30 agosto 2018: la serie A è ricominciata, ci si avvicina alla terza giornata di campionato, Napoli e Juve occupano già la vetta della classifica e il 95% dei tifosi italiani ha concluso l’asta del Fantacalcio. Rimangono aperti invece i mercati europei, con alcuni trasferimenti in uscita dal nostro campionato e diversi rumors che ipotizzano stravolgimenti proprio per l’ultimo giorno disponibile, ovvero il 31 agosto.
La stagione calcistica 2018/19 è finalmente partita e Konami non se l’è proprio sentita di lasciare milioni di videogiocatori appassionati senza un titolo calcistico su cui poter sfogare un’infinita pausa estiva appesantita anche da un mondiale senza la nostra nazionale; così PES 2019 arriva nei nostri scaffali proprio il 30 agosto, con ben due settimane di anticipo rispetto ai propri standard degli anni passati e addirittura un mese di distacco nei confronti “dell’altro” titolo calcistico, unico rivale ormai da più di un decennio.
Chi frequenta abitualmente queste pagine avrà già avuto modo di vedere le nostre anteprime, basate su delle versioni ancora acerbe del gioco e soprattutto piuttosto diverse tra loro. A giugno, infatti, durante l’E3 di Los Angeles, il gameplay di PES 2019 ci aveva lasciato perplessi, si era mostrato impacciato e persino un passo indietro rispetto all’anno scorso. La prova di luglio ci aveva ridato grandi speranze e ancor più importante ci aveva divertito con una simulazione calcistica abbastanza solida, ma la prova del nove non poteva che essere quella di questi ultimi due giorni, nei quali abbiamo spolpato fino all’ultimo secondo la versione definitiva del gioco, orfana però dell’online e della corposa “day one patch” che costituisce a tutti gli effetti il rilascio ufficiale del gioco. Ci siamo concentrati quindi su gameplay e modalità offline, mentre tra qualche giorno potrete leggere approfonditamente anche riguardo gli altri aspetti post day one.
Prendeteci per folli, ma su tre prove questo è il “terzo gameplay” su cui mettiamo mano, una versione che sembra essersi evoluta proprio sulle lacune e sui feedback delle precedenti prove. La differenza principale la registriamo nelle difese, totalmente riequilibrate e ripensate attorno ad un IA più autonoma e un movimento dei centrali rivisto. Lo strapotere del pressing COM è stato annullato ed è, finalmente e giustamente, diventato un’arma a doppio taglio, con gli avversari pronti a scavalcarci con filtranti alti e uno due rapidi. In compenso, lasciare il controllo della propria difesa al COM non è più un’eresia e diventa anzi l’approccio più efficace, concentrandosi invece sul controllo diretto di un mediano difensivo nel tentativo di coprire gli spazi vuoti o chiudere le linee di passaggio. Ancora a spasso i terzini, con Konami che a quanto pare proprio non ce la fa a mettere una pezza a un problema che alle difficoltà più alte si riduce ma rimane comunque un punto debole delle fasi difensive, a favore o contro che sia.
In attacco invece si gioca di uno-due come al solito, ma non a difficoltà Superstar, dove finalmente il COM riesce a opporre una resistenza più solida seppur non invincibile: se prima però si arrivava facilmente in porta con tre o quattro scambi, oggi bisogna saper sfruttare il momento e il movimento giusto per chiudere con successo un triangolo. In generale i movimenti offensivi tornano a essere ben propositivi, studiati per suggerirci delle soluzioni di gioco anziché compassarsi nelle posizioni stabilite in attesa di un miracolo, ma soprattutto riflettono ciò che abitualmente si può vedere nel calcio giocato, quello vero.
Da questo punto di vista PES 2019 sbalordisce, raggiunge un livello di realismo mai visto prima in un videogioco in quasi ogni aspetto: movimenti, animazioni, tattiche, tocchi, fisica delle palla e dei contrasti, peso del pallone, colpi di testa; si potrebbe (e si può dire) che l’intero gioco è pensato per restituire la migliore simulazione calcistica possibile, anche a scapito del ritmo e della quantità di occasioni. Su una cosa infatti pensiamo tutti saranno d’accordo: PES 2019 è lento, molto lento, in un senso quasi positivo perché permette una manovra ragionata e uno sviluppo più realistico, ma la lentezza si sente. I passaggi e le animazioni viaggiano a una velocità quasi nulla, tanto che a volte capita di dover cambiare idea su cosa fare perché quella linea di passaggio che ci sembrava perfetta nel frattempo si è chiusa o quell’avversario non è più così lontano. Aumentare la velocità di gioco (ce ne sono quattro, noi abbiamo usato principalmente quella base) però spezza ogni incantesimo, perché a nostro avviso il gioco tende a ripresentare quella rapidità “da flipper” che rovina tutto quanto di buono c’è nel resto del gameplay, ritornando a una visione più arcade che semplicemente non funziona nel gioco.Una questione di farci l’abitudine, quindi, più che altro per imparare a gestire i finali di partita, dove la nuova “fatica visibile” continua a mietere vittime come avevamo visto nelle precedenti prove. Man mano che si stancano, infatti, i giocatori perdono reattività, faticano a tornare nelle loro posizioni, a scattare o a inseguire un avversario in fuga, per non parlare delle statistiche che registrano un crollo drastico. Sacrosanto in un gioco di calcio e personalmente apprezziamo che subentri un aspetto di gestione delle energie (penalizzando le squadre che corrono troppo), ma Konami ci va giù pesante e senza la dovuta attenzione si finisce a secco prima del 70esimo, con i propri giocatori piantati sul terreno e incapaci di imbastire qualsivoglia offensiva. Anche qui questione di abitudine dunque, ma nelle modalità a campionato (come la Master) bisogna organizzarsi con una rosa davvero ampia e fare turnover massiccio o si rischia di finire la benzina dopo cinque giornate.
