Dunkirk, la guerra secondo Nolan
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a cura di YP
Era l’ormai lontano 2000, quando un promettente e ambizioso regista britannico arrivò nel cinema dei grandi con un film che entrò di diritto nella storia del medium. Memento racconta di un uomo affetto da un disturbo legato alla memoria (amnesia anterograda) che gli impedisce di memorizzare qualsiasi informazione per più di quindici minuti. Il plot narrativo, peculiare e ipnotico, permette a Christopher Nolan di realizzare una pellicola dal basso budget pregna però di spunti unici, unita ad un montaggio che incantò critica e pubblico. Visionario e pretenzioso, Nolan continuò ad evolvere la sua visione del cinema spaziando da un genere all’altro, arrivando a dirigere produzioni del calibro di The Prestige, la trilogia del Cavaliere Oscuro, Inception e Interstellar. Gli anni passano e la sua consacrazione è sempre più radicata nell’immaginario comune, anche se gli viene mossa la critica di spacciare le sue opere come film d’autore quando in realtà si trattava di cinema d’intrattenimento. Non è mai stato così, e anche se fosse non è certo una cosa di cui andare poco fieri, anche perché la sua impronta e la sua immaginazione erano -e sono- caratteristiche che lo rendono assai unico nell’industria moderna. C’è un filo conduttore tra tutti questi film, c’è una firma tangibile e innegabile, talvolta più evidente, talvolta meno, ma è pur sempre presente. La sua capacità di impossessarsi di un genere e stravolgerlo o reinterpretarlo lascia a bocca aperta, il suo modo di scrivere le sfumature e le vite dei suoi personaggi gli permette di sperimentare e azzardare. È un percorso sempre stimolante quello di Nolan, che odia fossilizzarsi su un tema o una categoria ben precisa, preferendo il rischio. Quando Dunkirk ricevette luce verde, rimasero tutti stupiti e spaventati d’immaginarsi il suo sguardo applicato a un war movie. Le prime speculazioni poi raccontano di come questo Dunkirk duri poco, meno di qualsiasi altro titolo presente nella sua filmografia. Strano, Cosa diavolo avrà in mente? Lo abbiamo scoperto, ma prima di raccontarvelo vogliamo parlarvi di un elemento tanto a caro al regista: il tempo.
Tempo e Spazio
Lo scorrere del tempo, le sue deviazioni e le sue possibilità sono l’elemento che caratterizza di più il cinema di Nolan. Preponderante in Memento, accennato in The Prestige, protagonista in Interstellar e veicolo in Inception. Ogni volta usato diversamente, ogni volta proposto e rielaborato in modo tale da essere fondamento di un concetto che vuole esprimere. In Memento è il nemico, in Interstellar il messaggero, in Inception un ostacolo da superare. C’è anche lo spazio però, il movimento, sapientemente utilizzato per strizzarci l’occhio e provare a farci capire che quello che stiamo guardando ha molto più da raccontarci: andare oltre la superficie è fondamentale per apprezzare a pieno la tecnica e l’esaltazione della sua visione del cinema. Dunkirk non vuole essere un’eccezione: raccontare l’impresa militare britannica in modo lineare sarebbe troppo semplice, e allora ecco che il film spazia fra tre diverse timeline, inevitabilmente destinate ad incrociarsi. È un film di guerra, certo, è anche un film d’azione, forse è addirittura il miglior esponente delle categorie, per ovvi progressi tecnici e tecnologici che in questo senso lo rendono imparagonabile a grandi cult del passato. Una volta finita la proiezione ci si rende conto di come si abbia assistito a qualcosa di unico, un’esperienza cinematografica speciale e che esprime al massimo le potenzialità della settima arte. Una storia fatta di immagini e suoni, con poche parole, ma tanti e grandi momenti. Dunkirk è l’apice dell’ottica visionaria di Nolan, un film che racconta ed emoziona senza parlare e senza sentire il bisogno di spiegare. Il tempo gli darà ragione o torto, ma la sensazione è quella di aver visto un capolavoro destinato ad entrare nei libri di storia.
