La prima tappa nel viaggio in Next è sicuramente quella che riguarda la qualità del soggiorno, qualcosa su cui Hello Games ha deciso di intervenire in maniera anche drastica per rispondere alle esigenze più disparate. Non possiamo dire se quella che in gergo viene chiamata quality of life sia effettivamente migliorata o meno, di certo è che certe scelte assunte dalla software house anglofona sono abbastanza controverse, specialmente in una fase delicata come quella che può essere il riavvicinamento ad un titolo sul mercato già da due anni. Il riferimento è in particolare alla nuova tavola periodica adottata con l’ultimo update, un espediente curioso che ha come impatto iniziale il rendere terribilmente complicato rimettersi in pari con la realtà di No Man’s Sky. L’idea alla base del cambiamento sia di denominazioni che di valore è rendere il gioco più realistico rispetto al day one, e possiamo anche accettarlo, ma per larghi tratti la sensazione, più che di ritrovarsi in un ambiente credibile, è quella di un forte e inaspettato spaesamento in un prodotto che si pensava di conoscere a menadito. Ovviamente, perlomeno per quanto riguarda le funzioni basilari, c’è un learning curve tutto sommato abbordabile ma ci chiediamo se fosse davvero necessario ritoccare con una simile veemenza un aspetto del gameplay che, immaginiamo lecitamente, davamo per scontato nel 2018. A confronto con gli ultimi aggiornamenti abbiamo inoltre notato una riduzione dei tempi tra un rifornimento e l’altro, ingrediente per cui è necessario tenere ancora di più gli occhi su tutti gli indicatori possibili prima di decollare e dopo l’atterraggio – ci è capitato in alcuni casi di dover addirittura eseguire un riavvio perché eravamo rimasti a piedi senza possibilità di procacciarci le risorse necessarie per rimettere in moto la nostra astronave, pensate. Non sarebbe male se uno degli hotfix seguiti al lancio di Next provasse a bilanciare la meccanica.
Mentre nel nostro personale percorso ci saremmo aspettati una rilevanza maggiore della feature di gestione della flotta di astronavi – che, come dicevamo nello speciale dedicato, è piuttosto articolata di suo -, va dato merito a Sean Murray e al suo team di aver introdotto una pletora di NPC e missioni grazie alle quali il valore ludico di No Man’s Sky esce incrementato in maniera esponenziale se confrontato con la build originale. Si tratta generalmente di fetch quest o poco più, sia chiaro, ma già avere personaggi secondari a popolare stazioni spaziali, e veri e propri mercati, ed assegnarci compiti in cambio di vari generi di ricompense è un notevole passo. Da un punto di vista concettuale, c’è il dubbio riguardo alla natura di questo passo, se sia di lato o in avanti, a dire il vero. L’affollamento selvaggio della galassia di NMS lo rende qualcosa di estremamente diverso rispetto alla visione originale, dov’era invece la solitudine dell’esploratore a rappresentare un momento di vero sci-fi, al netto dei suoi limiti strutturali, e probabilmente l’aspetto misterioso più affascinante del lotto. Pertanto, più che di un ampliamento orizzontale è forse il caso di parlare di un’estensione su livelli finora sconosciuti alla produzione, il tentativo di abbracciare una sfera maggiormente ruolistica e corposa a confronto con quanto fatto sinora; è lecito, è eccitante, ma potrebbe non esaltare particolarmente quanti hanno vissuto questo progetto fin dal day one con una buona dose di cieca fede. La sfera ludica ne esce invece ancor più rinvigorita: dopo Atlas Rises, che aveva implementato una vera e propria modalità storia, ecco arrivare un’altra ondata di attività non auto-determinate dalla fantasia del giocatore; certo, come anticipavamo, non aspettatevi una narrazione o una profondità al di sopra della sufficienza, ma sapere di poter ottenere delle reward per aver scattato tot fotografie ad una specie sconosciuta o aver abbattuto un certo quantitativo di sentinelle è non solo un modo aggiuntivo per fare crediti e accaparrarsi tecnologie, è soprattutto qualcos’altro da fare in un titolo che ha sempre avuto grossi problemi di finalità.
