Perché è stato giusto rinviare l'evento di PS5 – Speciale
Spalleggiata dagli altri big del gaming, Sony ha deciso di fare un passo indietro in un momento di grave crisi sociale: e ha fatto la mossa giusta
a cura di Paolo Sirio
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Sony
- Produttore: Sony
- Distributore: Sony
- Data di uscita: 19 novembre 2020
Siamo stati indecisi fino all’ultimo istante prima della pubblicazione sull’opportunità di discutere di quello che sta succedendo nel mondo e che sta avendo, inevitabilmente, un impatto sul gaming. Non ci convinceva l’idea di dirvi cosa dovreste pensare in una sfera che non riguarda prettamente quello a cui ci dedichiamo tutti i giorni e dove, speriamo, abbiamo una voce autorevole alla quale potete affidarvi con fiducia, o almeno rispettare quando proprio va male.
Alla fine, però, eccoci qui: ha vinto la voglia di spiegarvi come mai la pensiamo in un certo modo e confrontarci con voi su un tema che, evidentemente, ci sta a cuore e sul quale non ci riesce di fare finta di niente mentre il mondo intorno a noi, e prendete questa espressione alla lettera, brucia.
Un tema che ha mostrato la sua forza, di per sé già devastante, in una maniera se possibile ancora più brutale, andando a coinvolgere l’evento di presentazione più atteso della console più attesa – qualcosa per cui gli appassionati di gaming hanno dovuto aspettare mesi e mesi tra dubbi, incertezze, e persino comprensibili paure.
Questo evento di presentazione, che avrebbe riguardato presumibilmente soltanto i primi giochi che gireranno sul nuovo hardware, sarebbe arrivato al culmine di un periodo tragico per il mondo, in cui abbiamo dovuto confrontarci con una pandemia a cui nessuno di noi avrebbe potuto ritenersi pronto negli anni 2000 e che, con piena legittimità, mai avrebbe atteso di dover maneggiare lungo il corso della sua vita.
Il ruolo dell’intrattenimento in un momento surreale
Per i fan dei videogiochi è stato innegabilmente un momento probante, uno in cui è parso di soffocare sotto i colpi delle brutte notizie: cancellazioni di eventi attesi come il Natale e forse più, pensiamo all’E3 per fare un nome tra i tanti, e rinvii attesi la cui conferma è giunta con le modalità di una sentenza inappellabile, talvolta senza neppure sapere quando – o addirittura “se” – il gioco atteso per sette anni ce l’avrebbe fatta, alla fine, ad uscire davvero.
È stato un periodo probante, sotto tutti i punti di vista, dal quale il gaming ci sta aiutando tutti a venire fuori con la gradualità che si confà a certi momenti, com’è giusto che sia: in quanto intrattenimento, i videogiochi hanno il compito di essere il veicolo dell’escapismo quotidiano a cui tutti hanno diritto, e vedere quest’ambito appesantito, quasi contaminato, dal reale è qualcosa che fa male e proviamo, in qualità di stampa di settore, ad evitare ogni qual volta sia possibile.
Siamo stati i primi a soffrire per il COVID-19 e ve lo abbiamo detto a chiare lettere per coinvolgervi nel processo creativo che c’è, e che forse non sapete esistere, dietro la pubblicazione di queste pagine virtuali; per ogni evento saltato, è saltata un’opportunità lavorativa per chi tiene in mano la penna e un’occasione di continuare a far girare la ruota per chi ricompensa il nostro sudore della fronte e le nostre nottate in bianco.
Per ogni brutta notizia che abbiamo dovuto portarvi, c’è stato un magone, una tristezza duplice: dirvi che The Last of Us Part II sarebbe stato rinviato a tempo determinato è stato un colpo al cuore per noi in quanto appassionati di gaming (e della serie di Naughty Dog) e per noi che, in quanto divulgatori, vi avremmo dovuto informare riguardo alla decisione del publisher Sony di prendersi del tempo per capire come si sarebbe evoluta l’emergenza sanitaria e con essa quali sarebbero state le ripercussioni sulla filiera produttiva.
Tante volte ci è sembrato surreale parlare di videogiochi mentre nel mondo, e a pochi passi da casa nostra, si contavano i morti per questa malattia assurda venuta chissà da dove e chissà perché, per punirci di chissà quale peccato; tante volte avremmo voluto fermarci e prenderci un giorno libero perché non ce la facevamo a fare finta di niente mentre la testa andava a tutt’altra preoccupazione per la vita propria e dei propri cari.
Guardandoci alle spalle, ora che i giorni più brutti sono passati (ma consapevoli che altri potrebbero arrivarne se non faremo tesoro di ciò che abbiamo vissuto), siamo contenti di non aver ceduto a quella tentazione, di aver continuato a parlare con voi e informarvi di quello che stava succedendo nell’ambito dell’entertainment; perché anche quello che facciamo è entertainment e fermandoci avremmo staccato per un giorno ma avremmo impedito a voi di fare lo stesso.
La mossa giusta
Se come spettatori e commentatori dell’intrattenimento abbiamo ritenuto, e siamo contenti di averlo fatto, di non fermarci, nel caso dell’evento saltato di PS5 come ai tempi della cancellazione dell’E3 non possiamo che sottoscrivere le decisioni prese dai protagonisti per rispettare – sia da un punto di vista pratico che etico – quel mondo che intorno a loro brucia.
Finora abbiamo avuto a che fare con una situazione che abbiamo definito, forse persino per difetto, surreale, e alzare la voce sopra un momento che ancora più del COVID-19 (pensate) sta rischiando di lasciare un segno sulla storia del mondo per parlare di PlayStation o Xbox o Nintendo sarebbe stato assolutamente fuori luogo.
