Spider-Man – La Giungla dei Tie-in #7
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a cura di Adriano Di Medio
Redattore
Bentornati nella Giungla dei Tie-in, gli speciali alla scoperta del meglio e del peggio delle trasposizioni in videogioco di proprietà intellettuali famose. Abbiamo esordito con un “grande vecchio” come Hercules e proseguito con sezioni sempre più complesse: grandi franchise come Harry Potter e Il Signore degli Anelli hanno richiesto una prospettiva assai più “storica”.
E per quanto le successive parti non siano state altrettanto complesse, con Asterix e la Strada per El Dorado abbiamo anche visto come possa essere difficile la conversione a videogioco.
Ciò si è spesso tradotto in prodotti scialbi o che facevano fatica a raggiungere anche una mera sufficienza: Transformers The Game ne è stato un po’ il simbolo. Ma non è in questo modo pessimista che vogliamo concludere questo cammino.
Ecco quindi che per questa ultima parte recupereremo una prospettiva storica. Approfittando della pubblicazione del celeberrimo Spider-Man di Insomniac, oggi torniamo brevemente agli esordi dell’Uomo Ragno nel mondo del 3D.
Dallo skateboard al ragno il passo com’è?
L’esordio di Spider-Man su console 3D arriva da una realtà se vogliamo inaspettata. Per buona parte degli anni Novanta il Ragno più famoso del mondo aveva comunque avuto una certa fortuna nel mondo videoludico. La maggior concentrazione era però avvenuta a inizio anni Novanta, con la pubblicazione di The Amazing Spider-Man su Game Boy.
Questa serie sarebbe andata avanti per ben quattro capitoli, confermando una buona fortuna del buon Parker soprattutto in ambito portatile. Negli stessi anni vi furono però anche incursioni nelle console casalinghe, stavolta però con episodi decisamente slegati l’uno dall’altro. Nel 1991 venne tentato anche il bistrattato Game Gear, ma a partire dalla seconda metà degli anni Novanta la situazione si calmò un poco. In quegli anni Spider-Man si limitò alle comparsate nei grandi cross-over videoludici della Marvel, dall’oggi nostalgico Marvel Super Heroes vs Street Fighter del 1997 alla sua evoluzione Marvel vs. Capcom dell’anno successivo.
Il personaggio infatti ebbe una nuova epoca di gloria soprattutto televisiva, con la trasmissione dal 1994 al 1998 della Spider-Man: The Animated Series, ai tempi trasmessa in Italia da Rai Uno. La serie, oltre a comportare un notevole miglioramento tecnico e registico con l’adozione di animazione professionale ad alto budget, fu anche una “molla” incredibile per la popolarità del personaggio tra i bambini e gli adolescenti degli anni Novanta.
È proprio questo fattore che fa accorgere Activision del rinnovato potenziale del Ragno; l’editore acquisisce la Neversoft Entertainment nel 1999 dopo che quest’ultima aveva fatto successo con la serie Tony Hawk’s Pro Skater.
Dalla tecnologia sviluppata per quest’ultima serie i Neversoft ripartono per dare una nuova vita al vigilante di New York. Il gioco viene intitolato semplicemente Spider-Man e arriva sul mercato nella tarda estate del 2000 per PlayStation e Game Boy Color, mentre le versioni per Dreamcast e PC avrebbero ritardato fino al 2001. Ma nonostante questi ritardi, le versioni casalinghe del gioco ricevono un’accoglienza lusinghiera tanto dalla critica quanto dal pubblico.
Spider-Man: Una giornata veramente brutta
Il perché di tale entusiasmo è presto detto: mai prima di quel momento si era vista in un videogioco una rappresentazione così precisa, puntuale e divertente dei poteri dell’Uomo Ragno. Pur se oggi potrebbe apparire come “rigido” e “limitato”, ai tempi la possibilità di muoversi per i grattacieli, sparare ragnatele, castigare i cattivi e vedersela con una buona parte dei nemici storici del personaggio ha avuto un notevolissimo impatto sul pubblico. L’universo narrativo Marvel era infatti ricreato con grande cura, forte anche di un motore grafico dai colori fumettosi e soprattutto quasi completamente in tre dimensioni.
A ciò si aggiungeva l’ulteriore punto di forza del cast vocale, composto da una grande “rimpatriata” di attori vocali che avevano partecipato alle serie animate degli anni precedenti all’uscita. La storia da raccontare era invece originale, in cui Spider-Man veniva incastrato da un suo sosia che platealmente derubava un redento Dottor Octopus di una tecnologia innovativa. Una premessa discretamente intrigante, che sarebbe poi cresciuta per coinvolgere molti altri personaggi celebri di quell’universo, nel corso di una lunga giornata spesa dal Ragno per discolparsi.
In effetti il gioco si prendeva molte premure per impostarsi come una tipica “saga da fumetteria”, con tanto di copertine appositamente disegnate e da albi storici da raccogliere nel corso dei livelli. Il tocco finale del gioco fu però quello di introdurre come voce narrante nientemeno che il sorridente Stan Lee.
Un’offerta ludica veramente notevole ancora adesso, in quanto nonostante la durata “grezza” della storia non sia eccezionale, il gioco era comunque pieno di sbloccabili (costumi alternativi, collezionabili, addestramenti, diversi livelli di difficoltà, uno stravagante “what-if contest”) che cercavano di dare una buona rigiocabilità.
