The Centennial Case: A Shijima Story | Recensione - Attori veri, emozioni vere
Square Enix si lancia in campi da parecchio inesplorati
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a cura di Gianluca Arena
Senior Editor
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Square Enix
- Produttore: Square Enix
- Distributore: Koch Media
- Piattaforme: PC , PS4 , SWITCH , PS5
- Generi: Avventura
- Data di uscita: 12/05/2022
Annunciato quasi in sordina da Square Enix, The Centennial Case: a Shijima Story è giunto da qualche giorno su tutte le principali piattaforme da gioco (eccetto quelle Microsoft, che, si sa, in Giappone sono tutt'altro che forti), con il suo carico di misteri in salsa di soia, attori in carne ed ossa e un retrogusto particolare, che solamente coloro che hanno vissuto gli anni dei (tremendi) giochi in FMV potranno assaporare.
Fortunatamente, nonostante un budget ridotto all'osso, il publisher nipponico ci propone un film interattivo che, come vedremo, merita l'attenzione di tutti gli appassionati del genere, sebbene con qualche piccolo distinguo.
Nella nostra recensione, vediamo da vicino il perché.
Ritorno al futuro
Il tempo dei giochi in FMV (full motion video, per i più giovani tra i nostri lettori) sembrava passato da diversi decenni, ormai: dopo gli esperimenti a cavallo tra gli anni '90 , perlopiù fallimentari (chi si ricorda del 3DO di Panasonic?), gli inserti con attori in carne ed ossa sono finiti nel dimenticatoio, sopravvivendo solo nella memoria dei retrogiocatori più nostalgici ed accaniti.
Sebbene nessuno ne sentisse la mancanza, Square Enix, a cui il coraggio certo non manca, ha pubblicato da qualche giorno un prodotto curioso, fuori dal tempo per molti versi ma anche moderno per altri, che ha saputo sorprenderci in un paio di circostanze, pur non dimostrandosi esente da difetti.
Ma andiamo con ordine: diviso in tre linee temporali, ma recitato dal medesimo gruppo di attori che vestirà i panni di un personaggio prima e poi di altri ad esso collegati negli episodi successivi nella linea temporale (con tanto di costumi e scenografie d'epoca), The Centennial Case appartiene a pieno titolo alla categoria delle visual novel, ma incorpora anche elementi presi da giochi a sfondo investigativo o con puzzle logici – su tutti la serie Ace Attorney di Capcom e, in misura minore, quella del Professor Layton di Level 5 (che trovate su Amazon).
Fasi di analisi delle ambientazioni e di raccolta degli indizi si alternano, non senza inciampi nel ritmo complessivo, a lunghe sessioni in cui c'è solo da leggere: chi mi conosce sa che, personalmente, non disdegno affatto le visual novel, anzi, e non mi secca leggere anche per lunghi minuti se la storia che mi viene raccontata è all'altezza delle aspettative, ma non tutti tra i nostri lettori potrebbero convenire con il sottoscritto.
Sottolineiamo quindi, come a volte accade con i giochi di provenienza giapponese, come l'esposizione sia ridondante e prolissa, e come questo potrebbe frenare i meno avvezzi al genere tra i nostri lettori, cui consiglieremmo, piuttosto, di avvicinarsi a questa particolare nicchia di videogiochi partendo da titoli un po' più interattivi.
Per inciso, per godere a pieno della messa in scena e di alcuni twist della storia, è necessario essere abbastanza elastici quando si parla di sospensione dell'incredulità, ma, onestamente, questo potrebbe dirsi di qualsiasi prodotto di genere, da La Signora in Giallo in giù.
Eppure, a conti fatti, la storia funziona, e questo è ciò che più conta.
La maledizione degli Shijima
L'impalcatura ludica e narrativa messa in piedi dal team di sviluppo non reggerebbe se l'intreccio non si dimostrasse interessante e i personaggi si perdessero tra le pieghe della storia che sono chiamati a portare avanti.
Fortunatamente, da questo punto di vista, nonostante un finale forse un po' sbrigativo, The Centennial Case non tradisce le attese: le vicende ruotano attorno ad una giovane scrittrice di romanzi gialli, Haruka Kagami, la cui fervida immaginazione le sta garantendo un posto tra la nouvelle vague dei giallisti nipponici, tanto da attirare l'attenzione di Eiji Shijima, rampollo del potente ma sfortunato casato omonimo.
Più che alla sua bravura in ambito letterario, però, quest'ultimo è interessato alle capacità investigative di Kagami, e le offre di indagare sul rinvenimento di ossa umane ai piedi del ciliegio che troneggia sulla tenuta di famiglia.
Partendo da qui, e da un cosiddetto cold case, visto che i resti sono sicuramente vecchi di decenni, la nostra improvvisata detective si troverà dinanzi ad un mistero molto più grande di lei, che coinvolge diverse generazioni di Shijima e ha connessioni molto profonde con il misticismo e con antiche leggende giapponesi, su tutte quella legata al Tokijiku, frutto proibito che si dice potesse garantire l'eterna giovinezza a chi era pronto a coglierlo.