Il paese che, a torto o a ragione non sta a noi dirlo, è simbolo dello stato di diritto ed è ispirazione di stili di vita sta andando a fuoco, crollando giorno dopo giorno sempre di più sotto il peso delle sue decine di contraddizioni, e chiedere ad una casa come Sony Interactive Entertainment che negli Stati Uniti ha il cuore nevralgico della sua comunicazione di prodursi in un’ora di spettacolo non avrebbe avuto alcun senso.
Fanno piacere in questo quadro le levate di scudi comuni delle aziende coinvolte nei videogiochi, che non hanno a che vedere con la politica ma con l’ideale che ha ispirato, o credevamo avessero ispirato, la fondazione di quel paese dal valore simbolico così elevato nel panorama internazionale e ora così poco alla sua altezza.
Marchi come Marvel e Star Wars, compagnie come Naughty Dog, Activision Blizzard e Microsoft, realtà quali Electronic Arts che per prime hanno alzato l’asticella – ispirati dalla lega di football professionistico americana – annunciando la cancellazione del reveal di Madden NFL 21 perché in quel momento non volevano distogliere l’attenzione dai fatti davvero importanti per la condizione di milioni nel mondo.
Fa piacere l’abbraccio virtuale di Xbox che non esita a ricondividere la comunicazione di PlayStation in cui formalizza il rinvio della presentazione di PS5, abbandonando una volta di più i panni del concorrente e rinunciando a qualunque maliziosamente immaginabile complesso d’inferiorità; tocca la condivisione di Phil Spencer, EVP al gaming di Microsoft, che come ha condiviso la riflessione della sua concorrente giapponese prim’ancora che la voce ufficiale della propria compagnia e divisione.
La condivisione, stavolta letterale e non figlia del linguaggio dei social, di un gesto come lo slittamento della presentazione dell’erede di PS4 dà a Sony la forza necessaria per sopportare commenti difficili da mandar giù di persone che si danno al complottismo (come se un evento del genere potesse venire rinviato poche ore dopo l’annuncio perché ci si scopre non pronti a mandarlo in onda) oppure non apprezzano come la compagnia per cui, alquanto infantilmente, fanno il tifo si prenda la responsabilità di fermarsi e lasciare la parola a chi ha cose più importanti da dire.
We stand together ?? https://t.co/HMZNHeNzLd
— Xbox (@Xbox) June 1, 2020
Ma allora devono rinviare sempre tutto? Sì. Non esistono frammenti di storia che siano tali nel momento in cui accadono, nessuno può arrogarsi il diritto, nonostante nell’epoca dei social succeda di continuo, che “questa foto finirà nei libri di storia”, ma di fronte a momenti che sono visibilmente più grandi di noi e dei nostri interessi personali – siano questi l’uscita di un film, di un libro, di un fumetto, di un videogioco, di una serie TV, o la ripresa di un campionato di calcio – sentiamo di dover quantomeno avere la sensibilità di fare un passo indietro.
Un ambito come il gaming che, per primo nei suoi fan, ha continuamente sete di legittimazione e si sente offeso per ogni passo falso comunicativo di chi è palese che non li conosca affatto, fa bene a prendere posizione dinanzi a passaggi capaci di definire l’esistenza di intere generazioni, per molteplici ragioni che includono anche un’esibizione di maturità e consapevolezza che si ritiene non abbia.
Questo ragionamento, a nostro modo di vedere, assume ancora più senso se pensiamo che nel caso di PlayStation 5 si tratta di una presentazione digitale: un video la cui produzione, tra asset, coordinamento, aspetti legali e tecnici di ogni genere, richiede settimane se non mesi di lavoro durissimo, ma pur sempre un video che può essere trasmesso come e quando lo si ritiene più opportuno.
Per via del COVID-19 la data dello showcase di PS5 è slittata più e più volte, come abbiamo appreso, e a dirla tutta ci avrebbe fatto quasi specie se, alla luce di come ha condotto finora la cosa, Sony avesse stabilito di andare avanti con la data di giovedì 4 giugno in un contesto ancora più grave di quanto non lo fosse stato nel pieno dell’emergenza sanitaria negli States.
A nostro parere, lo avrete intuito leggendo finora, la mossa del platform owner nipponico è stata quella giusta; in un mondo che sarà irrimediabilmente segnato dai postumi del nuovo coronavirus, in cui gli eventi di massa già soffrivano di crisi d’identità e senso ma che adesso paiono un miraggio pure dal punto di vista logistico, dove queste presentazioni online saranno più facilmente rinviabili o riposizionabili con quanta più sensibilità si riterrà di poterci mettere, ci aspettiamo diventi lo standard cui tutte le altre compagnie possano ispirarsi per i loro appuntamenti con i fan.
Ci aspettiamo che quanto accaduto con l’evento next-gen di PS5 diventi uno standard anche perché si tratta di una mossa che verrebbe fatta ad un costo relativamente basso, ovvero aspettare una settimana, due settimane, o comunque un periodo di tempo assai contenute nel quadro più grande del lancio di una nuova piattaforma, prima di tornare a comunicare con gli appassionati. Un istante d’attesa in più che comprensibilmente non fa piacere a quanti stiano attendendo novità con trepidazione ma che, è bene sottolinearlo, non cambia neanche di una virgola come andranno le cose da qui al lancio di PS5 (o di Xbox Series X, con Microsoft che si ritroverà nella stessa condizione quando ci sarà da valutare l’evento di giugno di Xbox 20/20).