Monster Boy, già Wonder Boy | L'ora amarcord
Il primitivo sempreverde (o "sempre blu") si mostra resiliente nei decenni
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a cura di SirFran Snee
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Game Atelier
- Produttore: FGD Entertainment
- Data di uscita: 4 dicembre 2018
Ha assunto diversi nomi nel corso dei decenni, la maturità l’ha condotto su piattaforme altrettanto diverse, ma lo spirito rimane praticamente inalterato, tanto da portarlo ancora oggi sui nostri schermi. Parliamo di quel ragazzino dall’aria sbarazzina e dai tipici tratti di derivazione manga e anime giapponesi. Già Wonder Boy, oggi meglio noto come Monster Boy, sta per tornare su PC, dopo essere sbarcato su altre console pochi mesi fa, ma il punto è che questo giovane ragazzino non smette di essere un classico del videoludico, non troppo blasonato e acclamato, ma pur sempre resistente agli ostacoli che si sono posti sul suo cammino. Inutile dire che il format di questo platform a scorrimento sia ancora oggi valido e abbia senso di esistere, soprattutto grazie alle sue declinazioni su varie piattaforme e anche su mobile, portando il mondo fantasy di questo cavernicolo di nuovo sotto le luci della ribalta e mostrando tutti i progressi fatti dalla versione originale in arcade a quelle moderne.
Nato tra il 1986 e l’87, Tom Tom appare per la prima volta sotto le spoglie di un tipico uomo delle caverne legato sentimentalmente a Tanya, una ragazza catturata dal temibile “dark King”, meglio noto come Drancon nella versione Game Gear. Trama facile e abbastanza prevedibile, che ben ricalca le orme lasciate da Super Mario alla volta della Principessa Peach catturata dal temibile King Kong: il giocatore deve guidare questa sorta di precursore di Tombi in sette aree diverse, armandosi di strumenti diversi a sua disposizione, come un’ascia di selce o un avanzato skateboard per scorrazzare attraverso i livelli e proteggersi temporaneamente grazie a una sorta di angelo che consente al nostro eroe di distruggere letteralmente i nemici con un semplice passaggio attraverso questi. Anche in questo gioco, potremo incappare in uova disseminate qua e là, le quali si rivelano essere “contenitori” di sorprese non del tutto nuovi ai nostri occhi: oggetti simili sono stati visti di recente anche in Yoshi’s Crafted World, sempre per rimanere in tema “Super Mario”: attenzione però, perché il pericolo di incappare in uova…”marce” non è evitabile. Potremo trovare delle spiacevoli sorprese in queste uova, ossia delle maledizioni che causano perdita di punti vitali e anche funghi dalle proprietà velenose, in grado anche di uccidere Wonder Boy.
Destreggiandosi tra tutti questi ostacoli, il ragazzo dovrà fare i conti con il classico scontro a fine livello di un boss, ossia l’incarnazione dell’antagonista, una maschera che cambia sempre aspetto per trasformarsi in esseri sempre diversi. Una volta sconfitto, tale boss scompare lasciando dietro di sé una ricompensa piuttosto utile, come una tazza di té o della frutta colorata e succosa, per ridare energia al vincitore e permettergli di proseguire nel percorso.
Nonostante fossimo quasi ai primordi dello sviluppo videoludico, come si evince dal video qui sopra, all’epoca era già disponibile una versione a due giocatori, dove ognuno prendeva il posto dell’altro qualora uno dei due soccombesse ai nemici. Di fatto il format non è nulla di particolarmente originale, considerando anche l’epoca in cui è nato, e avendo preso spunto da franchise ben più noti e famosi sul palcoscenico mondiale. Dalla sua, il franchise di Wonder Boy ha avuto la capacità di sapersi modificare nel tempo, essere resiliente, come dimostra la versione “retrò” del titolo Wonder Boy- The Dragon’s Trap. Al solo comando dato da un pulsante, si può infatti trasformare la grafica e il sonoro del gioco per fare un salto vertiginoso all’indietro di parecchi anni e ritrovarsi nella stessa atmosfera a 8 bit per respirare di nuovo un po’ di aria amarcord.
Come accennato all’inizio, nel tempo Wonder Boy ha dovuto subire battute di arresto e cambiamenti di percorso dettati da questioni legate alle licenze del gioco, tra software house che hanno chiuso i battenti e una storia che si è ritrovata a cambiare nome. Così arriviamo a oggi, con l’uscita di Wonder Boy: The Dragon’s Trap, remake del titolo appunto quasi omonimo, che è stato in grado di riportare sulla bocca di tutti la serie targata Westone, dopo che la società nipponica è fallita nel 2014, a distanza di oltre vent’anni dall’uscita dell’ultimo titolo Wonder Boy “ufficiale”, il quarto. Un gioco che non può esimersi dal richiamare la serie originale, proiettandola in una dimensione dove la nostalgia e l’innovazione si mescolano in un tutt’uno e sanno proporre un videogioco niente male, sempre all’insegna del vecchio, caro stile “metroidvania”, sempre in grado di esprimere tutte le sue potenzialità.
Quale che sia il suo nome, parliamo di una storia e di un protagonista che ha saputo non perdersi nel tempo e che abbiamo la fortuna di incontrare ancora oggi, a distanza di decenni. Il cavernicolo comincia a dimostrare una certa longevità, a testimonianza del fatto che certi elementi, se ben amalgamati fra loro, possono saper fare la differenza e unirsi per preparare una ricetta che non perde mai il buon gusto che la contraddistingue.
Voto Recensione di Monster Boy and the Cursed Kingdom - Recensione
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