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Horizon Zero Dawn Remastered | Recensione - Bella, vecchia avventura

Horizon Zero Dawn Remastered attinge da Forbidden West per dare nuovo lustro al debutto di Aloy, ma guarda solo al comparto tecnico: ecco la recensione.

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a cura di Stefania Sperandio

Editor-in-chief

In sintesi

  • Una rimasterizzazione che dà una mano di vernice al comparto tecnico di Horizon Zero Dawn.
  • Sotto la patina, però, il gioco sente il peso dei suoi anni rispetto alla fluidità dei sistemi di gameplay di Forbidden West.
  • Indubbiamente la miglior versione di Zero Dawn.

Informazioni sul prodotto

Immagine di Horizon: Zero Dawn Remastered
Horizon: Zero Dawn Remastered
  • Sviluppatore: Nixxes, Guerrilla Games
  • Produttore: PlayStation Studios
  • Distributore: Sony Interactive Entertainment
  • Testato su: PS5
  • Piattaforme: PC , PS5
  • Generi: Action Adventure
  • Data di uscita: 31 ottobre 2024

Mentre Aloy affonda le caviglie nella neve che attornia Cuore della Madre – mai così soffice, dettagliata e realistica, in Horizon Zero Dawn – c'è una domanda che mi rimbalza in testa: «per chi?». Per chi è Horizon Zero Dawn Remastered, a chi vuole parlare?

L'originale Horizon Zero Dawn è uscito all'inizio del 2017 e ha segnato l'esordio di Aloy, che sarebbe poi diventata un'icona del mondo PlayStation. Lo fece con un tempismo non fortunato, perché a due giorni di distanza gli arrivò addosso l'eccellente The Legend of Zelda: Breath of the Wild, che rispondeva ad alcune limitazioni nell'esplorazione e nella conduzione di gioco dell'opera di Guerrilla Games con una libertà e un senso di scoperta assoluti. 

Era il 2017, dicevamo, e l'arrivo di Link e della sua concezione di open world in un certo senso fecero sentire vecchio molto prima del tempo quanto proposto dal viaggio di Aloy. Ora siamo nel 2024 e quelle stesse limitazioni, in Horizon Zero Dawn Remastered, sono ancora lì. Questo è un upgrade tecnico, una nuova mano di colore su un gioco già molto, molto bello ma meno giovane di quanto i suoi anni effettivi suggerirebbero

L'esordio di Aloy è sempre stato una gran bella avventura. Rigiocato oggi, però, è anche una gran bella vecchia avventura: il comparto tecnico proposto da questa Remastered raggiunge vette meravigliose, ma i giochi esistono prima di tutto per essere giocati e vissuti – poi guardati.

"C'è un intero mondo oltre i vostri confini, tribù buone tanto quanto voi"

Recuperare Horizon Zero Dawn ha tantissimo senso se vi state avvicinando solo ora alla saga, prima di giocare Horizon Forbidden West. I due giochi hanno una narrativa strettamente collegata, con il secondo che è il seguito diretto di quanto accade nel primo. L'esordio del franchise che mette la giovane cacciatrice della tribù Nora contro animali-macchina è, di fatto, una storia delle origini.

Non faremo spoiler in questa sede a chi non ci avesse giocato, ma parliamo di un'avventura open world ad ambientazione post-apocalittica, dove la civilizzazione come la conosciamo non esiste più. Gli esseri umani ancora in vita sono divisi in piccole tribù dalle culture molto diverse tra loro, tra le quali figurano proprio i Nora: una piccola società di impostazione matriarcale, che punisce severamente fuorilegge o "senza madre" rendendoli dei reietti a cui è vietato perfino rivolgere la parola. Aloy è una di questi da quando è nata e lotterà per scoprirne il motivo.