Guerra, Storia e sopravvivenza
Oltre al genere, l’altra novità di Dunkirk era rappresentata dal fattore storico. Mai Nolan si era cimentato con un adattamento vero e proprio, e si temeva che potesse distorcere troppo la realtà dei fatti. Tralasciando il discorso in merito all’attinenza, che per forza di cose deve in qualche modo fondersi alle esigenze cinematografiche, Dunkirk è prima di tutto un ottimo racconto, reso tale dai toni caldi di una fotografia avvolgente, da una regia impeccabile e da una scenografia realizzata a regola d’arte. Un’ora e quarantasette minuti totalmente immervisi e travolgenti, veicolati da una cura per la descrizione dei personaggi che, nonostante l’assenza totale di qualsiasi tipo di backstory, riescono a dirti tutto quello che devi sapere grazie a espressioni, decisioni, sguardi. Tra le prove attoriali migliori c’è sicuramente Tom Hardy, costretto a recitare usando solo gli occhi e intrappolato in un abitacolo di un aereo britannico. Senza però dimenticare l’ottimo Fionn Whitehead, all’esordio in una grande produzione e che ci regala momenti unici. A completare l’ottimo cast ci pensa Kenneth Branagh, il più alto ufficiale sulla spiaggia di Dunkirk. Ma potremmo non fermarci qui, perché qualsiasi attore che abbia anche solo un minuto a disposizione riesce a trasmettere qualcosa di vero, tangibile. Dunkirk è cinema puro, immagini e suoni che intrigano e raccontano senza bisogno di parlare e spiegare. Diviso in tre timeline differenti (Molo, Mare, Aria), ci porterà all’interno del conflitto e della vita dei soldati, intrecciando tre momenti temporali diversi, portandoli poi ad unirsi con eleganza e maestria. Nolan decide di lasciarci a bocca aperta, decide di dimostrarci come il suo cinema sia il migliore in circolazione, di come la sua firma autoriale sia forte, marcata, arrogante e pomposa. Perché ci sono dei momenti in cui Dunkirk è totalmente a disposizione dell’egocentrismo del regista, con inquadrature ampie e che pietrificano per via di un’innegabile bellezza. Senza contare che tutta la messa in scena è ritmata dal ticchettio ingombrante e invadente di Hans Zimmer, lo scorrere del tempo scandito da un orologio che, unito ad una colonna sonora sempre ficcante, è lo strumento primario per non concederci neanche un attimo di tregua e, al contrario, tenerci incollati allo schermo. Dura relativamente poco Dunkirk, ma sembra il contrario, perché è intenso, vero e girato con una maturità tale che forse nessuno si aspettava. Non c’è miglior modo di spiegare questo film se non dicendo che è Cinema vero, arte allo stato puro. Dimenticate scorciatoie narrative e registiche; qui c’è tutto quello che il cinema ha da offrire. Emozione, spettacolo, droga per gli occhi e per la mente. Nolan firma il suo capolavoro, quello da cui non potrà mai separarsi e che segnerà per sempre la sua brillante carriera, che oggi più che mai è all’apice di maturità, ambizione, concretezza e artisticità.
Regia sbalorditiva
Fotografia avvolgente
La definitiva prova di maturità del regista britannico
9.5
Dunkirk è cinema, in ogni suo aspetto e sfumatura. Nolan rielabora il classico war movie creando un’esperienza totale, completa, arricchita dalla sua ormai riconoscibile e preziosa firma. Un film da condividere con chi ama il cinema; una di quelle pellicole in grado di accendere il fuoco della passione. Con Dunkirk, Chirstopher Nolan entra nei libri di storia.
Voto Recensione di Dunkirk, la guerra secondo Nolan - Recensione
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