Antica Grecia, 431 a.c., nel pieno di un periodo storico che coinvolgeva la più grande civiltà dell’epoca prepararsi a una delle guerre più significative mai affrontate, Ubisoft ci porta alla scoperta della propria, personalissima odissea: Sparta e Atene, vendetta e perdono, bene e male, famiglia e potere, Assassin’s Creed Odyssey ci pone di fronte ad una struttura fortemente dualistica, chiedendoci innanzitutto di decidere nei panni di chi affrontare quest’avventura, Alexios o Kassandra. Una scelta che fino ad ora Ubisoft ha sostenuto non avere alcun impatto significativo sulla storia e da quello che abbiamo visto durante la nostra anteprima a Parigi sembra essere proprio così, con le dovute eccezioni. Dialoghi, missioni, storie d’amore e abilità combattive sono identici per entrambi i personaggi, a patto che si facciano le stesse scelte: non più una storia lineare, infatti, ma una serie di archi narrativi in grado di svilupparsi diversamente e intrecciarsi tra loro in base alle proprie azioni e decisioni, nel breve, nel medio e nel lungo termine.Se c’è una cosa che distingue Assassin’s Creed Odyssey dal precedente Origins è proprio questa struttura a bivi e nelle oltre sei ore di gioco dell’hands on abbiamo potuto apprezzarla in maniera evidente: le conseguenze riescono a essere coerenti e incidono davvero sul proseguo non solo per i dialoghi ma anche in termini di gameplay. Alcune scelte ci hanno messo davvero in difficoltà e difficilmente la distinzione tra giusto e sbagliato è stata netta, lasciandoci tanti dubbi anche per i possibili sviluppi a lungo termine, come quando abbiamo dovuto decidere tra salvare dal rogo una famiglia malata o lasciarla morire mentre ci supplicava per fermare l’epidemia. Questo e tanti altri piccoli dettagli visti in queste sei ore ci fanno ben sperare: Ubisoft ha sottolineato più volte come i due protagonisti abbiano un loro carattere di base con dei tratti specifici, ma è il giocatore a decidere come farli sviluppare e quale strada percorrere e sembra che il risultato sia ottimo. Ovviamente bisogna attendere la versione finale del gioco e attendere l’impatto a lungo termine di molte scelte, ma quello che abbiamo visto e la conferma di finali multipli sembrano una solida base in grado di regalare un’esperienza inedita per i fan della saga.
Il battle system riprende esattamente da quanto visto in Origins ma introduce quest’anno le abilità attive, dei “superpoteri” che è possibile attivare a patto che si disponga delle dovute barre di “adrenalina”, ottenibile colpendo gli avversari e soprattutto parando e schivando al momento giusto. Abbandonato lo scudo, queste ultime due azioni assumono ancora più importanza così come la bravura e il tempismo del giocatore: Alexios e Kassandra possono parare gli attacchi standard dei nemici premendo la combinazione dei tasti al momento giusto, guadagnando adrenalina e sbilanciando l’avversario per qualche istante, mentre una schivata all’ultimo secondo, oltre ad essere l’unico modo di difendersi dagli attacchi più potenti, regala anche qualche istante di slow-motion nel quale si può colpire il nemico indifeso. Grazie alle abilità, poi, ci si può curare, attaccare ferocemente o rendere le proprie armi velenose, ma anche imparare a scoccare più frecce contemporaneamente o eseguire assassinii a distanza. Ogni livello fa guadagnare un punto e quasi tutte le abilità possiedono tre livelli di potenziamento, ma se ne possono equipaggiare solo quattro alla volta quindi è giusto anche capire che stile di combattimento si vuole adottare o che avversario bisogna affrontare. Anche questa comunque ci è sembrata una novità ben sviluppata ed equilibrata, senza esserci ritrovati a utilizzare la solita mossa perché troppo efficace.
