PlayStation 5 | Video Recensione - Naturale evoluzione
La rivoluzione di PlayStation 5 è in realtà la naturale evoluzione del concetto di gaming di casa Sony: la prossima generazione dei videogiochi passa da qui e nella nostra video recensione ve la sveliamo nel dettaglio
a cura di Stefania Sperandio
Editor-in-chief
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Sony
- Produttore: Sony
- Distributore: Sony
- Data di uscita: 19 novembre 2020
Per gli appassionati che sono abituati da tanto tempo a giocare su console, l’arrivo di una nuova generazione è un evento epocale: si tratta di quel checkpoint che scandisce l’inizio di una nuova era, che aiuta a dividere mentalmente le ere geologiche del videogioco, perché a ogni rinnovata gen si sono accompagnate migliorie ed evoluzioni del concetto stesso di videogiocare. Un tempo si trattava della corsa al fotorealismo, poi ci siamo arricchiti di servizi online e distanze azzerate. Oggi, all’alba di PlayStation 5, la next-gen è soprattutto negli intenti di sposare i videogiochi che verranno a un’esperienza utente più attenta e (soprattutto) rapida.
Su questo concetto Sony ha costruito interamente la sua prossima console, in uscita in Europa il 19 novembre: partiva da PlayStation 4, una piattaforma che ha ottenuto una fetta di mercato al di là di qualsiasi più rosea aspettativa, e che dal 2013 a oggi è stata in grado di fornirci videogiochi che sono andati da Knack a The Last of Us - Part II e Ghost of Tsushima. Una parabola ascendente che grida al mondo che la casa giapponese ha colto nel segno in quello che doveva fare: proporre grandi giochi.
PlayStation non aveva bisogno di rivoluzioni e di sconvolgimenti di ogni sorta: un concetto che Sony, controller alla mano, ci ha dimostrato di avere chiaro in mente, ma che ha curiosamente contraddetto nelle scelte di puro design. Il motivo è presto detto: a vederla, al primo impatto, con il suo corpo e le sue forme peculiari, PlayStation 5 sembra una console di rottura con il passato. A viverla, invece, parliamo della naturale evoluzione di tutto quello che abbiamo vissuto in PlayStation 4.
Rompere gli schemi
Il design di PlayStation 5 ha diviso la community fin dall’inizio: la scelta del bianco, di rottura con tutte quelle precedenti (il massimo che si era osato era il grigio sulla capostipite), le sue dimensioni estremamente generose e un rivoluzionato controller, DualSense, hanno diviso gli appassionati tra chi ha apprezzato il colpo d’occhio e chi no.
Parliamo a tutti gli effetti di una macchina alta 39 cm e che appare tutt’altro che sottile nei suoi accenti fisici, ma la sensazione è che, ormai a parecchi giorni di distanza dal nostro primo impatto, vi abituerete abbastanza presto alla sua stravaganza. Rimarrà, per alcuni, il grattacapo di trovarle una buona disposizione — apprezziamo per questo la possibilità di disporla anche in orizzontale, prevista da Sony, sebbene sia palesemente disegnata per stare in verticale — ma una volta fatto e dopo i primi due o tre giorni in cui, entrando in ufficio, sobbalzavamo ogni qualvolta vedessimo la nuova arrivata troneggiare sulla scrivania, diventerà semplicemente parte del vostro media center. Una vistosa, peculiare e inconfondibile parte del vostro media center, il che era palesemente negli intenti del produttore.
La scelta divisiva nel look compiuta da Sony è una da arbiter elegantiae: allontanandosi da qualsiasi imposizione degli stili attuali, perfino da quelli precedenti ricercati dalla casa giapponese, PS5 rimarrà senza ombra di dubbio nell’immaginario di tutti, dopo che la vedranno di persona per la prima volta.
La sensazione è che il tutto sarebbe riuscito ancora meglio se fosse stata più contenuta nelle dimensioni, tenendo inalterato il suo design ad ali bianche in contrasto col corpo centrale nero — ma il suo volume è un sacrificio che abbiamo accettato più di buon grado, quando abbiamo potuto vedere la macchina in funzione.
