Sakura Wars, reboot morbidi - Recensioni
Le vicissitudini dell'Imperial Combat Revue arrivano in Europa
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a cura di Gianluca Arena
Senior Editor
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: SEGA
- Produttore: SEGA
- Distributore: Sega
- Piattaforme: SATURN
- Generi: Strategico
- Data di uscita: 28 aprile 2020 (Europa)
Sono passati ben dieci anni dalla pubblicazione in Europa di Sakura Wars So long my love, port per Wii dell’ultimo episodio della serie Sakura Wars uscito al di fuori del territorio giapponese.
Come fatto recentemente anche con la serie Yakuza, Sega ha saggiamente scelto di non far cadere il franchise nel dimenticatoio, e ha così messo al lavoro uno dei suoi team interni per far uscire un soft reboot che potesse invogliare nuove fasce di pubblico a dare una possibilità ad una saga che ha sempre riscosso meno successo di quanto avrebbe meritato.
Quello che segue è il nostro racconto delle ore trascorse con questo reboot, intitolato semplicemente Sakura Wars e in uscita martedì in esclusiva su PS4.
Steam Tokyo
Dopo aver vissuto le avventure delle Combat Revue di Parigi e di New York, per la serie Sega è tempo di tornare in patria, andando a visitare nuovamente Tokyo, sede della prima, leggendaria Combat Revue, caduta in disgrazia con il passare degli anni.
Di quel nobile team di eroine, per motivi che saranno spiegati durante le prime ore di gioco e che non riveleremo qui, rimane solamente la comandante Sumire Kanzaki, sulle cui spalle grava l’onere di mettere su una nuova squadra di combattenti per affrontare la minaccia demoniaca, più pressante che mai.
C’è in ballo anche l’orgoglio nazionale giapponese, visto che da anni, data l’inettitudine delle reclute al comando di Kanzaki, è la Shanghai Combat Revue ad occuparsi della sicurezza dei cittadini della capitale nipponica: ecco perché l’eroina del passato recluta un comandante dal curriculum (quasi) immacolato, Seijuro Kamiyama, ex capitano di marina, per ricostruire la Tokyo Combat Revue dalle macerie.
E quando si parla di macerie, non ci si riferisce solo a quelle figurative: il teatro Imperiale, sede della compagnia teatrale (sì, perché le eroine quando non combattono demoni recitano su un palcoscenico) cade a pezzi, e le sue finanze sono in profondo rosso da mesi ormai.
A fronte di un plot piuttosto telefonato, che abusa dei topoi classici degli anime di genere, il team di sviluppo è riuscito a dar vita a personaggi molto gradevoli, che all’apparente bidimensionalità dei loro caratteri contrappongono risvolti inattesi, motivazioni oscure e persino segreti inenarrabili.
Che si opti per l’eroina di turno, la dolce ed innocente Sakura Amamiya, per la sensuale attrice europea Anastasia Palma o per la tsundere Hatsuho Shinonome, ce ne sarà davvero per tutti gusti, con cinque protagoniste con cui sarà possibile intessere relazioni di vario tipo, dal profondo odio all’indifferenza, passando, ovviamente, per quelle amorose e di amicizia.
Come per i precedenti titoli della serie, il prodotto si configura come una via di mezzo tra una visual novel, dove la predominanza di fasi dialogiche rispetto a quelle di azione è schiacciante, ed una dating sim, che incentiva a costruire rapporti interpersonali con i membri del team per migliorarne le abilità sul campo, e, ovviamente, per scegliere la propria preferita e farne l’amata da venerare quotidianamente.
Pur rimanendo estremamente fedele al canovaccio che ha fin qui caratterizzato l’intero franchise, Sakura Wars si fa latore di dinamiche di gioco assai differenti dalla maggior parte dei titoli sul mercato, e risulta, quantomeno durante le prime ore di gioco, una piacevole ventata di aria fresca in un mercato videoludico in cui sono altri generi a dettare legge.
