Atelier Ryza 2 Lost legends & the secret fairy | Recensione - Evoluzione o more of the same?
Un more of the same che non rischia nulla
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a cura di Gianluca Arena
Senior Editor
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Gust
- Produttore: Koei Tecmo
- Distributore: Koch Media
- Piattaforme: PC , PS4 , SWITCH , PS5
- Generi: Gioco di Ruolo
- Data di uscita: 29 gennaio 2021
Sebbene nel frattempo ne siano successe di tutti i colori (dal lancio di una nuova generazione di console ad una pandemia globale), è passato appena un anno da quando, su queste pagine, Atelier Ryza si guadagnava non solo un ottimo voto, ma anche il sigillo di miglior episodio della longeva saga di Gust Corporation, che si accinge ormai a compiere un quarto di secolo.
Oggi siamo qui a raccontarvi del seguito diretto di quell'avventura, un unicum all'interno della serie, giocato per voi sulla nostra PS4 Pro di fiducia: Atelier Ryza 2 Lost legends & the secret fairy (solo Atelier Ryza 2 da adesso in poi) sarà riuscito a migliorare un prodotto già buono di partenza? Scopriamolo insieme.
Dal paesello alla capitale
Il riscontro di critica e pubblico per un capitolo coraggioso come quello uscito un anno or sono deve aver convinto Gust a fare un'eccezione alla regola: mai prima d'ora, infatti, lungo una storia che consta di ben ventidue titoli totali, due episodi regolari della serie avevano condiviso la medesima protagonista.
Atelier Ryza 2, invece, si colloca tre anni dopo gli eventi raccontati dal prequel, e condivide la grande maggioranza del cast di personaggi, giocabili e non, pur debitamente cresciuti: Tao, lo scugnizzo tutto libri e occhiali del primo episodio, dev'essere andato in palestra, tanto che la nostra stenta a riconoscerlo al suo arrivo a Ashra-am Baird, la capitale del regno in cui molti dei protagonisti del precedente gioco si erano trasferiti.
Ryza, invece, aveva scelto di rimanere nella sua amata isola di Kurken, circondata dal verde, dall'acqua e da posti e volti familiari, che l'avevano accompagnata sin dalla nascita.
Ma la sete di avventure, una costante per le protagoniste dei vari Atelier, si era fatta presto sentire, e stavolta, complice il rinvenimento di un misterioso artefatto ed una lettera di Tao che la invita ad esplorare le rovine intorno alla capitale insieme a lui, la nostra eroina, più procace che mai (il fan service visto nel primo capitolo torna tra seni prosperosi e ballonzolamenti assortiti), si imbarca e parte per l'ignoto.
Al primo arrivo nell'enorme e frequentatissima capitale, però, la nostra si accorge di aver fatto il passo più lungo della gamba, e solo il succitato, provvidenziale incontro con Tao e Bas la salva dal perdersi completamente per le strade del distretto centrale. La familiarità del cast e di parte dei temi trattati rappresenta, nel contempo, uno degli assi nella manica della narrazione ed uno dei suoi punti più deboli: se tutti coloro che hanno apprezzato il primo capitolo si sentiranno immediatamente a casa, rinfrancati dalla sensazione di riunirsi con un gruppo di vecchi amici, i neofiti si perderanno molte delle battute e dei riferimenti agli avvenimenti di tre anni prima, con un abbassamento del livello di coinvolgimento nelle vicende narrate.
Nel complesso, Atelier Ryza 2 non si discosta dai temi cari alla saga, alternando fasi spiccatamente slice of life con siparietti comici che non potranno non strappare un sorriso ai giocatori più navigati, a patto che abbiano una buona confidenza con la lingua inglese. Come per il predecessore e tutti gli altri capitoli sviluppati da Gust, infatti, anche questa seconda avventura di Reisalin Stout (Ryza per gli amici) non è stata localizzata nella nostra lingua, e comprende la sola traccia giapponese per il doppiaggio e la sottotitolazione in lingua inglese.
Considerata anche la leggerezza dei temi trattati, per apprezzare l'intreccio non sarà necessaria una conoscenza approfondita della lingua d'Albione, ma questa scelta, pur comprensibile alla luce del risicato budget a disposizione, potrebbe comunque scoraggiare i meno avvezzi con le lingue straniere.