Si è poi passati ad un’altra novità di grande rilievo per No Man’s Sky, non tanto per il suo apporto in termini puramente ludici ma per la qualità, abbastanza sorprendente, con cui è stata introdotta. Parliamo della visuale in terza persona, che ci aspettavamo piuttosto accessoria o comunque limitata ad una sorta di velleità grafica dello sviluppatore, e che invece per taluni versi ha dimostrato di essere raffinata oltre le previsioni e di poter diventare una valida alternativa alla prospettiva originale. Siamo rimasti sorpresi (forse per delle aspettative basse?) dall’arrivo di effetti come quello del jetpack alle spalle del personaggio, al pari del lavoro svolto sui movimenti veri e propri del protagonista; laddove immaginavamo una legnosità simile a quella riscontrata sui titoli Bethesda Game Studios, nei quali la terza persona segue dei binari sull’asse orizzontale e su quella verticale tracciati molto marcatamente, in NMS abbiamo di fronte una buona fluidità che non spezza l’immersione con animazioni scadenti o scomodità di varia natura. Quanto alla creazione dell’avatar, quello imbastito da Murray e soci è un editor sufficientemente profondo, dal quale selezionare la propria razza e gli indumenti da indossare. Il tratto di customizzazione al momento è affidato più ai colori che ai pezzi d’equipaggiamento stessi, visto che per ciascuno di esso non si va oltre le quattro o cinque alternative innestate nel sistema (richiamabile ad ogni stazione spaziale) in maniera predefinita. Si tratta di una base di partenza discreta ma, guardando al futuro, sarà interessante vedere se le ambizioni ruolistiche porteranno la software house di Guildford ad aggiungere oggetti ritrovabili nelle ambientazioni o sbloccabili come ricompensa per qualche azione di gioco, e nel caso se questi avranno un’influenza sulle caratteristiche del personaggio. Per un qualunque altro titolo riterremmo eccessivo ipotizzare un’aggiunta del genere post lancio ma, visto l’atipico processo di crescita del nostro, è evidente come “sognare” sia lecito.
Durante l’esplorazione nei sistemi aperti, la nuova visuale è prima di tutto molto gradevole perché consente di godersi appieno lo spettro di aggiunte estetiche ai pianeti (gli anelli che vi gravitano intorno e non solo), alle assai più dettagliate navicelle e allo spazio profondo. Inoltre, particolare di non poco conto, utilizzare la nuova inquadratura ci ha restituito un feedback di maneggevolezza dell’abitacolo notevolmente superiore a confronto con la sì evocativa ma più limitata e claustrofobica visuale interna, cosa che ci ha reso infine efficaci durante i combattimenti e davvero padroni del mezzo pure in situazioni nelle quali si richiedesse una fuga. Una volta a terra è possibile cimentarsi nelle immersioni: queste aumentano almeno teoricamente le superfici esplorabili ma di fatto sono abbastanza limitate quantitativamente, dal momento che trovare acque che per qualche ragione non siano nocive e non mettano a repentaglio la nostra vita è una missione non impossibile ma comunque ardua. Sulla terraferma vera e propria, invece, la situazione si fa un po’ più complessa. Specialmente nelle fasi di shooting, infatti, la visuale in terza persona mostra una certa imprecisione, dovuta sia al fatto che l’inquadratura da dietro le spalle del personaggio viene coperta in buona parte dal modello del personaggio stesso, sia ad un frame rate ballerino, sia al reticolo di dimensioni poco generose. Soprattutto inizialmente siamo stati tentati spesso di tornare alla prima persona per non correre rischi di passare a miglior vita negli scontri con le sentinelle, finendo peraltro scoraggiati dallo step aggiuntivo richiesto dall’assenza di un tasto adibito specificamente a tale funzione (bisogna entrare nel menu a scelta rapida e da lì attivare, due step dopo, la propria scelta). Insomma, anche questo genere di incertezza tradisce la natura altamente pacifica di No Man’s Sky, che, come stiamo per raccontarvi, continua a pervadere l’intera produzione.
