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RECENSIONE SWITCH

Kingdom Come Deliverance Royal Edition: com'è su Nintendo Switch?

Andiamo a scoprire come se la cava la versione Switch di Kingdom Come: Deliverance, da poco sbarcato con la Royal Edition sull'ibrida di Nintendo.

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

In sintesi

  • Un port problematico dal punto di vista delle prestazioni.
  • Caricamenti notevolmente migliorati.
  • Un gioco ostico ma ancora molto meritevole.

Informazioni sul prodotto

Immagine di Kingdom Come: Deliverance
Kingdom Come: Deliverance
  • Sviluppatore: Warhorse Studios
  • Produttore: Deep Silver
  • Distributore: Koch Media
  • Testato su: SWITCH
  • Piattaforme: PC , PS4 , XONE , SWITCH
  • Generi: Gioco di Ruolo
  • Data di uscita: 13 febbraio 2018 - 15 marzo 2024 (Switch)

Benvenuti, cari lettori, alla nuova puntata della nostra rubrica dedicata ai port impossibili per Nintendo Switch, una console che ha appena compiuto sette anni e che, già al lancio, non era esattamente un prodigio di tecnica e potenza bruta.

Nella puntata odierna analizzeremo Kingdom Come Deliverance: Royal Edition, che giunge con grande ritardo sulla piccola console Nintendo ma completo di tutti i DLC e tutte le patch migliorative pubblicate dal team di sviluppo a partire dal lancio, nel 2018.

Scherzi a parte (circa...), se siete curiosi di sapere come gira il gioco di ruolo medievale di Warhorse Studios, portato su Switch dagli specialisti di Saber Interactive, non dovete far altro che continuare a leggere.

La Boemia prima di Zeman

Unico nel suo genere, spesso brutale nell'intransigenza di alcune delle sue meccaniche di gioco (su tutte il sistema di combattimento), Kingdom Come Deliverance rappresentò una delle sorprese del 2018, perché — nonostante problemi legati ad alcune scelte di game design e a performance tutt'altro che immacolate, proponeva una visione unica e totalizzante del genere di riferimento, ed un mondo medievale tanto pericoloso quanto storicamente accurato ed affascinante.

Al nostro Valentino (come a chi vi scrive) il gioco piacque, e vi rimandiamo quindi alla recensione completa qualora non lo conosciate, sperando di aiutarvi a scoprire una piccola perla dimenticata, nel processo.

In questa sede ci occuperemo principalmente della disamina tecnica del port su Switch, ma siamo sicuri che i nostri lettori non dovranno faticare troppo a trovare informazioni sul titolo in sé, qualora stuzzichi la loro curiosità.

Preparatevi al peggio

Tra la scelta di caratteristiche negative, estrema precisione in molti dei suoi sistemi, l'aggiunta di variabili normalmente associate ai survival — come indicatori di fame, sete e sonno, per non parlare di uno che riguarda l'igiene personale — Kingdom Come Deliverance fu subito recepito come un titolo piuttosto ostico dalle masse, e se questo da un lato gli precluse il successo su scala globale dei titoli più pubblicizzati, dall'altro lo elevò quasi subito allo status di perla nascosta, aiutandolo a scavarsi una nicchia di appassionati che, soprattutto su PC, hanno creato una community attiva tutt'oggi, con mod e modifiche anche consistenti al codice base.

Ancora oggi Kingdom Come non è un titolo di facile approccio, ma si fa forte delle sue unicità.
Il sistema di combattimento rappresenta un esempio efficace della bivalenza del prodotto: all'apparenza scomodo e contro-intuitivo, con un livello di difficoltà decisamente sopra la media, è in realtà uno dei migliori che abbiamo visto in un titolo in prima persona, perché, una volta digerito (e in effetti servirà un po' per farlo), consente una libertà totale su dove indirizzare i colpi e come muoversi, dando il meglio di sé nell'uno contro uno.

Non che si possa dire altrettanto delle situazioni più caotiche, con più nemici a schermo, quando i colpi arrivano da tutte le parti e la soluzione migliore è la fuga — ma d'altronde, sin dai primi annunci, il team di sviluppo non ha mai fatto mistero di voler creare qualcosa di realistico e di unico all'interno del panorama dei giochi di ruolo in prima persona.

Siamo dinanzi ad un titolo di non facile approccio, che richiede pazienza ed un notevole investimento in termini di tempo, ma che è capace di risarcire il giocatore con una notevole dose di realismo ed una serie di sistemi che si interconnettono molto bene gli uni con gli altri, contribuendo a creare un'esperienza di gioco davvero immersiva.

Troppi sacrifici

Il motore che muove il gioco è la terza versione del CryEngine, la medesima su cui giravano sia la trilogia di Crysis sia The Witcher 3, titoli apparentemente impossibili da far girare su Switch e che invece, grazie allo sforzo del team di sviluppo appena ceduto da Embracer Group, sono diventati solide realtà.

A dimostrazione della difficoltà dell'impresa che attendeva Saber Interactive, il gioco originale, nonostante anni di patch e migliorie, non riesce ancora a tenere i 30 fps stabili sulle macchine base della scorsa generazione di console (PS4 e Xbox One, per intenderci), ovvero quelle tecnicamente più vicine all'infrastruttura di Nintendo Switch.