L'espediente utilizzato per riciclare gran parte del cast di attori ha un duplice effetto: quello positivo è sicuramente da ricercare nella familiarità dei volti e nella possibilità di collegare, con un singolo sguardo, un personaggio all'altro, rendendo più scorrevoli anche i passaggi più ostici della narrazione (che, invero, sono solo un paio).
D'altro canto, l'artificio non sempre funziona come previsto dal team di sviluppo, finendo con il restituire, nei momenti meno riusciti del plot, la sgradevole sensazione di essere spettatori di una serie televisiva a basso budget costretta a riciclare volti e movenze.
Nondimeno, le soluzioni narrative proposte funzionano il più delle volte, i dialoghi, al netto dell'eccessiva lunghezza, risultano ben scritti e il mistero che funge da colonna vertebrale dell'intera esperienza narrativa si rivela interessante e di non facile lettura, se non negli istanti finali della campagna, che abbiamo portato a termine una prima volta in poco meno di sedici ore complessive.
C'è forse un pizzico di esagerazione in un paio di passaggi specifici, che ci guarderemo bene dall'evidenziare, ma siamo comunque lontani anni luce dalle stramberie nipponiche cui anni di avventure di Ace Attorney (potete recuperare i giochi su Amazon) e, più recentemente, della trilogia di Danganronpa, ci hanno abituato.
L'interazione, come detto, è invece ridotta all'osso: persino i quick time event sparsi per il gioco hanno la sola funzione di accorciare di qualche secondo il tempo di attesa per assistere alla scena successiva e di sbloccare un paio di trofei dedicati per i completisti, quantomeno nella versione PS5 oggetto di questa prova.
Anche sbagliando il tasto da premere, insomma, la narrazione non solo non si interromperà, ma concederà spesso al giocatore il medesimo risultato che avrebbe ottenuto qualora avesse premuto il pulsante giusto entro la finestra temporale richiesta, a testimonianza di come The Centennial Case voglia offrire prima di tutto un racconto compiuto, più che un'esperienza videoludica nel senso più interattivo del termine.
Il massimo dell'azione richiesta all'utente si esplica nelle fasi in cui formulare un'ipotesi, basandosi sui filmati visionati fino a quel momento (richiamabili in ogni momento per essere rivisti) e le prove raccolte, così da mettere insieme i pezzi del puzzle ed arrivare ad una conclusione.
Come molti altri titoli similari assai focalizzati sul raccontare una storia, The Centennial Case si dimostra molto indulgente tanto con i giocatori poco attenti, che potranno riformulare infinite volte un'ipotesi, quanto con quelli che faticano a ricordare nomi, volti e connessioni tra i personaggi, grazie ad un'enciclopedia interna consultabile in qualsiasi momento, che non lesina informazioni di ogni genere.
Un piccolo prezzo da pagare per poter chiudere il cerchio narrativo a ridosso dei titoli di coda.
Troppo costoso
La fastidiosa sensazione generale di produzione a basso budget, punteggiata dal riciclo del cast di attori per ruoli multipli, è purtroppo confermata da una serie di altri elementi, tra cui la pubblicazione nel solo formato digitale per i territori occidentali (le uniche edizioni fisiche sono riservate al mercato giapponese e a quello asiatico), la mancata ottimizzazione del gioco, che occupa la bellezza di quasi 70 GB su PS5 senza un effettivo motivo (se non la presenza di filmati in alta risoluzione, forse) e l'essenzialità dei menu, mai davvero anti-intuitivi ma piuttosto brutti da vedere.
Probabilmente Square Enix ha cercato, conscia di stare osando non poco in un mercato purtroppo sempre più standardizzato, di limitare al massimo i rischi e con essi i costi, cercando di tenere sotto controllo il budget così da limitare perdite nel caso il gioco non venga accolto positivamente dal pubblico.
Dal nostro punto di vista fin qui non ci sarebbe nulla di sbagliato, se non fosse che il prezzo richiesto per il download digitale del gioco è di poco inferiore ai cinquanta euro, a nostro avviso decisamente elevato se rapportato allo sforzo produttivo e ai valori estetici e tecnici del prodotto finale.
Per quanto ci riguarda, avremmo fatto molta meno fatica a raccomandare The Centennial Case (peraltro sottotitolato in un ottimo italiano) se fosse costato una ventina di euro in meno, e riteniamo che, al prezzo attualmente richiesto da Square Enix, vada scaricato solamente dallo zoccolo più duro di appassionati di letteratura e cinema investigativi, alla ricerca di qualcosa di nuovo e di coraggioso in cui affondare i denti.
Versione recensita: PS5
Voto Recensione di The Centennial Case: A Shijima Story - Recensione
Voto Finale
Il Verdetto di SpazioGames
Pro
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Coraggioso e fresco
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Murder mystery ben scritto
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Buona fotografia
Contro
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A tratti un po' troppo verboso
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Sovraprezzato
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Costante sensazione di produzione a basso budget
Commento
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