In Lost Records: Bloom & Rage, Don’t Nod torna su temi cari – e non poteva farlo nessun altro
Anni ‘90, teen angst e narrazione a bivi. Don’t Nod tenta il riscatto del genere con Lost Records: Bloom & Rage, di cui abbiamo giocato la Cassetta 1.
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a cura di Valentino Cinefra
Staff Writer
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Pro
- Gancio e sviluppo del racconto esposti con maestria.
- Una vera, nuova proposta di videogiochi narrativi a bivi.
- Narrazione proattiva e dinamica, tempi morti quasi inesistenti.
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Contro
- Le suggestioni iniziali di Life is Strange possono straniare.
- Da verificare l’impatto delle relazioni tra le protagoniste.
- Alcune incertezze nelle animazioni e nella mimica.
Conclusioni Finali di SpazioGames
Informazioni sul prodotto
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- Sviluppatore: Dontnod Entertainment
- Produttore: Dontnod Entertainment
- Distributore: Dontnod Entertainment
- Testato su: PC
- Piattaforme: PC , XSX , PS5
- Generi: Avventura grafica
- Data di uscita: 18 febbraio 2025 (Tape 1) - 18 marzo 2025 (Tape 2)
Corsi e ricorsi storici sono ormai entrati nella normalità dei videogiochi, e Lost Records: Bloom & Rage ne è un esempio lampante.
Come le protagoniste della nuova avventura di Don’t Nod dovranno riavvolgere in maniera poco figurativa il nastro della loro infanzia, nel febbraio del 2025 ci ritroviamo a vivere un’avventura che è decisamente molto simile al primo Life is Strange, che proprio quest’anno ha compiuto 10 anni.
Nel mio primo contatto con Lost Records: Bloom & Rage ho spiegato in maniera esaustiva come, credo con una certa consapevolezza e nessuna voglia di nascondersi, Don’t Nod abbia volutamente recuperato molte delle suggestioni estetiche e narrativa dal citato titolo del 2015.
Abbiamo una protagonista che è l’archetipo della nuova arrivata, introversa e geek, appassionata di cinema con tanto di videocamera a cassette con cui riprende il mondo intorno a sé, una passione per i funghi, e un gatto carinissimo (sì, lo potrete accarezzare).
C’è anche una grande attenzione per il comparto musicale, al punto di diventare centrale nella narrazione di Lost Records: Bloom & Rage, l’età dell’adolescenza come fulcro dei temi della narrazione, una fotografia nostalgica.
Ci viene ricordato, ancora una volta, che le scelte che faremo avranno delle conseguenze. Stavolta non c'è l'effetto farfalla, ma un seme da piantare che diventerà un albero mano a mano che... coltiveremo i rapporti tra personaggi.
Don’t Nod ritorna su questi temi cari, per altro, in un momento in cui la sua serie più iconica è tornata con un episodio deludente e traditore. Quindi con un assist considerevole per provare a evolvere il concetto di avventura narrativa a bivi che, inevitabilmente ha perso mordente in questi anni.
La Cassetta 1 di Lost Records: Bloom & Rage ci dimostra, almeno per ora, che Don’t Nod ha ancora qualcosa da raccontare.
Una strana estate lunga 27 anni
Nel luglio del 1995 c’è un gruppo di ragazze della provincia canadese che vive un’estate come tante altre. Chi pensa al futuro, chi non vuole pensare ai suoi problemi e chi, al contrario, non pensa ad altro che alle proprie preoccupazioni.
Tra una scampagnata e l’altra, scoprendo sé stesse attraverso gli occhi delle altre, Swann, Nora, Autumn e Kate sembrano uscite fuori da opere come Paper Girls, e diventano immediatamente delle protagoniste di cui è impossibile non volerne sapere di più a ogni minuto di gioco.
Perché dopo le mie prime impressioni più che positive, confermo che gli autori di Don’t Nod si riconfermano dei maestri nel creare personaggi così difficili come quelli adolescenziali.
Fisicità, sguardi, frasi e prospettive sul mondo intorno a loro. La narrativa solitamente inciampa nei luoghi comuni, spesso vecchi di decenni, ma le quattro protagoniste di Lost Records: Bloom & Rage sono tratteggiate con una coerenza che risulta sorprendente.
