La fallita resurrezione di MediEvil | Corte d'Appello #3
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a cura di Adriano Di Medio
Redattore
Bentornati a Corte d’Appello, la rubrica alla rianalisi di produzioni “controverse” di videogiochi celebri e di successo. Abbiamo iniziato con Spyro e proseguito con Kratos, oggi invece vogliamo andare su un’altra vecchia gloria di Sony: MediEvil. Ne abbiamo parlato molto in queste settimane, dal trailer del remake ai retroscena dell’originale e del sequel, ma non in molti si ricordano che quello che arriverà nel 2019 non è stato l’unico tentativo di riportare in vita Sir Daniel Fortesque. Tredici anni fa vide la luce sulla bistrattata PSP MediEvil: Resurrection: andiamo con ordine per vedere cos’è successo.
Dai fantasmi agli scheletri in un solo anno
Ultimato e distribuito MediEvil 2 nel 2000, Sony Cambridge si dedica ad altro. L’avventura di Sir Dan a Londra ha infatti portato opinioni controverse, tra chi ha lodato la grafica e le musiche e chi non è stato convinto dalla sceneggiatura e dal cambio di contesto. Vista la ripercussione a livello di vendite, i ragazzi di Cambridge non possono che mandare Dan a dormire per un po’. Il loro esordio su PlayStation 2 avviene tramite Primal (2003), avventura dinamica tiepidamente recepita. L’anno successivo arriva Ghosthunter, di nuovo in terza persona con un action più puro: la critica è leggermente più benevola, ma stavolta sono le vendite a non convincere. Subodorando la cosa già dal 2003 lo studio scomoda di nuovo il suo personaggio di punta, appunto Sir Daniel, progettandone una nuova avventura su PS2. Ma nel frattempo Sony sta tentando l’incursione nel mobile con PlayStation Portable, e vi coinvolge i Cambridge. Gli sviluppatori si ritrovano non solo a dirottare il lavoro su PSP, ma hanno anche l’ordine di completare il tutto in un solo anno, in modo da combaciare con l’uscita della portatile. Il team dovette quindi “rassegnarsi” all’idea del remake, facendo arrivare quindi MediEvil: Resurrection nel 2005.
La trama di fondo non è cambiata: Sir Daniel Fortesque si risveglia come cavaliere scheletrico in una Gallowmere devastata da Zarok, il perfido stregone che leggenda vuole lui abbia sconfitto. Aiutato da canzonatori eroi e dall’inedito comprimario Al-Zalam, djinn saraceno intrappolato nel suo cranio, Dan si imbarcherà in un’impresa apparentemente impossibile. Il tutto avverrà ovviamente in una serie di “livelli stagni” ormai tradizionali, da scegliere tramite un’apposita mappa e nel quale affrontare nemici, recuperare oggetti e equipaggiamenti oltre al solito Calice di Anime. Una progressione che i Cambridge conoscevano bene, ma su cui la mancanza di tempo ha lasciato segni evidenti.
Pietre sinistre in quattro pezzi
I livelli in cui è suddivisa l’avventura sono ovviamente piuttosto classici, studiati apposta per rendersi riconoscibili da parte dei veterani del gioco originale. Il ricalco è tale fino al Ritorno al Cimitero: abbiamo la necropoli, la collina e il Mausoleo con la conseguente battaglia contro il Demone di Vetro. Sorprendente a riguardo come certe idee siano originali ancora oggi, e ancora di più come i Cambridge siano riusciti a reinventarle per l’occasione. Tanto che certi design sono comparsi anche nel trailer di annuncio del remake uscito ad Halloween 2018. Uno dei cambiamenti più evidenti sta nel fatto che in MediEvil: Resurrection il Calice delle Anime può essere raccolto anche prima di averlo riempito con le anime dei nemici. L’altro è che la Sala degli Eroi perde l’idea di “cupo palazzone simil-Walhalla” per passare a un grande tavolo all’aperto molto più simile all’Olimpo di disneyana memoria.
Il cambiamento radicale avviene però dall’incontro con Morte: lontano da qualunque tenebra, il Cupo Mietitore appare come un lavoratore annoiato, una sorta di operatore pubblico stressato dalle malefatte di Zarok. Egli dice a Dan che per sconfiggere Zarok dovrà rintracciare e recuperare i quattro pezzi della Pietra di Anubi. Dopo la prima sconfitta dello stregone tale manufatto arcano era stato diviso per evitare che qualcuno a Gallowmere cadesse in tentazione. Se Dan riuscirà a riassemblarlo potrà evocare un esercito alla pari della guardia d’élite di Zarok, i “terrificanti Fazgul”. Da qui inizierà un’odissea piuttosto stramba, che vedrà Dan avventurarsi in luoghi sia familiari (villaggio, manicomio, rovine infestate, nave fantasma) che decisamente inediti (Porto Scorbuto, Pianure di Gallowmere). A livello ancora più basico Dan si muove in maniera abbastanza fluida per gli ambienti, con l’unica aggiunta rappresentata da alcuni minigiochi presenti nel già citato Pianure di Gallowmere. Oltre a rappresentare l’unica parte “multigiocatore” del tutto, completarli al massimo frutta anche la potentissima Lama di Odino, non altrimenti ottenibile.
La parodia di una parodia è la realtà?
