La prima esibizione della next-gen è stata pensata male, eseguita peggio - Speciale
L'Inside Xbox del 7 maggio ha sbagliato tempi e modi per la presentazione della prima infornata di titoli Xbox Series X
a cura di Paolo Sirio
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Microsoft
- Produttore: Microsoft
- Distributore: Microsoft
- Piattaforme: XSX
- Data di uscita: 10/11/2020
Quando abbiamo parlato di comunicazione next-gen, abbiamo preso Microsoft come esempio virtuoso perché ne abbiamo apprezzato la linea chiara e decisa, la trasparenza tenuta sia sui canali ufficiali che informalmente dai suoi uomini chiave a mezzo social.
La decisione di muoversi in questo modo risale a tempi non sospetti e cioè perlomeno allo scorso anno, quando l’EVP al gaming Phil Spencer e il suo team hanno stabilito di cambiare il loro approccio a come si erano presentati in pubblico, con quali modalità e con quali contenuti, perché semplicemente quello adottato per la generazione corrente non aveva funzionato.
Tale mossa ha consentito a Redmond, in maniera un po’ fortunosa visto come si è evoluto il mondo nel frattempo, di portare un irrituale reveal trailer a The Game Awards lo scorso dicembre, materiale che di norma apprezziamo a manifestazioni più specifiche come l’E3, e intavolare il discorso next-gen svincolandosi così dalle mille complicazioni dettate dalla pandemia del COVID-19 nel 2020.
Il risultato più evidente di questo percorso intrapreso dal platform owner è stato un flusso di informazioni chiaro e puntuale, che come la concorrenza – incespicata però in un paio di uscite confuse, tra cui la lunga discettazione ingegneristica di Mark Cerny spacciata come deep dive nel futuro di PlayStation e le incertezze sul tema della retrocompatibilità – si è appoggiato al proprio blog ufficiale e una manciata di siti internazionali specializzati per discutere dei temi più tecnici legati alla piattaforma. Su Xbox Wire trovate addirittura un glossario della next-gen, che spiega della prossima generazione di videogiochi più di quanto non potremo fare noi da qui al lancio.
Complice il fatto di aver toccato argomenti in un certo senso neutri, nell’attesa che si entrasse nel vivo con il prezzo e i giochi degli anni a venire, la macchina del marketing stava dunque procedendo a spron battuto, dimostrando di aver davvero messo a frutto la sbandierata filosofia della raccolta del feedback e della conseguente esecuzione.
Per un periodo piuttosto lungo e pur costretta a rompere uno spessissimo strato di comprensibile diffidenza, la casa americana ha – finalmente – raccolto quel che era stato seminato con operazioni simpatia (non sappiamo quanto a perdere, e ci interessa relativamente approfondirlo in questa sede) come Xbox Game Pass negli ultimi anni o, guardando alle ultime settimane e all’aspetto ludico nel senso stretto, come Ori and the Will of the Wisps e Gears Tactics.
Questa settimana, però, qualcosa è andato storto.
A livello concettuale
L’Inside Xbox del 7 maggio è stato presentato come una prima esibizione della next-gen, che fosse di Microsoft (in parte lo è stato) o in senso assoluto, ma questo showcase è stato sbagliato sotto più profili. A livello concettuale, e quindi su un piano stabilito prima ancora che venisse mandato in onda, sono stati commessi degli errori che Xbox Series X – una piattaforma che, in virtù di quanto ci siamo detti finora, si stava muovendo con un certo momentum – è già chiamata a correggere tra giugno e luglio.
Prima di tutto, provare a realizzare un evento del genere prima della stagione calda della next-gen, quella che sarebbe stata tipicamente occupata dall’E3, aveva il sapore dell’azzardo e tale si è rivelato; le grandi firme dell’industria non si sono fatte coinvolgere massivamente e, quando lo hanno fatto, hanno concesso solo briciole in vista dei propri appuntamenti individuali. Il pensiero comune è che manifestazioni come l’E3 siano destinate a cambiare radicalmente nei prossimi anni e questa settimana abbiamo assistito alla rappresentazione plastica di come mai si facciano certe valutazioni: i big sono ormai abbastanza “big” da avere appuntamenti esclusivi e diretti con il proprio pubblico, e pertanto rifuggono trasmissioni nelle quali sarebbero solo uno tra tanti.
Assassin’s Creed Valhalla non poteva davvero concedere più di quanto non abbia fatto in virtù di una partnership commerciale con Xbox, non con un evento digitale di Ubisoft alle porte. Madden NFL 21 è già un grande favore fatto da Electronic Arts a Microsoft forse in ricordo dei vecchi tempi: in Europa non ha la risonanza mediatica che ha nel Nord America, ma con un EA Play appena annunciato per giugno si poteva realmente chiedere qualcosa di più all’editore californiano?
