Builder’s Journey è un raro caso di videogioco LEGO (non me ne voglia Traveller’s Tales, è pure uno dei pochi che non è stato sviluppato da quel team ma da Light Brick Studio) che mi sia piaciuto, e più in generale un singolare momento di avvicinamento, per me, ai mattoncini colorati di Copenaghen.
Il viaggio di questo titolo è abbastanza irrituale ma sempre più comune: è stato lanciato come esclusiva Apple Arcade, per poi venire distribuito, una manciata di mesi dopo, anche per le altre piattaforme, nella fattispecie PC via Steam e Nintendo Switch.
Light Brick Studio ha pensato bene di espanderlo per l’occasione, proponendo più livelli e qualche approfondimento marginale della storia insieme ad un paio di meccaniche addizionali da fruire sia col pad che con la tastiera (non comodissima, in quest’ultimo caso, l’impossibilità di cambiare i comandi: di base, dovrete premere e tenere premuto il tasto sinistro del mouse, un tentativo di replicare il tap e la pressione prolungata su un touchscreen Apple).
Ma, come vedrete in questo (pure lui irrituale) articolo, il focus non è tanto la qualità, di buon se non ottimo livello, di Builder’s Journey, quanto la sua capacità di farmi finalmente capire – dopo un rapporto tribolato e mai decollato negli anni – la filosofia dietro il mondo LEGO, e la passione che tutti quanti sembrate avere per l’etichetta danese.
Un’esperienza particolare con i LEGO
Non faccio alcuna fatica né ho problemi a riconoscere un dato di fatto: io e i LEGO siamo pianeti distanti anni luce. In qualche modo, e per un certo tempo, ci siamo annusati, siamo pure entrati brevemente nella stessa orbita, ma niente da fare: non solo non mi ha mai appassionato il prodotto, ma non ho mai neppure capito come mai quest’ultimo avesse così tanti fan.
Credo che, a monte, la difficoltà nell’approccio che ho sempre avuto con i mattoncini sia proprio questa: come fai ad appassionarti ad un marchio se non ne cogli e riconosci le peculiarità? È, e forse rimarrà, per sempre un mio cruccio, perché alla fine a me le costruzioni piacciono, anche parlando di videogiochi alcuni delle mie serie e dei miei giochi preferiti hanno delle dinamiche assimilabili; eppure con loro, niente.
Il discorso è legato inevitabilmente al “culto” dei LEGO: per tanti, e ho vissuto la cosa come esperienza diretta, una parte consistente del divertimento è dirigersi presso uno store ufficiale e stare là per ore, non tanto nella pratica diretta della spesa, quanto dello shopping inteso quale giro tra le curiosità e voglia di farsi “stuzzicare” in un mare di oggetti che, ad avere il bancomat di Jeff Bezos, probabilmente ci si porterebbe tutti a casa.
Proprio questo aspetto mi richiama alla memoria il ricordo di svariate Gamescom – ricordo sempre dolcissimo, sia per l’evento e per gli incontri speciali, che per quell’aria da gita di cinque giorni liceale che si crea in trasferta. Una sfaccettatura di quelle Gamescom che non ricordo affatto con piacere erano le passeggiate in centro (fantastiche) interrotte puntualmente dalla capatina che i miei soci volevano per forza fare al LEGO Store locale.
Immaginatevelo come il datato stereotipo del marito che aspetta la moglie all’esterno di un negozio mentre fa shopping: la situazione che ho vissuto per anni a Colonia era un po’ questa, con me che i primi tempi provavo a farmi ingolosire in qualche modo e che, fallendo ogni volta, mi rassegnavo ad aspettare fuori mentre i compari finivano estasiati tra le grinfie dei danesi (e spesso provavano a tentarmi con dei mini regali che non hanno mai sortito effetto).
Se seguite le dirette di SpazioGames su Twitch presumibilmente avrete notato il mio LEGO Mario, che potrebbe sembrare in effetti una contraddizione. Eppure, 1) è un regalo, 2) è Mario. Quindi, non stiamo parlando, fondamentalmente, di un prodotto LEGO al 100% ma della loro riproduzione di una mascotte che amo (e penso amiamo tutti) in modo particolare; il che spinge pure a pensare che, alla fine, una parte del problema sia rappresentata dal fatto che non ci sono property cui sono legato così indissolubilmente tra quelle raffigurate negli anni dai mattoncini.
Ad ulteriore riprova che sia Mario a piacermi di quel regalo (e il modo, obiettivamente fantastico, in cui è stato realizzato in questa veste: gli occhietti e lo schermino sono dei colpi di genio assoluto) abbiamo il fatto che lo “stage” con il quale LEGO ha riprodotto i diversi ambienti della serie Nintendo non l’ho manco sbustato – in sostanza, mi sono rubato subito l’idraulico baffuto, e arrivederci e grazie.
Con i videogiochi, più o meno il discorso è lo stesso: non ho mai avuto una grossa risonanza con i platform di Traveller’s Tales, pur avendone provati alcuni negli anni (a memoria, quello dedicato a Il Signore degli Anelli, e pochi altri), perché li trovavo prima di tutto un po’ troppo semplici e poi semplicemente non mi ispiravano – e qui i LEGO c’entrano, visto che in genere sono loro a non ispirarmi.
Per una questione lavorativa, ho sviscerato una vita fa LEGO City Undercover: giustamente vi chiederete come mai sia stato assegnato proprio a me un gioco del genere, ma qui la risposta è che ero uno dei pochi in circolazione ad aver acquistato Wii U. E devo dire che in quel caso parliamo di un prodotto che mi prese alquanto, non so bene se per l’umorismo di fondo o per le dinamiche da action adventure open world alquanto atipiche per l’IP.