Graficamente parlando, ancora oggi MediEvil: Resurrection vive di alti e bassi. L’aspetto “cartoon” dei personaggi potrà piacere o no ma è di una certa qualità, e lo stesso Al-Zalam vanta qualche inciso e battuta ben scritta. Lo stesso impegno sulle bossfight in tentativo di diversificare la progressione è lodevole, e infine Sir Daniel Fortesque è veramente dettagliato e simpaticissimo. Eppure, pur ammettendo che la trama di fondo di MediEvil non è stata toccata, ben presto ci si rende conto che qualcosa non va. E il problema non è tanto (o non solo) sull’azione, ma le premesse.
È forse qui che cova il più grande difetto del gioco: ciò che ci ricorda che siamo in un MediEvil è Sir Dan stesso, perché tutto il contesto che lo circonda pare semplicemente “non tornare”. La sceneggiatura infatti si perde in sé stessa e nella sua stessa parodia, dimenticandosi della serietà per infarcirsi di riferimenti anacronistici. Far rompere la quarta parete al narratore a ogni caricamento di livello o inserire continuamente atteggiamenti troppo moderni nei personaggi alla lunga genera solo mezzi sorrisi. Giusto per fare qualche esempio: i folletti della Foresta Incantata si comportano come dei gangsta, la Strega della Gola delle Zucche apostrofa il suo pezzo della Pietra di Anubi come il “Tesssoro” di Gollum e infine il boss Mister Ascia si presenta omaggiando palesemente Shining di Kubrick. La stessa idea dell’incantesimo di Zarok viene contraddetta dal gioco stesso, quando mostra sia non-morti senzienti oltre a Dan (servono per presenziare ai minigiochi) sia normali abitanti di Gallowmere che non paiono affetti dall’agire dello stregone. La forza dell’originale stava proprio nell’avventurarsi in luoghi deserti, inquietanti perché il movimento e la razionalità umana erano stati loro brutalmente strappati.
Forse costretti dal tempo i Sony Cambridge si sono allontanati dall’originale, dove l’ironia scaturiva dall’atmosfera seria e tenebrosa del tutto, necessaria per trasmettere la sensazione di Zarok come “grande nemico”. Il che è un peccato, perché non tutto è da buttare in MediEvil: Resurrection; la componente sonora pare essere la parte più riuscita del pacchetto. Le prestazioni attoriali sono notevoli, mentre la musica (in parte originale in parte inedita) dei compositori Andrew Barnabas e Paul Arnold risalta ancora di più grazie all’esecuzione stavolta orchestrale. La versione italiana si arrangia come può per la traduzione, risentendo però sia di un labiale non perfetto che dei pochi attori a disposizione.
Tempo tiranno
Alla fine, il “poco tempo a disposizione” pare sia stato dominante nella storia di MediEvil: Resurrection. È sempre a causa di questo che gli sviluppatori hanno dovuto lasciar correre sia il contesto che la rifinitura del gioco. Tralasciando il non esagerato bilanciamento degli equipaggiamenti (molti di questi depotenziati rispetto all’originale PSX fino a farsi utilizzare solo quando necessario) non sono pochi gli artifizi per “forzare” la durata dell’avventura, comunque rimasta a livelli non eccezionali. Dal dover ripetere due volte un livello impegnativo come il Manicomio per ottenere il Calice accessibile solo con la Corazza di Drago al dover superare un (tedioso?) minigioco per aprire cancelli al Villaggio, fino a dover ripetere all’infinito il livello della Cripta di Dan per poter riempire le bottiglie della vita farmando l’unica fiala dell’energia gratis ivi contenuta. Queste sono solo alcuni dei segni di fretta nel gioco: pure se sono tutte cose che potevano ancora essere semi-normali ai tempi, oggi non sono più accettabili.
Nonostante tutto, il gioco venne accolto in maniera decisamente benevola, tanto dalla critica quanto dal pubblico. Anche lui come il suo “padre originale” ottenne il Platinum, trainato non poco anche dal suo essere titolo di lancio della PSP. Ciononostante le lacune del gioco furono ben presto note, e persino i creatori originali Chris Sorrell e Jason Wilson ebbero un po’ da ridire a riguardo. Jason Wilson venne infatti coinvolto in maniera assai obliqua: gli fecero doppiare Dan, e leggenda vuole che ne abbia registrato le battute con un secchio in testa per renderne la dizione compromessa dalla mancanza di mascella. Sorrell invece non venne coinvolto nello sviluppo e si disse deluso di come avevano provato a reinventare la sua creatura, per quanto egli per primo abbia avuto parole di lode per il buon lavoro fatto dai Cambridge con il poco tempo a disposizione.
MediEvil: Resurrection è stato il tentativo di fare un remake di un videogioco nato modesto ma rimasto nel cuore di tutti. Un’impresa improba già di suo, ma che non ebbe l’effetto sperato anche in funzione di una realizzazione tanto, troppo frettolosa. Se non altro però servì a dimostrare che c’era ancora posto per Sir Dan anche nel mercato moderno, e se da un lato questo gli procurò qualche cameo interessante (PlayStation All-Star Battle Royale) dall’altro si è poi concretizzato nel remake che vedremo il prossimo anno. Pertanto, MediEvil: Resurrection è assolto per circostanze attenuanti, ma comunque ha come destino l’oblio.
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