L’esperienza su PlayStation 5
Ray-tracing, FPS, HDMI
Chiusa la parentesi sul design e il colpo d’occhio, che sono argomenti della primissima ora, ci concentriamo su quello che più di ogni altra cosa conta per gli appassionati: l’esperienza di gioco. La scheda tecnica di PlayStation 5 ci parla di un hardware sensibilmente avanzato rispetto alla generazione precedente, e le possibilità offerte da questi passi in avanti sono state tradotte da Sony in una maggior scalabilità.
Componente | Specifiche |
---|---|
CPU | x86-64-AMD Ryzen™ “Zen 2”8 Core fino a 3,5 GHz |
GPU | basata su AMD Radeon™ RDNA 2, Ray Tracing Acceleration, frequenza variabile fino a 2.23 GHz (10.3 TFLOPS) |
Memoria | GGD6 16 GB con larghezza di banda da 448 GB/s |
SSD | 825 GB con larghezza di banda di 5,5 GB/s (raw) |
Lettore ottico | Ultra HD Blu-ray (66G/100G)~10xCAVBD-ROM (25G/50G) ~8xCAVBD-R/RE (25G/50G) ~8xCAVDVD ~3.2xCLV (solo nella versione standard) |
Output video | HDMI™ OUT, support per TV in 4K 120Hz TVs, 8K TVs, VRR (con HDMI ver.2.1) |
Alimentazione | 350W (standard), 340W (Digital) |
Input e Output | USB Type-A (Hi-Speed USB), USB Type-A port (Super-Speed USB 10Gbps), x2USB Type-C® port (Super-Speed USB 10Gbps) |
Supporto per giochi | Ultra HD Blu-Ray fino a 100 GB (solo standard) |
Come vi abbiamo spiegato nella nostra video recensione di Marvel’s Spider-Man: Miles Morales, potete ora giocare approfittando del ray-tracing — un effetto grafico che impreziosisce il tracciamento degli effetti di luce e dei loro raggi, restituendo un’immagine più ricca, ma anche sensibilmente più pesante da elaborare — e dei 4K nativi, ma con dei compromessi.
Le nostre valutazioni possono ovviamente limitarsi ai soli giochi che abbiamo avuto modo di testare fino a ora: i 4K a 60 fps sono possibili a seconda dell’esperienza — lo sono in Astro’s Playroom, ad esempio, ma non in Miles Morales. Nel secondo caso, infatti, la console consente all’utente di scegliere se favorire qualità dell’immagine o frame rate: dando priorità a quest’ultimo il gioco girerà a 60 fps e i 4K diventeranno upscalati da una risoluzione più bassa, mentre favorendo la qualità dell’immagine giocherete in 4K nativi, con ray-tracing attivo e 30 fps.
Quanto emerge, insomma, è che lo standard per il massimo dettaglio grafico in esperienze che propongano un open world con tanti oggetti a schermo contemporaneamente, come nel caso di Miles Morales (che nasce cross-gen, ricordiamo), si assesterà sui 30 fps, complice anche il peso del ray-tracing sulle performance. Si tratta di valutazioni che potremo affinare ulteriormente solo con prove di giochi che arriveranno in futuro, ma anche nel caso di Devil May Cry 5 Special Edition — adattamento di un gioco old-gen — l’aumento del frame rate chiede prima di tutto il sacrificio del ray-tracing, anche quando il gioco gira a 1080p (ossia sempre, almeno per il momento in cui scriviamo questa disamina).
Lo standard imposto della next-gen non sembra destinato a essere quello dei 4K e 60 fps con ray-tracing, insomma, ma ci troviamo di fronte a esperienze più scalabili che consentono all’utente, nei limiti di quanto consentito dall’hardware, di dare priorità a quello che gli preme di più. L’idea che ci siamo fatti è che tanti giocatori console, da tempo abituati a molte esperienze a 30 fps, rimarranno piacevolmente colpiti dalla stabilità degli 60 fps, laddove attivati, al punto che difficilmente vorranno tornare indietro.
