Sekiro: Shadows Die Twice | I Diari del Lupo Grigio: Pagina 11
Parole misteriose, tutori preoccupati… E segreti nauseabondi scoperti dal Lupo in quel di Ashina.
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a cura di Adriano Di Medio
Redattore
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: From Software
- Produttore: Activision
- Piattaforme: PC , PS4 , XONE
- Generi: Avventura
- Data di uscita: 22 marzo 2019
Bentornati ai Diari del Lupo Grigio, il viaggio su Sekiro: Shadows Die Twice raccontato come se fosse il diario personale del protagonista. Il nostro Lupo nella puntata precedente ha avuto incontro-scontro decisamente intenso, al quale ha potuto prevalere solo ricorrendo all’astuzia. La sua esplorazione procede anche oggi, e quello che scoprirà non sarà particolarmente piacevole: lasciamogli la parola e vi avvertiamo che vi saranno lievi SPOILER.
Giorno 27: Tutore
Di nuovo, sono rimasto a lungo a fissare il vuoto dove il guerriero corazzato è precipitato verso la sua morte. È bastata la sua ultima parola per farmi capire: era lui il gaijin che progettava e vendeva castagnole per continuare a viaggiare. Un viaggio triste, alla ricerca di un rimedio per il male apparentemente incurabile di cui soffriva il figlio. E se il Retaggio del Drago può a quanto pare essere solo condiviso tra due persone, le Acque della Sorgente rappresenterebbero qualcosa alla portata di tutti… Anche se il padre di Robert era troppo accecato da dolore per capire che forse il figlio avrebbe solo sofferto di più. E considerando tutto, adesso non saprei neanche dire se questo Robert vive ancora. Mi siedo a gambe incrociate e congiungo le mani, in meditazione controllata. Che il Buddha abbia pietà di entrambi… E che mi arrechi ciò che merito per le mie azioni.
Attraverso il ponte scoprendo un’altra cima con un grande tempio e un Idolo dello Scultore. Il verde chiaro dell’erba qui risalta con molta più prepotenza, data la meno marcata presenza di arbusti autunnali. Vicino al tempio (chiuso) la strada si biforca: una continua oltre l’edificio girandogli intorno, l’altra scende verso il basso. Scelgo quest’ultima parte, trovandomi sorprendentemente a contatto con bellicose scimmie armate di katana. Sono molto dannose, ma senza armatura sono preda facile per Kusabimaru: le urla di questi animali morenti sono stridule e disturbanti. Ad accompagnarle c’è un altro energumeno con i pantaloni da bonzo, probabilmente arruolato da Ashina per fungere da uomo di fatica. In breve mi rendo conto di trovarmi dal lato opposto al tempio dove affrontavo i monaci komosu, quindi torno in alto e imbocco l’altra strada. Senza particolare sorpresa comprendo che il ponte precludeva l’accesso al complesso di edifici principale del Monte Kongo.
Le architetture arricciate tipiche della mia terra sono una festa per il mio rampino, cosa che mi permette il lusso non solo di volteggiare, ma anche di risparmiarmi molti combattimenti che sarebbero obbligatori se fossi costretto a rimanere a terra. Trovo un altro passaggio e mi infilo nel tempio più in fondo di tutti, trovando di nuovo un’atmosfera stagnante. I monaci qui sono completamente assenti, e vi sono molti uomini dalle vesti ricche ma consumate che pregano senza curarsi di nient’altro. La prima volta che provo ad avvicinarmi uno si accorge di me e senza preavviso un orribile centopiedi gigante sbuca da dove di norma dovrebbe esserci la testa. Non ho idea di quanto un simile costrutto negromantico possa essere resistente, ma non ho avuto modo di provarlo: il mio istinto mi ha fatto fuggire immediatamente, finché non si è dimenticato di me. Sono rimasto sconvolto da una simile emozione: non era paura, ma una sensazione di disumano disgusto che mi ha assalito dal profondo delle viscere. Così tanto da annebbiarmi la vista e farmi svuotare ingloriosamente lo stomaco in un angolo del pavimento di legno.
Avevo bisogno di aria fresca, ma non l’ho trovata. Mi sono aggirato in quei luoghi a lungo, muovendomi con la vista appannata tra quei mostri dalle sembianze umane fintamente meditabondi. Dopo molte porte chiuse e attorcigliamenti di budella ogni volta che utilizzavo il rampino sono riuscito a trovare un Idolo dello Scultore, al quale mi sono riposato quel minimo indispensabile da non farmi più girare a vuoto come un ubriaco. E solo lì mi sono reso conto di essere giunto a un grande altare di legno, con una statua colossale circondata da centinaia di candele accese e ornamenti d’oro. Ai piedi di tale opera siede silenzioso un uomo: ha degli abiti cerimoniali che ricordano quelli della tradizione cinese, puliti ed eleganti nella loro combinazione di oro e verde. Lui stesso, in contrasto con l’ambiente desolato e infetto che lo circonda, sembra risplendere di un’inspiegabile luce. Quando mi avvicino lo senti supplicare il perdono da parte dei “bambini delle Acque del Ristoro”, asserendo che l’ultima di loro rimasta è una bambina. Potrebbero essere gli stessi bambini per cui Kotaro si disperava… Quando con la giusta discrezione gli faccio notare la mia presenza, si scompone ma non così tanto. Mi chiede cosa cerco nel Tempio Senpou, e la risposta che mi viene più facile è proprio questa “santa persona speciale” che lui tanto ricorda nelle sue preghiere. Non è più qui: è stata confinata nel Sancta Sanctorum, a suo dire per colpa proprio dell’uomo, che si accredita come suo precettore. Ma quando capisce la mia natura di shinobi, il suo parlare strascicato si accende di una piccola determinazione: “Ho un favore da chiederti. La bambina voleva sapere il motivo del suo destino”. Mi consegna quindi un rotolo dentro a una scatola di legno, recante la scritta Posseduti. Gli prometto che lo consegnerò all’interessata e lo lascio in pace.
