Sekiro: Shadows Die Twice - Un viaggio tra mito e leggenda: prima parte
un viaggio nel background narrativo di Sekiro e nei miti e leggende del Giappone che lo hanno ispirato
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a cura di Silvio Mazzitelli
Redattore
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: From Software
- Produttore: Activision
- Piattaforme: PC , PS4 , XONE
- Generi: Avventura
- Data di uscita: 22 marzo 2019
From Software ci ha sorpresi di nuovo. Sekiro: Shadows Die Twice è giunto a noi in maniera silenziosa, nascondendo le sue vere intenzioni proprio come fa il suo protagonista, l’esperto ninja Lupo, che ci ha trafitti dritto al cuore senza che ce ne accorgessimo. Questa volta però non parliamo di un colpo letale con la seguente comparsa del kanji legato al significato di morte, ma di un’esperienza che si è impressa a fuoco nel nostro spirito temprato da mille battaglie sin dai tempi dell’8 bit.
Sekiro è riuscito a invertire le parti: sfida dopo sfida siamo noi giocatori a livellare le nostre abilità e non il nostro personaggio. Chi ha giocato a uno o più New Game Plus si è potuto rendere conto di quanto certe boss battle siano state più semplici da vincere rispetto alle pene patite nella prima run. Questo non è dovuto solo a un miglioramento di statistiche ed equipaggiamento, ma il merito va soprattutto all’aver assimilato il sistema di combattimento scontro dopo scontro e morte dopo morte. Uno dei grandi pregi di Sekiro è stato dunque quello di essere riuscito a far riscoprire emozioni sopite sin dai tempi di Demon’s Soul prima e di Dark Souls poi, grazie a una difficoltà ben calibrata e punitiva, che non concede sconti né permettere raggiri tramite un level up esagerato o aiuti da parte di altri giocatori.
Sekiro però non è solo gameplay. Un altro aspetto meritevole è la sua splendida atmosfera, che cala il giocatore in una delle ambientazioni nipponiche più affascinanti degli ultimi anni. Per una volta la storia di base realizzata da Miyazaki è piuttosto comprensibile, ma ciò non vuol dire che il titolo non sia pregno di misteri e aspetti poco chiari su cui già miriadi di giocatori stanno formulando le teorie più disparate. La lore di Sekiro è infatti profonda e piena di sfaccettature, tanto che non ha nulla da invidiare a quanto visto con i vari Dark Souls o con Bloodborne. Miyazaki stavolta gioca in casa e i riferimenti, a volte piuttosto vaghi, a leggende e miti della cultura nipponica sono tanti e spesso legati a dettagli all’apparenza poco importanti.
Tali riferimenti alla mitologia e al folklore nipponico sono così numerosi che ci vorrebbero fiumi e fiumi d’inchiostro virtuale per elencarli tutti, considerando che, probabilmente, non sono nemmeno stati individuati nella loro totalità. Vogliamo accompagnarvi in questo viaggio e farvi conoscere alcuni dei miti più interessanti della cultura giapponese citati in Sekiro, così che possiate vedere alcuni aspetti della trama con occhi diversi. È importante avvisarvi sin da ora che da qui in avanti ci saranno degli inevitabili spoiler sulla storia, quindi, se non avete ancora giocato al nuovo capolavoro di From Software, tornate a questo articolo solo dopo aver completato l’avventura.
Alcuni cenni di storia
A dispetto degli altri titoli realizzati da From Software, Sekiro è ambientato in un preciso momento della storia: la famosa epoca Sengoku (1467 – 1600), che molti appassionati di anime e videogiochi del Sol Levante conosceranno di certo. Questa fase storica, il cui nome significa “Periodo degli Stati Belligeranti“, fu un’epoca di guerre continue tra i diversi feudi del paese per la conquista del potere assoluto, a seguito della caduta dello shogunato Ashikaga. Il Giappone fu poi unito da tre personaggi storici che verranno ricordati proprio come i tre unificatori: Oda Nobunaga, che molti di voi ricorderanno per essere stato uno dei villain principali in Onimusha e in Sengoku Basara; Toyotomi Hideyoshi, che proseguì l’operato del suo signore Nobunaga; Ieyasu Tokugawa, che portò a termine il processo di unificazione delle diverse province vincendo la famosa battaglia di Sekigahara nel 1600.