Per quanto concerne il ray-tracing, invece, il suo apporto arricchisce sicuramente l’immagine, ma si tratta di dettagli che fanno più che altro da orpello (esattamente come su PC), senza avere un impatto sull’esperienza di gioco, tout court. I riflessi dell’ambiente circostante sui grattacieli di Manhattan in Marvel’s Spider-Man: Miles Morales, che sostituiscono l’immagine statica altrimenti presente senza ray-tracing, senza ombra di dubbio rendono il mondo di gioco più vivo e d’impatto, ma l’esplorazione, i combattimenti e le imprese epiche a 60 fps fanno sentire molto di più il peso della next-gen.
È proprio qui che si inserisce la discussione relativa al cavo HDMI in dotazione nella confezione della console: i motivi di confusione di questi giorni sono legati al fatto che il cavo rechi la dicitura “High Speed HDMI” e non “Ultra High Speed HDMI”, mostrandosi così come un 2.0 nonostante sia un 2.1. Al di là del fatto che prima di oggi non fosse possibile parlarvi di performance e analisi tecniche su PlayStation 5, la conclusione a cui siamo giunti è che per i videogiocatori sarebbe abbondantemente stato sufficiente un cavo HDMI 2.0.
La larghezza di banda fino a 18 Gbps, infatti, permette di trasmettere dati fino a 4K e 60 fps, HDR compreso (e può anche trasmettere gli 8K, con Hz più bassi). Di contro, il cavo HDMI 2.1 ha una larghezza di banda fino a 48 Gbps, che significa che potrete avere 8K@60 e 4K@120 senza preoccupazione alcuna. Realisticamente parlando, si tratta di una overkill, perché fatichiamo a immaginare, da qui a una bella manciata di anni, qualsivoglia videogioco su PS5 che possa davvero necessitare di girare a 4K e 120 con HDR attivo — e vale anche la pena notare che, senza HDR e con codifica del colore a 8-bit, 4K e 120 Hz si potrebbero raggiungere anche con i 18 Gbps dell’HDMI 2.0.
Al di là di queste riflessioni, è ottimo che Sony abbia deciso di includere il più recente standard HDMI, in maniera tale da guardare al futuro (allo stato attuale sono purtroppo pochissimi i pannelli a 4K e 120 Hz) e di dare seguito con le sue dotazioni ai proclama che compaiono nella confezione di PS5, dove si parla esplicitamente di esperienze fino a 4K e 120 fps, oltre che di possibilità di arrivare fino a 8K.
SSD e tempi di caricamento
Uno dei grandi cavalli di battaglia di Mark Cerny fin dalla presentazione di PlayStation 5 è stato il suo SSD. Il supporto di archiviazione della console next-gen, in sintesi, dice addio alle imposizioni dei vecchi hard disk, con il risultato di un’esperienza promessa come estremamente più rapida, senza interruzioni e con tempi di caricamento che sono praticamente un ricordo. Parola mantenuta? Assolutamente sì.
Il supporto allo stato solido permette di avviare i giochi next-gen in modo fulmineo: abbiamo cronometrato 2 secondi (non per approssimazione, ma davvero 2 secondi) dal momento in cui abbiamo chiesto a Miles Morales di caricare la partita a quello in cui stavamo giocando. Gli avvii sono estremamente rapidi e permettono di dire finalmente addio ai tradizionali tempi morti, in cui fissavamo una schermata di caricamento interrogandoci sul senso della vita e sul fatto che sia nato prima l’uovo o la gallina.
Questo favorisce anche l’esperienza in-game: non si notano caricamenti improvvisi delle texture, non sono presenti pop-in di sorta e le immagini girano in modo immediato.
L'unicità di DualSense e il controller in prospettiva
Laddove PlayStation 5 dà davvero la sensazione di qualcosa di nuovo, che suonerà tale anche a chi già da tempo giocava su un PC dotato di un SSD, è nel suo controller DualSense. Le possibilità evidenziate da Astro’s Playroom, videogioco pensato appositamente per mostrare a trecentosessanta gradi quanto la periferica possa essere comunicativa, sono straordinarie e ricchissime.
