PlayStation Classic | Per Me è “No”
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a cura di Adriano Di Medio
Redattore
Informazioni sul prodotto
- Produttore: Sony
- Piattaforme: PS4 , PS2 , PSX
- Generi: Tech
- Data di uscita: 3 dicembre 2018
È capitato a tutti, ma non abbiamo mai avuto il coraggio di ammetterlo a voce alta. Quel videogioco, quell’iniziativa, quell’evento, quell’annuncio che non ci dava che uno strisciante senso di disagio. Che nonostante l’apprezzamento da parte di critica e l’entusiasmo da parte del pubblico in voi non suscitava grandi speranze. Che anche riconoscendone gli oggettivi pregi e meriti, non riuscivate proprio a farvelo piacere. E l’unica frase che vi veniva in mente (ma che non avete mai avuto il coraggio di dire) era Per Me è “No”. E tale si intitola questa rubrica, tra le prime a comparire nel nuovo corso di questo sito. Opinioni personali, che in quanto tali possono essere contestate ma che hanno importanza per la loro capacità di aprire dialoghi e riflessioni costruttive su temi attuali. Inauguriamo il tutto con l’argomento più scomodo del momento: PlayStation Classic.
Radici grigie
PlayStation Mini, PlayStation Classic, in qualunque modo vogliate chiamarla. Dal suo annuncio pochi giorni fa, ha dominato le conversazioni sulla fetta di web che parla di videogiochi. Per riassumere: Sony lancerà alla fine di quest’anno (il 3 dicembre per la precisione) una replica in miniatura della sua prima console. Stiamo parlando di quella PlayStation che tanto è rimasta nel cuore anche di chi non l’ha vissuta. E lo voglio specificare subito: per quanto mi riguarda ne ho avuto esperienza diretta. PlayStation è stata la mia prima console, quella su cui ho imparato a cogliere i significati nascosti dietro a ciascun videogioco. È stata teatro di infiniti allenamenti e di definizione dei gusti, a contatto sia coi grandi classici che con prodotti assai meno popolari, ma per quanto mi riguarda tutti rigorosamente originali. È quindi una console a cui sono legato, che conservo funzionante e su cui ancora recupero opere di nicchia come i porting delle avventure grafiche o qualche JRPG di cui si è persa memoria. Ma anche a livello più “mondano”, praticamente chiunque sia nato dagli anni Ottanta alla fine dei Novanta ha visto questa console e ha fatto i conti, magari neanche avendo l’età giusta, con l’incredibile ondata di progressismo che portava. Perché PlayStation era inesperta e poco atletica (faticava a gestire pienamente il 3D), ma voleva essere per tutti e di tutti. Anche a costo di sembrare provocatoria o di cattivo gusto, voleva far capire che quel “poco” che aveva era malleabile e adattabile. Come poter pretendere di comprimere tutti questi significati senza trascendere (o direttamente puntare) sulla brutale nostalgia?
Anche storicamente, i fattori che hanno permesso alla PSX di vincere sono riducibili a due: i supporti di memoria e l’accessibilità. Ai tempi il CD era un formato relativamente nuovo ma che aveva dalla sua un costo irrisorio e una capacità di immagazzinamento gigantesca. Tanto che spesso gli sviluppatori, per quanti sforzi facessero, non lo riuscivano a riempire. Tanto per fare un esempio: MediEvil occupava poco più di 300 MB, meno della metà dello spazio disponibile.
L’altro fattore di successo di PSX era invece di valore più squisitamente economico. Sony fece per i tempi una mossa molto intelligente: pretese delle royalties irrisorie apposta per invogliare il maggior numero di creativi possibili a lavorare sulla loro piattaforma. Tanto che ai tempi (1997) venne pubblicato anche il Net Yaroze, un kit di sviluppo per amatori e universitari che permetteva la creazione casalinga di software da far girare poi sulla console.
