Romancing SaGa 2: Revenge of the Seven | Recensione
Il ritorno di Romancing Saga 2 è un remake che rimane estremamente fedele al materiale di partenza, senza prendersi rischi.
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a cura di Gianluca Arena
Senior Editor
In sintesi
- Un remake (troppo) fedele all'originale.
- Estremamente rigiocabile.
- Graficamente indietro di almeno una generazione.
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Square Enix, xeen Inc.
- Produttore: Square Enix
- Testato su: PS5
- Piattaforme: SWITCH , PS5 , PS4 , PC
- Generi: Gioco di Ruolo
- Data di uscita: 24 ottobre 2024
Cocciutamente fuori dagli schemi, il franchise Romancing SaGa è sempre stato considerato uno di quelli "minori" di Square Enix, soprattutto se comparato ai vari Final Fantasy e Dragon Quest, ma non per questo non è riuscito a scavarsi una nicchia di appassionati tanto nel Paese del Sol Levante quanto in Occidente, dove molte delle sue idee, ancora oggi rivoluzionarie per il genere dei JRPG, sembrano aver messo radici.
Annunciato durante il penultimo Nintendo Direct, Romancing SaGa 2: Revenge of the Seven è un remake del secondo titolo della serie, quello che ha riscosso maggior successo a livello commerciale.
Lo abbiamo giocato per voi nella versione PS5 e siamo pronti a dirvi se questa saga merita di essere (ri)vissuta.
Una generazione di eroi
Che succede quando gli eroi diventano gli antieroi? Quando la riconoscenza dovrebbe lasciare il posto al pensionamento? Se alcune serie televisive più recenti hanno esplorato alcuni di questi temi, la narrativa di Romancing SaGa 2 nel 1993 rappresentava solo il primo dei suoi marchi distintivi, diversificandosi significativamente da quella della maggior parte dei congeneri.
In questo remake come allora, il giocatore viene messo inizialmente nei panni del re di Avalon, un reame situato nella parte settentrionale del continente di Varennes, che si trova, suo malgrado, a combattere uno spettro proveniente dal passato, una leggenda metropolitana divenuta triste realtà.
Si narra che dopo averli accolti come salvatori, gli umani li avessero banditi per sempre per via del loro potere, corrotto in qualche modo da forze oscure, e che ora loro siano tornati per rivendicare il loro ruolo e per distruggere tutto quello che avevano contribuito a salvare.
Ai nostri lettori più attenti non sarà sfuggito quell'"inizialmente" di qualche riga più sopra, quando parlavamo del ruolo rivestito dal giocatore nel gioco: solo per le primissime battute del gioco si vestiranno infatti i panni di re Leon, e in seconda battuta di suo figlio Gerard, prima di capire che nel gioco vestiremo sempre i panni del regnante di Avalon, a prescindere da chi egli sia.
I secoli passeranno durante l'avventura – e con essi ovviamente i protagonisti cambieranno – e di volta in volta il giocatore sarà chiamato a scegliere il suo nuovo imperatore, che erediterà le abilità e le skill acquisite dai suoi predecessori e prenderà in mano Avalon e tutti i regni ad essa annessi.
La battaglia contro i sette eroi leggendari durerà secoli, lungo i quali la narrativa si ramificherà a seconda delle azioni compiute dal giocatore, dal loro ordine e dalle decisioni che egli prenderà in concomitanza di snodi narrativi fondamentali.
La non-linearità degli eventi, che rappresentava uno dei maggiori elementi di rottura con la tradizione all'epoca della prima pubblicazione, si dimostra ancora oggi uno dei punti forti della produzione, a fronte di una caratterizzazione dei personaggi piuttosto debole e di plot secondari scontati e di scarso impatto.
Guidare una nazione lungo i secoli, con tutte le implicazioni gestionali che ne conseguono, è una responsabilità che pochissimi altri titoli simili addossano al giocatore e Romancing SaGa 2 eccelle nel far gravare questo peso sulle spalle dell'utenza.
