Dragon Quest Monsters: Il principe oscuro | Recensione
Uno spin-off lungamente atteso da una nicchia di fan di Dragon Quest, che fortunatamente arriva sul mercato in condizioni assai migliori dell'ultimo.
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a cura di Gianluca Arena
Senior Editor
In sintesi
- Uno spin-off divertente, senza troppe pretese.
- Difficile distinguerlo da molti congeneri.
- Adatto a grandi e piccini.
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Square Enix
- Produttore: Square Enix
- Distributore: Plaion
- Testato su: SWITCH
- Piattaforme: SWITCH
- Generi: Gioco di Ruolo
- Data di uscita: 1 dicembre 2023
Nonostante la delusione derivata dall'ultimo spin-off recensito su queste pagine, il brand di Dragon Quest rimane sempre uno dei più amati dal pubblico – e, di conseguenza, la pubblicazione di Dragon Quest Monsters: Il principe oscuro rappresenta uno dei momenti più attesi dell'anno dai fan dei giochi di ruolo di matrice nipponica.
La curiosità era tanta, ma, scottati da Infinity Strash Dragon Quest: The Adventures of Dai, ci siamo avvicinati all'ultima fatica Square Enix con un misto di paura e di eccitazione.
Vediamo insieme com'è andata nella nostra recensione finale.
Uno sforzo apprezzabile
Il primo Dragon Quest Monsters, capostipite di questa sotto-serie fortemente influenzata dal successo del franchise Pokémon, è datato 1998 e fu pubblicato su GameBoy Color – e, nonostante un'evidente mancanza di idee genuine, seppe scavarsi una sua nicchia di appassionati, soprattutto nel paese del Sol Levante.
I videogiocatori giapponesi, d'altronde, sono sempre stati attirati dalla possibilità di catturare mostri della loro serie preferita ed utilizzarli in battaglia.
Dopo anni di assenza dalle scene occidentali, con questo titolo Square Enix prova a riproporre la formula al pubblico nostrano, con un impegno evidente in termini di valori produttivi e finanche di storia, un elemento storicamente trascurato se si guarda al franchise originale.
Dragon Quest Monsters: Il principe oscuro, infatti, ci mette nei giovani panni di Psaro, molto prima che diventasse il malefico signore del male che dovremo sconfiggere in Dragon Quest IV: traumatizzato da un'infanzia profondamente infelice, perlopiù per colpa del genitore Randolfo, signore del male e tiranno di Nadiria, Psaro viene maledetto proprio da suo padre, ed è conseguentemente impossibilitato a fare del male ai suoi simili, i mostri.
Incattivito ancora di più dalla sconfitta subita dal padre e dalla maledizione che lo affligge, e nonostante i tentativi di sua madre di rabbonirlo, Psaro crea pian piano un vero e proprio esercito di mostri, che possano fare ciò che a lui è precluso: danneggiare i loro simili e porre fine al regno di terrore di Randolfo.
Nonostante il gameplay loop prenda presto il sopravvento, com'è d'altronde sempre stato per i prodotti che portavano il nome Dragon Quest, lo sforzo per dotare il titolo di una trama sensata ed il più possibile adulta è evidente, e il risultato rimane apprezzabile, pur senza scomodare Dante Alighieri o William Shakespeare.
Chi è venuto solo per allargare la sua squadra di mostri, probabilmente salterà a piè pari le sequenze dialogiche e i brevi filmati di intermezzo, ma chi non dovesse farlo troverà una motivazione circostanziata per proseguire lungo la campagna principale, che nel nostro caso ha richiesto una trentina scarsa di ore per essere completata.
Gameplay da manuale, ma senza picchi
In termini di struttura di gioco, chiunque abbia portato a termine uno qualsiasi degli episodi della serie Pokémon (o uno dei predecessori made in Square Enix di questo titolo) saprà esattamente cosa aspettarsi: il gioco lascia liberi di esplorare una determinata zona, di dimensioni mediamente contenute, che contiene un numero variabile di mostri che è possibile reclutare, tra selvaggi e legati all'avanzamento della storia principale.
