Se non avete un PC da gaming ma volete recuperare l’action RPG di Guerrilla Games, potete fare Horizon Zero Dawn vostro per PS4 ad un prezzo scontato.
Horizon Zero Dawn | Recensione PC - Aloy ha una nuova casa
Da PlayStation a PC, aspettando il sequel Forbidden West: ecco com'è andata con la nuova versione di Horizon Zero Dawn
Advertisement
a cura di Paolo Sirio
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Guerrilla Games
- Produttore: Sony
- Distributore: Sony Interactive Entertainment
- Piattaforme: PC , PS4
- Generi: Gioco di Ruolo , Action Adventure
- Data di uscita: 1 marzo 2017 (PS4) - 7 agosto 2020 (PC)
PlayStation ha da sempre nel suo DNA il concetto di esclusiva, che sia a tempo, generazionale o totale, e vedere un titolo che porta quel marchio arrivare su PC sarà sempre un evento epocale per il gaming. Horizon Zero Dawn – Complete Edition inaugura con ogni probabilità una nuova era che, senza grosse fanfare e con il procedere di chi vuole sperimentare, crea un ponte tra il mondo PlayStation e quello PC, portando un numero selezionato di titoli della console giapponese su quest’ultima piattaforma.
Dall’altra parte si sono già abbattuti i muri e tutto quello che esce su Xbox arriva anche su PC fin dal day one, complice l’ecosistema Windows in cui Microsoft gioca innegabilmente in casa, mentre nel caso di Sony abbiamo un approccio più cauto che non sappiamo ancora quali frutti darà sul lungo periodo.
Quel che è certo è che, come suggerito indirettamente nella nostra intervista a Media Molecule, c’è l’intenzione di provare quantomeno a capire, con alcuni giochi che potrebbero prestarsi particolarmente bene alla piattaforma, cosa si potrebbe fare con diverse esclusive PS4 non di primissimo pelo su PC, inclusi Dreams in futuro e l’Horizon Zero Dawn che andiamo ad analizzare oggi in questa nuova veste.
La Horizon Difference
Nel 2017 abbiamo avuto un primo assaggio di quello che Guerrilla Games, un publisher illuminato come Sony e la voglia di reinventarsi siano stati in grado di realizzare con Horizon Zero Dawn: un action RPG proveniente da uno studio che, come quello olandese, si era fino ad allora prodigato soltanto in sparatutto in prima persona, ovvero nella serie – anch’essa esclusiva PlayStation – Killzone. Il gioco fu ampiamente acclamato da critica e pubblico, tant’è vero che un seguito – il poi annunciato Horizon Forbidden West per PS5 – veniva dato per scontato visto la qualità del gioco originale e per quanto di buono metteva sul piatto in termini di caratterizzazione sia della storia che dei personaggi.
In quanto opera prima in un genere tanto affollato, anche al tempo apparve chiaro che Horizon fosse un open world abbastanza regolare e questa impressione è rimasta pure nella nostra seconda prova su strada, stavolta su PC. Tre anni dopo, il lavoro di Guerrilla Games pare continuare a spiccare per la produzione dei contenuti unici del titolo, che approfondiremo tra poco, più che per le dinamiche ludiche invece molto vicine ai canoni di un genere e di un filone così sovrappopolato in cui è difficile emergere.
Abbiamo contenuti principali e secondari, commissioni, sfide e piccoli dungeon in cui poterci incuneare, con la finalità risolvere problemi agli NPC sparsi per la mappa e ottenere punti esperienza per sbloccare nuove abilità; tutto quello che, insomma, ci si aspetterebbe da un action RPG degno di questo nome. Complice l’esplorazione di un territorio nuovo come questo, Guerrilla Games aveva aderito ad uno schema consolidato aggiungendoci solo pochi tocchi, funzionali al suo racconto, per fare in modo di tracciare un’identità ben delineata e relazionabile.