Il feedback aptico aggiunge una nuova profondità alla vibrazione in-game, che era rimasta piuttosto ancorata agli stilemi del passato, dalla sua introduzione in poi. Sentire la pioggia che picchietta sul controller, accompagnata anche dai feedback sonori emessi direttamente dall’altoparlante di DualSense, è una delle sensazioni più next-gen che abbiamo avuto fino ad ora — a maggior ragione quando la tempesta si è ingrossata ed è diventata violenta grandine.
Se le sensazioni tattili date dall’impugnatura e dalle sue vibrazioni aprono nuovi scenari per i feedback da dare all’utente, il discorso è altrettanto valido per i grilletti adattivi: i tasti L2 e R2 hanno normalmente una corsa lunga e morbida, come da tradizione. Tuttavia, gli sviluppatori possono programmarne la resistenza per determinati momenti specifici: accade così che tendere un arco in Astro’s Playroom indurisca il grilletto, a simulare l’elasticità dell’arma. Accade che tirare una leva renda L2 particolarmente duro da premere, per farci sentire lo scatto del meccanismo che si aziona in-game; accade che piegare una molla dia una sensazione di resistenza prima e di elasticità poi, quando lasciamo andare il grilletto.
I campi di applicazione possibili possono essere limitati solo dalla creatività dei designer che ci guideranno nella nuova generazione, e che avranno l’onore e l’onere di coinvolgere in un modo tutto nuovo anche il tatto del giocatore, proiettandolo nelle loro opere a tutto tondo.
La grande incognita, in questo caso, è rappresentata dalla misura in cui saranno sfruttate queste novità: se Astro’s Playroom, per sua stessa vocazione, è il trionfo degli input che arrivano da DualSense, Miles Morales riduce questi segnali ai minimi termini, limitandosi a qualche vibrazione qua e là e a un minimo di elasticità (e all’effetto sonoro dal controller) mentre ciondolate sulle vostre ragnatele. La speranza è che si tratti di una scelta obbligata dalla natura cross-gen del titolo e che future produzioni, davanti a tutte quelle first-party, riescano a far esprimere al meglio un linguaggio ancora ai suoi rudimenti e tutto da scrivere. Se dovesse non curarsene Sony, chi dovrebbe, allora?
Nonostante i maggiori feedback forniti all’utente, la batteria di DualSense ha una durata che abbiamo trovato generosa: dopo la sua prima carica, abbiamo giocato per nove ore prima che ci venisse notificato il basso livello di batteria e per quasi undici ore prima che il controller si spegnesse del tutto. Il nostro test si è svolto mantenendo le impostazioni di default su vibrazione e feedback aptici, ma potrete anche decidere di renderli più delicati, qualora per qualche motivo vi infastidissero.
Archiviazione e peso dei giochi
Cerny aveva anticipato che, grazie alla velocità dell’SSD e all’accesso rapido ai suoi dati, gli sviluppatori possono ora fare a meno anche degli asset “sdoppiati” che avevamo su hard disk: in alcuni casi, infatti, per richiamare un oggetto dalla posizione più vicina questo veniva ripetuto nei file di gioco (un lampione in Marvel’s Spider-Man magari era presente cento volte nei file di gioco, qui solo una). Secondo l’ingegnere questo avrebbe garantito un peso minore per i giochi: la cosa è vera da un punto di vista concettuale (Miles Morales pesa meno su PS5 che su PS4), ma le dimensioni dei titoli rimangono comunque generose, superiori ai 40 GB per quanto abbiamo potuto vedere fino a oggi.
Lo spazio libero su PS5 alla prima accensione è pari a 667,2 GB, di cui 10 GB circa occupati da Astro’s Playroom. Questo significa che dovrete installare oculatamente i vostri giochi, come avevamo anticipato in una nostra riflessione in tempi non sospetti, se siete tra coloro che ne tengono tanti contemporaneamente, magari perché impiegherebbero tanto tempo a riscaricarli per via della loro connessione.
