Need for Speed: Underground e il brivido dei vicoli stretti - Rubrica
Il "Brr brr! Brr brr!" generazionale
a cura di Francesco Ursino
Quando si parla di Need for Speed, si parla di storia dei videogiochi. Una storia che magari non sta procedendo proprio nel modo giusto, visto che Need for Spead: Heat, secondo la recensione del buon Valthiel, non sembra essere del tutto all’altezza. Apro una parentesi non necessaria: se non altro, l’ultimo titolo della saga EA ammicca in maniera evidente alla splendida palette cromatica in stile Miami Vice (cosa fatta anche dalle altrettanto splendide maglie dei Miami Heat della NBA, come si vede in questo video).
Il Dettaglio, in ogni caso, vuole proprio parlare di un piccolo particolare di uno dei capitoli più riusciti della saga, ovvero Need for Speed: Underground, riportando indietro le lancette dell’orologio al 2003.
Un breve tutto nei tamarri anni ‘2000
Need for Speed: Underground esce nel 2003 e, forse come poche altre volte nella storia moderna videoludica, riesce a incarnare in pieno lo spirito un determinato periodo storico. Perché se si pensa al titolo EA, il primo aggettivo che mi viene in mente è: generazionale. Chi era adolescente all’epoca, come il sottoscritto, non aveva scampo: con Fast and Furious al cinema, Pimp My Ride su MTV e Need for Speed: Underground su PC o console, era tutto un parlare di NOS, minigonne e tuning.
Insomma, Need for Speed: Underground, oltre a essere un ottimo titolo in sé, è salito al rango di gioco di culto grazie anche all’ottimo tempismo della sua uscita. Lo stesso trucco è riuscito anche al seguito, Need for Speed: Underground 2, che per il mio personale giudizio però non arrivava alle vette del primo. È anche vero che il secondo capitolo ci regalava le trascendentali performance simil-sexy di Josie Maran, attrice di cui mi innamorai follemente per un paio di settimane (con questo video potete capire perché), e unico motivo per il quale vidi un altro film piuttosto generazionale per l’epoca, Van Helsing (in cui però appariva su schermo sì e no per una decina di minuti, se la memoria non mi inganna). Altra parentesi: Josie si è ritirata da anni dalle scene – peccato.
E visto che si sta parlando di “cose” generazionali, cosa ci può essere di più memorabile della colonna sonora di Need for Speed: Underground (gustatevela tutta qui)? Basta solo la parola “underground” per fare partire nella mente l’immortale “Brr brr! Brr brr!” di Get Low. Ricordo chiaramente che, prima di iniziare ogni gara, aspettavo con ansia che il gioco indicasse la canzone di sottofondo. Se era una delle mie due preferite (Broken Promises degli Element Eighty, The Only di Static-X), sapevo che le mie performance in pista sarebbero state soddisfacenti. Tanto per dire quanto la colonna sonora del titolo EA fosse… mhh, generazionale.
Need for Speed: Underground, un gioco da non sottovalutare
Ovviamente la musica e la tamarraggine facevano da contorno a un gioco che aveva molto da dire. All’apparenza non sembrava niente di che: c’era il tuning, una qualche storia standard, auto da modificare, gare da vincere. Una ricetta facile, giusto? Forse non così facile, visto che nel corso degli anni i vari tentativi di EA di replicarla sono più o meno falliti.
Need for Speed: Underground dimostrava anche un certo coraggio perché, all’epoca, era uno dei primi capitoli della serie (se non il primo, probabilmente) ad abbandonare le gare tra supercar, dando ai giocatori la possibilità di guidare auto “accessibili”, come la Nissan Skyline GT-R e la Mazda RX-7. E poi le gare si svolgevano tutte in notturna. Proprio le gare costituivano uno dei dettagli che ricordo con più piacere. Ce n’erano di vario tipo, dai classici circuiti allo sprint, dalle tamarrissime sfide di accelerazione all’ancora più tamarro drifting.
Era nelle gare sprint, però, che davo il peggio di me. Si perché per qualche motivo scelsi di giocare il titolo con la tastiera, e nella mia testa di adolescente il concetto di frenata non andata molto d’accordo con il concetto di gare spericolate. Perciò mi trovavo spesso a guidare di sponda con i marciapiedi, se non con gli altri avversari. Per carità, sono cose che in un titolo arcade si possono (e si devono fare), ma c’era un tratto di gara che proprio non riuscivo a digerire.
Il vicolo stretto.
Il vicolo della discordia
Ora, mi scuso in anticipo perché non sono riuscito a trovare un video dove si fa riferimento a questo particolare vicolo (forse – e dico forse – era uno di quelli che si vedono in questa gara). Mi ricordo però abbastanza bene da poterlo descrivere. Era un vicolo stretto e in salita, suppongo dalle parti di Chinatown, e le difficoltà erano principalmente due. Uno, la strada era dissestata, la macchina saltellava, e quindi era facile perdere il controllo. Due, i lati della strada erano irregolari, nel senso che poteva capitare qualche elemento posto in rilievo rispetto alle mura degli edifici circostanti. Questo voleva dire che per passare questo tratto bisognava essere particolarmente attenti a tenere una traiettoria dritta, facendo attenzione che la macchina non si scomponesse troppo. Ciò voleva dire, a sua volta, andarci piano con l’acceleratore, cosa che il mio impeto adolescenziale mi sconsigliava di fare.
E infatti ricordo scene di un giovane Mastelli infuriato perché la sua macchina toccava chissà quali ostacoli, si girava, piroettava nell’aria e mandava alle ortiche (diciamolo in maniera educata) la possibilità di vincere una gara. Ripeto: il fatto di giocare con la tastiera, probabilmente, non aiutava più di tanto. Sono abbastanza sicuro che, rivedendolo oggi, mi sembrerebbe una mezza scemenza, da superare in cinque secondi con il mio bel pad. All’epoca però, quando il tuning era questione seria (e maledettamente mainstream), superare i vicoli stretti di Need for Speed: Underground era per me una sfida quasi impossibile.
Need for Speed: Underground, lo ripeto nuovamente, è uno dei giochi più “generazionali” che mi vengano in mente, uscito al momento giusto e con tutte le caratteristiche giuste. Oltre alla colonna sonora e al tuning, quali sono gli altri dettagli che vi tornano in mente pensando al titolo EA?