Cionondimeno, la pazienza nel leggere decine di righe di testo e la voglia di sorbirsi conversazioni spesso pedestri pur di sviluppare il rapporto con una delle proprie eroine sono requisiti necessari per godere dell’opera, caratterizzata da ritmi estremamente lenti e dalla verbosità di molti dei protagonisti.
Sono questi ultimi, comunque, i veri traini della produzione: se cercate personalità ben tratteggiate, qui ne troverete diverse, con cui interagire e costruire rapporti secondo i vostri gusti.
Hack’n’dating
Il gameplay del prodotto Sega si divide in due segmenti ben differenziati: le fasi visual novel e dating sim, che occupano tre quarti del tempo di gioco, e quelle di azione in tempo reale, novità di questo reboot, che si accontentano del quarto rimanente, risultando poco più che intermezzi tra un capitolo e l’altro.
Punto di forza delle prime fasi è il LIPS system (acronimo per “Live & Interactive Picture System”), già visto nei precedenti episodi ma di volta in volta affinato e migliorato per consentire una maggiore flessibilità di scelta al giocatore nel modo di relazionarsi agli altri personaggi.
Si tratta di un sistema a scelta multipla (dalle due alle quattro risposte disponibili a seconda dei casi) scandito da un timer, esaurito il quale, qualora non si fosse operata alcuna scelta, il nostro alter ego si manterrà silenzioso, il che rappresenta in sé un’ulteriore scelta rispetto alle altre possibili.
Al di fuori dell’immancabile risposta da pervertito, figlia di un fanservice mai eccessivo ma spesso fuori luogo, le possibilità sono numerose e consentono di dipingere il proprio personaggio davvero come si preferisce, rendendo unici, di conseguenza, anche i rapporti intessuti con le co-protagoniste ed aumentando la rigiocabilità del prodotto – considerando anche che, sebbene sia possibile fare gli occhi dolci a tutte le ragazze contemporaneamente, se ne dovrà poi scegliere una sola, alla fine della fiera.
Le fasi dialogiche, al netto della già citata ipertrofia di certi passaggi, funzionano quindi degnamente, e si rivelano, com’è d’altronde sempre stato per il franchise, quelle più riuscite dell’intero pacchetto: ci si affeziona sinceramente alle eroine e si prosegue lungo una trama dimenticabile solo per vedere come queste evolveranno e come si relazioneranno al nostro capitano.
In teoria, le scelte operate in queste fasi avrebbero ripercussioni anche sulle performance in combattimento dei membri dell’Imperial Combat Revue, ma in pratica, come vedremo, questa possibilità sarà banalizzata da un combat system poco profondo e decisamente meno riuscito di quelli visti in passato.
Per questo reboot, infatti, Sega ha deciso di abbandonare il sistema da strategico a turni che aveva fin qui caratterizzato la serie, optando invece per un combat system hack’n’slash di più facile approccio, che però sacrifica, sull’altare dell’accessibilità, ogni velleità ruolistica e ogni parvenza di profondità.
Adesso è possibile controllare i Mugen (i mech dei protagonisti, splendidamente disegnati) in tempo reale, giostrando i controlli tra i quattro tasti frontali (attacco potente, rapido, salto e attacco speciale), con uno dei dorsali adibito alla schivata, che, se effettuata all’ultimo secondo disponibile, attiva una sorta di bullet time in stile Bayonetta.
Sebbene non ci fosse necessità di cambiare un sistema che funzionava egregiamente, non ci sarebbe nulla di male in questo passaggio di consegne tra strategia ed azione, soprattutto nell’ottica di rendere il gioco appetibile alle masse, se non fosse che la realizzazione del nuovo sistema lasci parecchio a desiderare.
Il sistema si riduce, nella maggior parte dei casi, ad un forsennato button mashing senza ombra di strategia, il livello di difficoltà si è ulteriormente abbassato rispetto al passato e l’intelligenza artificiale che governa i combattenti non controllati direttamente dal giocatore è appena sufficiente.