Nel nostro caso, abbiamo esaurito lo spazio a nostra disposizione svolgendo i test con una decina di giochi installati (tra cui alcuni giganti AAA come Red Dead Redemption II con i suoi 113 GB, The Last of Us - Part II, che da solo sfonda il muro dei 90 GB, o Days Gone e Death Stranding), prima che PS5 chiedesse di liberare qualche GB per avviare ulteriori download.
Il problema vi tangerà tanto quanto siete abituati ad avere una dashboard piena di giochi da avviare con un click: se siete tra coloro che scaricano un titolo, lo finiscono e lo cancellano, non avrete mai di che preoccuparvi. Se, invece, tenete insieme tanti giochi, magari per testare degli aggiornamenti che sapete essere in arrivo (una cosa che la sottoscritta ha fatto con la nuova difficoltà di TLOU II, ad esempio), dovrete fare una gestione più oculata dello spazio, perché vi starà stretto.
Avrete comunque la possibilità di estendere l’archiviazione della vostra console: se per quanto riguarda i giochi PS5 avrete bisogno di averli sull’SSD nativo o su un SSD aggiuntivo che mantenga gli standard NVMe PCIe 4.0 (e quindi abbastanza costoso, ma la feature non è possibile al lancio), per i giochi PS4 potete ricorrere a una hard disk esterno con USB 3.0. Potrete formattare qualsiasi unità di archiviazione esterna direttamente dalla console, a patto che sia, come precisato 3.0 e che disponga di almeno 250 GB di spazio totale. Una volta fatto, PS5 vi dà la possibilità di trasferire lì le installazioni dei vostri giochi PS4, senza che la libreria della retrocompatibilità vada a oberare lo spazio interno della console.
Abbiamo osservato, almeno per ora, la necessità di trasferire prima i giochi su SSD per farli notare a PS5, per poi ri-trasferirli sull’hard disk esterno e poterli eseguire da lì, ma immaginiamo si tratti di un inciampo che sarà in caso corretto con ulteriori aggiornamenti di sistema. Non è invece possibile spostare in alcun modo i giochi PS5 sull’hard disk esterno: nell’apposita schermata, non vengono semplicemente mostrati tra le selezioni possibili.
Retrocompatibilità
Facciamo solo un rapido e velocissimo cenno alla retrocompatibilità, alla quale dedicheremo una disamina più approfondita nei prossimi giorni. Abbiamo testato diversi titoli PlayStation 4 sulla console e, sebbene in diversi casi i tempi di caricamento si accorcino, sono ancora presenti. Non immaginate, quindi, che i giochi PS4 eseguiti da PS5 possano guadagnare la rapidità di cui vi abbiamo parlato per Miles Morales.
È possibile osservare dei miglioramenti anche in giochi ancora senza patch: il caso di Control, diventato proverbiale per i problemi di stuttering che aveva su PlayStation 4 base e che non erano del tutto dimenticati su PS4 Pro, non ha avuto singhiozzi durante la nostra prova su PS5. Abbiamo testato anche Days Gone, gioco che come comunicatoci da Sony aveva già ricevuto la patch per l'ottimizzazione con PlayStation 5: il risultato è stato che gira solidamente a 60 fps, ma i tempi di caricamento per quanto più brevi ci sono ancora e sono moderatamente sostenuti.
Dissipazione e rumorosità
Uno dei grandi crucci degli utenti PlayStation 4 è il fatto che la console, che sia standard o che sia Pro, è rumorosa ogni oltre ragionevole dubbio. Si tratta di una problematica che anche Sony non nasconde, considerando quanta importanza abbia avuto la dissipazione nel design di PS5, come evidenziato nel teardown ufficiale.
L’aver optato per un corpo così generoso per far spazio a una grande ventola e aver riempito di prese d’aria la console ha pagato? PlayStation 5 è silenziosa rispetto a PS4? La nostra risposta è sì.