Infine, il multiplayer. Dopo anni di attesa eccola qui, una modalità cooperativa per quattro giocatori che possono così finalmente esplorare insieme la galassia creata per via procedurale da Hello Games. Come dicevamo, NMS ha una vocazione pacifica, vale a dire che molto di rado mette il giocatore di fronte all’obbligo di eliminare qualcosa o qualcuno, e questo si traduce in un’assenza di PvP (fun fact, c’è però il fuoco amico). Non sappiamo se la mossa sia dovuta all’intenzione di mantenere una certa coerenza col prodotto iniziale – cosa che non ci stupirebbe, visto che lo stesso Sean Murray ha ribadito in diverse occasioni come non veda in questo un titolo votato alla competizione – oppure sia semplicemente conservativa, in vista di un futuro update che possa implementare una nuova modalità. Quel che è certo è che arene in stile Elite Dangerous non ce ne sono e a ben vedere, pur apprezzando chi vi scrive la passione per la cooperazione in luogo di deathmatch e sue declinazioni, è abbastanza un peccato perché muoversi e sparare dalla propria navicella è fin da adesso piuttosto divertente. In virtù di quanto detto, il multiplayer di No Man’s Sky si propone come un’estensione dell’avventura solitaria; in pratica, tutto quello che potete fare da soli, ora potete farlo anche in compagnia di un gruppo di massimo altri tre amici. E nient’altro. È un concetto di co-op molto vicino a quello di uno State of Decay 2 o persino, per tanti aspetti, a Sea of Thieves, in cui non c’è uno scopo reale all’infuori del divertimento coi propri compagni di viaggio. Per cominciare, aspettando gli eventi settimanali promessi per le prossime settimane, non sarebbe stato male avere missioni completabili soltanto in sessioni da quattro, ad esempio, o comunque un telaio creato dallo sviluppatore per andare oltre il semplice “andiamo a cercare materiali” cui la co-op attuale facilmente si riduce oggi.
Per giunta, sebbene sia stata implementata una meccanica a base di emote e ci sia una chat vocale a disposizione, ci è parso difficile trovare persone disposte a collaborare per completare una missione che fondamentalmente non riguarda loro, così come neppure a seguirci per la pura curiosità di capire dove volessimo portarli. Il primo incontro, vedere qualcuno “dal vivo” all’interno del gioco e non soltanto sotto forma di sfera di luce, è stato indubbiamente toccante per chi come noi ne ha seguito lo sviluppo fin dagli albori, ma è chiaro come la community – senza voler per forza generalizzare, ben inteso – sia nata con la prerogativa di giocare in single-player e al più farsi sentire soltanto nei luoghi d’incontro virtuale per condividere le proprie esperienze, dare consigli al team o ai novizi, e così via. In tal senso, è il caso di tenere in mente che, se volete un’esperienza multiplayer da No Man’s Sky, farete bene ad entrarci me muniti di una squadra con cui girovagare per la galassia e non soltanto della voglia di fare amicizia.
Finalmente il multiplayer
Nuove attività da svolgere
Visuale in terza persona
Serviva davvero una nuova tavola periodica?
La co-op non ha attività dedicate
Con Next, No Man’s Sky cresce in maniera esponenziale e getta le basi per quella che potrà essere una futura ulteriore crescita contenutistica. Il telaio è probabilmente quello definitivo, salvo forse l’eccezione di un attualmente improbabile PvP, mentre quanto ci è stato messo dentro lascia in più di un caso con dubbi circa la coerenza con la visione originale e il suo effettivo bisogno. Ad ogni modo, lo sforzo di Hello Games di rimettere se stessa e il proprio prodotto in carreggiata è sicuramente apprezzabile, ed è giusto premiarlo nei limiti di quanto sia possibile fare con un percorso che ha richiesto due anni. Il consiglio è di farlo vostro coi saldi su PS4 e PC, se siete sempre stati curiosi di provarlo (e disponete di queste piattaforme).