Laddove altri open world faticano, Horizon Zero Dawn infatti riesce ad eccellere: storia e ambientazione lo fanno spiccare, passando dal personale all’universale e viceversa con maestria, e la costruzione di una mitologia tribale basata su una curiosa commistione di passato remoto e futuro distante non soltanto è accattivante, ma è in grado di dare origine all’intero universo di una nuova IP intorno al quale potranno ruotare opere collaterali come sequel, fumetti e via discorrendo (come del resto sta già succedendo).
Il senso di meraviglia, che mai deve mancare in un titolo del genere, è qui destato da vedute mozzafiato su un mondo finito un tempo in rovina ma ora tornato faticosamente rigoglioso, e dalle creature che lo popolano: non solo esseri umani ora bardati come in un tempo ancestrale, figli di credenze e miti basati sull’ignoranza della tecnologia e sui quali il gioco dà continuamente gomitatine ai propri utenti come a dire «tu in realtà lo sai a cosa serve quell’oggetto moderno», ma anche pericolose macchine dalle sembianze animali che diventano giorno dopo giorno più aggressive.
Su questo aspetto Horizon spinge fortissimo, sapendo bene che imbastire uno scenario naturalistico e innestarci macchine assettate di sangue rappresenta un elemento di novità di non poco conto per una produzione simile. Questi robot hanno modelli dei più disparati, alcuni dei quali sono “addomesticabili” dal giocatore e utilizzabili a proprio vantaggio grazie alle abilità specifiche della protagonista per agevolare, tra l’altro, una traversata altrimenti un po’ lenta e impacciata quando c’è da scalare punti sopraelevati. Inoltre, sono tutti dotati di un’intelligenza artificiale che, a differenza delle controparti umane (il che la dice lunga sulla loro importanza ai fini ludici), sorprende per le proprie capacità in combattimento e alcune animazioni che li vedono semplicemente gettarsi addosso al nemico, cedendo al loro primitivo istinto animale – come se il mondo che hanno contaminato li avesse contaminati a sua volta.
La macchina che colpisce di più esteticamente è pure quella frutto dell’intuizione più brillante da una prospettiva di design, ovvero il Collolungo, un’autentica torre mobile con le sembianze di una giraffa da scalare e dalla quale poter tracciare nuovi punti di interesse sulla mappa, in un genere che per un decennio ha creduto di non poter fare a meno delle torri e soltanto adesso, con buona pace di questo progetto lanciato in origine tre anni fa, sta cominciando a capire che la realtà è ben diversa.
La vera stella di Horizon Zero Dawn è però la protagonista Aloy, un personaggio che è stato rapidamente, e a ragione, consegnato allo status di icona PlayStation. Aloy è un’emarginata dalla propria tribù per ragioni che non le saranno chiare per anni, prima che i giocatori ne assumano il controllo per svelare il suo passato e, al contempo, risolvere il mistero che si cela dietro la nascita delle macchine e la loro improvvisa aggressività contro il genere umano.
Nelle prime ore della storia, dopo aver vissuto un evocativo prologo/tutorial in compagnia del padre adottivo Rost, assistiamo ad una sorta di redenzione del personaggio, che passa da emarginata ad Audace, una sorta di Guardiano della tribù dei Nora, e infine a Cercatrice, incarico conferito soltanto ai più valorosi chiamati appunto a cercare per conto del loro popolo un modo per salvarlo da una minaccia imminente. Un aspetto particolarmente interessante, soprattutto per un gioco grossomodo statico qual è questo, è l’evoluzione dei rapporti tra Aloy e il resto della tribù: in un primo momento viene schernita ed evitata per via delle ferree leggi che vigono nella Terra Sacra, poi gradualmente si guadagna la fiducia e la stima della sua gente attraverso le azioni.
Soprattutto in questa prima fase i giocatori potranno decidere, tramite risposte multiple simili a quelle degli RPG BioWare, come reagire di fronte ai comportamenti odiosi dei Nora, e definire in tal modo la personalità di Aloy lungo tre tronconi diversi, che si trasferirà non soltanto nelle risposte e nelle conseguenti scene d’intermezzo ma anche nelle sue ancora sorprendenti animazioni facciali (specie se le rapportiamo al contesto open world in cui è sempre più difficile lavorare sui dettagli).