Non solo: il livello di rigiocabilità, a fronte di una durata complessiva consistente ma inferiore alla media dei suoi congeneri, è altissimo oggi ancora più di ieri; scegliere un erede invece di un altro, affrettarsi a salvare un regno prima, invece che visitarne le rovine dopo, affrontare un nemico in carne ed ossa invece che aspettare un secolo e vedersela con il suo spettro sono solo alcune delle scelte che sarà possibile fare, con il risultato che difficilmente una partita somiglierà ad un'altra, anche del medesimo giocatore.
L'originalità come stella polare
Fuori dagli schemi per design, il franchise di Romancing SaGa rimane a tutt'oggi una mosca bianca nel panorama dei JRPG, e anche solo per questo motivo questo remake avrebbe ragion d'essere: dal numero dei componenti del party, cinque, al peculiare sistema di crescita, dalla grande varietà di classi e formazioni diverse da schierare in battaglia alla non-sequenzialità degli eventi, questa serie sperimenta in quasi tutti i campi, talune volte con risultati sorprendenti, talaltre con altri meno lusinghieri.
Di certo, però, non si può accusare il team di sviluppo originario di non aver osato, in un mercato in cui i cloni si moltiplicavano, e Xeen, responsabile di questo remake, ha reso in un certo qual modo omaggio al coraggio del team interno di Square Enix non modificando praticamente nulla dei peculiari sistemi di gioco e del sistema di combattimento – e limitandosi a rendere il gioco, la cui difficoltà era ben nota agli appassionati, più digeribile per le nuove generazioni di videogiocatori.
Il remake gioca a nostro avviso troppo sul sicuro, non modernizzando a sufficienza alcuni degli aspetti invecchiati peggio della produzione, come la struttura a compartimenti stagni della mappa del mondo o la scarsa chiarezza su cosa sia necessario fare, in certi frangenti, per portare avanti la narrazione principale.
Per non parlare della boss fight conclusiva, che già all'epoca era una delle peggiori a livello di design e che non è stata minimamente modificata nell'anno domini 2024. Questo non vuol dire che non sia stato fatto nulla in senso assoluto, sia chiaro, altrimenti il voto in calce a questa nostre recensione sarebbe stato ben più basso.
Nello specifico, gli sviluppatori hanno aggiunto un selettore della difficoltà, dove sono presenti tre scelte sufficientemente diversificate tra loro (rispettivamente una passeggiata di salute, un livello adeguato ai giocatori moderni ed il punitivo, ma affascinante, livello di difficoltà originario), ha mantenuto i potenti United Attack, attacchi di concerti che possono coinvolgere diversi membri del party inseriti nella versione rimasterizzata proposta tra il 2016 ed il 2017 su cellulari e console, ed inserito sempre a schermo un avviso sulle vulnerabilità nemiche.
Se nel titolo originale solo la memoria del giocatore si frapponeva tra lui ed uno scontro più coriaceo con i nemici, visto che le loro debolezze non venivano segnalate in altro modo, oggi sotto alla barra della salute degli avversari vengono riportate anche le vulnerabilità di cui il giocatore è già a conoscenza, semplificando in un certo qual modo la vita durante i combattimenti.
Nondimeno, anche evitando il livello di difficoltà massimo, sarà sempre necessario riporre negli scontri la giusta attenzione, perché all'esaurimento degli LP, i Life Points, i membri del party del giocatore periscono definitivamente, costringendo a sostituirli con altri combattenti e perdendone il prezioso bagaglio in termini di esperienza e livello di efficacia delle armi.
Il sistema di crescita del party, una delle caratteristiche più divisive della produzione, non è stato modificato e non ci sembra funzioni male, tutto considerato: grazie anche ad un leggero ribilanciamento, la crescita apparentemente randomica delle statistiche dei livelli delle armi apre ad un utilizzo selettivo del proprio party e delle sue abilità.
Ogni colpo d'ascia affina la conoscenza dell'arma, ad esempio, aprendo, di tanto in tanto, all'apprendimento di nuove tecniche di offesa, che possono poi essere tramandate ed imparate da qualsiasi altro membro della squadra, a patto che abbia raggiunto un dato livello nell'utilizzo dell'arma in questione.
