Wasteland 3, un freddo nuovo nella neve del Colorado - Provato
A due mesi dal lancio abbiamo fatto rotta su Wasteland 3 per controllare lo stato dei lavori, uscendone con qualche buona impressione
a cura di Paolo Sirio
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: InXile Entertainment
- Produttore: Deep Silver
- Piattaforme: PC , PS4 , XONE
- Generi: Gioco di Ruolo
- Data di uscita: 28 agosto 2020
Uscire da una nicchia si può, e quel che è certo con Wasteland 3 è che inXile Entertainment ce la sta mettendo tutta per riuscire nel suo intento. La missione non è di quelle semplici: tendere la mano – soltanto virtualmente, s’intende – ai nuovi giocatori che potrebbero essere interessati alle atmosfere e alla profondità, e al contempo premiare la fedeltà degli appassionati che hanno mostrato di averne in abbondanza nelle ultime due raccolte fondi.
Nel corso del fine settimana abbiamo sviscerato la beta di Wasteland 3, spuntata dalla stessa backer demo offerta ai finanziatori su Fig, e la beta di Wasteland 3 ha essa stessa sviscerato un po’ anche noi; ne siamo usciti, dopo aver testato quelle che saranno all’incirca le prime tre ore del gioco completo, rasserenati dall’approccio tenuto dallo sviluppatori, e desiderosi di averne ancora di più non appena arriverà il momento dell’uscita a maggio.
Questa beta, come detto, ci ha tenuti impegnati in un primo playthrough di circa tre ore, molto poco nell’economia di un gioco che punterà da tradizione alle 60+ ore ma abbastanza da dare l’idea di cosa ci aspetterà nel prodotto finale a livello di sistemi e tono.
Mancano la mappa open world, oltre alle ambientazioni all’infuori di Colorado Springs e dell’hub dei Ranger, ma le conferme dal precedente capitolo e le novità più grosse ci sono già tutte, il che ci permette di comprendere in che direzione si sia mossa inXile, fresca di acquisizione di Microsoft e che da quell’acquisizione ha assunto nuove risorse per alzare ulteriormente l’asticella – ne parleremo più avanti.
Scelte e conseguenze, fin dall’inizio
La nostra esperienza con Wasteland 3 è partita dalla selezione dei personaggi, ricaduta su una coppia di innamorati: la combat medic Spence e il trooper Yuri, una scelta che ci ha permesso immediatamente di cogliere l’impatto delle diverse sfumature di senso conferite al gameplay con questa terza iterazione del franchise.
Ovviamente, ciascun personaggio ha la sua peculiarità; in quanto assaltatore, Yuri ha ottime abilità in termini di gestione di armi pesanti e negli scontri a fuoco, risultando quanto di meglio ci sia per i giocatori desiderosi di avere un’avanguardia forte in battaglia; Spence è invece una scelta interessante per la capacità, con abilità come First Aid, di scoprire le condizioni reali dei personaggi (segnatevi questo particolare…) con cui parla o prestare aiuto a quanti siano in difficoltà, dentro e fuori i combattimenti.
La scelta di un certo personaggio non impedisce di customizzarne le abilità a proprio piacimento più avanti; fin da questa beta, ad esempio, ho iniziato a “spiegare” a Spence come utilizzare le armi automatiche, perché soprattutto all’inizio della storia non c’è stato eccessivamente bisogno del suo intervento come medico ma avere un altro ferro sul campo ha consentito di accelerare parecchio gli incontri.
Il contesto narrativo è questo: il Patriarca, auto-proclamato padrone del Colorado, invoca l’aiuto dei Ranger contro un tentativo di colpo di stato da parte dei figli e da bande di spietati predoni; i Ranger dall’Arizona si spostano in Colorado con la speranza di risolvere la situazione lì e ricavarne aiuto per la propria causa originale, ma qualcosa va storto e lo notiamo non appena messo piede in quelle gelide lande.
I Ranger finiscono infatti preda di un terribile agguato, mostrato nella scenografica e cupa introduzione in computer grafica, che li decima; di fatto, soltanto una manciata di loro rimane in vita, e tra questi ci sono i nostri protagonisti, ovviamente. Subito ci misuriamo con uno scontro, durante il quale fa la sua prima apparizione nella serie un veicolo utilizzabile fuori e dentro le battaglie, il Kodiak.
Questo mezzo ci permette di eliminare robot dalle dimensioni e dalla letalità fuori scala per i nostri personaggi, almeno all’inizio della storia, e risulta essere a tutti gli effetti un’unità del nostro party; possiamo personalizzarla con le mod che troveremo in giro, e il suo intervento sarà spesso salvifico per la massiccia potenza di fuoco di cui dispone.
