Ho Nintendo Switch dal day-one e non ho mai giocato in modalità TV
La caratteristica peculiare di Nintendo Switch è... lo switch, ovviamente. Però, è anche vero che la console Nintendo vive benissimo senza TV.
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a cura di Stefania Sperandio
Editor-in-chief
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Nintendo
- Produttore: Nintendo
- Piattaforme: SWITCH
- Data di uscita: 3 marzo 2017 - 20 settembre 2019 (Lite) - 8 ottobre 2021 (OLED)
Me la ricordo ancora, la prima volta che ho messo le mani su Nintendo Wii U. Il paddone della non proprio fortunatissima console della casa di Kyoto introduceva timidamente l’idea di un’esperienza di gioco ibrida, capace sia di fare da secondo schermo che di sostituire – se debitamente previsto dagli sviluppatori – quello principale. Mi ritrovai così a salpare in The Legend of Zelda: The Wind Waker HD preferendo ampiamente concentrarmi sul gioco attraverso il display del controller, ma con un limite: allontanandosi oltre una certa distanza dal corpo della console, si perdeva il collegamento. La libertà di giocare spaparanzata sul divano o da qualsiasi altra parte, insomma, era solo illusoria: tagliato il confine invisibile previsto dai mezzi tecnici di Wii U, veniva ricordato che no, questa non è una console portatile.
La domanda, allora, sorgeva spontanea: e se invece lo fosse stata? A quel punto, praticamente, sarebbe stata Nintendo Switch.
Ho una Switch ma non la uso per switchare
A questo punto, comincia la parte curiosa della storia. Quando ho assistito alla presentazione di Nintendo Switch, ho trovato fin da subito accattivante il concetto varato da Nintendo: questa è una console domestica, ma è anche portatile, è quello che ti pare quando ti pare. Una caratteristica che, affiancata da una libreria giochi che questa volta no, non ha affatto sofferto l’assenza di terze parti, ha fatto la fortuna di una piattaforma ormai giunta a metà del suo ciclo vitale, che accompagna i giocatori in oltre 55 milioni di esemplari in tutto il globo.
Così, quello che volevo fare con Wii U mi è diventato realtà in mano: posso giocare perfino in bagno – diciamolo pure, sconfinando nel terreno di conquista che è solito dei giochi per smartphone – senza dover rendere conto di nessuna distanza dalla console. E, allo stesso tempo, posso giocare sul televisore, se lo preferisco. Qui, però, entra in gioco il colpo di scena: non lo preferisco. Ho Switch dal day-one e non ho mai giocato in modalità TV, perché la console non me ne ha mai fatto sentire minimamente il bisogno.
Se deve essere un’esperienza di gioco diversa, che lo sia
Ogni tanto noi videogiocatori viviamo di contraddizioni e sicuramente è il mio caso: se sono rimasta incuriosita e affascinata dal fatto che Switch potesse, essenzialmente, switchare, perché non l’ho mai usata in modalità TV, se non quando sono stata spinta da party game in cui si preferiva uno schermo generoso alla modalità tavolo, o da test tecnici su giochi da recensire? Probabilmente, per diversi motivi: il primo è un retaggio dei tempi andati. Il secondo, è che da Switch volevo un’esperienza diversa dalle altre console sul mercato, e quella differenza passa per l’approccio al gioco più di quanto si potrebbe pensare.
Il primo motivo è molto facile da spiegare: immaginate una videogiocatrice cresciuta lontana da qualsiasi piattaforma portatile, che non ha mai avuto un GameBoy, e che rimaneva incuriosita di fronte al fatto che qualcuno si fosse inventato, ai tempi della prima PlayStation, uno schermo portatile da collegarle sopra, per poter giocare in qualche modo on the go. Immaginatevela mentre va in vacanza con la famigliola e se la porta dietro, quella PlayStation, televisore e cavi scart compresi, e si dice quanto sarebbe più comodo se esistesse una PlayStation portatile? Ora unite questo desiderio spontaneo di una bimba sognante che poco sapeva, a otto anni o giù di lì, di cosa avrebbe trovato nel futuro dei videogiochi (e soprattutto di Nintendo, ma passando per PSP), e capite perché ci sia un debole verso il gioco in portatile. Il che, però, non è particolarmente interessante per la nostra disamina – a meno che non abbiate particolare curiosità per le predilezioni della sottoscritta.
Il secondo motivo è invece molto più interessante. Da tempi non sospetti, Nintendo non ha mai fatto segreto del suo puntare sulla Nintendo Difference – ossia sulla possibilità di offrire un’esperienza diversa da quella di tutti gli altri. Parliamo di un concetto che capite bene prendendo in esame i tanti esperimenti e le innovazioni riuscite o tentate dalla grande N, dal rimbalzare tra il visionario e il grottesco con Virtual Boy ad avvicinare un pubblico non elitario né esperto al medium videogioco, con la promozione degli exergame e dei loro fratelli, ai tempi di Wii. Ecco che, allora, aspettarsi di vivere i videogiochi in modo diverso, con una piattaforma Nintendo, fa parte dell’esperienza stessa.