Se la nostalgia è troppo canaglia
La finestra per il lancio della Classic è scelta per il fatto che proprio venticinque anni fa tale prima PlayStation (conosciuta anche come PSX) debuttò sul mercato. La versione miniaturizzata sarà grande poco meno della metà dell’originale, e conterrà 20 videogiochi completi e due controller. Per il software, al momento in cui scrivo i confermati sono Final Fantasy VII, Ridge Racer Type 4, Jumping Flash, Wild Arms e Tekken 3. Tutti titoli oggettivamente storici, e in particolar modo non potevano lasciarsi sfuggire FFVII. Tralasciando le facili ironie sul fatto che probabilmente nemmeno stavolta vedremo Cloud, Tifa e Aeris parlare in italiano, è stata la loro avventura a orientare il pubblico verso la “debuttante” convincendo milioni di persone ad abbandonare il dominio di Nintendo. Ancora una volta: siamo sicuri che si possa sintetizzare tutto questo in soli venti videogiochi? O più banalmente si sta puntando solo alla nostalgia?
E anche ammettendo che è appunto solo nostalgia, quanto converrebbe un recupero? La PlayStation originale ha avuto la sua parte di riedizioni e di prolungamento della vita, dalla piccola PSOne alla retrocompatibilità su PS3. Tutti grandi successi di cui ancora adesso è in circolazione una quantità sorprendente di esemplari a prezzi abbordabilissimi. Non neghiamo che sia un paragone ai tempi già fatto anche quando Nintendo inaugurò questo filone del “mini-gaming”, ma lì la difficoltà stava nel recuperare il software. La differenza di PlayStation Classic con NES e SNES Mini sta tutta qui: la forma originale di quanto proposto dalla piccina grigia oggi è tutt’altro che irrecuperabile, anche (ma non solo) per banale età.
Grandi assenti?
La questione numerica diviene però banale quando si pensa a come, almeno per ora, la Classic si aggiudichi alcuni nomi particolarmente altisonanti ma allo stesso tempo ne manchi visibilmente altri. Possiamo però spiegarlo a livello istintuale: da anni molte proprietà intellettuali famose di quell’epoca sono state ridistribuite un po’ ovunque o hanno subito (o subiranno) remake. Ciò potrebbe spiegare l’assenza di nomi oggettivamente importanti come Crash Bandicoot, Spyro o il già citato MediEvil. Ancora più curioso che ad essere pubblicizzato come videogioco di corse sia proprio Ridge Racer, e che invece (almeno finora) non si sia accennato niente su un ipotetico Gran Turismo 2. Potrebbe essere anche qui una citazione, in quanto il primissimo Ridge Racer (1993) fu titolo di lancio proprio per la PlayStation.
Ma forse il problema da un punto di vista software potrebbe essere un altro. Aver specificato da subito che i titoli giocabili saranno “solo” venti contrasta visibilmente con lo sterminato catalogo che la “grigia” ha accumulato nei suoi anni di vita. L’ipotesi più accreditata è che siamo sui duemila titoli, ma secondo me sono molti di più. Dai già accennati porting da PC a quelli pubblicati solamente in una sola regione del mondo, c’è spazio per chiunque abbia solo una minuscola vena collezionistica. Il pubblico stesso a cui tale console dovrebbe (almeno in teoria) rivolgersi hanno già tutto quello che tale PSX Mini propone, recuperato ai tempi e rigiocato tranquillamente anche su PlayStation 2.
Resta da vedere però quanto di tutto questo sarà vero. Nintendo un anno fa ebbe l’idea di inserire un “extra” all’interno del suo SNES Mini, quello StarFox 2 completamente inedito. Può anche essere che Sony si stia riservando a sua volta una simile sorpresa. E non avrebbe neppure bisogno di scavare troppo: proprio in virtù che la console era “aperta a tutti”, i progetti cancellati, incompleti o addirittura praticamente completi abbondano. Considerando che per adesso questa PlayStation Classic non pare avere un’impostazione “family-friendly”, per questo fantomatico inedito si potrebbe anche optare per prodotti più oscuri e di nicchia. Chissà se alla fine non venga scelto proprio il controverso Thrill Kill, sfiduciato all’ultimo e mai pubblicato. Tutte cose che, anche fermo rimanendo che ci sono ancora quindici posti “vacanti”, danno da pensare e non poco. Il tutto abbinato al fatto che i Dual Shock potrebbero arrivare in un secondo momento, magari a parte.