Non si sale di livello, non ci sono equipaggiamento ed armi, non è possibile personalizzare in alcun modo la build dei propri personaggi – a vantaggio dei neofiti e dei giocatori più giovani, certo, ma anche al prezzo della godibilità delle fasi non dialogiche, ora più utili a spezzare il ritmo di quelle dialogiche che altro.
Nonostante l’introduzione di un sistema di targeting con una patch, poi, i combattimenti con le unità volanti rimangono un incubo, tra salti fuori misura e collisioni non sempre precise: ci si riesce comunque a divertire, pigiando sui tasti di attacco come forsennati e godendo delle ottime animazioni che introducono le mosse speciali di ogni personaggio, ma i fasti del sistema a turni dei precedenti episodi sono lontani.
Nei suoi momenti peggiori, Sakura Wars somiglia tremendamente ad un musou artisticamente più ispirato, con decine di nemici a schermo che fungono da inutile carne da macello e qualche boss che, nonostante dimensioni gargantuesche, finisce a tappeto non appena ricevuto un assaggio della mossa speciale.
Abbiamo digerito queste fasi quasi come fossero un piccolo prezzo da pagare per godere di personaggi così ben delineati e dei sorrisi che la scrittura ci ha strappato in più momenti, ma da questo punto di vista si poteva fare decisamente meglio.
Menzione finale per Koi Koi, il minigame basato sulle carte hanafuda, che si è piaciuto e ha saputo intervallare i nodi della storia principale in maniera azzeccata e rilassante.
Alti e bassi
Anche il comparto visivo del titolo, come quello ludico appena esaminato, consta di due componenti differenti, la prima delle quali, ovvero quella artistica, ci ha pienamente soddisfatti, mentre la seconda, quella meramente tecnica, si muove tra alti e bassi, con elementi apprezzabili ed altri che ci hanno lasciati perplessi.
Il taglio è chiaramente anime, e le dimensioni del gioco (quasi cinquanta giga in totale, escluse eventuali patch al day one) rappresentano un indizio chiaro sulla quantità e qualità delle cutscene (in stile anime, appunto) che punteggiano l’avanzamento lungo la storyline principale.
Sanzigen, studio giapponese che si è occupato delle splendide sequenze animate, è il medesimo che si è fatto recentemente apprezzare per il lavoro svolto sulle cinematiche di Fire Emblem Three Houses, e si vede.
Il risultato finale è di eccellente fattura, e gli appassionati di anime si godranno ogni scena, con la possibilità di rivederle a piacimento in un menu apposito dopo la prima visualizzazione.
Lo stile complessivo è identico a quello della serie animata che ha debuttato solo poche settimane fa in Giappone, e che segue gli eventi del gruppo di protagonisti un anno dopo quelli narrati in Sakura Wars.
Similmente, la modellazione poligonale dei personaggi principali del cast (disegnati da Tite Kubo, famoso più che altro per il suo lavoro su Bleach) e, in generale, il peculiare taglio steampunk anime che è stato dato al prodotto, funzionano egregiamente, immergendo il giocatore in una Tokyo stranamente credibile nonostante le premesse.
Purtroppo, non sono tutte rose e fiori: la mole poligonale complessiva è poco più che sufficiente e le ambientazioni, in particolare, soffrono per la presenza di texture in bassa risoluzione e di colori piuttosto slavati se confrontati con quelli, assai più brillanti, dei vestiti e delle armi dei protagonisti.
Non particolarmente riusciti nemmeno il comparto animazioni, tra movimenti piuttosto legnosi e una gamma tutto sommato limitata di azioni disponibili per i nostri eroi, e quello delle animazioni facciali, che alternano situazioni in cui riescono a veicolare bene le emozioni descritte dai dialoghi ad altre in cui sembrano totalmente fuori contesto.
