I panel di MachineGames e Arkane Studios al QuakeCon 2019

Ecco il resoconto dei due panel di MachineGames e Arkane Studios al QuakeCon Europe di Londra!

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a cura di Marcello Paolillo

Senior Staff Writer

Uno dei momenti sicuramente più appassionanti della QuakeCon di Londra, tenutasi lo scorso 26 e 27 luglio, è stato il momento in cui MachineGames e Arkane Studios si sono presentati sul palco londinese per discutere insieme del loro modo di intendere il videogioco a 360°. Più in particolarre, Dinga Bakaba e Daniel Todd per Arkane – rispettivamente Game Director e Level Designer – e Andreas Öjerfors e Alissa Hägglund – Senior Game Designer e Game Designer – per MachineGames, hanno parlato per circa un’ora in due panel distinti, rispondendo alle domande poste anche dai lettori via Twitter collegati in diretta.

Il gruppo ha da subito chiarito la loro passione per il medium, spiegando che l’avvicinamento all’industria del videogioco è stato mosso in primis dall’entusiasmo e dalla passione. Ma non solo: alcuni di loro erano fan della casa produttrice ben prima di entrare a far parte del team di lavoro (quando si dice i casi della vita). Non un caso, quindi, che le due case di sviluppo abbiano ‘unito le forze’ per realizzare un gioco come Wolfenstein: Youngblood, frutto della sapiente fusione di due modo di intendere il videogioco diversi, ma allo stesso tempo tremendamente simili fra loro.

Il Game Director Bakaba ha poi preso la parola, raccontando quello che secondo lui è il videogioco che più si avvicina alla perfezione: Tetris. Stando al suo punto di vista, il celebre puzzle game è infatti il titolo perfetto sotto ogni punto di vista, capace di mantenere intatto il suo fascino nonostante il passare delle varie generazioni e l’alternarsi dei gusti dei videogocatori. Certo, il medium è cambiato moltissimo nel corso degli anni (le partite in sala giochi con Pac-Man sono ormai un ricordo), ma è pur vero che il modo in cui il videogame è chiamato a intrattenere l’utente resterà sempre quello: l’interazione e il coivolgimento.

Per Youngblood, Arkane ha dovuto prendere in mano la storia delle due protagoniste, lavorando molto sull’ambientazione parigina distorta in ‘chiave nazista’, mantenendo contempo una dose di realismo fondamentale. Il level design aperto, con sentieri multipli e un approccio più versatile rispetto ai precedenti capitoli della serie di Wolfenstein, ha fatto si che le mappe pensate per la cooperativa di Youngblood si legassero bene alle ambientazioni tipiche dei giochi Arkane (mai lineari e pieni di bivi e deviazioni).

Arkane ha proposto infatti un’idea che è diventata prototipo, per poi plasmarsi e trasformarsi in base alle idee di MachineGames, fondate sempre e comunque su level design, estetica e – ultima ma non meno importante – narrazione. Trovare un equilibrio che rendesse il tutto ‘credibile’ era uno dei primi traguardi che si erano imposti, obiettivo raggiunto, grazie anche alla capacità di proporre dei ‘cattivi’ che altro non solo che la versione negativa dei personaggi principali (tanto in Wolfenstein quanto nei precedenti titoli di Arkane).

Un piccolo aneddoto, che sicuramente ha dato modo di farci riflettere (e in un certo senso anche sognare): il primo Dishonored, uscito nel 2012, avrebbe dovuto essere ambientato nel Giappone feudale e avere un ninja come protagonista. Un contesto realmente affascinante che, sfortunatamente (oppure no), è stato modificato in corso d’opera nell’atmosfera vittoriana dalle tinte steampunk che tutti abbiamo imparato ad amare. Chissà cosa avranno da offrirci in futuro i due team di sviluppo. Dopo l’ultima avventura nei panni delle sorelle gemelle Jess e Soph, la curiosità è sicuramente alle stelle.

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