Il suo viaggio, che la porterà a conoscere tante altre tribù e a esplorare regioni che vanno dalle vette innevate in cui è cresciuta a deserti sabbiosi e distese lussureggianti, si intreccerà con quanto accaduto al nostro mondo, affinché arrivasse a essere popolato da società tribali ed enormi dinosauri meccanici che hanno rimpiazzato la fauna in carne e ossa. Com'è successo e perché? Scoprirlo rimane, ancora oggi, uno dei momenti più alti e più riusciti della saga.

Dal punto di vista della scrittura, Horizon Zero Dawn Remastered rimane identico all'originale, nei suoi pregi e nei suoi difetti: il gancio del suo prologo è molto forte e continua a funzionare, il passaggio dalla piccola Aloy alla giovane donna è un momento registico epicamente riuscito e il personaggio di Sylens – interpretato dal compianto Lance Reddick – potrebbe tenersi l'intera vicenda sulle spalle grazie al suo carisma.

Allo stesso modo, quello che non funzionava nel 2017 non funziona nemmeno oggi, e la narrativa – oltre a trovare motore in un conflitto che si genera per ottimi motivi, ma che è incarnato da un antagonista di cui faticherete a ricordare perfino il nome – si sfilaccia nell'immensità dell'open world, perdendo di mordente su più punti.

In Horizon Zero Dawn Remastered però, ci sono migliorie anche nella messa in scena. E qui, fatto il punto su che storia i neofiti assoluti possono aspettarsi, passiamo a quello di cui questa rimasterizzazione si preoccupa maggiormente: il comparto tecnico della prima avventura di Aloy.

Horizon Zero West, Horizon Forbidden Dawn

Se date un'occhiata al post di PlayStation Blog che annunciava le novità di questa rimasterizzazione, posso confermarvi che non c'è niente che non corrisponda al vero: Nixxes  (sempre ottima nei suoi porting) e Guerrilla Games hanno svecchiato il colpo d'occhio di Zero Dawn in maniera importante, portandolo all'eccellente livello grafico di Forbidden West.

Il colpo d'occhio di Zero Dawn è stato svecchiato in maniera importante e ora è all'eccellente livello grafico di Forbidden West.
Gli effetti di luce, la vegetazione viva che sembra respirare col soffiare del vento, i particellari, le espressioni del viso dei personaggi, gli specchi d'acqua, l'impostazione meno ingessata dei dialoghi, il più alto numero di NPC: prendendo uno screenshot del gioco senza guardare l'interfaccia, sarebbe difficile capire se questo viene da Zero Dawn Remastered o da Forbidden West.

E, considerando le meraviglie mostrate da Decima Engine nel seguito, penso che questo sia un enorme traguardo da riconoscere ai team di sviluppo.

L'esperienza è piuttosto pulita considerando le sue dimensioni, fatta eccezione per qualche glitch qua e là – peraltro molto simili a quelli che trovai nella versione pre-lancio di Forbidden West. Mi è capitato di imbattermi anche in due crash nell'uso del viaggio rapido che portavano proprio alla chiusura del gioco, ma solo nelle prime ore e che non si sono ripetuti nelle successive.

Dalle opzioni grafiche, che supportano l'HDR, è possibile scegliere tra tre diverse modalità grafiche: la modalità qualità, che dà priorità alla risoluzione abbassando il frame rate dalle parti dei 30 fps; quella prestazioni, che fa l'opposto per tenere i 60 fps, e quella bilanciata, una via di mezzo. Anche in questo, il gioco è sovrapponibile a Forbidden West e la resa è piuttosto buona: giocando su un pannello 4K HDR da 42", anche in Prestazioni non si notano penalizzazioni così significative, al fronte della possibilità di godersi l'azione di gioco e i combattimenti con i potenti robot nella spettacolarità dei 60 fps.

Non ci sono singhiozzi nel frame rate e, anche in scontri piuttosto animati – come quando un branco di macchine vi attacca all'improvviso, o dovete liberare un campo di banditi – il gioco regge molto bene su PS5. Anche l'integrazione di DualSense, e soprattutto dei grilletti adattivi per tendere e rilasciare l'arco, è molto apprezzata.