La limitatezza del budget è evidente anche dall’inconsistenza dei valori produttivi: si passa con estrema naturalezza da cutscene anime di eccellente fattura a scene in-game non doppiate, con i personaggi che muovono le labbra senza emettere alcun suono, con risultati esilaranti (ma per i motivi sbagliati) che ci hanno riportato all’era della seconda PlayStation.
A risollevare la situazione ci pensa il comparto audio, davvero di altissima qualità: il tema principale è stato preservato e migliorato, risultando ancora più coinvolgente di prima (impossibile non fischiettarlo a console spenta!), e ad esso sono state affiancate un bouquet di tracce orecchiabili e scanzonate, perfettamente in linea con il mood del prodotto e con l’ambientazione teatrale delle vicende.
In più, sebbene manchi un adattamento italiano (d’altronde per la serie non è né la prima e né l’ultima volta), la qualità delle performance dei doppiatori giapponesi è di alto profilo, con intonazioni perfette e una scelta delle voci sempre azzeccata. Dispiace, allora, che a fronte di una colonna sonora di tale qualità, non sia possibile (quantomeno al momento di redigere questo pezzo) scaricarla su nessun servizio online di musica: speriamo che Sega ponga rimedio quanto prima a questa mancanza.
Chiosa finale per la longevità, in linea con quella degli episodi precedenti: per portare a termine il gioco potrebbero essere sufficienti una ventina di ore, che possono agilmente aumentare di altre sei o sette qualora ci si volesse dedicare a tutti gli eventi opzionali (utili per massimizzare i rapporti interpersonali) e ad alla maggioranza delle quest secondarie.
+ Sequenze animate di rara bellezza
+ Colonna sonora di alto profilo
+ Discretamente rigiocabile
- Valori produttivi incostanti
- Fasi di gameplay troppo semplificate
7.4
In quanto soft reboot di un franchise che rischiava seriamente di finire nel dimenticatoio, Sakura Wars riesce in quasi tutti i suoi intenti, proponendo una storia godibile, per quanto telefonata, un cast di personaggi a cui è difficile non affezionarsi e una semplificazione delle meccaniche di gioco, passate dalla strategia a turni all’action duro e puro.
Manca tuttavia la localizzazione in italiano, che avrebbe sdoganato definitivamente il titolo anche qui da noi, e non tutti i fan di vecchia data saranno felici del bassissimo livello di sfida e della banalizzazione delle fasi di gameplay vere e proprie. Gli amanti degli anime e delle dating sim (genere ormai quasi estinto) non dovrebbero lasciarselo scappare, mentre gli altri possono tranquillamente attendere il primo calo di prezzo prima di dare al titolo Sega una possibilità.
Voto Recensione di Sakura Wars - Recensione
Voto Finale
Il Verdetto di SpazioGames
Pro
-
Personaggi amabili e ben caratterizzati...
-
Sequenze animate di rara bellezza
-
Colonna sonora di alto profilo
-
Discretamente rigiocabile
Contro
-
...ma arco narrativo prevedibile e poco soddisfacente
-
Valori produttivi incostanti
-
Fasi di gameplay troppo semplificate
Commento
In quanto soft reboot di un franchise che rischiava seriamente di finire nel dimenticatoio, Sakura Wars riesce in quasi tutti i suoi intenti, proponendo una storia godibile, per quanto telefonata, un cast di personaggi a cui è difficile non affezionarsi e una semplificazione delle meccaniche di gioco, passate dalla strategia a turni all'action duro e puro.
Manca tuttavia la localizzazione in italiano, che avrebbe sdoganato definitivamente il titolo anche qui da noi, e non tutti i fan di vecchia data saranno felici del bassissimo livello di sfida e della banalizzazione delle fasi di gameplay vere e proprie. Gli amanti degli anime e delle dating sim (genere ormai quasi estinto) non dovrebbero lasciarselo scappare, mentre gli altri possono tranquillamente attendere il primo calo di prezzo prima di dare al titolo Sega una possibilità.
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