Un passo in avanti ci è sembrato farlo anche l’IA: se l’approccio stealth rimane il più lento ma il più efficace, spesso ci si ritrova allo scoperto e si inizia uno scontro diretto con gli avversari che in questo capitolo non si faranno troppi scrupoli ad attaccare, con armi bianche o a distanza, senza dare tregua e approfittando del fatto che non si può contare più sullo scudo. Rimane qualche perplessità nella facilità con la quale abbandonano l’inseguimento, ma considerando che il più delle volte si tratta di truppe a difesa di una specifica posizione ci può anche stare, mentre rimane da rivedere l’IA delle sentinelle, che troppe volte si dimenticano che un loro compagno è stato ucciso da una freccia qualche minuto prima o che da quel cespuglio è saltato fuori per un secondo un soldato armato fino ai denti, proprio da dove sta arrivando adesso questo fischio, cosa sarà mai, andiamo a controllare e…toh, mi hanno ucciso.In compenso il nuovo sistema del “Nation Power” ci costringe ad espugnare forti più grandi, meglio difesi e dovendo dare fuoco a specifiche provviste quasi sempre all’interno di casolari o capannoni, imponendo ad Alexios o Kassandra di scendere a terra perdendo così la classica posizione di vantaggio degli assassini.Espugnando i forti, eliminando specifici soldati o rubando i forzieri del nemico si può abbassare la sua influenza in quella città e renderne il leader più esposto e meno difeso: la cosa interessante è che si potrebbe anche andare subito verso lo scontro diretto, ma l’obiettivo è sempre circondato da numerose guardie che, al massimo del “Nation Power”, sono sempre due o tre livelli più forti del proprio personaggio quindi l’impresa è praticamente impossibile. Una volta ucciso il leader si rende disponibile la battaglia campale, uno scontro di guerra in campo aperto che ci vede schierati per una delle due fazioni con l’obiettivo di costringere gli avversari alla fuga eliminando quanti più soldati e generali possibili. L’esito della battaglia campale determina anche il nuovo leader che si instaura in città, ma qualora avessimo cambiato idea possiamo sempre ripetere l’operazione e sovvertire persino la fazione che abbiamo appena aiutato a vincere.
In tutto questo ci si ritrova a fare decine e decine di missioni secondarie di ogni tipo, a nostro avviso molto più varie e curate in questo Assassin’s Creed Odyssey rispetto al proprio predecessore: dalle quest più semplici condite da un po’ di romance ad altre che come detto sono in grado di porci di fronte a scelte difficili e conseguenze imprevedibili. Il setting poi aiuta a godersi l’esperienza come sempre: l’antica Grecia è stupenda e graficamente tutto è migliorato, soprattutto l’espressività dei personaggi, anche se non mancano i soliti pre-render pixellosi a sporcare e spezzare un po’ la magia di un lavoro artistico sempre di altissimo livello.Ci sarebbe anche da parlare ancora tanto di hunting e crafting o della componente navale, che introduce la meccanica dello stordire i nemici per reclutarli, dopo averne analizzato le abilità grazie a Ikaros, l’aquila che accompagna il nostro personaggio come Senu con Bayek, ma sono elementi che abbiamo visto troppo poco e preferiamo attendere la prova finale per commentarle al meglio.
Nuove meccaniche coinvolgenti
Esteticamente carismatico
Missioni secondarie più interessanti
Ogni scelta ha un impatto sulla storia e sul gameplay
Tirando le somme, Assassin’s Creed Odyssey ci ha convinti e tanto: il nuovo capitolo della saga più longeva e importante di Ubisoft sembra dimostrare davvero i tre anni di sviluppi di cui si vanta e, nonostante molte componenti siano riprese da Origins che ha fatto da “rompighiaccio” per spianare la strada, Odyssey si conferma con una serie di nuove meccaniche e migliorie che gli fanno meritare una sua identità propria.
L’aspetto più interessante ci pare evidente essere quello delle scelte che in sei ore ci ha mostrato tanto il suo impatto e non vediamo l’ora di scoprirne il potenziale a gioco finito, anelando ad una rigiocabilità che la serie non ha mai avuto e che potrebbe essere un’ulteriore svolta dovessero i finali multipli rivelarsi tutti interessanti. Fino ad ora, da Kephallonia a Megaris, la storia ci ha catturato e speriamo davvero possa darci di più fino alla fine del gioco.