Con questi processi da “dietro le quinte” bene in mente, appare evidente come questo showcase avrebbe potuto coinvolgere soltanto player più piccoli, quelli che non hanno la forza di organizzare eventi standalone o se anche lo facessero non avrebbero quanto necessario per ritagliarsi uno spazio nelle notizie del giorno.
La conseguenza diretta di una simile rivelazione è che, per com’è stato pensato e accettando il fatto di non poter coinvolgere terze parti di spessore, questo Inside Xbox andava presentato in una maniera diametralmente opposta, mantenendo mai come stavolta quel basso profilo che i fan desiderosi di novità avevano con veemenza criticato nei precedenti episodi della serie.
Come riconosciuto dallo stesso Aaron Greenberg, responsabile marketing dei giochi Xbox, vista l’impossibilità di offrire un ventaglio di produzioni più corposo e di richiamo, si sarebbe potuto semplicemente chiarire fin dal primo istante cosa si sarebbe scoperto nel nuovo appuntamento e invitato a fare riferimento ai prossimi mesi per i botti richiesti dagli appassionati.
Apprezziamo la sincerità e la pragmaticità che lo caratterizza da sempre sui social, ma allo stesso tempo ci suona strano come luminari di questo settore – del marketing applicato ai videogiochi – abbiano bisogno di sentirsi prendere a colpi di dislike per comprendere quale sia la direzione da prendere e quali possano essere le reazioni della gente comune a determinate mosse difficili da capire. E questo vale per lui come per Sony.
Nel modo in cui è andata, è come se ci avessero solleticato con un Nintendo Direct rifilandoci poi un Nintendo Indie World: se la Grande N non avesse fatto questa distinzione, il Direct non avrebbe acquisito quell’aura di sacralità tipica del grande evento in cui gli utenti sanno di potersi aspettare novità di primissimo pelo, annunci, tripla-A, e avrebbe visto il suo peso specifico annacquato da decine di annunci che non possono reggere il confronto con i grandi e soprattutto con le aspettative.
Il Nintendo Indie World è una trasmissione deliziosa che riserva sempre un buon numero di chicche dal panorama indipendente, e i giocatori tendono a godersela proprio perché vengono sorpresi di volta in volta rispetto alle aspettative relativamente basse con cui vi approdano; è una trasmissione quindi che assume valore in base al profilo con cui viene messa sul tavolo. Ultimamente a Redmond stanno provando a seguire l’esempio con ID@Xbox Game Pass, ma certe storture rimangono ed è palese che per la prossima generazione bisognerà tentare di capire come correggerle.
C’è poi un’altra questione che è probabilmente ben più seria rispetto alla pura teoria, e riguarda il tessuto stesso di quello che sarà la prossima generazione. Come abbiamo osservato in un articolo dello scorso marzo, la next-gen farà fatica specialmente tra questo e il prossimo anno a “giustificare” la propria esistenza, di fronte alla coda lunga di una generazione di console che non sembra volerci lasciare prima di aver sganciato quasi una decina di capolavori (o, fino ai rispettivi lanci, presunti tali).
Se questa impressione valeva in un momento in cui Sony e Microsoft balbettavano imbarazzate sul tema della retrocompatibilità mentre Nintendo e id Software pubblicavano Animal Crossing: New Horizons e DOOM Eternal, e ci preparavamo a Resident Evil 3 e Final Fantasy VII Remake, ad inizio maggio non ha fatto altro che acuirsi.
Senza farne questioni di bandiera, la current-gen si è prodotta in un trailer ancora una volta spaccamascella di The Last of Us Part II, che ha esibito una narrazione vibrante e soprattutto un comparto tecnico che ad oggi non trova corrispondenza nelle produzioni degli ultimi anni – già pubblicate o in arrivo.
Più brutalmente, non ne trova neppure in questi primi assaggi di next-gen cui abbiamo assistito, sia per una faccenda di maestria – non sono tutti Naughty Dog, per carità – sia per scelte tecniche e artistiche, e sia perché una PS4 Pro spremuta fino all’ultima goccia con un’estrema conoscenza della macchina può fare bene quanto, se non meglio, rispetto ad un PC di fascia altissima spacciato per console next-gen.
Risuona ancora più convincente, allora, quell’idea che giocarsela sul campo dei gameplay trailer (da questa settimana noti anche come “trailer senza gameplay” – ridiamoci su) poche ore dopo quello di The Last of Us Part II sia stata la proverbiale zappa sui piedi perché oggettivamente, per quanto buon materiale possa essere saltato fuori dall’ultimo Inside Xbox, non esiste da quel punto di vista qualcuno in grado di competere con il team di Neil Druckmann.