La dissipazione dell’aria calda è affidata completamente alle tantissime bocchette posteriori, motivo per cui vi raccomandiamo di tenere la console con dello spazio libero alle spalle, e non abbiamo notato particolari surriscaldamenti, nemmeno dopo sessioni intorno alle dieci ore. La parte posteriore e inferiore, su entrambi i lati, è quella su cui è possibile percepire maggior calore poggiandoci contro le mani, ma non stupisce nessuno dal momento che è quella dove è alloggiato l’alimentatore da 350 W.
In merito alla rumorosità, invece, la ventola di PS5 da 120mm svolge molto bene il suo lavoro: mentre è all’opera si sente appena e gli unici rumori che abbiamo sentito nitidamente sono stati, in alcuni casi, un lieve stridio dall’SSD all’opera (soprattutto in fase di scrittura con delle installazioni o di avvio di un gioco) e il suono del lettore blu-ray, per ovvi motivi di rotazione fisica del disco inserito. Si tratta, in questo caso, di un passo in avanti importante rispetto alla rumorosità della sorella maggiore, perché in alcuni momenti non vi accorgerete che PS5 è accesa.
L'esperienza utente di PlayStation 5
La naturale evoluzione di PlayStation 4
L’interfaccia utente di PlayStation 5, è senza troppi giri di parole, la naturale evoluzione di quella di PlayStation 4: la console si apre con una schermata che vi chiede di fare login sul vostro utente e mostra poi un mosaico orizzontale delle ultime applicazioni utilizzate. Tutto risulta da subito familiare e immediato, con alcune piccole novità.
La prima è il facile accesso alle impostazioni e al proprio profilo, mostrati in alto a destra della schermata: potete cambiare rapidamente le vostre impostazioni apparendo offline, ad esempio, così come potete accedere alle schermate da cui gestire ogni specificità possibile della vostra console — dalla connessione di rete all’output dello schermo.
Premendo il tasto PlayStation sul controller, invece, viene mostrato un menù aggiuntivo inferiore, dove sono subito accessibili le opzioni delle periferica (dati sulla batteria compresi), ma anche party recenti, opzioni di spegnimento, l’icona per il ritorno alla dashboard in caso siate in-game (con il gioco che si “ridurrà a icona”) e un simbolo che mostra il titolo più recente eseguito o in esecuzione.
Non è presente una funzionalità simile al Quick Resume di Xbox: non vengono tenuti aperti più giochi in esecuzione e anche andando sull’icona dello switcher rapido viene mostrato il gioco aperto e le altre due applicazioni recenti, su cui è possibile cliccare per rilanciarle, ma solo chiudendo quella già in esecuzione. Quando abbiamo provato a passare da Miles Morales a Devil May Cry 5, insomma, il primo è stato chiuso per lanciare il secondo.
Tra le altre opzioni in questo menù troviamo anche le notifiche, l’azione di spegnimento della console, l’accesso alla schermata dei download in corso, la gestione dell’eventuale musica in riproduzione o quella del microfono (anche quello integrato in DualSense). L’idea è che Sony volesse mettere a disposizione quante più opzioni possibili a una sola azione di distanza: un tocco sul tasto PlayStation per accedere alle funzionalità di solito più ricercate, evitando di dover scorrazzare troppo per i menù.
Accedere alle diverse opzioni riduce ai minimi termini i tempi morti ed è veloce e intuitivo, due aggettivi che riassumono bene il lavoro svolto da Sony sull’interfaccia — anche se chi si aspettava una vera rivoluzione, dopo PlayStation 4 e la sua UI, potrebbe storcere il naso.
Interessante la grande novità delle schede e delle attività, sia in-game che fuori, di cui Sony aveva accennato nel video dedicato alla UI della console: oltre a dare indicazioni sui Trofei ancora da sbloccare e a fornire video guide opzionali agli abbonati a PlayStation Plus, queste schede consentono anche di spostarsi rapidamente da un’attività all’altra, sfruttando appieno le capacità dell’SSD. Per farvi un esempio, dalla dashboard abbiamo visualizzato le attività di Miles Morales e, premendo su un incarico e selezionando la voce “riprendi”, il gioco è stato lanciato in una manciata di secondi direttamente dal gameplay, mettendoci nelle condizioni di lavorare subito a quell’obiettivo. Nessuna schermata iniziale, nessun titolo di testa: un click e ci siamo trovati a Manhattan.
