L’arrivo nei negozi di Wolfenstein: Youngblood e Wolfenstein: Cyberpilot ha sicuramente accesso nuovamente la passione del giocatori verso il franchise di sparatutto prodotto da Bethesda.
Andreas Öjerfors, senior game designer presso MachineGames, è senza ombra di dubbio uno degli elementi chiave del ‘rilancio’ del franchise, uno dei più importanti (per non dire l’apripista) del genere degli sparatutto in soggettiva.
Durante il QuakeCon Europe, tenutosi a Londra lo scorso 26 e 27 luglio, abbiamo avuto modo di parlare con Öjerfors, facendoci raccontare alcune interessanti curiosità e retroscena dietro la lavorazione dei loro ultimi titoli di successo.
Innanzitutto, complimenti per il lavoro svolto Andreas. Ci chiedevamo, da dove nasce l’idea di Wolfenstein: Youngblood? Come avete pensato di creare uno spin-off così particolare?
C’è da dire che con The New Colossus eravamo senza dubbio arrivati a un punto fermo con la saga di Wolfenstein. Dovevamo sicuramente fare un passo in avanto e portare la serie verso nuove direzioni. Penso che con Youngblood siamo riusciti a dare alla luce ciò che la serie non era mai stata in grado di offrire, in primis il fattore cooperativo inedito per un capitolo della serie. Ne siamo molto soddisfatti.
B.J. Blazkowicz, eroe della seconda rivoluzione americana e protagonista storico, è infatti disperso. Le figlie gemelle di B.J., Jess e Soph sono le nuove eroine indiscusse dell’avventura di Youngblood. Come mai avete scelto due personaggi femminili predominanti, in una serie che non ha mai veramente optato per il ‘girl power’?
Essendo ambientato diciannove anni dopo gli eventi di Wolfenstein II: The New Colossus, abbiamo deciso di cambiare le carte in tavola anche da questo punto di vista. Dopo anni di duri allenamenti con il padre ormai logorato dalle numerose battaglie, le gemelle hanno capito che era il loro momento di entrare in azione. La scelta di uno sparatutto al femminile rientra con la voglia di cambiamento e rivoluzione che volevamo infondere a Youngblood. Credo proprio che ci siamo riusciti. La nostra idea di sparatutto si sposa poi perfettamente con quella della cooperazione.
La co-op, appunto: avete avuto problemi a far funzionare una modalità di gioco sicuramente molto apprezzata, ma allo stesso tempo di difficile gestione in un gioco – e in una serie – estremamente legati in ogni caso al comparto narrativo?
Non necessariamente: dopo il primo episodio, MachineGames ha deciso di dare alla luce un prequel, poi un sequel, e ora questo spin-off in cooperativa. Vogliamo sempre provare a fare cose nuove e interessanti, continuando allo stesso tempo a divertirci mentre lo facciamo. La serie di Wolfenstein si adatterà sempre ai nostri interessi. Così come la Parigi del 1980 scelta come sfondo per le scorribande di Jess e Soph, è certamente frutto di una decisione dettata dalla volontà di non riciclare idee o scenari ormai vecchi.
La collaborazione con Arkane Studios: quali benefici ha portato al progetto la possibilità di lavorare spalla a spalla con un team di programmatori di questo calibro?
Sicuramente, in Wolfenstein: Youngblood trovate tracce di Arkane e di MachineGames, fusi in un qualcosa di unico e sicuramente molto originale. Conclusi i lavori su Wolfenstein II: The New Colossus e Dishonored 2 i piani altri hanno deciso che i tempi per realizzare un progetto in tandem erano finalmente maturi. Abbiamo trascorso più di un anno assieme sul progetto, non facendoci mancare nulla e imparando molto l’uno dall’altro. È stata un’esperienza che conserverò molto gelosamente.
Parlando infine del futuro, cosa vi aspettate dalla prossima generazione di console, nota al momento come PS5 e Xbox Scarlett? Pensate che la next-gen darà modo di portare la vostra idea di videogioco verso nuove e inaspettate vette di eccellenza?
Sicuramente, siamo molto curiosi di scoprire cosa ci attenderà al varco. Sarà importante capire come gestire tanta potenza e versatilità proponendo sempre cose nuove. Il videogioco sta espandendosi ogni giorno di più, sia come semplice mezzo di intrattenimento che come medium a 360°. Bisognerà quindi capire come gestire questa cosa al meglio offrendo al pubblico il prodotto migliore.
Per quanto riguarda la serie di Wolfenstein, avete già idea di quello che potrà accadere nel futuro della famiglia Blazkowicz?
[Ride] No, no, diciamo che è ancora un po’ presto per parlarne. Magari ne discuteremo poi.