Oltre a questo aspetto legato evidentemente a doppio filo con le tempistiche dello showcase, è indubbio che lo strumento del trailer così com’è stato utilizzato il 7 maggio non sia adeguato a mostrare cosa porteranno in dote Xbox Series X e PS5. Risoluzione, gamma di colori, ampiezza dei mondi sono aspetti che abbiamo già masticato per alcuni anni su PC e console mid-gen, per quanto spesso diluiti dalle varie tecniche di upscaling, e pensare di impiegarne rappresentazioni plastiche, non pratiche, per generare un effetto wow è un errore di ragionamento abbastanza pacchiano.
La prossima sarà la generazione dei miglioramenti alla quality of life, sia degli utenti che degli sviluppatori, e l’unico modo per evidenziarli – ed evidenziare quanti e quali benefici offriranno davvero le nuove macchine – è farli arrivare direttamente allo spettatore, senza il filtro di un post su un blog ufficiale o la dichiarazione di uno sviluppatore, che generano scetticismo e, come abbiamo visto, talvolta confusione. L’unica soluzione è mostrare il giocato dei prodotti in sviluppo.
Il trailer è uno strumento per definizione immaginifico ma la fantasia avrebbe potuto funzionare fino a qualche anno fa, pensiamo allo scivolamento dalla bassa all’alta definizione; in questo delicato passaggio di consegne, dove sarà tutt’altro che semplice far cogliere la necessità di un salto così profondo a livello economico, c’è da mettere nero su bianco, trasmettere attivamente la differenza tra 60fps e 120fps in Dirt 5, o spiegare quale funzionalità segreta, che non sarebbe stata possibile a detta del team polacco nella gen corrente, The Medium di Bloober Team potrà sbloccare utilizzando un SSD.
Parlando di questi argomenti, esibendosi in walkthrough di quelli sostanziosi e magari commentati, non si sarebbe colmato il vuoto lasciato dai big ma sicuramente si sarebbero aiutati i gamer a dare un senso alle prossime Xbox e PlayStation, in una fase in cui si appendono ai numeri per trovare una propria identità e faticano a spiegare “a parole”, ovvero sullo schermo, cosa cambierà da qui a un paio di anni.
A livello pratico
Se il piano concettuale ci ha lasciato con numerosi dubbi, quello pratico ne è uscito ancora più ingarbugliato. Dal principio sono serviti chiarimenti da parte di Microsoft per correggere il messaggio poco comprensibile dell’annuncio di Inside Xbox del 7 maggio, aggiungendo che sarebbe stato il caso di aspettarsi soltanto novità dai partner dello sviluppo globali e dunque dalle terze parti. Sono suonate sospette anche le parole del creative director di Assassin’s Creed Valhalla che, di fronte all’hype generato dall’idea di avere in trasmissione un primo gameplay del titolo di Ubisoft, ha dovuto mettere le mani avanti sui social per precisare che si sarebbe trattato soltanto di un teaser per solleticare l’appetito dei giocatori. Il danno, ovviamente, era già fatto.
L’esecuzione anche all’interno dell’evento è stata mediocre. Per qualche ragione, probabilmente legata da vincoli contrattuali (o almeno speriamo sia così), Redmond non ha chiarito fino da subito che gran parte dei titoli esibiti all’evento sono destinati a Xbox One e/o Xbox Series X in esclusiva console; non parliamo di tripla-A ma affermare da subito la loro appartenenza, a tempo o meno, al catalogo di produzioni Xbox avrebbe contribuito a dare un altro peso alle loro esibizioni.
In rete è stato un susseguirsi di ricerche e conferme ottenute a latere, a distanza di svariati minuti se non ore, relativamente alle piattaforme su cui sarebbero arrivati determinati giochi: Yakuza Like A Dragon è un’esclusiva next-gen in questo momento, da comunicato di SEGA, mentre The Medium, Second Extinction, Scorn, Call of the Sea, Scarlet Nexus usciranno solo sulle piattaforme di Microsoft. Come si è chiesto qualcuno su Twitter, è inspiegabile come spetti ai giocatori dedurre certe informazioni quando, oltre al fatto che sia un diritto dei consumatori sapere dove e come poter acquistare i propri videogiochi, Xbox avrebbe soltanto da guadagnare affermando di avere l’esclusività di questo o quel gioco, specialmente di fronte alla scarsità di grandi annunci disponibili durante il broadcast.
