La nuova pubblicità “contro” i videogiochi arriva nel momento peggiore possibile - Speciale
Perché mai pensare una campagna pubblicitaria in cui il videogioco è visto come un antagonista, oltretutto ai tempi di COVID-19?
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a cura di Valentino Cinefra
Staff Writer
Bisogna sempre stare molto attenti, quando si inizia un discorso come quello che stiamo per fare, perché ci sono un sacco di considerazioni da fare prima, tante parti in causa da tutelare: sostanzialmente è un campo minato in cui bisogna saltellare con eleganza. Però, visto anche il periodo decisamente al fulmicotone che stiamo vivendo, stavolta è giusto rivolgerci direttamente a chi contribuisce a non alleggerire per nulla i toni già focosi del momento attuale.
Forse non saprete di cosa sto parlando, a meno che la notizia non sia già stata rilanciata dalla qualunque nel momento in cui stiamo scrivendo (ed è probabile), ma Alpitour, il noto tour operator italiano, ha lanciato una campagna pubblicitaria su Facebook di quelle che ci riportano continuamente indietro con la mente ad un periodo che speravamo passato, ovvero l’epoca della gente per bene VS videogiochi.
Ringrazio il nostro Marcello Paolillo per avermi fatto conoscere il post che vi stiamo per mostrare, e che potete vedere direttamente a questo indirizzo, perché altrimenti sarebbe sfuggito. Potreste pensare che sia “solo una pubblicità” ed effettivamente è così, ma ci sono tanti problemi che questa campagna solleva, e non è assolutamente il momento di gettare altra benzina sul fuoco in un’economia che già ha le braci ardenti sotto i piedi.
Le vacanze giuste e quelle sbagliate
Partiamo da quello che è il testo di questa pubblicità:
“Non c’è videogioco che tenga | Altro che consolle! Quest’anno si riparte dalle cose che davamo per scontate, come giocare con le onde a riva.”
Di per sé non sembra esserci nulla di male, vero? Sbagliato.
La pubblicità funziona per suggestioni, per impliciti ed insinuazioni, non deve dirti che un prodotto sia valido, ma deve farti avere il bisogno di avere assolutamente quel prodotto. Anzi, deve prima creare il bisogno che, tendenzialmente, l’utente non ha, per poi soddisfarlo con la proposta. Funziona così dalla notte dei tempi, per qualsiasi tipo di servizio e oggetto che sia.
In questo caso la suggestione è una di quelle vecchie come il mondo che noi videogiocatori abbiamo visto sin troppe volte: i videogiochi sono dannosi mentre [elemento X] fa molto bene. L’elemento della “cosa data per scontata” è inoltre una figura retorica molto positiva che fa leva sulla nostalgia – tra i sentimenti più intensi che l’essere umano può provare ed una manna per i pubblicitari – che accostato alla frase “Altro che consolle!” rafforza ulteriormente la distanza tra il videogioco negativo e le “onde a riva” positive. Verrebbe da dire che la pubblicità deve fare questo e, tutto sommato, questa è una buona pubblicità.
Magari sì, se non fosse che si tratta di una pubblicità comparativa che mette insieme due elementi completamente agli antipodi. Peraltro palesemente denigratoria, come dimostra la frase “Non c’è videogioco che tenga” accompagnata alla foto del sorridente fanciullo al mare.
Non c’è niente che vieti ad un ragazzino (la foto utilizzata è molto chiara rispetto al target: ragazzi e famiglie) di giocare ai videogiochi e godersi un po’ di mare, magari anche nella stessa giornata. Ma letteralmente niente che lo vieti, non è un modo di dire che usiamo per fare retorica. E questo è un problema, che ormai affrontiamo molto spesso e che diventa anche snervante sciorinare ogni volta.