Il cambio di vestito con quello di Forbidden West, insomma, è andato piuttosto bene e Zero Dawn Remastered è effettivamente la gioia per gli occhi che Sony sperava di proporre.

Fatica di più, invece, dal punto di vista ludico, sul quale non c'è stato alcun tipo di intervento.

Un gioco del 2017 nel 2024

Aloy esplora, scopre, combatte, parla e diventa via via un'icona del mondo che calca in Horizon Zero Dawn. Nell'impersonarla in questo viaggio, i giocatori hanno a disposizione un gameplay che, dicevamo in apertura, già nel 2017 ebbe la sfortuna di essere reso obsoleto nel giro di tre giorni dalla proposta di Breath of the Wild.

Ciò in cui questa caratteristica risulta ancora più vera, oggi, è la verticalità. Il mondo di Zero Dawn ne ha tanta e, dal momento che Remastered manca di tutti gli accorgimenti che l'hanno migliorata in Forbidden West, un dislivello in uno scenario diventerà più un motivo per cui sbuffare che un'opportunità.

Aloy si arrampica solo e rigorosamente dove è previsto e non ha dalla sua l'alascudo (alias: la paravela) del secondo capitolo. Trovare un muro alto davanti a sé significa davvero che dovete cambiare strada e trovare una via alternativa per la vostra esplorazione, e questo tipo di level design oggi sente molto il peso dei suoi anni.

In Forbidden West la verticalità è fondamentale non solo verso l'alto, ma verso il basso: il sequel introdusse nel 2022 delle meccaniche di gameplay subacqueo molto interessanti. Anche in questo caso, però, Zero Dawn Remastered rimane fedelissimo alla controparte originale e non apporta modifiche, con il risultato che se avete giocato il secondo episodio e volete rivivere il primo, vedere Aloy che nuota in uno specchio d'acqua senza potersi immergere vi farà storcere il naso.

Se, comunque, queste modifiche avrebbero comportato dei cambiamenti al level design che una rimasterizzazione non è tenuta a fare, è un peccato che si siano saltate a pie' pari anche le possibili migliorie alla quality o life, che invece sarebbero state molto più semplici da integrare.

Una su tutte: il focus, ossia la visuale "concentrazione" che permette ad Aloy di analizzare gli ambienti circostanti e le macchine, è estremamente limitato rispetto a quello del sequel, dove bastava un tocco rapido per attivarlo, senza rallentare l'azione di gioco. Qui, si è deciso di tenere l'originale.

Inoltre, considerando che le macchine si comportano in modo completamente affine a quelle del sequel, tornare al combattimento corpo a corpo di Zero Dawn, dopo la varietà e le migliorie introdotte in Forbidden West (dove era comunque la parte meno riuscita del gioco) ha ben poco di stimolante. E, con il focus più limitato, viene a mancare anche la bella parte dedicata a staccare delle componenti specifiche, analizzate in anticipo, alle macchine che si affrontano.

Quello che sto cercando di dire, mettendo in fila questi esempi, è che Horizon Zero Dawn Remastered è un'opera di conservazione puramente tecnica di un gioco che però al momento non aveva nessun bisogno di un'opera di conservazione puramente tecnica – essendo ancora molto apprezzabile, comprensibilmente figlio della sua epoca, nella sua release originale: dopotutto è uscito sette anni fa e non venti, e questa è già la sua terza release, dopo l'originale e la Complete, che ha gli stessi contenuti di questa Remastered (come l'espansione The Frozen Wilds). 

Il risultato è che Zero Dawn vive ora in una sorta di curiosa asincronia, dove il comparto tecnico spacca mascella è da 2024, ma il gameplay è potentemente del 2017.
Una volta deciso di metterci sopra le mani per fargli indossare l'abito bello di Forbidden West, sarebbe stato più che lecito aspettarsi che l'operazione coinvolgesse anche piccoli accorgimenti per le ingessature di gameplay. Il risultato, invece, è che Zero Dawn vive ora in una sorta di curiosa asincronia, dove il comparto tecnico spacca mascella è da 2024, ma il gameplay è potentemente del 2017.