Affinamenti e piccole aggiunte
Tenendo per buona la base già ampiamente raccontata in sede di analisi di Atelier Ryza, questo secondo episodio si è concentrato sull'ampliare ed affinare meccaniche già sul piatto piuttosto che arricchire in maniera sostanziosa l'offerta ludica o tentare soluzioni innovative.
Già dalle prime scampagnate fuori porta alla ricerca di materiali, si notano le modifiche apportate alle fasi esplorative, ravvivate adesso da nuovi modi di interagire con l'ambiente: Ryza potrà immergersi in acqua e, nelle fasi più avanzate della campagna, persino immergersi per brevi tratti alla ricerca di nuovi materiali da creazione.
Questo, com'era prevedibile, ha offerto anche un prezioso assist al fanservice, con la protagonista che si ritroverà con i vestiti bagnati (anche se le trasparenze sono tutto sommato pudiche) quando riaffiorerà da uno specchio d'acqua dopo un'immersione: ad alcuni dei nostri lettori (e lettrici) questo aspetto della produzione potrebbe non piacere, ma, come sempre stato per la serie madre, gli ammiccamenti sessuali, pur presenti, non raggiungono mai livelli particolarmente fastidiosi.
Sebbene piuttosto goffo nell'esecuzione, c'è anche un tentativo di dare verticalità alle statiche mappe che contraddistinguono il franchise da diversi lustri, tramite l'utilizzo di una sorta di rampino magico e della possibilità di accovacciarsi per strisciare in pertugi altrimenti irraggiungibili.
La goffaggine di cui sopra proviene dalla situazionalità di queste possibilità, fortemente limitate dalla volontà del team di sviluppo e ben lontane dalla libertà di approccio vista in un Breath of the Wild, o, per rimanere su titoli più recenti e forse meno pretenziosi, in Immortals Fenyx Rising di Ubisoft: quel poco che c'è è limitato solo ad una manciata di zone per mappa, che piaccia o meno. Questa rigidità finisce per limitare l'impatto di queste aggiunte, rendendole tutto sommato marginali nell'economia del gameplay, che, difatti, se ne giova solo in maniera limitata.
Molto bene, invece, per quanto concerne gli scontri con i nemici: oltre ad aver guadagnato in rapidità e spettacolarità, il sistema di combattimento, strizzando l'occhio agli standard imposti da Persona 5 e dalla sua eccellente versione Royal, si è mosso verso un utilizzo a singolo pulsante di alcune funzioni, a renderlo più intuitivo ed accessibile ai neofiti, che però, come già evidenziato, potrebbero voler optare per il primo capitolo prima di cimentarsi con questo sequel diretto.
Sul versante del sistema alchemico, sono essenzialmente due le aggiunte portate in dote da Atelier Ryza 2: l'Evolve Link e l'Essence, le quali, a conti fatti, hanno però impattato le dinamiche di gioco meno di quanto avessimo sperato. La prima consente di creare tipologie di oggetti aggiuntivi, rispetto non solo al prequel ma anche alla media dei giochi della serie Atelier, alcuni dei quali particolarmente utili in battaglia, laddove la seconda ramifica ulteriormente le differenti varianti di un singolo oggetto, consentendo di creare, con ingredienti simili, numerose varianti con effetti elementali differenti.
Nel complesso, c'è comunque di che sbizzarrirsi a livello creativo, ma considerando il sostanzioso passo in avanti fatto registrare con l'uscita di Atelier Lulua prima e di Atelier Ryza poi, era lecito attendersi novità più sostanziali per quello che è da sempre considerato il fiore all'occhiello delle produzioni Gust.
Chiudiamo l'analisi del gameplay del prodotto lamentandoci, ancora una volta, del basso livello di sfida offerto anche selezionando la modalità Difficile, la più alta possibile alla prima run del gioco: il target del franchise è sicuramente giovane, ma c'è anche una larga fetta di appassionati che lo segue quasi dagli esordi, e che oggi si trova a disagio a doversi cimentare con una tale facilità, come chi scrive. A questa fetta di pubblico Gust dovrebbe pensare a partire dal prossimo capitolo, aggiungendo magari un paio di ulteriori livelli di difficoltà: più scelta è sempre meglio che meno, o no?