Se Apple sdogana in continuazione l’invito think different, la compagnia giapponese fa di solito lo stesso per il mondo dei videogiochi: arriva così sul mercato una console che in teoria non è né carne né pesce, perché non è né domestica né portatile, ma che sorprendentemente riesce comunque a essere entrambe le cose. Ed è, oltretutto, una console che se ne frega della rincorsa alla potenza, all’ultimo teraflop– perché cosa parli di teraflop a fare, quando le frecce al tuo arco si chiamano The Legend of Zelda: Breath of the Wild, Super Mario Odyssey, Fire Emblem: Three Houses o Animal Crossing: New Horizons? Insomma, a una certa chi se ne frega dei teraflop, se come si dice siete qui per i giochi e non per contare pixel e voxel? E già a quel punto la differenza era servita: una console che vuole essere un paio di cose insieme, con un corpo che si spezzetta per includere due controller in un form factor peculiare, e che per rendere possibile portabilità e scalabilità deve concedere dei compromessi nella potenza di calcolo.
“Se volevo tenerti davanti alla TV, nascevo PS4 o Xbox One” semicit.
Tutto questo ci riporta al punto iniziale: se il lato interessante di Switch è che puoi giocarci come ti pare, perché ci giochi solo in portatile? Fondamentalmente, perché è in questo che ho personalmente trovato l’esperienza diversa che mi aspettavo da Nintendo. Con Nintendo 3DS che gode il suo meritato riposo – ma che aveva dalla sua sì una sterminata libreria di titoli, ma che non sempre mi facevano impazzire – e PlayStation Vita che, a voler essere gentili, ha preso un colpo d’ascia tra capo e collo sferrato dai suoi stessi genitori poco dopo essere venuta al mondo, il sogno di quella bimba di otto anni che voleva giocare un po’ dove le pareva quando le pareva era addossato sulle spalle degli smartphone. Ma giocare sugli smartphone è un’esperienza molto diversa da quelle a cui molti di noi anziani videogiocatori sono abituati.
Così, Nintendo Switch ha conquistato subito i cuori spezzati da chi andava in pensione con tutti gli onori del caso e chi si è persa per strada senza appelli: se vuoi giocare un videogioco dai grandi valori produttivi dove ti pare e quando ti pare, in questo momento storico dell’industria puoi farlo su Switch. Oltretutto, con un plus per chi come me ha sempre un backlog spietato: sebbene i costi di listino siano a volte ingenerosi, l’idea di recuperare terze parti su Switch grazie a porting ben fatti (pensate a Metro, o a Borderlands, solo per i casi più recenti) ha un suo fascino.
Lo sa benissimo anche Nintendo: se così non fosse, non avremmo visto arrivare sul mercato una sorella minore saggia come Nintendo Switch Lite. Probabilmente non sono l’unica che ha inquadrato Switch soprattutto come la nuova portatile sul mercato, ed ecco che la casa di Kyoto ha sdoganato una versione ridotta e incentrata sull’esperienza on the go della sua console, che pur contraddicendosi nel nome (perché ti chiami Switch se non puoi switchare neanche volendo?) cerca di far presa proprio sugli orfani di 3DS.
Orfani della portatile precedente, che in sintesi dividono il mondo in due metà: le console che decidono dove devi giocare, e quelle con le quali decidi tu. Dal momento che chi guarda al mondo Nintendo cerca un’esperienza diversa, è diventato naturale per me avere un’esperienza fisicamente diversa, quando mi rivolgo a Switch. Se voglio stare alla scrivania, con il mio monitor da gaming, accendo una delle mie console domestiche. Posso fare lo stesso in salotto davanti al televisore. Se voglio mettermi comoda, se voglio evitare di annoiarmi in treno, in aereo, in attesa alle poste, lì c’è Nintendo Switch. Che del televisore sinceramente non ha bisogno, anche se è un suo grande plus e curiosamente è motivo stesso della sua esistenza. In un curioso ribaltamento – lo definisco così anche in virtù di un confronto in redazione, con colleghi che hanno un’esperienza speculare – per me l’extra è il fatto che Switch si possa collegare a un televisore, e non che la si possa scollegare da lì e portare con sé.
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La parte curiosa di questa riflessione è che non è facile né abituale, per un prodotto, mantenere un impatto importante rinunciando al suo selling point. Il selling point e la ragion d’essere di Switch sono nel suo nome, ma la realtà è che Nintendo è stata astuta e lungimirante nell’assicurarsi che la sua ibrida garantisse ottime performance (e spesso immagini più godibili) anche a qualsiasi produzione si volesse godere semplicemente in portatile. Il risultato è che, chiacchierando con altri giocatori e colleghi, scopro di essere un’eccezione (almeno sul mercato occidentale), quando dico che con Switch gioco in portatile se non diversamente necessario – perché se da Nintendo mi aspetto la differenza, trovo affascinante che stavolta possa essere la differenza data dal giocare indistintamente sotto un ombrellone, sotto le coperte aspettando che le palpebre si arrendano a Morfeo o a diecimila metri d’altezza.
E fatelo uscire pure qui, The Wind Waker HD, che si sta molto più comodi.