In termini di modalità offline, dato l’addio alla licenza ufficiale della Champion’s League, PES 2019 punta tutto sull’intramontabile campionato Master e sull’ennesimo Diventa un Mito, che ci offre la possibilità di vestire i panni di un giocatore, creato o esistente, nel tentativo di portarlo al top del calcio mondiale e farlo diventare un campione. Purtroppo le gioie qui sono davvero poche: ancora una volta la modalità è anonima, si presenta come un semplice menù dove ogni tanto una schermata di testo ci dice se saremo in campo o meno, veniamo arruolati in una squadra provinciale random in base al ruolo e al campionato scelti e la propria titolarità (nonchè carriera) si basa sulle prestazioni in campo espresse dalla valutazione a fine partita. Non c’è modo di sapere il proprio voto live durante il match, nè di capire esattamente come vengono valutate le singole azioni in vista della pagella finale. Non ci sono sessioni di allenamento che permettono di guadagnarsi la fiducia dell’allenatore, e in caso si opti per ruoli non offensivi bisogna sperare di diventare comunque goleador per vedere crescere minutaggio e popolarità. Potendo controllare solo il proprio giocatore, infine, bisogna davvero introdursi nell’azione di gioco ed essere bravi a chiamare il pallone nel momento giusto, o si rischia di passare decine di minuti di gioco senza avere la possibilità di incidere in alcun modo: se si considerano la lentezza di cui sopra che sfasa un po’ i tempi, l’IA non sempre collaborativa e le presenze dalla panchina dove si ha appunto poco tempo, a volte il divertimento lascia il posto a qualcosa che non funziona. Il campionato Master, per il quale più volte erano state annunciate novità, onestamente si ripresenta identico all’anno scorso. Lo si può affrontare con un team esistente o lanciandosi nella classica sfida della squadra di giocatori scarsi inventati dal COM alla conquista del titolo a lungo termine, a suon di trattative e prestazioni tutte merito delle proprie abilità. Ancora una volta incidono lo spirito di squadra e i ruoli squadra, che influenzano il modo in cui il team gioca e l’effetto dei campioni sulle finanze in termini di sponsor attratti, biglietti al botteghino e vendite del merchandising; inedita la International Champions Cup, la competizione estiva più prestigiosa, mentre la promessa di portare migliorie sul sistema di trattative non è stata a nostro a parere completamente mantenuta.
Concludiamo spendendo qualche parola sulla cronaca di Caressa e Marchegiani, perchè se quest’ultimo fa il suo dovere, il cronista e conduttore di Sky Sport è autore di una prova che spezza terribilmente con il realismo abilmente creato dal resto della sceneggiatura e del gameplay. Il discorso di apertura della ICC è una delle peggiori letture di testo mai viste in un videogioco di calcio, con una flemma che cozza tantissimo con lo stadio in festa stracolmo; frasi come “avevate in programma di andare a vedere quel film con i sottotitoli in slovacco? e invece no, state vedendo questo match” ci hanno lasciato basiti, per non citare numerosi altri scambi con Luca che inoltre vengono pronunciati con toni, volumi e inflessioni incoerenti con il momento e l’argomento di discussione. Si può sempre giocare in muto, ma ci tenevamo a sottolineare ancora una volta un indizio di quella mancanza di cura per i particolari che già l’anno scorso avevamo percepito. Che sia per una cronaca infelice, per dei menù di gioco che non cambiano da tempo, per delle modalità che non vengono rinnovate o per una telecamera che oscura gli angoli del corner con la grafica del risultato, PES continua a presentarsi con un gameplay sempre migliore ma che sembra essere l’unico focus di Konami ogni anno, mettendo in mostra una superficialità reiterata edizione dopo edizione che riporta un po’ a terra un titolo che aspira e merita vette più alte.
– Gameplay simulativo e ben curato
– Graficamente incredibile
– IA estremamente migliorata
– Modalità offline vecchie e poco convincenti
– Nessun update significativo al di là del gameplay
– Telecronaca da rivedere
– Manca un po’ di cura per i dettagli
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Konami continua il suo percorso di maturazione fondato sul ciclo triennale: siamo al secondo anno e il risultato è maestoso, graficamente e in termini di realismo assoluto del gameplay. Il calcio espresso da PES 2019 è il più alto mai visto in videogame e gli aspetti da limare iniziano a diventare pochi, forse solo la lentezza e una gestione della fatica eccessivamente penalizzante. Il problema rimangono le modalità, per adesso quelle offline, sempre uguali e sempre imperfette, fossilizzate ormai da diverse edizioni, e la costante mancanza di cura dei dettagli che tiene sempre un po’ il freno a mano tirato su un gioco che vuole e deve decollare, nell’attesa di capire cosa possono fare le modalità online, che abbiamo appena iniziato a provare.