Giorno 28: Verme
Non ho voluto riposare ulteriormente all’Idolo dello Scultore del Tempio Senpou. Era un rifiuto che sentivo direttamente dalle viscere, dovevo andarmene via e il prima possibile. Avevo bisogno di respirare, di vedere il cielo e prendermi il freddo: sono tornato al Castello Ashina. Ho ripreso la strada oltre al samurai che parlava della carenza di sale: ho accuratamente evitato di buttarmi in acqua e ho proseguito oltre il portone, trovando un altro Idolo dello Scultore. Sono alle Tombe Antiche, la parte discendente dal lato opposto ai Dintorni di Ashina. Ancora una volta mi sono fermato a meditare inspirando quanta più aria possibile. Era così fredda da incendiarmi il corpo, ma non importava: era vera, la migliore che avessi mai inalato. Oltre a consultare la mappa antica per capire dove mi trovavo, ho ceduto alla curiosità e ho ficcanasato nella scatola di legno che il precettore mi aveva affidato. È un testo sacro, che parla di un apparente percorso verso l’immortalità. Era troppo lungo per leggerlo tutto, ma ho trovato un passo particolarmente disturbante: “Per un’era sono stato benedetto dal verme. L’immortalità mi permette di raggiungere la via per l’illuminazione, e devo raggiungere l’illuminazione per comprendere l’immortalità. Si dice che il Drago Divino sia venuto da Occidente. Quindi mi chiedo, come mai mi è stato concesso il verme?”. Altre parole orribili, che non fanno che ribadire a che orribili livelli è giunta la perversione degli abitanti di Kongo. Tra l’altro questa storia del “drago venuto da occidente” è strana. Avevo sentito che anche i gaijin hanno le loro leggende su questa belva, ma lo vedono in maniera assai differente da noi… Oppure ancora peggio potrebbe riferirsi al Retaggio del Drago che mi tiene in vita.
Ho scacciato questi pensieri riprendendo l’esplorazione finché il breve giro di mura e i piccoli edifici non si sono esauriti e hanno lasciato il posto a un lungo alternarsi di rocce sempre più immerse nella nebbia bianca e impenetrabile. Le guardie stesse non osano avventurarvisi, e l’unico appena più temerario sta sulla torretta più lontana con il cannone a mano. La maggior parte degli edifici ha gli ingressi bloccati da sacchi di qualcosa, forse sabbia, tuttavia tornando all’Idolo dello Scultore noto l’ennesimo squarcio da palla di cannone sulla grossa costruzione vicino all’Idolo. Con un paio di manovre di rampino divenute ormai routine ci entro, ritrovandomi in una stanza grande e vuota. A presidiarla c’è uno di quei nanetti con il grosso cappello a cono: è però di colore molto scuro, e la sua mancanza di ostilità mi permette di conversarci. Parla in una maniera stranamente posata, e ha delle cose da vendermi. Oltre ai soliti oggettini, c’è uno strumento curioso e costoso: una sorta di cono a listelli metallici… Se lo portassi allo Scultore, potrebbe adattarmelo in qualcosa di utile. Il costo non è un problema per me: esploro queste Tombe Antiche sconfiggendo i vari soldati. Mentre accumulo il denaro necessario scopro una piccola zona con delle lapidi, dove trovo un altro Seme di Zucca per Emma. Ma poi mi accorgo che questa breve parte del Castello Ashina ha una biforcazione nascosta. Se provo a seguire il sentiero normale arrivo infatti solo a un vicolo cieco: l’altra estremità del ponte dove ho preso la mappa antica, subito dopo l’orco incatenato. Nascosto tra gli alberi e l’erba incontrollata c’è invece un piccolo sentiero secondario, con un piccolo arco e qualche nemico, di nuovo qualche scimmia. Passo senza troppi problemi anche sul tempietto in fondo a questo sentiero; la piccola costruzione è a precipizio sulle montagne, quindi di norma non si potrebbe procedere oltre. Ma per uno shinobi il concetto di “norma” è più elastico. In pochi colpi di rampino e alcuni salti ormai istintuali arrivo in fondo, dove trovo e attivo un altro Idolo dello Scultore. Sono alla Forra, nelle profondità di Ashina.
In questa pagina dei Diari del Lupo Grigio abbiamo visto il Lupo continuare la sua esplorazione del Monte Kongo. Per quanto questo suo viaggio si sia apparentemente interrotto a un vicolo cieco, tutto avrà più senso a tempo debito. Gli abiti cerimoniali del tutore hanno un’evidente radice cinese, mentre le parole del testo che ha consegnato al nostro shinobi sono state piuttosto sibilline, specialmente riguardo l’origine “occidentale” del Drago Divino. Questo perché da sempre l’oriente ha una concezione mitologica del drago piuttosto differente rispetto a quella occidentale. Da noi viene visto come un essere fondamentalmente ostile, mentre in Oriente ha una natura benevola ed è in grado di esaudire i desideri. Tanto che, quando la cultura pop giapponese venne a contatto con l’ideale occidentale di drago (la leggenda dice che sia avvenuto con i primi prodotti del franchise Record of Lodoss War) venne vista come qualcosa ai limiti dell’iconoclasta. In ogni caso, rimanete con noi per la prossima puntata: avremo un’altra svolta!
Voto Recensione di Sekiro: Shadows Die Twice - Recensione
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