I dialoghi che coinvolgono le protagoniste e raccontano le loro viste sono sempre asciutti, privi di sofismi e frasi fatte, permettendo agli autori di concentrarsi rapidamente nell'esporre la trama, e ai giocatori di… giocare.
Lost Records: Bloom & Rage è infatti un videogioco molto più dinamico e proattivo delle classiche avventure a bivi.
L'intuizione più brillante di Don’t Nod è quella di mettere il giocatore nella condizione di dover essere sempre attento a cosa accade. Grazie a un espediente che, nel momento storico attuale in cui la soglia dell’attenzione è deflorata dal sovraffollamento dei contenuti, è quasi sovversivo: ascoltare.
I dialoghi tra i personaggi che coinvolgeranno la protagonista Swann possono sbloccare delle opzioni a seconda di ciò che viene detto all’interno della conversazione stessa. Semplicemente permettendo a un personaggio di finire un ragionamento, potremmo sbloccare magari una nuova domanda, una risposta per approfondire un tema, di fatto una nuova opzione di dialogo che prima ci era preclusa.
Allo stesso modo, come spiegato anche nell’articolo di primo incontro con Lost Records, soffermandoci nel parlare con qualcuno potremmo scoprire degli argomenti che saranno utili successivamente.
Questo accade anche esplorando gli ambienti circostanti, con interazioni che si dipanano anche nelle ore successive. I quali possono finire catturati dall'obiettivo della videocamera di Swann, tra collezionabili ed elementi di trama, che finiscono nel classico "filmino" di una volta che in alcune occasioni diventerà anche un elemento diegetico.
Sono pochi i momenti in cui non c’è fretta nel poter rispondere a domande pivotali, e quando ci sono risultano davvero importanti, perché stavolta il focus dell’esperienza è nella costruzione di rapporti interpersonali che sono la conseguenza di come Swann si rapporterà alle sue amiche.
I quali, come la vita ci insegna, hanno conseguenze anche a 27 anni di distanza.
Riavvolgere il filmino dei ricordi
L’estate della provincia canadese si trasforma rapidamente in qualcosa di poco comune. Per citare le stesse protagoniste, un’estate fatta di «giornate che iniziano come Standy By Me e finiscono come Blair Witch», in un momento di meta-consapevolezza che mi ha fatto molto ridere.
Nel 2022, infatti, c’è un gruppo di donne che si ritrova a dover rievocare proprio quell’estate del 1995.
La Cassetta 1 di Lost Records: Bloom & Rage inizia al buio, nella soggettiva di Swann, durante una conversazione al telefono molto difficile in cui fa fatica ad ascoltare (dicevamo dell’espediente, poco sopra?) sua madre.
Swann, ora 42enne, è ferma in un parcheggio all’interno di una macchina noleggiata per affrontare il viaggio verso la periferia canadese dove tutto è cominciato.
In pochi dialoghi capiamo subito com’è la vita di Swann. La pandemia di Covid-19, che forse Swann ha usato anche come scusa, ha lasciato la donna lontana dalla sua famiglia per un po’. Mentre la protagonista può promettere di tornare a casa per Natale, oppure tergiversare e non rispondere, la visuale in prima persona non ci mostra mai com’è Swann fisicamente, nel 2022.
Il tema del corpo, del sentirsi male in sé stessi, è uno dei passi fondamentali dell’adolescenza e Don’t Nod lo tratteggia perfettamente grazie a soluzioni videoludiche come queste.
Almeno nella Cassetta 1, perché mi aspetto che sarà importante nella seconda parte e risoluzione, vediamo il mondo dagli occhi di Swann. Questo è utilissimo anche per creare empatia con le versioni adulte delle ragazze, che generano un grande impatto cinestetico nel giocatore grazie alla visuale adottata.
Si ha davvero l’impressione di sedersi in un locale e avere l’ansia di scoprire come sono i nostri amici, 27 anni dopo. Cosa possiamo mostrare loro, cosa dire o non dire, come tergiversare in attesa di parlare dell’elefante nella stanza: un pacco che arriva dal passato indirizzato alla band musicale messa su con delle amiche nell’estate del 1995.
Il mistero di Lost Records: Bloom & Rage si mostra in maniera fin da subito intrigante, supportato da un racconto non lineare che fa avanti e indietro tra il 1995 e il 2022. Mentre le donne cercano di ricordare ciò che hanno dimenticato della loro estate turbolenta, i giocatori si ritrovano a passare tra vari momenti di gioco ricostruendo e plasmando i rapporti tra le ragazze.