Il sistema è assai più intuitivo da provare in prima persona che non da spiegare, e, pur pescando a piene mani dal secondo e dal quinto capitolo della serie Final Fantasy (non a caso pubblicato l'anno precedente in Giappone), offre un sistema versatile ed originale, sebbene in qualche modo votato al grinding.
Il combat system a turni risulta ancora gradevole nella sua classicità, ma avremmo gradito qualche intervento per modernizzarlo ulteriormente, magari con la possibilità di utilizzare tutti gli oggetti nell'inventario e non solo i due equipaggiati per personaggio o inserendo un'opzione per passarsi i turni tra i membri del party, come nei recenti giochi di ruolo made in Atlus.
Invece il team di sviluppo ha optato, un po' per rispetto dell'opera originale, un po' per pigrizia, a nostro avviso, per non modificare quasi nulla, con il risultato che quanto funzionava nel gioco base funziona ancora oggi – e, allo stesso modo, quanto non convinceva trent'anni fa a maggior ragione non riesce a farlo in data odierna.
Una generazione indietro, almeno
Il rifacimento in tre dimensioni della grafica del gioco porta in dote pregi e difetti tipici di questo tipo di produzioni, con un lavoro da un lato rispettoso dell'originale, che ha cercato, perlopiù riuscendovi, di mantenere lo stile ed il character design del titolo di trentuno anni or sono.
D'altro canto, però, i modelli dei personaggi sono ripetuti ossessivamente, le animazioni sono legnose e talvolta mancanti delle giunture tra l'una e l'altra, per non parlare dell'espressività facciale, a dir poco lacunosa: il budget dietro la produzione non era evidentemente di alto profilo, ma siamo convinti che si potesse fare meglio anche sotto altri punti di vista, dall'interazione ambientale, praticamente assente, alla frequenza di fenomeni di pop-in piuttosto aggressivi.
L'utilizzo dell'Unreal Engine è allora piuttosto scolastico, con una versione piuttosto vecchia del motore Epic che non rende giustizia al buon lavoro svolto dal punto di vista artistico né, tantomeno, alla potenza delle console ospiti.
Non abbiamo avuto modo di provare la versione Switch del titolo, sulla quale probabilmente sarebbe stato più facile chiudere un occhio dinanzi a queste mancanze tecniche, ma su Playstation 5 il livello di texture, costruzioni poligonali ed effettistica è ampiamente sotto la media del genere, anche per produzioni doppia A.
Particolarmente spiacevole anche l'utilizzo di tecniche di frame rate dimezzato per personaggi e mostri in lontananza: quando non nelle immediate vicinanze del giocatore, tutti gli NPC si muovono al rallentatore per non gravare sul motore di gioco, e, conseguentemente, sulla stabilità del frame rate. Una tecnica spesso vista su Switch, ma assolutamente impresentabile su PlayStation 5.
Se c'è un aspetto che è invecchiato benissimo, invece, e sul quale il lavoro svolto è egregio, è la colonna sonora: disponibile nella doppia versione, originale firmata dal maestro Kenji Ito e rimasterizzata con le tracce ammodernate dal nuovo team di sviluppo, è in entrambi i casi di grande pregio, con un numero piuttosto alto di tracce tutte molto orecchiabili, con una menzione particolare per il magnetico battle theme.
In linea con le produzioni non di primissima fascia uscite negli ultimi anni dal Giappone, il doppiaggio è presente nella sole opzioni giapponese ed inglese, ma ciò che ci ha stupito, e non in positivo, è l'assenza della sottotitolazione in italiano, che, se in senso assoluto sarebbe stata anche perdonabile, lo è molto meno a fronte della presenza di sottotitoli in francese, spagnolo e tedesco.
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Voto Recensione di Romancing SaGa 2: Revenge of the Seven | Recensione
Voto Finale
Il Verdetto di SpazioGames
Pro
-
Un JRPG unico che meritava la ribalta anche nel 2024.
-
Duplice colonna sonora di grande pregio.
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Remake rispettoso dell'originale...
Contro
-
...anche troppo, nel non prendersi mai rischi.
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Comparto tecnico datato.
-
Non tutti i sistemi di gioco sono invecchiati bene.
Commento
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