Come gira su PC
Poche settimane fa abbiamo parlato di Death Stranding per PC come di un autentico banco di prova per il Decima Engine, il motore grafico di Guerrilla Games su cui si basa pure Horizon Zero Dawn, e per la qualità della sua resa su una piattaforma che non fosse una PlayStation. Ora che l’uscita è dietro l’angolo, possiamo comprendere se la prima avventura di Aloy abbia avuto una conversione felice, e se ci sia un futuro per Decima all’infuori di PS4 e PS5. Come nel caso del titolo di Kojima Productions, non ci troviamo di fronte ad un upgrade sostanziale della produzione originale ma di un aggiornamento che la porta al livello delle aspettative di un’utenza, qual è quella PC, abituata a comfort finora abbastanza rari, pensiamo al frame rate sbloccato, o non pervenuti affatto, è questa la fattispecie del supporto al formato ultrawide, su console.
Esattamente al pari della recensione di Death Stranding, ci ritroviamo anche stavolta a pensare che una patch per PS5 comporterebbe proprio questi stessi miglioramenti nel giro di un annetto, magari nei mesi che separeranno il lancio della next-gen da quello del secondo capitolo, e considerando che si tratta di un titolo proveniente dai PlayStation Studios non la riteniamo un’eventualità tanto remota. Diversamente dal gioco di Hideo Kojima, va precisato, questa conversione non è stata prodotta in-house ma ha la firma di Virtuos, studio fondato in Cina con sede a Singapore noto per aver lavorato ad altri remaster come Batman Return to Arkham, Dark Souls Remastered e The Outer Worlds per Nintendo Switch. Questo ha comportato alcune differenze, più che nella resa, nelle modalità con cui il port è stato effettuato, introducendo un ventaglio di personalizzazioni più ampio ma al contempo chiudendo un occhio su alcune imperfezioni che probabilmente un autore così attento all’esperienza cinematica dei suoi prodotti non si sarebbe concesso.
Rispetto al suo collega di engine, Horizon Zero Dawn porta in dote tre novità, due positive e una negativa. La prima è rappresentata da una modalità Benchmark che vi permetterà di testare il gioco e l’impatto dei singoli cambiamenti al comparto grafico che vi apporterete prima di entrare in partita: lo strumento è estremamente particolareggiato e non si limita a fornirvi una media degli fps che raggiungerete con determinate impostazioni, presentando il carico e la risposta di CPU e GPU, una curva che evidenzia i momenti in cui queste faticano di più, e altro ancora.
Se questo tool è particolarmente utile ad un livello piuttosto semplice di comprensione e sfruttamento, la risoluzione dinamica è una piccola grande conquista del fiero mondo del PC gaming mutuata da quello delle console, da sempre incline, forzosamente o meno, al compromesso. Grazie a questa impostazione, il gioco saprà quando abbassare la risoluzione per mantenere il frame rate fisso su un parametro che deciderete a tavolino dai 30fps fino ai 120fps massimi.
Questa impostazione richiede un minimo di smanettamento, soprattutto per quanto riguarda la definizione dei singoli parametri del comparto grafico che vorrete pompare o ai quali sarete disposti a rinunciare. Non passare per un’attenta analisi di tali parametri fa sì che la risoluzione del gioco scenda troppo e la qualità visiva non sia minimamente all’altezza neppure delle impostazioni più basse ma con risoluzione fissa, per cui è il caso di prestarci particolare attenzione.