Al termine di questo scontro, a seconda delle nostre abilità nell’eloquio e di come ci muoveremo, ci verrà data la chance di salvare la vita di un personaggio; giusto per avere un’idea di quanto le scelte costino e paghino in questo gioco, qualora ne uscisse vivo, potremo portare tale personaggio con noi per tutto il resto della storia, e ci sarà anche di discreto aiuto.
Completato questo passaggio, finiamo alla corte del Patriarca, e qui troviamo due elementi – uno familiare, l’altro una grande novità. La componente familiare è l’hub riservato ai Ranger, al quale ci potremo rivolgere per riorganizzarci prima di andare in missione e decidere come portare avanti la nostra storia in senso generale; la seconda, la novità, è un imponente close up con i personaggi più importanti ai quali ci rivolgeremo.
Ha fatto anche cose buone
Questo particolare, mutuato dalla tradizione di Fallout, ci consente di avere di fronte, in uno scenico primo piano, il Patriarca e il suo grosso martello; sebbene a livello puramente tecnico il suo modello poligonale non spicchi per rifinitura, il suo modo di parlare e persino alcuni dettagli, che i nostri personaggi noteranno a patto di averne i requisiti, colpiscono abbastanza.
Ad esempio, il fatto che questo uomo solo al comando debba mandare avanti lo stato letteralmente mentre parla con noi viene fatto trasparire non tanto dalla sbrigatività dei suoi modi o dalla voce grave, quanto dalle interruzioni cui il discorso che ci fa viene sottoposto oppure da come allunghi la mano fuori dall’inquadratura per prendere una telefonata.
Insomma, la cura riposta sulla rappresentazione del Patriarca è massiccia e si nota, al netto di un comparto tecnico forse più grezzo di quanto non avessimo immaginato, che si tratti dei close up di cui sopra o dalla loro gestione fuori dagli schemi precostituiti.
Il doppiaggio riveste un ruolo specifico in questo processo, ora che tutti i personaggi hanno una voce grazie all’intervento di Microsoft seguito all’assimilazione in Xbox Game Studios. La scrittura è feroce ma figlia di una penna che ne ha viste tante, e prende le cose con la giusta distanza e senza farsi mancare una buona dose di umorismo agrodolce; non fa sconti a nessuno, che sia una ragazzina con le mani sporche del primo sangue o un veterano che prende a martellate (nel senso letterale del termine) un prigioniero davanti ai vostri occhi. Questa voce finalmente viva, però, aggiunge una nuova dimensione ai personaggi e, con il suo carico di toni diversi e accenti fedeli, vi farà piacere scoprire che non si riduce al compitino.
Da questa stessa conversazione apprenderemo anche ottimo materiale a proposito di world building: Wasteland 3 presenta lo scenario altamente militaresco, gerarchico e aggressivo tipico della serie, riproponendo un mondo in cui il più forte vince, ma si sforza di aggiungere una dimensione personale nella vicenda del Patriarca e della sua dissennata famiglia, e una familiarità nel dipanarsi dei rapporti tra i protagonisti e gli NPC.
Presso l’hub del Patriarca possiamo organizzare il nostro team per la spedizione: ci saranno sempre i due protagonisti, chiaramente, più altri due personaggi che potremo reclutare da un pool di pre-esistenti, on the road o “scriverli” noi stessi da zero. Altri due slot, per un massimo di sei unità, saranno riservati ad un companion che potrà aggiungersi alla squadra di volta in volta e al Kodiak, quando previsto.
Dopo poco, il boss ci manda presso una rigogliosa location scientifica chiamata Garden of the Gods, ritagliata nella miseria di una Colorado Springs martoriata dall’assalto di un gruppo di predoni che scopriamo essere gli stessi che hanno messo i bastoni tra le ruote ai Ranger non appena giunti nello stato.
La conclusione della missione, che arriva dopo una manciata di scontri abbastanza elementari, rende l’idea di come ogni scelta conterà: risolvendola seguendo quella che dovrebbe essere l’etica di un Ranger (il condizionale è d’obbligo) compieremo degli arresti nel regolare compimento della legge, dando invece sfogo alla sete di vendetta del companion che ci avrà accompagnato, invece, verremo meno al nostro credo ma eviteremo di metterci contro quest’ultimo lungo il prosieguo del cammino.
Non sarà una decisione facile ma come tutte le altre avrà un impatto duraturo su come porteremo avanti il gioco, con un sistema di reputazione che influenzerà sia il piano macroscopico – il modo in cui verremo accolti in una città, per citare un caso interessante – che quello microscopico e quindi quello delle relazioni tra i diversi personaggi.
