One Piece, un potenziale videoludico ancora acerbo - Speciale
L'universo di One Piece è una continua escalation di emozioni, ma le trasposizioni videoludiche inerenti faticano a decollare. Bandai Namco deve rimboccarsi le mani con il prossimo titolo, la cui recensione è in arrivo!
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a cura di Marino Puntorieri
Redattore
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Omega Force
- Produttore: Bandai Namco
- Piattaforme: PC , PS4 , XONE , SWITCH
- Generi: Azione , Avventura
- Data di uscita: 27 marzo 2020
Quando nel luglio del lontano 1997 è stato serializzato il primo volume di One Piece sulla famosa rivista giapponese Weekly Shōnen Jump, nemmeno il suo autore Eiichirō Oda sapeva quanto sarebbe riuscito effettivamente a conquistare il cuore di numerosi lettori e non solo da quel momento in avanti. A più di vent’anni di distanza dall’inizio dell’opera originale, One Piece è diventato un fenomeno di livello mondiale, diffuso grazie a quell’universo piratesco in continua espansione mostrato tramite molteplici strumenti mediatici; dal cartaceo, passando per la trasposizione animata (supportata da film e speciali di ogni sorta), senza dimenticare di cavalcare l’onda dell’entusiasmo generato dal segmento dei videogames in continua ascesa.
Soprattutto sotto quest’ultimo punto di vista, la realizzazione negli anni di videogiochi, più o meno convincenti, ha riguardato tutte le produzioni nipponiche più famose, omaggiando case storiche che hanno dato vita, ad esempio, a un quantitativo spropositato di titoli dedicati a Dragon Ball, o magari a Naruto; non poteva ovviamente che riguardare anche le avventure di Rufy e la sua ciurma, anche se non sempre con i risultati sperati dagli stessi appassionati. Considerando proprio l’uscita dell’ultimo progetto sotto la firma di Bandai Namco, One Piece: Pirate Warriors 4 (del quale prestissimo troverete la nostra recensione), non potevamo non ripercorrere quelle orme che hanno permesso al brand di convincere critica e pubblico fin dalle sue prime storie.
E così in tutto il mondo iniziò l’era dei pirati
Per chi ancora non sapesse minimamente di cosa stessimo parlando, One Piece narra del viaggio intrapreso da Monkey D. Rufy per cercare il leggendario tesoro (che presta il nome all’intera opera) del defunto Gold D. Roger e succedergli come Re dei Pirati. Le avventure permettono ai lettori di conoscere storia dopo storia i personaggi che nel corso degli anni andarono a comporre la Ciurma di Cappello di Paglia, tra gag comiche ai limiti della demenzialità e scontri epici all’ultimo sangue contro altri pirati o organizzazioni delle più disparate origini, in grado di riflettere (attraverso la personalità dell’autore) il tessuto politico-sociale moderno in più occasioni – e senza dimenticare di lasciare numerosi spunti di riflessione in bella vista a più riprese.
Partendo dal presupposto che uno dei punti di forza del brand è rappresentato dall’eterogeneità che contraddistingue il gruppo di protagonisti, ovvero come i futuri compagni entrano in contatto con Rufy e secondo quali ambizioni vengono convinti ad unirsi a quel viaggio ancora senza fine, ciò che davvero sorprende e permette di eleggere One Piece come brand da considerare superiore rispetto alla concorrenza per così tanti anni è il suo world building.
Evitando troppi spoiler, ma cercando semplicemente di favorire l’appetito soprattutto per i novizi, ci limitiamo a contestualizzare un universo che già dopo pochi volumi è riuscito a sollecitare l’interesse generale, non solo facendo crescere semplicemente la potenza e le abilità dei personaggi, ma cambiando continuamente alleanze e schieramenti, delineando uno scacchiere via via sempre più complesso negli anni, ma mai confusionario. I rapporti di forza tra le numerose fazioni in gioco presenti nell’universo di One Piece vivono un equilibrio precario; il mosaico realizzato dalla mente di Oda, tra una Marina così diversificata nei ranghi e mano esecutrice di un Governo Mondiale colmo di segreti da nascondere, pirati leggendari che hanno conquistato il titolo di Imperatori, uomini solitari e doppiogiochisti, il tutto unito a intrighi politici internazionali e misteri di civiltà antiche da riportare alla luce, trova in Rufy la scheggia impazzita pronta a far saltare l’intero banco e dare le conseguenze in pasto al lettore/spettatore di mese in mese.