Nel nostro caso, come vedremo più avanti, abbiamo preferito metterla da parte perché neppure implementandola siamo riusciti a portare a casa i 60fps fissi. Rinunciandovi, se non altro, è possibile attivare il rendering scale, che sottrae qualche punto rispetto al target stabilito in partenza della risoluzione per alleggerire il carico sulle componenti e offrire un impatto migliore rispetto a quello che si avrebbe optando per una risoluzione inferiore. Un’altra differenza, in senso negativo, è il mancato supporto al DLSS 2.0, che in Death Stranding aveva permesso ai possessori di una scheda grafica Nvidia della linea RTX di ottenere risoluzioni fino a 4K e frame rate fino a 60fps senza alcun impatto sulla stabilità della loro configurazione. Probabilmente integrarlo avrebbe richiesto un lavoro extra che non è stato portato avanti, ed è specialmente questo che intendevamo quando abbiamo sottolineato che il compito della conversione è stato condotto da un team esterno.
Una chicca che abbiamo apprezzato è la chance di impostare in automatico un livello di dettaglio equivalente a quello della versione per PS4, grazie al preset “originale” che fondamentalmente porta tutti i singoli parametri su valori medi. Un’opzione inaspettatamente trasparente, dal momento che vige sempre un certo riserbo sulle impostazioni dei titoli console sia esclusivi sia quando si muovono verso il PC – un riserbo che ha fatto la fortuna di etichette come Digital Foundry che sviscerano grazie alle loro competenze giochi PlayStation, Xbox e Nintendo per scoprire particolari dei quali in teoria non dovremmo essere al corrente.
Dopo un primo caricamento abbastanza insolito da circa 20 minuti, seguito al download e all’installazione su Steam, ci siamo fiondati nella prova di Horizon Zero Dawn per PC e non potevamo non testare in uno dei fiori all’occhiello di questa conversione: il supporto ai monitor ultrawide. Giocando in 21:9 a 2560×1080, con la nostra consueta Nvidia GTX 980 che tanti tra i nostri lettori amano, abbiamo avuto risultati confortanti nel benchmark ma un po’ meno nel gioco. Il benchmark si svolge a Meridian e abbiamo ottenuto una media tra i 44.8 e i 49fps oscillando tra la qualità massima e l’originale (due livelli sotto), mentre nel gioco vero e proprio ci siamo portati a casa una media tra i 27 e i 40fps – una discrepanza che riteniamo sia dovuta al fatto che Meridian è una città con pochi elementi dinamici sullo schermo mentre gran parte della storia si dipana all’aperto e in ambientazioni molto vaste.
Questo vuol dire che, con una configurazione orientata al gaming a 1080p e dunque non all’ultimo grido, siamo comunque riusciti ad ottenere frame rate sbloccato con uno/due livelli di dettaglio superiore rispetto alla versione PlayStation 4. Con il livello di dettaglio più basso ci siamo invece assestati intorno ai 50fps, il che restituisce la raffigurazione plastica di come Horizon, in linea con le nostre aspettative per via delle ambientazioni più ricche, sia sensibilmente più pesante di Death Stranding, che al massimo del dettaglio facevamo girare sui 60fps anche in formato ultrawide.
Non siamo amanti del frame rate variabile e nella fattispecie del titolo di Guerrilla Games confermiamo la nostra impressione originale, dal momento che, più che scatticchi nei momenti di calo, abbiamo un vero e proprio problema di stuttering che produce delle interruzioni brevi ma palesi nel flusso dell’azione. Questo si verifica principalmente nell’esplorazione e, come ci ha confermato Sony, il team di sviluppo di Virtuos è già all’opera per provare a risolvere la problematica “prioritaria” con una prossima patch (non quella del day one che è invece già disponibile e si limita a bug fixing e miglioramenti alla stabilità). Un aggiornamento invece “fondamentale”, che quindi è atteso con ancora maggiore velocità, è relativo al filtro anisotropico, che per ora non risulta attivo a prescindere dall’impostazione selezionato.
Un altro aspetto tecnico che tradisce come il port non abbia ricevuto la cura estrema che ci si sarebbe attesi dall’autore originale è la resa delle cut-scene in formato ultrawide, poiché queste sono state mantenute con il rapporto originale 16:9 e una ripetizione dell’immagine sfocata ai lati per evitare le fastidiose barre nere; lo stesso dicasi pure dei menu. Dopo aver visto il supporto nativo, per quanto non perfetto, in Death Stranding, siamo abbastanza delusi dal fatto che sia stata compiuta una mossa del genere, presumibilmente dettata dalla diffusione non eccezionale di questo tipo di monitor e dalla difficoltà nell’adattare in tempistiche accettabili il codice originale.