Ovviamente Sekiro non si rifà meticolosamente alla storia del Giappone (è improbabile che siano esistiti serpenti giganti o demoni senza testa in quel periodo!), ma contestualizzare il momento storico in cui è ambientato è interessante per capire in che mondo si muovono Lupo e gli altri personaggi. Durante il gioco, infatti, il feudo di Ashina è attaccato dal Governo Centrale; Miyazaki in un’intervista ha dichiarato che il gioco è ambientato nel tardo periodo Sengoku, dunque possiamo supporre che l’unificazione del Giappone sia quasi completa e che il clan Ashina sia uno dei pochi ancora non sottomessi dalle forze dello Shogun. I guerrieri che invadono il castello di Ashina sono caratterizzati da armature di colore rosso, un colore portato anche dalle truppe d’avanguardia del clan Tokugawa capitanate da Ii Naomasa e conosciute proprio come “I Diavoli Rossi”. Il Governo Centrale è preoccupato per le forze misteriose che si celano ad Ashina e che potrebbero mettere in serio pericolo un’eventuale unificazione del Giappone, senza contare che, informato dalla rete di spie e “ratti” sparsi per il territorio, anche il Governo potrebbe essere interessato al segreto dell’immortalità dell’Erede Divino.
I riferimenti storici però non finiscono qui, anzi, si addentrano ancor più nel passato della storia giapponese. In Giappone, infatti, è realmente esistito, nell’epoca Sengoku, un clan Ashina che occupava l’antica provincia di Mutsu, più o meno a nord di Tokyo, dove ora si trovano le province di Fukushima, Sendai e Aomori. Il clan Ashina venne sconfitto definitivamente nel 1589 da Masamune Date, altro famoso condottiero con una certa popolarità nel mondo dei videogiochi. La cosa interessante è che il clan Ashina dichiarava di discendere dal clan Taira, il più potente dell’epoca Heian (794-1185). Famosa è stata la guerra Genpei in cui il clan Taira fu definitivamente sconfitto dal clan Minamoto che diede vita al primo shogunato. Da allora fino al 1868 il ruolo di Shogun divenne quello politicamente più rilevante in Giappone.
La cosa interessante è che il kanji utilizzato per il clan Minamoto (源) significa anche “sorgente” e l’ultima area prima della fine del gioco, quella che contiene anche gli aspetti della lore più affascinanti e misteriosi, si chiama proprio Palazzo della Sorgente. Non c’è nessun esplicito legame fra gli abitanti di questo luogo mistico e il clan storico, ma gli edifici che sorgono in quest’area e le armature e l’abbigliamento utilizzato dai nobili e dalle guerriere Okami rispecchiano proprio lo stile dell’epoca Heian.
Ci sono due particolari che collegano la zona e i suoi abitanti al periodo storico: alcune guerriere Okami utilizzano come arma una sorta di pallone, (calciandolo meglio di Mark Lenders, se si considerano i danni ricevuti se colpiti da questo bolide!). Nei momenti di pace, vedrete le guerriere palleggiare questa strana sfera, con altre combattenti a fare da pubblico. È un gioco chiamato Kemari e lo scopo era quello di mantenere in aria il pallone il più a lungo possibile. Questa sorta di sport rituale veniva praticato (e lo è tutt’ora) nei santuari shintoisti e raggiunse l’apice della popolarità proprio nel periodo Heian.
I parallelismi con Sekiro sono tanti: benché nel gioco non esista un centopiedi gigante, si può dire che la montagna è ormai dominata dagli insetti mostruosi siti all’interno dei corpi dei monaci, ma l’arrivo di Lupo cambia le cose, grazie all’ottenimento della Lama Mortale, arma in grado di uccidere questi centopiedi altrimenti indistruttibili. Come ricompensa libereremo dal suo ritiro forzato la Fanciulla Celeste, che ormai preferiva rimanere segregata nel suo tempio, piuttosto che assistere agli orrori compiuti dai monaci. La giovane ci ringrazierà donandoci del riso nato probabilmente dal suo sangue e, come nella leggenda, inesauribile. Inoltre, nelle vene della Fanciulla scorre il sangue del Drago Divino (artificialmente riprodotto dai monaci con i loro esperimenti), il che la rende, dopo Lord Kuro, la persona più vicina al Drago Divino stesso.
Voto Recensione di Sekiro: Shadows Die Twice - Recensione
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