Infine, siamo ben consapevoli di tutte le sfide comportate dal COVID-19 che sta affliggendo il mondo e in un articolo dedicato abbiamo parlato di come sia cambiato anche il nostro mestiere in conseguenza della pandemia. Tuttavia, non troviamo accettabile che un dirigente di Microsoft come il summenzionato Greenberg – personaggio squisito, lo ripetiamo a scanso di equivoci – si presenti in un appuntamento tanto atteso con una webcam dalla qualità video a dir poco scadente.
Il responsabile del marketing dei giochi Xbox si è giustificato su Twitter affermando che la scarsa qualità della sua partecipazione è stata dovuta alla trasmissione dal Montana, uno Stato non esattamente al centro del pianeta, e a lui – da persone che lavorano dal Sud Italia – va tutta la nostra simpatia per questo momento di difficoltà (e per il meme dell’Xbox Series X-frigorifero esibito spassosamente in diretta).
Ma per una fase tanto delicata per la vita della piattaforma non possiamo immaginare che non esistessero soluzioni migliori, sia per coinvolgere Greenberg sia per lasciarlo lavorare tranquillamente dietro le quinte e proporre una configurazione diversa per l’evento, non a caso ricaricato su YouTube con i soli video dei giochi e senza fasi introduttive e conclusive di bassa qualità a margine. La narrazione dello smart working ci ha generato empatia e persino tenerezza nel precedente Inside Xbox, ma adesso è il momento di andare avanti e dare la giusta estetica a momenti così defining della piattaforma.
Ma c’è da essere ottimisti
Non è il momento di fasciarsi la testa, però: la corsa per la next-gen sta entrando soltanto adesso nel vivo e comprendere per bene le motivazioni di tante critiche, da parte nostra assolutamente costruttive sia per PlayStation che per Xbox, può dare lo slancio giusto per affrontare il cammino verso il lancio di fine 2020 nella maniera più serena e positiva possibile.
Il materiale visto a Inside Xbox è di per sé incoraggiante. Giusto per citare alcuni esempi: The Medium promette di far fare un salto di qualità notevole, l’ennesimo, a Bloober Team e sarà un’esclusiva console, proprio come Blair Witch al lancio, mentre dal Giappone arrivano risposte positive all’impegno di Phil Spencer sul territorio con l’appoggio dell’action RPG realizzato da Bandai Namco (Scarlet Nexus) e il supporto ormai completo della serie Yakuza. Particolari che dicono più di quanto faranno mai i gameplay trailer montati ad arte per l’evento.
I servizi continuano a passare di bene in meglio: Smart Delivery si arricchisce sempre di più e, al netto di qualche dubbio sul funzionamento (sollevato, perlomeno in una loro sfaccettatura, da EA con Madden NFL 21 e dal tempo limitato in cui se ne potrà usufruire per il gioco), è un sistema di aggiornamento da Xbox One a Xbox Series X consumer friendly, trasparente, e che non trova ancora corrispondenza nell’operato del concorrente diretto.
Xbox Game Pass acquisirà ulteriore valore al lancio della prossima console, quando gli utenti non dovranno far altro che avere un abbonamento, o persino una prova gratuita oppure a basso costo, per disporre di non uno ma di decine di titoli appena usciti da accompagnare alla propria piattaforma – di fatto cancellando la necessità ormai desueta di acquistare un gioco a parte per non ritrovarsi a mani vuote al day one.
Infine, gli appuntamenti già segnati sul calendario sono quelli dai quali sarà finalmente legittimo aspettarsi tanto: se a giugno non ci è stato ancora detto cosa attenderci all’infuori del fatto che non ci confronteremo con un Inside Xbox – presumibilmente scopriremo Xbox Series S, nonché prezzi e date di lancio delle due piattaforme –, a luglio scenderanno in campo i first-party guidati da Halo Infinite di 343 Industries, Double Fine Productions, Obsidian Entertainment e Ninja Theory.
Questi sono soltanto i nomi confermati di una batteria pronta a fare fuoco lungo tutto l’arco della prossima generazione, e in loro presenza non si dovrà sbagliare perché per la qualità del loro impegno passerà uno degli snodi più importanti nella sfida tra Xbox Series X e PS5.
Il primo appuntamento con la next-gen è stato un colpo sparato a salve, senza troppi giri di parole, e per le prossime tappe di avvicinamento al lancio delle prossime PlayStation e Xbox i rispettivi platform owner hanno una mole notevole di compiti a casa da svolgere. Capire bene come trasmettere il valore delle nuove console, e in definitiva trasmetterlo nella maniera più sincera possibile a cominciare dalla proposta di tanto gameplay, dovrà essere la reazione necessaria per dare quel colpo di reni che serve in tempo per l’uscita di fine anno.