Fatto sta che quest’ultimo elemento della psicoanalisi a base di mattoncini cui mi sto sottoponendo oggi ha sempre acceso quella lampadina in me, mi ha sempre spinto a pormi una domanda: e se il mio fosse solo un preconcetto nei confronti dei LEGO? Forse dovrei dargli un’altra chance (o magari, per essere più precisi, una prima chance)? Ed ecco che entra in gioco Builder’s Journey.
Il viaggio del costruttore
Quando parlo dell’E3 come il Natale dei videogiocatori lo intendo davvero e, sebbene quest’anno abbia avuto dei toni abbastanza dimessi, anche l’edizione 2021 ha fatto quello che doveva fare – ha ampliato le mie vedute sulle uscite imminenti e non, mi ha fatto desiderare cose che prima non conoscevo e non sapevo di desiderare, e mi ha fatto conoscere tra gli altri Builder’s Journey.
Il gioco è stato uno dei protagonisti della conferenza Wholesome Direct, che ha fornito tantissime delle gemme di cui vi ho parlato in un articolo sui titoli “nascosti” più brillanti dell’E3 2021, e fin dal primo istante mi sono detto che l’avrei giocato. Non c’erano dubbi sul fatto che sarebbe successo, ma su quello che ne avrei parlato? Io, parlare di un gioco sui LEGO? Nah.
Ma mi sono detto subito che questo avrebbe potuto essere il titolo che mi avrebbe fatto cambiare l’angolo di visuale sul mondo dei LEGO, e ci ho tenuto a dargli quella chance perché sapevo che sarebbe stato dare un’altra chance ad un ambito dell’intrattenimento, uno di quelli più naturali e genuini perché “intrattiene” nel senso letterale del termine, amatissimo da tante persone che conosco e stimo.
A tirarmi dentro è stata indubbiamente l’art direction: la visuale isometrica in stile Captain Toad Treasure Tracker e le dinamiche da puzzle game mordi e fuggi sono stati aspetti fondamentali nell’appassionarmi al gioco una volta che lo stavo già testando, ma quelle forme squadrate e il look colorato a tinte pastello – “acceso” ulteriormente su PC da un inaspettato supporto al ray tracing, implementato con intelligenza per sottolineare contrasti luce/buio – sono semplicemente deliziosi.
Quello che mi ha sorpreso in termini di gameplay è stato il piacere di attaccare e staccare le tessere ai punti prestabiliti dai designer: niente di più simile ai LEGO reali (il che è motivo di inquietudine per il sottoscritto, per molteplici ragioni, in primis qualcosa tipo “mi sono sbagliato finora?”), ma riprodotto in una piena capacità di esprimere la meccanicità del gesto di attaccare e staccare, provare e riprovare come in un puzzle di carta se quello che abbiamo pensato andrà bene per gli intenti del creatore o dovremo escogitare altre soluzioni.
Insomma, c’è un momento di godimento, che forse va oltre l’aspetto di vincere o meno in quel quadro, nell’appicciare una tessera nel suo ripiano (che dunque sia preposto davvero oppure no); tant’è vero che mi sono ritrovato colpito, in piena notte, dall'aver passato decine di minuti in uno stesso quadro perché stavo soltanto attaccando e staccando i mattoncini, senza realmente preoccuparmi di trovare il modo corretto per farlo e andare avanti nella storia.
Questo è poi un gesto che in Builder’s Journey acquisisce una dimensione aggiuntiva rispetto al semplice puzzle; è un gesto che nasconde un significato profondo, poiché attraverso la sua esecuzione creiamo ponti tra e con le persone. Credo di avere una passione per questo tema, tant’è che i “collegamenti” – che siano tra due punti prima scollegati o tra esseri viventi – sono il cuore di ciò che mi ha affascinato in uno dei miei GOAT, Death Stranding.
Non è esattamente come nei LEGO che acquistate negli store, dove c’è un blocco da completare, magari per arrivare alla forma prestabilita, e amen: in questo gioco, quello che fate ha un peso, sulla storia, sui personaggi, e sulla maniera in cui porteranno avanti la propria vita famigliare e la loro umanità. E, permettetemi, fondere l’aspetto ludico dei mattoncini e una narrazione che ci dice di più di noi è qualcosa che può succedere soltanto nei videogiochi.
Da cultore delle storie, di tutti i generi, e delle cose che abbiano racconti da condividere, è stato proprio tale passaggio ad aprirmi la mente su questo colosso dell’entertainment: a farmi capire che dietro la manualità di attaccare e staccare tessere ci può essere un messaggio, un significato che va al di là della meccanicità di un'azione, e in definitiva – lo spero, e spero di avere presto notizie su quello che potrebbe essere diventato un mio nuovo hobby – a farmi capire i LEGO.
In conclusione
Probabilmente costa un pelo in più rispetto a quanto vi aspettereste, specie in rapporto alla durata alquanto limitata che è un retaggio del lancio su Apple Arcade (i videogiocatori stakanovisti potrebbero completarlo in una serata di gioco), ma mi ha insegnato qualcosa, e se anche voi pensate di voler “imparare” i LEGO e perché piacciono così tanto a tutti – e pure godervi un buon puzzle con una storia silenziosa da raccontare – aggiungete Builder’s Journey alla vostra lista della spesa.
E, chissà, l’acquisto successivo potrebbe essere proprio un set LEGO.
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