Condivisione e accessibilità
Ci sono delle novità interessanti anche per quanto riguarda le possibilità di condivisione offerte dalla console. Il suo sistema interno, infatti, consente ora di catturare video sia in 1080p che in 2160p, anche se con dei compromessi: nel primo caso, infatti, potete registrare sia in MP4 che in WEBM, mentre nel secondo solamente in WEBM (un formato meno compatibile e che potrebbe dare qualche grattacapo di più ai video editor). Per chi vuole fare streaming senza una scheda di acquisizione, la console consente di arrivare fino a 1080p e 60 fps, ma si adatta a partire da 720p e 30 fps, in base alle vostre necessità.
Sono presenti anche diverse opzioni per l’accessibilità: potete ad esempio far leggere i testi su schermo a una voce automatica (anche per le chat con i vostri amici), potete invertire i colori o correggerli, cambiare le dimensioni dei testi della UI, riassegnare i pulsanti di DualSense (anche X e O, sì) e cambiare a piacimento resistenza dei grilletti e vibrazione. Potrete anche imporre delle impostazioni chiave a tutti i giochi compatibili (come l'attivazione dei sottotitoli o, in automatico, il livello di difficoltà, se presente). Da questo punto di vista, Sony ha sicuramente svolto un lavoro importante per assicurarsi che nessun giocatore possa rischiare di trovarsi scoraggiato di fronte all’esperienza proposta da PlayStation 5.
Ci sono anche delle opzioni per la sicurezza e per i filtri famiglia, tra cui la possibilità di impostare un pin in fase di accesso: non conoscendo queste quattro cifre, chi dovesse accendere la vostra console senza il vostro permesso non riuscirà ad arrivare alla dashboard.
Una macchina per giocare
Sebbene PS5 sia concepita come un “media centre”, visto il supporto ad app per l’home video e l’ascolto di musica, la sua interfaccia dà nitidamente l’impressione che la console voglia concentrarsi su quello che il marchio PlayStation sa fare meglio: farvi giocare ai videogiochi. È per questo motivo, ad esempio, che è stato davvero integrato un filtro spoiler che vi permette di oscurare tutto quello che non avete ancora visto in un gioco (PS5 lo identificherà dalle vostre progressioni) o quello che stato indicato come spoiler dagli sviluppatori, ad esempio nei messaggi privati che riceverete dagli amici.
Queste piccole attenzione pongono ulteriormente l’accento sul fatto che PlayStation 5 voglia offrire una comfort zone in cui i giocatori possano mettersi a loro agio e divertirsi senza essere distratti, se non lo vogliono, e soprattutto senza tempi di attesa caricamenti contro-intuitivi e sfiancati tra un menù e l’altro, PlayStation Store compreso.
Il risultato è quello di una UI che affina quello che c’era da affinare senza fare nessuna rivoluzione e mantenendosi coerente a quanto abbiamo visto nella generazione precedente: un modo per dare ai giocatori la sensazione di sapere fin da subito dove si deve andare a parare, anche se avremmo gradito che nella nuova voce Cerca, in alto a destra, comparissero anche i risultati per le impostazioni di sistema e non solo i giochi/gli utenti. In questo modo gli utenti in cerca di una voce presente in un sotto-menù che non riescono a identificare avrebbero avuto subito la loro risposta.
In conclusione: la PlayStation del futuro
La next-gen di PlayStation è arrivata con un design fuori dagli schemi che voleva segnare una rottura con il passato: vivendo la console, tuttavia, appare evidente come la rivoluzione estetica di Sony si traduca in un moto di evoluzione guardando ai dettagli che davvero contano, ossia quelli dell’esperienza di gioco e dell’esperienza utente.