Se con le scene d’intermezzo è andata così così, gli sviluppatori hanno fatto un buon lavoro sul campo visivo, sbloccandolo dai 70 punti originali fino ad un massimo di 100; specie in ultrawide è consigliabile adottare quest’ultimo parametro, dal momento che restituisce realmente la sensazione di ampiezza che uno schermo a 21:9 e oltre dovrebbe fornire, soprattutto quando si parla di open world così peculiari da attraversare. L’unico contro è ovviamente un impatto sulle prestazioni che, a seconda degli ambienti, potrà portarvi via fino ad una decina di fotogrammi al secondo.
In 16:9, a 1080p nativi, abbiamo giocato a 30+ fps senza problemi di sorta, se non il summenzionato stuttering (qui più lieve), al massimo livello di dettaglio. Anche in questo caso è apparso evidente come i 60fps siano molto più difficili rispetto all’action adventure di Kojima Productions plasmato sul medesimo motore grafico, visto che li abbiamo riscontrati soltanto al minimo dei dettagli e non sono stati neppure fissi.
Al netto di queste analisi più tecniche, va notato che Virtuos ha comunque implementato alcuni cambiamenti abbastanza evidenti rispetto alla versione per PS4, uno dei quali risolve un difetto fatto notare dagli appassionati al livello di quello che sarebbe stato poi il “puddlegate” di Marvel’s Spider-Man. La vegetazione è ora pienamente dinamica, grazie ai miglioramenti apportati al fogliame che non si muove più soltanto in maniera predefinita al soffio del vento o a movimenti generici impressi dallo sviluppatore ma reagisce realisticamente quando il giocatore ci passa attraverso.
Muoversi nei cespugli colorati di rosso e vederli deformarsi nella direzione del movimento di Aloy è probabilmente una pratica ASMR, che rende ancora di più allargando il campo visivo per scoprire come ritornino al loro posto una volta che ci saremo spostati più avanti; meno filosoficamente, è una risposta che immaginiamo Guerrilla Games ci tenesse a dare dopo aver, immaginiamo, dovuto tagliare la funzionalità dalla versione PlayStation per ridurre i rischi di cali di frame rate nella traversata. Lo stesso dicasi dei riflessi migliorati, che ora consentono all’acqua di mostrare nel proprio specchio quello che si trova nel mondo intorno a sé e nel complesso la rendono più piacevole da attraversare.
+ Mitologia e protagonista colpiscono oggi come allora
+ Supporto ai monitor ultrawide...
- Non al livello dell'ottimizzazione di Death Stranding per PC
8.5
Horizon Zero Dawn su PC mantiene le prerogative del gioco originale – qui presentato con tutti gli update post lancio della versione PS4 e l’espansione The Frozen Wilds inclusa nel prezzo di €49,99 – e presenta alcuni miglioramenti che, per quanto limitati nel numero e nella portata, ne sbloccano il pieno potenziale. Come per Death Stranding non siamo di fronte ad un upgrade generazionale, e in più in questo caso abbiamo rilevato alcune imperfezioni forse inattese guardando al prodotto di Kojima Productions basato sullo stesso engine, ma se siete alla caccia di un buon open world, di una storia originale e di una eroina con personalità, adesso potete trovarli finalmente anche su PC. E chissà che non sia l’inizio di una relazione più lunga.
Le Migliori Offerte per Horizon: Zero Dawn
Voto Recensione di Horizon: Zero Dawn - Recensione
Voto Finale
Il Verdetto di SpazioGames
Pro
-
Frame rate sbloccato
-
Mitologia e protagonista colpiscono oggi come allora
-
Supporto ai monitor ultrawide...
Contro
-
… ma non nelle cut
-
scene
-
Non al livello dell'ottimizzazione di Death Stranding per PC