In ogni caso l’opera di Neversoft, specialmente se vista oggi, mostra moltissimi limiti. Il controllo di Spidey rimane incredibilmente rigido e i livelli quando presi singolarmente sono molto corti, facendo i conti con la limitata memoria della console. In alcuni paesi in cui viene distribuito (tra cui Italia e Spagna) il gioco fa meno successo del previsto a causa di una “svista” degli sviluppatori. I testi del gioco vengono infatti tradotti in italiano, ma né i dialoghi durante l’azione né i filmati in computer grafica vengono dotati di sottotitoli, col risultato che una buona fetta del pubblico soprattutto infantile si trova con un’inaspettata barriera linguistica.
Spider-Man 2: Enter Electro, fine generazione con nuova infornata
Visto il buonissimo successo ottenuto, Activision fiuta l’occasione e mette subito in cantiere un sequel. Forse lasciandosi trasportare dalla bramosia di voler sfruttare l’onda il più possibile, toglie lo sviluppo ai Neversoft (che tornano a dedicarsi ai Tony Hawk’s) e affida in toto il progetto ai Vicarious Visions, che avevano lavorato sulla versione Game Boy Color del precedente gioco. Riutilizzando la tecnologia del precedente titolo e richiamando ancora una volta il medesimo cast vocale (compreso Stan Lee di nuovo a fare il narratore) Spider-Man 2: Enter Electro esce a ottobre del 2001, neanche tredici mesi dopo l’esordio. Di nuovo si trattava di una storia originale, dalla fabula più semplice ma non per questo meno godibile. Poco tempo dopo aver fermato i piani di Octopus, Spider-Man si accorgeva di una serie di rapine misteriose ad opera del supercriminale Electro (al secolo Max Dillon) e si metteva ad indagare scoprendo un grosso complotto che avrebbe messo in pericolo tutta New York.
Il cambiamento radicale del gioco avveniva con la narrativa, che abbandonava l’impronta fumettistica per adottare una prospettiva da “serie TV”. Palese esempio di questo era il filmato introduttivo in CG, che riassumeva in pieno stile televisivo le vicende del precedente videogioco. Spider-Man 2: Enter Electro presentava, anche in funzione del fatto di essere arrivato praticamente a fine generazione, una grafica che ancora adesso è di grande qualità. I colori accesi del fumetto si sposavano con un maggior livello di dettaglio generale, che riusciva a far cogliere sia i dettagli sugli edifici che i sottili disegni sul costume del Ragno. A questo si aggiungeva anche qualche inedita parte a livello stradale, in cui Spidey doveva occuparsi di piccoli delinquenti. Infine vi era la solita enorme quantità di extra, dai collezionabili ai costumi aggiuntivi passando per la Create-a-Spider, modalità in cui combinare liberamente costumi e poteri.
Ma se i Vicarious Visions facevano grandi cose a livello grafico, la fretta impedì loro di correggere i difetti del sistema di gioco, che rimasero praticamente invariati. Spidey era ancora troppo legato nei movimenti, e il sistema arrancava palesemente quando doveva reinventarsi per sezioni differenti dalla lotta o dal dondolare tra i grattacieli. Molti livelli (tra cui quello in cui bisogna liberare la pista per un aeroplano in decollo o inseguire un treno in corsa) si riducevano a un trial & error già ai tempi frustrante e oggi ai limiti dell’irritazione.
A livello contestuale il gioco risentì ugualmente del suo predecessore, essendo costretto a inserire antagonisti meno celebri (e celebrati). Shocker, Testa di Martello ed Electro non avevano sicuramente lo stesso carisma del Dottor Octopus, Venom e Rhino, per quanto alternati ad altri più interessanti come l’Uomo Sabbia e Lizard (quest’ultimo limitato al solo cameo nel precedente gioco). Prevedibilmente le vendite furono molto buone e il gioco ebbe il Platinum, ma tristemente a livello di localizzazione andò peggio. Il gioco venne lasciato in inglese per le versioni distribuite in Italia e Spagna. Infine, intervenne la grigia cronaca a mandare ancor più nel panico gli sviluppatori. Gli attentati alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001 li obbligarono a cambiare in fretta e furia la battaglia finale, che dalla cima proprio delle Twin Towers venne spostata a un edificio generico.
Per tutti questi fattori, nonostante il Platinum ottenuto su PlayStation, il gioco venne accolto in maniera decisamente più fredda dal pubblico specializzato, che gli assegnò una valutazione poco sopra il discreto. A fronte di tale riscontro alla fine Activision lasciò perdere l’idea di un ipotetico Spider-Man 3, e si concentrò sulla nuova generazione PS2 e sul primo film della trilogia di Sam Raimi, portatore di promesse più golose. Ma questa è un’altra storia.
Come concludere quest’ultima puntata de La Giungla dei Tie-in? Spider-Man è senza dubbio uno dei personaggi dei fumetti che ha avuto maggior fortuna a livello videoludico, e che non accenna a diminuire nemmeno oggi. Il suo esordio “in solitaria” su PlayStation è stato veramente riuscito, mentre il diretto sequel pareva quasi trattenersi dall’osare troppo. Erano e rimangono videogiochi spontanei e divertenti, ma che oggi non otterrebbero più di una secca sufficienza. Eppure è una sufficienza piena e meritata, talmente stabile da far svanire il peso degli anni. Parrebbe l’unico modo per spiegare la naturalezza con cui si fanno riprendere in mano e finire per l’ennesima volta senza pensieri: semplicemente ci si gode l’ironia, i colori e il divertito surrealismo di un fumetto a tema supereroi e supercriminali. E se un videogioco è riuscito a riportare in una maniera così pedissequa lo spirito e l’atmosfera delle opere originali, allora possiamo dire che c’è finalmente un po’ di ristoro alla fine della giungla.
Voto Recensione di Spider-Man – La Giungla dei Tie-in #7 - Recensione
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