Il passato è importante, ma le pagine?
E infine, l’incombenza peggiore. Che nonostante il senso del “didattico” e della legittimazione “morale” di una pratica da sempre grigia come l’emulazione, che questa console non sia altro che una pillola indorata nei confronti di un argomento che per tutta questa generazione è stato l’elefante nella stanza: la retrocompatibilità. Questa ottava generazione, specialmente su PlayStation 4, è stata particolarmente foriera di riedizioni delle generazioni precedenti, da PS3 a PS2. Ancora adesso vi sono dei dubbi riguardo il futuro di una (ipotetica) PlayStation 5 e quale sarà il suo supporto. Quello che però potrebbe lasciar intendere questo formato è la volontà di chiudere col passato e relegarlo solamente a dei pezzi “da esposizione”, quando in realtà sono ancora troppo “giovani”.
Intendiamoci, penso che con questa storia Sony voglia dare anche un altro segnale, quello del volersi unire all’onda della cosiddetta emulazione “legale”, ovvero legittimata dall’editore. Dopo la Nintendo vi si sono lanciati un po’ tutti, dal Mega Drive al C64, fino al futuro mini-cabinato Neo Geo. Ma anche qui, la cosa si scontra con gli anni precedenti: Sony ha più volte ridistribuito in digitale (e stavolta a prezzi ancora più stracciati) tutti i videogiochi più importanti della prima PlayStation. È sufficiente ricordare solo un nome: la categoria Classici PS1 sul PSN. Paradossale come le remastered così acquisiscano più senso di prima.
Badate, non nego che PlayStation Classic possa anche avere dei risvolti positivi. Volendo essere il più ottimisti possibile, avrebbe una funzione anche “didattica”. Permetterebbe di capire ai neofiti di oggi, ovvero coloro avvicinatisi al mondo videoludico solamente con la settima generazione, da cosa nasce il loro gaming. Un impegno lodevole, ma costoro che interesse potrebbero avere nel recuperare una console “macchina del tempo” quando hanno ormai a disposizione il fotorealismo di PS4 e One abbinato alla mobilità della Switch? Che incentivo avrebbero nel sedersi e passare sopra ai limiti di una console con due decenni sulle spalle, quando videogiochi di neanche dieci anni fa per loro sono già “vecchi”? L’unico modo perché ciò avvenga è appunto una funzione didattica, che vengano affiancati da un parente (genitore, fratello maggiore o altri), magari con la frase fatta “guarda a cosa giocava papà quando aveva la tua età”. Ma si sa, un simile atteggiamento di solito sortisce l’effetto contrario.
Alla fine, e pur con ancora poche informazioni in nostro possesso, cosa potrebbe essere PlayStation Classic? Non potremo mai saperlo del tutto finché non l’avremo tra le mani. Ora come ora rimane un’operazione nostalgia, che in quanto tale punta a un pubblico ben preciso che brama il “manufatto di lusso” da esporre accompagnandolo a un giusto giubilo. Riconosco comunque che la cosa potrebbe migliorare, e se davvero Sony volesse far scoprire o rendere più accessibili titoli oggi difficilmente recuperabili (uno per tutti: Legend of Dragoon) non esiterei a ricredermi. Ma se non sarà così, alla fine potremmo semplicemente ricondurre PlayStation Classic a un’idea regalo: bella da ricevere e da “farsi”, ma destinata a perdere se si dovesse scegliere tra lei e qualcos’altro. Quindi mi dispiace Sony, ma stavolta per me è “No”.
Voto Recensione di Playstation Classic - Recensione
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