Cut & paste
Sensazioni contrastanti per quanto concerne il reparto tecnico della produzione, a metà tra il rinnovamento attuato nel capitolo uscito lo scorso anno ed il riciclo di asset diffuso e sistematico che questo secondo titolo mette in campo. Partiamo dagli aspetti positivi: i modelli dei personaggi principali risultano ancora più morbidi e particolareggiati di quelli visti nel capitolo d'esordio, e sono aumentati tanto la varietà delle location esplorabili quanto il bestiario nemico, che, pur recuperando moltissime creature dal recente passato, le affianca con mostri inediti e, in alcuni casi, così carini che è un peccato sterminarli.
In relazione alla versione da noi provata (quella per console old-gen Sony giocata su un modello Pro della macchina) abbiamo poi notato uno snellimento nei tempi di caricamento, meno incertezze a livello di prestazioni e una migliore qualità delle texture, che rimangono, comunque, quelle di un titolo a basso budget.
Il colpo d'occhio è comunque gradevole nel complesso, come lo era quello di Atelier Ryza, ma è evidente che in appena tredici mesi (peraltro con tutte le difficoltà legate al Covid-19 a peggiorare la situazione) non ci si potessero aspettare grandi rivoluzioni. Ai fortunati possessori di PlayStation 5 e a tutti coloro che intendono acquistarne una non appena sarà disponibile farà poi piacere sapere che il titolo comprende l'upgrade gratuito alla versione next gen, che, verosimilmente, potrebbe giovarsi dell'accresciuta potenza della nuova console per azzerare i caricamenti ed aumentare il framerate.
D'altro canto, però, non mancano anche i lati negativi: esattamente come nel recente Fairy Tail, abbiamo notato un riciclo veramente eccessivo di modelli poligonali ed asset grafici, con il risultato che non è improbabile imbattersi in dieci personaggi non giocanti assolutamente identici tra loro nel breve volgere di un paio di minuti in-game. Se questo è da sempre un difetto comune alle produzioni Gust, legato alle ridotte dimensioni del team e alla cadenza annuale di molti dei suoi franchise, nel caso di Atelier Ryza 2 il problema assume contorni farseschi e "rompe" l'immersione nel mondo di gioco.
A questo si aggiungono una marea di texture in bassa risoluzione, poligoni puntuti e texture slavate soprattutto nelle ambientazioni e un'espressività facciale pressoché nulla anche da parte dei protagonisti, che toglie pathos agli snodi fondamentali della trama, per non parlare dell'assoluta "plasticosità" delle ambientazioni, scarsamente interattive e mediamente abbastanza vuote.
Si poteva fare di più anche a livello sonoro, con un campionario di motivetti allegri e spensierati che tende però a ripetersi troppo spesso ed un cast abbastanza risicato di personaggi doppiati: in tempi di cambio generazionale certe storture si notano un po' di più, ed il fatto che il team di sviluppo si sia limitato a sedersi sugli allori dopo i buoni risultati raggiunti dalla prima avventura di Ryza fa storcere un po' il naso.
A fronte di una longevità complessiva appena superiore a quella del capitolo ambientato sull'isola di Kurken, quantificabile in una trentina di ore circa, segnaliamo l'inclusione gratuita dei DLC a pagamento post-lancio usciti in Giappone, che comprendono un dungeon inedito, una manciata di nuove ricette alchemiche e una serie di costumi estivi per i personaggi principali.
Versione testata: PlayStation 4
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Voto Recensione di Atelier Ryza 2 Lost Legends & The Secret Fairy - Recensione
Voto Finale
Il Verdetto di SpazioGames
Pro
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More of the same che farà felici i fan di Ryza...
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Sistema di combatimento che speriamo diventi "di serie"
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Centinaia di ricette alchemiche con cui sbizzarrirsi
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Più contenuti rispetto al primo capitolo e un promesso supporto post lancio
Contro
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...ma potrebbe far storcere il naso ai neofiti
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Livello di sfida ancora insufficiente, anche giocando a "difficile"
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Pesante riciclo di asset e NPC