Per arrivare a quella conclusione, ad esempio, dovremo passare per una città messa a soqquadro dall’assalto dei predoni e sottoposta adesso ad una dura giustizia sommaria; in questo contesto incontreremo un prigioniero e se ci prodigheremo per la sua salvezza non soltanto potremo reclutarlo nella nostra squadra, ma gli astanti ci applaudiranno e dissemineranno la novella che i Ranger sono brava gente per il vicinato. Abbiamo visto almeno un’altra circostanza simile nella nostra beta e, su un giocato di tre ore, diremmo che non è affatto male.
Ordine e disciplina
Se là fuori è il caos, nei combattimenti inXile ha provato a mettere un po d’ordine, intervenendo sull’aspetto tattico del franchise per assecondare i bisogni dei giocatori più riflessivi. Con questo terzo capitolo, infatti, gli utenti non dovranno rispettare tempistiche interne alla propria formazione, dal momento che i turni saranno suddivisi in due tronconi netti (uno per i nemici, uno per noi).
Questa concessione combacia per visione con la scelta di unificare gli inventari dei personaggi nel party e renderli senza fondo; a prescindere da chi staremo usando, potremo avere accesso istantaneo a tutto il materiale in nostro possesso, senza incappare in lenti (e pericolosi) passaggi di mano. Il giocatore si deve sentire libero in qualunque momento di spendere come meglio crede la “valuta” degli scontri, ovvero gli Action Point (AP) che sono gli unici, a tutti gli effetti, a dettare legge.
Al punto che potremo spenderli anche quando non ne avremo a sufficienza per un’azione completa, rafforzando le difese dei personaggi o conferendo loro qualche AP in più sul turno successivo – un dettaglio da tenere bene a mente, visto che spesso converrà attendere che sia il nemico a ridurre le lunghezze sullo scacchiere.
I Ranger potranno stabilire con dovizia la propria strategia una volta in campo, muovendosi come pedine di una scacchiera per capire da quale angolazione sia meglio colpire i propri avversari e in quale modo riuscire a difendere i nostri; avranno l’opportunità di compiere un’azione con un personaggio, poi tornare nei panni di un altro che avrà adesso via libera o si sarà accorto di doverlo curare, e via discorrendo.
Una maggiore dinamicità attribuita alla gestione delle unità, che però non cambia la valenza dell’ingresso in battaglia: cominciare col piede giusto continuerà a determinare una buona parte dell’esito dello scontro. Wasteland 3 ha ambientazioni piuttosto ampie, che consentono almeno un paio di soluzioni quando si tratta di avviare lo scontro; decidere quale sia migliore per la composizione della squadra è qualcosa che spetta al giocatore, e in questa valutazione non si può non considerare fattori come il posizionamento e la qualità delle coperture, le distanze tra gli schieramenti e altro ancora.
Le distanze sono anch’esse una parola chiave delle battaglie. Lo sviluppatore californiano ha pensato bene di differenziare le aree del campo in tre colori diversi che distinguono tra zone raggiungibili e dalle quali, una volta raggiunte, potremo attaccare; zone raggiungibili ma in cui ci dovremo per forza fermare; zone non raggiungibili. Un espediente gradevole e chiaro, che ricorda, insieme allo snellimento di un’interfaccia che andava rinnovata rispetto al precedente episodio, della mano tesa di cui parlavamo in apertura.
+ Finalmente il doppiaggio
+ Sistema di combattimento profondo
Al netto di qualche asperità di troppo della build, con diversi crash in avvio di sessione, e un comparto tecnico più ruvido di quanto non ci fossimo prefigurati, siamo usciti da questo primo approccio con Wasteland 3 rassicurati dalla strada di svecchiamento perseguita dal team di Brian Fargo. La nuova iterazione del franchise ne mantiene intatto il DNA introducendo alcuni miglioramenti alla qualità della vita necessari per una produzione – per quanto di un genere peculiare – del 2020. L’uscita del 19 maggio, in occasione della quale verificheremo il completamento di questo processo, è una di quelle da tenere sotto stretta attenzione, e chissà che l’approdo fin da subito su console non apri le porte della saga ad una platea più ampia.
Voto Recensione di Wasteland 3 - Recensione
Voto Finale
Il Verdetto di SpazioGames
Pro
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Un mondo vivo e duro
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Finalmente il doppiaggio
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Sistema di combattimento profondo
Contro
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Tecnicamente lo speravamo più avanti