamo guardare con un certo ottimismo ai prossimi episodi, vista l'ottima base costruita in questi ultimi due anni.
Se volete tuffarvi nell'azione di Call of Duty: Black Ops Cold War, vi consigliamo di acquistarlo ad un prezzo scontato a questo indirizzo.