I compromessi in termini di risoluzione e qualità visiva sono i medesimi grazie ai quali Saber ha potuto portare su Switch titoli tripla A che, sulla carta, sarebbero risultati impossibili da realizzare: in modalità televisiva, Kingdom Come Deliverance gira a circa 720p, che possono scendere anche fino a 540p grazie alla risoluzione dinamica, conditio sine qua non, già all'opera in The Witcher 3.

Confrontata ai 900p delle versioni PS4 e Xbox One, la risoluzione di questa release per Switch rappresenta un passo indietro, particolarmente notevole su televisori 4K dalla diagonale ampia — ma, come spesso accaduto, il piccolo schermo della console ibrida accorre in aiuto, riducendo l'effetto sfocatura e donando un'immagine più gradevole rispetto alla modalità docked.

I compromessi tecnici richiesti su Switch sono troppi e in alcuni situazioni il gioco fatica molto a tenersi vicino ai 30 fps, scendendo anche sotto i 20 fps in caso di aree affollate.
In combinazione con l'utilizzo massiccio di asset in bassa definizione, soprattutto per le strutture geometriche ma in molti casi anche per i visi, questa risoluzione impoverisce l'esperienza di gioco, ma sospettiamo che fosse l'unica strada percorribile per far girare un titolo a mondo aperto così vasto su un hardware di questo tipo.

I tagli di cui sopra, necessari per far sì che il gioco girasse anche su Switch, hanno anche un lato positivo: i tempi di caricamento si sono ridotti rispetto alle controparti uscite sei anni or sono, tanto nel caricamento iniziale (che a memoria ricordiamo dolorosamente lento) sia per quanto concerne il viaggio rapido.

Questo dipende dall'utilizzo di asset meno particolareggiati e più "leggeri", che riducono il carico sulla CPU e consentono uno snellimento delle attese in-game, e dalla compressione delle tracce audio, che sono ugualmente responsabili anche del minor peso del file di gioco, che su Switch si limita a poco più di 14 GB.

Piuttosto pronunciato il pop-in, purtroppo, con personaggi non giocanti nelle aree urbane ed interi fasci di vegetazione che appaiono all'improvviso alla vista del giocatore — fenomeno che, onestamente, non era estraneo alle altre versioni console ma che qui è notevolmente peggiorato, soprattutto in caso si scelga di correre invece di camminare.

Dove però questo port per Switch soffre di più è dal punto di vista del frame rate: sin dai primi istanti di gioco appare chiaro come gli unici momenti in cui l'opera riesca a mantenere i 30 fps costanti siano quelli in cui non ci sono altri NPC a schermo, ovvero durante gli spostamenti tra una regione e l'altra o nelle fasi esplorative.

Non appena lo schermo si affolla, infatti, in uno qualsiasi dei centri abitati o anche solo in un forte, le prestazioni crollano, avvicinandosi molto più al range dei 20 fps e scendendo anche al di sotto di questi in alcuni casi limite.

Risultati altrettanto altalenanti per quanto concerne le scene di intermezzo: quelle in-game, girate con il motore di gioco, soffrono dei medesimi cali prestazionali di cui sopra, laddove quelle pre-renderizzate (che fortunatamente risultano essere la maggioranza) sono tutte bloccate a 30 fps.

Il lavoro di affinamento via patch dei sei anni dal lancio ha avuto benefici evidenti per quanto concerne la pulizia del codice: nella decina di ore passate in compagnia di questa versione del gioco, non siamo incappati in alcun bug rilevante (differentemente dalla nostra prima run al lancio) e non dobbiamo segnalare glitch minori né rimandi alla dashboard di Switch.

La caratteristica colonna sonora medievaleggiante ed il doppiaggio non sembrano infine aver risentito poi molto della compressione dei file audio, se è vero che, giocato con degli auricolari di qualità, Kingdom Come Deliverance rimane l'esperienza coinvolgente e totalizzante che era quando debuttò sul mercato.

Voto Finale

Conclusioni Finali di SpazioGames

Pro

  • Caricamenti più rapidi delle altre versioni

  • Il fatto stesso che questa versione esista è un miracolo

Contro

  • Tanti compromessi dal punto di vista della qualità visiva

  • Frame rate instabile

  • Continui fenomeni di pop-in

Commento

Nonostante il lungo tempo intercorso tra la prima pubblicazione e questo port per Switch, Kingdom Come Deliverance Royal Edition non riesce ad allinearsi all'ottima qualità della maggior parte dei precedenti lavori di Saber Interactive su Switch.
A parziale discolpa di questi ultimi, le performance del gioco non sono mai state ineccepibili nemmeno sulle altre piattaforme — ad esclusione dei PC di fascia più alta — ma in questo caso specifico le rinunce in termini di qualità visiva, risoluzione e feature non sono sufficienti a garantire un'esperienza di gioco fluida.
Il risultato finale è quindi accettabile, soprattutto qualora Switch fosse la vostra unica opzione per immergervi nel mondo medievale creato da Warhorse Studios, ma va tenuto presente che tutte le altre edizioni già sul mercato, peraltro recuperabili a pochi euro, risultano migliori di questa da un punto di vista meramente tecnico.
Nondimeno, pochi titoli nella recente storia videoludica sono riusciti a catturare l'atmosfera medievale come il titolo dello studio ceco.
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