Red Dead Redemption 2 - Il primo giorno
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a cura di Domenico Musicò
Deputy Editor
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Rockstar Games
- Produttore: Take Two
- Distributore: Cidiverte
- Piattaforme: PC , PS4 , XONE
- Generi: Azione
- Data di uscita: 26 ottobre 2018 - 5 novembre 2019 (PC)
Arthur Morgan lo sa già: quando dopo un paio d’ore dall’inizio di Red Dead Redemption 2 si trova nel suo accampamento e si siede su un tronco, invitato al dialogo da una donna, è consapevole che quella vita da brigante selvaggio non potrà durare a lungo. Arthur è pensieroso, perso nella pre-figurazione di un futuro che mai accadrà e in un passato da cui riemergono tanti, troppi dubbi.
“Cosa c’è Arthur?”, chiede Mary-Jane. “Sei silenzioso”. Arthur è reticente, ma poi sembra ridestarsi dal suo torpore mentale e ammette: “Tutto questo finirà ben presto. Non ci sarà più la nostra libertà. La legge avrà il sopravvento”.
Ed è vero. Siamo sul finire dell’800 e ben presto le bande di fuorilegge capitoleranno. Non resta molto da fare; non c’è spazio per la ribellione, non c’è tempo per rimuginare. Bisogna sopravvivere, impadronirsi del giorno e non lasciarsi uccidere sapendo di aver avuto troppi rimpianti per il tempo perduto. Arthur lo sa. Noi pure. E allora non ci resta che vivere: con lui, come lui, attraverso lui. Il nostro primo giorno con Red Dead Redemption 2, senza mezzi termini, ci ha insegnato cosa significa esistere lontano dal nostro tempo.
Un giorno da brigante
Sarebbe prematuro – per me – elogiare la magnificenza dell’ultima opera di Rockstar, sebbene già se ne intuisca la portata e l’impatto che avrà da qui agli anni a venire. D’altra parte, è già stato incensato nella nostra recensione e quasi all’unanimità da tutti gli operatori del settore, pertanto non ci sono dubbi sull’importanza dell’opera e sull’influenza che eserciterà nel breve, medio e lungo termine.
In un paio di giorni abbiamo già respirato il vento del cambiamento, quello che spira su un mondo aperto che sa come rafforzare un genere, come affermare la propria supremazia e indicare una nuova strada. È lo stesso vento che porta con sé l’odore della legna bruciata all’imbrunire e al mattino, il puzzo stantio del sudore, quello delle carogne di animali scuoiati e del sangue di uomini innocenti e criminali. Sembra già un’esperienza di vita (non solo videoludica) totalizzante, e non avverto in alcun modo l’impellenza di correre per scoprire quale sarà il destino di Arthur Morgan e di tutta la banda di Dutch Van Der Linde. Non dovreste averla nemmeno voi, quest’urgenza, perché sarebbe in fin dei conti un enorme spreco.
Gli sviluppatori hanno inserito una quantità tale di missioni secondarie, facoltative, randomiche, attività collaterali, battute, concomitanze inattese, compiti nascosti, mappe da trovare e da seguire, obiettivi sensibili da ricercare e sentieri in cui perdersi che, francamente, è abbastanza ovvio che ne dimenticherete qualcuno per strada.
Mentre raggiungevo la consapevolezza di tutto ciò, e mentre apprendevo (e ancora apprendo) quanto articolato, complesso e mastodontico è Red Dead Redemption 2, ho deciso di tirare un po’ i remi in barca e di godermi il viaggio. Di godermelo tutto, perché so bene che ci vorranno anni prima di farne un altro così intenso e memorabile.
Cronache dal Far West: una storia comune a tanti
Mi sono svegliato nel mio accampamento, ho parlato coi compagni della mia cricca e ho accettato di far loro diversi favori. Avevo un tarlo nella testa (oltre a una taglia da ricercato e pochi soldi in tasca): volevo cacciare e uccidere quel grizzly leggendario che per poco non mi ha dilaniato, sventrato e ucciso. Prima di stemperare la tensione con una partita a “5 dita” e una a domino, ho cucinato un po’ di carne di cervo e l’ho conservata nella bisaccia.
Mi sarebbe servita. Ho finito di preparare il mio piccolo arsenale per affrontare al meglio la battaglia contro la bestia, ho accarezzato la mia cavalla Kip e siamo partiti al galoppo. Sulla strada, mentre già immaginavo dove piazzare l’esca per attirare l’orso, un disperato mi ha chiesto aiuto mentre urlava di dolore: era stato morso da un serpente, strepitava e m’implorava di fare qualcosa.
Ho succhiato via il veleno dalla sua coscia, gli ho fatto i miei in bocca al lupo e sono risalito in sella. Cento metri più avanti un’antilocapra si abbevereva nei pressi di un torrente. Desideravo la sua pelle, rubare la sua beata innocenza, scoccare una delle mie frecce e piantargliela dritta nel collo. Dopo averlo fatto e aver assicurato il pellame sul dorso di Kip, mi sono diretto verso la zona del grizzly; ma mentre passavo nei pressi di un canyon, sulla parte più interna dove s’incontravano due formazioni rocciose in un naturale e spontaneo abbraccio a forma d’arco, ho notato una chiazza di sangue rappreso con qualcosa al suo interno.
Mi avvicino per indagare, mi rendo conto che si tratta di mezzo arto tagliato e, allungando lo sguardo più su, noto che altre frattaglie sono disseminate lungo il campo desolato. Alla mia destra, su un parete di roccia rossa, campeggia la scritta “Look in my works”, che mi fa capire quanto si tratti in realtà del gioco sadico di un maniaco. La conferma arriva pochi attimi dopo, quando sulla salita, appena sulla sinistra, trovo una testa mozzata fissata a un palo di legno.
Ha qualcosa in bocca: è la prima parte di un mappa che non so dove mi porterà, eppure voglio partecipare a quel gioco, voglio mettermi sulle sue tracce, voglio fargliela pagare cara. Ho però un treno da assaltare, dei debiti da riscuotere in modo risoluto, una bevuta al saloon con un compare e altre missioni che mi attendono dopo la seduta di caccia. Sono risucchiato in un mondo di gioco che non ha nessuna intenzione di farmi scappare via.
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Voto Recensione di Red Dead Redemption 2 - Recensione
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