Come dicevo poco sopra, ciò che dice e fa Swann avrà un riflesso anche nel futuro. Con l’utilizzo del voiceover delle protagoniste nel 2022, le scelte dei giocatori hanno delle conseguenze immediate perché saranno le adulte a commentare quanto accade nel 1995. Con la leggerezza di chi rievoca un momento d’imbarazzo, la malinconia di chi avrebbe potuto dire qualcosa di diverso per non deludere qualcuno, questo metodo di esposizione fa sì che non ci si allontani mai dalla narrazione.
C’è solo una parte dopo la metà in cui Lost Records rallenta forse in maniera eccessiva il racconto, nelle circa 9 ore che ho impiegato ad arrivare alla fine della Cassetta 1, perché per il resto del tempo non c’è un istante in cui sopraggiunga la noia e la pesantezza che a volte capita di vivere nelle avventure di questo tipo.
Il passaggio tra i momenti narrativi è gestito con un ottimo tempismo lasciando ai dialoghi, alla regia, fino al montaggio visivo e sonoro, il compito di cadenzare il ritmo della narrazione. La narrazione a scene prosegue tra rivelazioni, colpi di scena, momenti distesi in cui vediamo Swann costruire il suo documentario pre-trasloco una ripresa dopo l’altra, mentre Lost Records: Bloom & Rage costruisce un primo atto coinvolgente fino alla fine.
Anche perché, ovviamente, l’elemento misterioso diventa sempre più importante. La canzone che stanno scrivendo le Bloom & Rage, il gruppo musicale costituito dalle ragazze, diventa una dichiarazione di ribellione che, forse, avrà un effetto molto più reale della suggestione. Forse uno strano rito di passaggio diventerà molto più di un'emulazione di un patto di sangue, come quelli dei film degli anni ‘80 e ‘90.
Realismo magico, scelte e relazioni
Una strana forza che si nasconde nella periferia canadese mette in scena una vendetta verso una generazione che non capisce, che distrugge le aspettative, la rivalsa verso una vita che offre delle risposte insufficienti a domande insopportabili.
Il teen angst, la ribellione adolescenziale che racconta Lost Records è tutto fuorché banale. Questo perché Don’t Nod riesce a ripristinare con efficacia il valore della fiction come strumento per raccontare la realtà. Lo straordinario come specchio dell’ordinario, la vita di tutti i giorni e la sua complessità. Sia che ci si ritrovi coetanei dei personaggi della storia, sia di un fratello maggiore o un genitore, addirittura.
Il mistero e la tensione di Lost Records: Bloom & Rage, delle sue protagoniste sospese tra ricordi persi in 27 anni di vita (bellissimo il momento in cui Nora da adulta si mostra per la prima volta), diventano quasi attori non protagonisti di una storia che raggiunge il suo climax nel finale della Cassetta 1. In cui, forte di una semina ben congegnata di elementi narrativi, si arriva al proverbiale colpo allo stomaco che inizia a sciogliere i primi dubbi sul mistero lungo 27 anni.
Le perplessità su Lost Records: Bloom & Rage non mancano, ovviamente.
L’impressione è che la Cassetta 1 potesse dare più spazio ad alcune protagoniste da adulte, mentre il pretesto del “non apriamo il pacco finché non siamo tutte e non ricordiamo tutto quello che è successo” verso la fine comincia a essere sempre più difficile da sostenere, anche con la proverbiale sospensione dell’incredulità.
Inoltre il modo in cui proseguirà e finirà la storia sarà a dir poco fondamentale. Un finale così emotivo e potente ha bisogno di una grande cura e attenzione, perché il tema trattato è tutto fuorché banale o nostalgico. Don’t Nod merita il beneficio del dubbio, perché ha dimostrato di saper raccontare storie come queste in passato, ma la prudenza è d’obbligo nel ruolo che ricopro.
Ciò per cui non voglio essere prudente, assumendomi ogni responsabilità, è nel dire che i Don’t Nod di Life is Strange sono tornati. Se si saranno anche superati lo sapremo solo il 15 aprile, quando ascolteremo la Cassetta 2 di Lost Records: Bloom & Rage.
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