Negli anni sono proliferate le teorie e gli effetti domino più incredibili, con forum presi d’assalto dalle community più attive sul brand per cercare di sbrigliare ancora oggi numerosi misteri ancora senza risposta e, considerando che sono stati superati i 900 capitoli, rimane encomiabile come Oda riesca a tenere così alta l’attenzione di ogni fan con grande maestria e costanza.
Da grandi sviluppatori derivano grandi responsabilità
Come fa un universo così stratificato e in continua evoluzione non essere terreno fertile per il settore videoludico? Ecco, infatti non ci è voluto molto per iniziare a sfruttare anche questo medium e vedere numerosi videogiocatori incollarsi allo schermo per rivivere quelle avventure fedelmente riproposte tramite controller. Rientrando One Piece nel genere shōnen, è ricco di materiale per chiunque interessato a creare un gioco frenetico e votato all’action più adrenalinico: i Frutti del Diavolo donano immensi poteri estremamente diversificati a chiunque abbia il coraggio di mangiarli, le abilità legate alla forza interiore chiamata Ambizione possono essere potenziate per rivestire (letteralmente) armi e armature, senza dimenticare semplicemente il numero spropositato di personaggi buoni o cattivi dei quali si è fatta conoscenza fino al giorno d’oggi.
Le potenzialità sotto questo punto di vista sono tantissime, eppure le enormi aspettative (soprattutto negli ultimi anni) hanno iniziato a pesare come un macigno sopra le teste degli sviluppatori di Bandai Namco e difficilmente sono state rispettate all’unisono. Pensando al passato più recente, One Piece: Burning Blood (2016) non è riuscito a proporre niente di interessante oltre il puro fan service, lasciando spazio a vittorie facili nei paragoni del genere picchiaduro con diversi esponenti della serie Dragon Ball (pensando semplicemente a Xenoverse e senza menzionare le recenti trasposizioni) o Naruto Shippuden Ultimate Ninja Storm; prodotti ben più capaci di intrattenere sia sul lato quantitativo sia qualitativo.
Provando invece esperimenti ben più diversificati, One Piece: World Seeker (2019) ha cercato di alternare i combattimenti serrati tramite boss fight storiche e fasi esplorative condite a un ritmo più generale da action-adventure. Obiettivo fallito anche in questo caso, e se dobbiamo pensare invece a ciò che in modo analogo ha portato ben più soddisfazioni tra critica e pubblico bisogna girare le lancette a ritroso fino al 2008/2009 con i due capitoli Unlimited Cruise per Wii – progetto per la console Nintendo dotato di un discreto equilibrio tra combattimenti, esplorazione, trama e novità grazie all’introduzione strategica di un sistema di crafting ben implementato e mai invadente.
Ancora lontani da risultati ottimali, la serie Pirate Warriors è riuscita però nel tempo ha ritagliarsi un discreto successo andando oltre la semplice forma di specchietto per le allodole; fattore da non sottovalutare trattandosi di un genere (musou) osservato sempre con diffidenza soprattutto nel Belpaese, e dove fino a pochi anni fa solo A.O.T. 2 sembrava poter essere acclamato come rara eccezione nel senso positivo del termine.
One Piece, videoludicamente parlando, merita di più. Un prodotto che sotto l’aspetto dell’intrattenimento ha regalato tantissime emozioni in ogni sua pagina sfogliata, o episodio divorato da milioni di spettatori, deve sapere offrire in egual misura le stesse sensazioni con il pad in mano. Indipendentemente dal successo commerciale o meno di One Piece: Pirate Warriors 4, Bandai Namco ha una nuova sfidata per la next-gen e non può tirarsi indietro.
Voto Recensione di One Piece Pirate Warriors 4 - Recensione
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