Solo di recente ci siamo dovuti sorbire casi come Carlo Calenda che prima si rivolge ai videogiochi con definizioni da medioevo (dichiarazioni che anche AESVI ha giudicato negative), per poi cambiare idea e comprare una PS4 ed una Switch ai propri figli per farli stare buoni durante i primi periodi della quarantena. Evidentemente il caro e vecchio “buon libro” non è bastato.
Non è servito neanche l’OMS e il suo schierarsi a favore dei videogiochi. L’organizzazione lanciò addirittura un appello lo scorso marzo in cui incoraggiava l’intera industria videoludica a supportare i giocatori, per rendere il più facile possibile la fruizione dei videogiochi durante il periodo di quarantena, in quanto ottimo mezzo per superare un periodo complesso anche dal punto di vista psicologico.
Penserete: “Eh eh Valentino, la quarantena è finita e quindi possiamo andare al mare. Scacco matto!”. Non è questo il punto. Perché una pubblicità come quella di Alpitour, allusiva e denigratoria, non poteva arrivare in un momento peggiore per il nostro Paese.
Le barricate esistono solo se le immaginiamo
A scanso di equivoci, perché magari qualcuno potrebbe averlo pensato giunti a questo punto, il settore del turismo non è il punto del discorso. Anzi, vi esortiamo a supportarlo appena ne avrete la possibilità. Il bar sotto casa, il pub preferito, la pizzeria, il weekend fuori porta, lo stabilimento balneare, la piscina, la vostra località di montagna preferita: se potete farlo, fate tornare a circolare del denaro in questi luoghi.
Ma non per questo bisogna dimenticare, o addirittura soverchiare, altri settori che avranno difficoltà da oggi in poi. Quello del commercio è un settore che, subito dopo quello turistico, subirà un crollo notevole a causa della pandemia di Covid-19. Mentre una realtà come Amazon non arretra di un centimetro ma, anzi, ne esce rafforzata dalla necessità che abbiamo avuto di avere dei prodotti senza uscire di casa, sono tante altre le attività che non ce la faranno tra cui, indovinate un po’, i famosi negozi di videogiochi di cui abbiamo recentemente parlato. Che sia il negozietto sotto casa, la grande catena o il negozio specializzato, è importante che rimangano vivi.
Perché, concedete un po’ di retorica anche a noi, se possiamo giocare con le onde a riva di cui sopra domani è perché fino a l’altro ieri siamo stati a casa. E chi ha fatto compagnia a noi, ai figli di Calenda, ed anche a quelli di chi ha pensato la pubblicità di Alpitour in questione? I videogiochi, quasi sicuramente un Fortnite o un Call of Duty a caso. Non siamo rimasti a casa per colpa dei videogiochi, come la pubblicità cerca di far credere implicitamente.
È troppo comodo mandare sold out un Ring Fit Adventure per Nintendo Switch ogni volta che compare nei negozi online perché si è riscoperta la voglia di fare ginnastica, per poi affrettarsi a denigrare i videogiochi una volta che si può andare in una Buon Spiaggia®, che è un po’ come il retorico Buon Libro®. Non è il momento di attaccare così settori che non sono neanche concorrenti, di mandare ancora più in confusione le persone, di buttare benzina sul fuoco degli italiani che già di loro sono (più o meno comprensibilmente a seconda dei casi) a dir poco suscettibili.
Nota del redattore
Durante la stesura dell’articolo il post originale di Alpitour è stato modificato, pertanto il link originale che trovate nell’articolo non dovrebbe funzionare, ma questo sì. L’unica cosa cambiata è stata “consolle” con “console”, e nient’altro. A voi le considerazioni.
Nonostante, in questo caso specifico, per Alpitour sia a quanto pare inconcepibile, si può godere di una giornata al mare e poi tornare a casa a rilassarsi con un Buon Videogioco®. Oppure ci si può svegliare presto la domenica mattina per comprare le rape in Animal Crossing: New Horizons e poi andare in spiaggia, se preferite.
È questo il messaggio che dovrebbe passare e non la solita, inutile, piaggeria verso i passatempi di quelli che benpensano.
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