Mirror’s Edge e il mondo a otto colori - Rubrica
Le rose son rosse, le viola son blu, la giovane Faith salta su e giù
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a cura di Francesco Ursino
Attenzione: sono presenti qua e là spoiler dal primo Mirror’s Edge
Il primo Mirror’s Edge aveva tutto quello che serviva per essere un gioco capace di rimanere in mente. Un gameplay “particolare”, una storia non da Oscar ma piuttosto carina, e un tragicomico doppiaggio in italiano. C’era pure una colonna sonora con una bella canzone, Still Alive, capace di identificarsi subito col gioco (risentitela qui). Ecco, forse la canzone aveva l’unica sfortuna di chiamarsi nello stesso modo di un’altra hit videoludica di quello stesso anno, il 2007, dove si parlava di torte, scienza e persone o cose ancora in vita. In ogni caso, il reboot di qualche anno fa si è rivelato un gioco tutto sommato godibile, forse anche leggermente coraggioso, ma non in grado di ridare del tutto slancio al franchise.
Ma Il Dettaglio di questa settimana vuole concentrarsi su un altro particolare dei due Mirror’s Edge, il più evidente e probabilmente affascinante.
La piacevole linearità dei livelli di Mirror’s Edge
L’ispirazione per questo pezzo mi è venuta leggendo un contributo di World of Level Design. Il titolo dice tutto: “Come usar i colori per creare ambienti come quelli di Mirrors’ Edge”. Sì, perché il gioco sviluppato nel 2008 da DICE creava la sua impronta maggiore nel gameplay, ma anche e soprattutto nell’esperienza visiva. Lo stile del titolo, come si legge nell’articolo, riesce a resistere alla prova del tempo, e la cosa è abbastanza sorprendente se si considera che si parla di un gioco totalmente tridimensionale, tipologia di prodotti generalmente noti per risultare esteticamente “vecchi” dopo poco tempo.
Mirror’s Edge osa perché impiega il colore non solo come elemento scenico, ma anche come veicolo narrativo e di gameplay. Non si tratta di una cosa del tutto nuova, lo sappiamo. In Uncharted, ad esempio, spesso le tubature su cui ci si può arrampicare (elemento di gameplay) sono gialle, per risaltare dal resto dell’ambientazione. In Mass Effect 3 (come scrivevo in uno speciale precedente), il colore diventa un modo per raccontare la storia, visto che le alternative della scelta finale che il giocatore deve compiere sono identificate da rosso, blu e verde.
La cosa che cambia, in Mirror’s Edge, è però la maniera metodica in cui i colori vengono utilizzati per tutto il gioco. Il titolo parte in una maniera e finisce nella stessa maniera. E questo da una parte contribuisce a far entrare il giocatore nell’atmosfera simil-orwelliana del gioco, e dall’altra permette al gameplay di essere più fluido.
E quindi, quali sono questi colori?
Seguendo l’articolo citato nel paragrafo precedente, allora, i colori su cui si fonda l’intera esperienza (visiva, emotiva, di gameplay) del primo Mirror’s Edge – e, di rimando, anche del secondo capitolo – sono otto. Ho cercato di estrapolare anche il codice esadecimale da alcune immagini, tanto per fare un po’ i nerd, anche se potrebbe esserci più di una imprecisione:
- Bianco (#fbfcf7)
- Rosso (#d1390a)
- Arancio (#f48d16)
- Blu (#0733a0)
- Verde Lime (#82df1f)
- Azzurro (#0bdfc9)
- Giallo (#f3ec43)
- Nero (#131313)
In una specifica occasione, inoltre, il primo Mirrors’ Edge utilizzava anche il fucsia (#ff448c).
Attorno a questa semplice tavolozza di colori, pertanto, si sviluppa l’intera architettura estetica e di gameplay del gioco. Perché bisogna ricordarsi che il rosso, ad esempio, identificava le strutture sulle quali la protagonista, Faith, poteva esibirsi nei suoi numeri di parkour, seguendo il cosiddetto “flusso” che solo i runner possedevano. Il nero era il colore delle armi, nonché dei nemici più pericolosi; il bianco era l’elemento neutro, quello dei tetti dei palazzi su cui si atterrava dopo un salto.
Se c’è una cosa che il marketing ha imparato (e l’ha imparato decisamente bene), è che i colori provocano anche una risposta emotiva. Le tonalità calde, e in particolare il rosso, sono da sempre considerati come colori “aggressivi”, che provocano reazioni emozionali, d’istinto. In Mirror’s Edge, in maniera simile, il rosso è il colore del movimento, che spinge a compiere le azioni più importanti. Al contrario, le tonalità fredde, e in particolare il blu, si rifanno alla sfera più razionale, e di solito sono utilizzate quando si vuol far riflettere le persone. Alcune delle scene più lente di Mirror’s Edge, come quelle negli edifici, vedono proprio nell’azzurro e nel blu alcune delle scelte cromatiche più comuni.
Caldo, freddo, caldo, freddo
Se si scorre l’elenco degli insegnamenti più interessanti dati dal level design del primo Mirror’s Edge, si arriva a leggere: “L’ultimo livello, The Shard, gioca molto con il contrasto tra palette cromatica calda e fredda.” E in effetti è proprio così. Si inizia con un tratto dominato dal blu, in cui al giocatore è richiesto sostanzialmente solo di muoversi (quindi di pensare a come agire, riflettere) a uno in cui impera l’arancione (colore caldo, emotivo). Qui, invece, l’azione richiesta è quella di far fuori alcuni nemici, in alcuni casi addirittura uccidendoli.
Dopo si torna al blu, per una breve cutscene, che serve a dare slancio alla sequenza successiva, in cui Faith si trova davanti numerose minacce armate di tutto punto. Dopo una breve fase di pausa, coincisa con l’entrata in ascensore (sempre tutta in blu), si arriva a un’area gialla, dove domina il dinamismo e il movimento. Si cambia setting: dall’interno si arriva agli esterni, di notte, dove le tonalità scure continuano a farla da padrone. Torna a fare la sua comparsa il bianco dei tetti, abbinato al blu delle ringhiere e al nero delle tute dei nemici. Si torna dentro, per la sequenza finale, questa volta quasi interamente dominata dal bianco, dalla purezza.
Un buon presagio, forse, per quello che succederà da lì a poco, visto che dopo l’ultima alternanza tra blu e giallo Faith sarà in grado di salvare sua sorella, e mettere fine alle vicende del gioco.
I colori rappresentano uno degli aspetti più affascinanti di Mirror’s Edge, che basando la sua palette cromatica su poche tinte riesce a creare un senso di continuità. Il gioco DICE ha usato tonalità e sfumature sia come elemento di level design, ma anche come veicolo narrativo e di gameplay. Ricordate altri titoli capaci di fare altrettanto?
Voto Recensione di Mirror’s Edge e il mondo a otto colori - Rubrica - Recensione
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