Ribadisco: è chiaro che la rimasterizzazione volesse essere solo estetica e dopotutto chi ha già l'originale può approfittare di questo upgrade a un prezzo irrisorio. La manovra, probabilmente, da un punto di vista commerciale vuole rendere di nuovo appetibile Zero Dawn, dopo che il suo prezzo è andato calando e fu anche regalato durante la quarantena del 2020.

Oltretutto, è plausibile che fosse stata studiata per dargli nuovo lustro, con il minimo sforzo, in vista della serie TV che poi è invece naufragata, un po' come successo con i due The Last of Us ai cui rifacimenti questa operazione è molto, molto assimilabile.

Il punto è che è un peccato che questa rimasterizzazione voglia essere solo estetica, ancora di più in un'industria che si è adattata sempre di più a vendere paillettes anziché esperienze interattive di valore – cosa che entrambi gli Horizon, nelle loro rispettive epoche di uscita, sono.

L'operazione, così come è stata concepita, è molto più difficile da sposare e dà più che altro l'immagine di una Sony che aveva bisogno di riempire il calendario delle uscite first party. Per farlo, ha provato a dare a Horizon Zero Dawn la stessa croccante doratura ottenuta nella ricetta di Forbidden West, ma ha messo nel forno la metà degli ingredienti.

Così, Horizon Zero Dawn Remastered è più che altro una lettera sulla grandezza del gioco che gli ha fatto da seguito, più che la versione definitiva dell'esordio di Aloy. È godibile, meraviglioso da vedere, curato nei suoi dettagli estetici e nella messa in scena dei suoi dialoghi.

Ma è per forza di cose molto meno open e molto meno world degli open world di quest'epoca. Fa bene quello che fa, ma è un po' delittuoso che si accontenti di fare solo quello che fa – per rivenderci un gioco così recente, eppure così ingessato, senza attualizzarlo davvero.

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Voto Recensione di Horizon: Zero Dawn Remastered | Recensione


7.8

Voto Finale

Il Verdetto di SpazioGames

Pro

  • Comparto tecnico che si appaia a quello (eccellente) di Forbidden West

  • I dialoghi sono molto meno ingessati e più naturali

  • Performance solide con tutte e tre le modalità grafiche proposte

  • Si può importare il save dall'originale Zero Dawn

Contro

  • La svecchiata è solo tecnica: l'open world di Zero Dawn sente tutto il peso degli anni

  • Peccato non siano state integrate piccole migliorie, come il focus di Forbidden West

  • C'è ancora qualche bug e glitch da sistemare

Commento

Non ci sono dubbi che Horizon Zero Dawn Remastered sia l'edizione che chi si sta avvicinando per la prima volta alla saga deve puntare, per vivere al massimo il viaggio di esordio di Aloy. Allo stesso modo, questa opera di svecchiamento – per quanto possa avere davvero bisogno di svecchiamento un gioco del 2017 – è puramente tecnica, in linea con le ossessioni dell'odierna industria dei videogiochi, che mette gli effetti di luce e il fotorealismo anche davanti alla profondità ludica.
Il risultato è quindi quello di un'opera meravigliosa da vedere, che attinge dal comparto tecnico di Horizon Forbidden West ma che chiude pigramente gli occhi davanti alle migliorie ludiche del suo sequel – riproponendo alcune scelte di gameplay e una verticalità impacciata che l'uscita repentina di The Legend of Zelda: Breath of the Wild rese obsolete da subito già al lancio di Zero Dawn nel 2017, e che quindi sentono pesantemente il peso dei loro anni.
È solo una rimasterizzazione e per questo può andare bene così, ma avendo fatto indossare al gioco l'abito bello di Forbidden West si è finiti per consegnare ai giocatori una lettera sull'importanza delle migliorie che il sequel ha portato nella saga, più che una vera consacrazione di Zero Dawn, che si è rifatto il trucco ma rimane orgogliosamente – e testardamente – uguale a se stesso.
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