In tutto questo, PS5 è l’erede designata di PlayStation 4 e ne condivide in modo evidente buona parte della mappatura genetica: i riferimenti sulla scatola che parlano di esperienze a 4K e 120 fps sono destinati a rimanere dei proclami ancora per un po’, perché ora come ora l’attivazione di effetti next-gen come il ray-tracing richiede di rinunciare a frame rate che superino i 30 fps, mentre orientarsi sui 60 fps chiede di contro di rinunciare al ray-tracing e in alcuni casi al 4K nativo.
Il risultato sono performance di gioco sensibilmente migliorate rispetto a quelle della generazione precedente, ma che lasciano nelle mani dell’utente la decisione su dove disporre la coperta a disposizione — che sarà corta per chi si aspettava di saltare su una nuova generazione dove i 4K e 60 fps con ray-tracing potessero essere “la base” dell’esperienza.
A essere complici dell’esperienza next-gen sono soprattutto la sensazione di immediatezza data dall’SSD, che è un vera ventata di aria fresca per il gaming su console, e le potenzialità messe in mostra da DualSense, che ora attendiamo di vedere all’opera su future produzioni che non siano cross-generazionali. A questo, si accosta l’obiettivo raggiunto di una macchina che alla stravaganza del suo form factor affianca la discrezione dei suoni che emette, a tratti impercettibili, grazie a una dissipazione e a un sistema di raffreddamento che ha avuto la precedenza su qualsiasi altra cosa nelle scelte di Sony — e a buon motivo.
La nuova generazione di Sony, la filosofia che ci accompagnerà per i prossimi proverbiali sette anni, è quella di proporre miglioramenti mirati con un obiettivo chiarissimo in mente: non devi fare niente di eccezionale, se vuoi che tutto rimanga così com’era. E il “così com’era”, per Sony, è un mercato sul quale ha una avuto un controllo indiscusso e un forte appeal per tutta la generazione PS4, forte anche di un’offerta ludica che non ha trovato pari, nemmeno alla lontana, nelle proposte della concorrenza.
La somma di queste parti è una console che è nei fatti una PlayStation 4 molto più potente, molto più silenziosa, dotata di un eccellente SSD: nessuno stravolgimento nei concetti e nelle idee, ma un arricchimento di quelle collaudate e apprezzate dal pubblico, con i videogiochi che rimangono al centro di tutto e di fronte alla validità dei quali — quando quella validità c’è — i confronti tra schede tecniche perdono rapidamente di appeal.
La possibile variabile del fattore rivoluzione è rappresentata invece da DualSense: senza il bisogno di prendersi nessun rischio né di sperimentare, nella comfort zone di oltre 115 milioni di PS4, Sony ha invece deciso di prendersi rischi e sperimentare per inseguire una nuova via sensoriale del coinvolgimento ludico. La misura di questa innovazione, però, ci verrà data unicamente dal tempo: se, come promesso, saranno tanti i videogiochi capaci di sfruttare in modo unico le capacità del controller, ricorderemo nel tempo PS5 come la prima console a introdurre l’esperienza tattile nel mondo dei videogiochi.
In attesa di scoprire se DualSense troverà tutti i campi di applicazione che può offrire, PlayStation 5 nella sua contraddizione di un look di rottura e di una filosofia di continuità è una console che strizza l’occhio agli amanti dei franchise di casa Sony, così come a tutti quei giocatori che — all’infuori che nel controller — quella “rivoluzione” della next-gen non la cercavano affatto: volevano solo un nuovo punto di approdo dove giocare per i prossimi anni, privo di tempi morti, più al passo con gli standard tecnologici attuali, più attento alle loro esigenze e dove potersi sentire a proprio agio comprando un singolo gioco per volta. Un punto di approdo che troveranno, senza ombra di dubbio, in PlayStation 5.
Se volete provare a prenotare PlayStation 5 in caso di nuove disponibilità, considerando che la console non sarà venduta nei negozi fisici al day-one (ma solo per chi non l'ha prenotata), tenete d'occhio la sua pagina su Amazon. A questo link, invece, le prenotazioni da Media World.