Questi possono essere catturati al termine di un combattimento a turni, quando sono indeboliti e più inclini ad arrendersi per aver salva la vita, ed aggiunti alla propria squadra, all'interno della quale divideranno l'esperienza con i loro commilitoni, imparando nuove abilità ed aumentando le loro statistiche in accordo alla loro natura e alle scelte del giocatore.
Qualsiasi esemplare che abbia raggiunto il livello 10 può essere poi fuso, così da creare un mostro ex-novo di grande potenza che attingerà al pool delle skill di entrambi i genitori, dando vita a delle macchine da guerra dall'aspetto pacioso: sotto questo punto di vista, riprendendo molti dei sistemi visti nella serie Shin Megami Tensei, è possibile sapere in anticipo quali mostri ottenere fondendone altri dal proprio party e quali abilità questi potranno ereditare.
Se queste meccaniche di gioco suonano familiari, è perché lo sono: la mancanza di idee veramente nuove, che distinguano Dragon Quest Monster: Il principe oscuro dai suoi congeneri, è una delle mancanze più evidenti della produzione, che si accontenta di mettersi in coda invece di proporre qualcosa di realmente inedito al grande pubblico dei giochi monster catching.
Lo stesso combat system è abbastanza semplice e non propone nulla che non si sia già visto in migliaia di altri giochi similari: le battaglie sono a turni, è possibile delegarle ad una buona intelligenza artificiale, impostando delle direttive generiche per il party (composto da un massimo di quattro mostriciattoli), e il livello di difficoltà medio è decisamente tarato verso il basso, come da tradizione non solo dei Dragon Quest Monsters ma anche dei giochi appartenenti a questa sottocategoria dei GDR nipponici.
Tutto funziona benone, soprattutto per un pubblico giovane o per chi fosse nostalgico di quello che la serie Pokémon proponeva fino a quattro o cinque anni fa – ma, nel contempo, tutto sa tremendamente di già visto, con nessuna novità a ravvivare una formula vecchia di almeno due decenni, che sa ancora divertire ma che, alla lunga, può anche portare alla noia tanto i giocatori veterani quanto ai meno giovani, che probabilmente si rivolgeranno al multigiocatore online per provare l'ebbrezza di un minimo di senso di sfida.
L'enciclopedia interna dei mostri consta di oltre cinquecento esemplari, quasi tutti provenienti dagli sconfinati bestiari dei titoli canonici della serie Dragon Quest, con qualche notevole eccezione: gli amanti del franchise si sentiranno immediatamente a casa, ma anche per i neofiti il monster design mantiene un certo fascino nonostante gli anni intercorsi dal debutto sul mercato e la pubblicazione di tantissimi altri titoli simili nel frattempo.
L'unico elemento fuori dagli schemi è probabilmente rappresentato dal fatto che ognuna delle ambientazioni può essere visitata nelle quattro differenti stagioni, con variazioni talvolta anche significative nella popolazione locale di mostri e nell'aspetto delle location stesse: un twist intelligente che ravviva le fasi di esplorazione e di cattura dei mostri.
Singhiozzi non troppo giustificati
Uno dei punti deboli della produzione è rappresentato dalle performance, decisamente ballerine nonostante il gioco sia al momento un'esclusiva per la piattaforma Nintendo: i cali di frame rate sono frequenti e percettibili, sebbene mai drammatici, e i 30 fps sono mantenuti perlopiù nelle aree vuote o durante gli scontri a turni.
Il pop-in delle texture è abbastanza evidente, soprattutto durante le fasi di esplorazione, quando lo streaming degli asset di superficie può essere avvertito ad occhio nudo anche dai giocatori meno attenti, e la risoluzione in modalità portatile non è nativa, sicuramente inferiore ai 720p a cui Switch ci ha abituato negli ultimi anni.
In ogni caso, questi compromessi appaiono difficilmente spiegabili vista la scarsa interattività e la vuotezza delle ambientazioni: tanto nelle aree abitate quanto nel bel mezzo della natura selvaggia le interazioni saranno minime, con pochissimi modelli a schermo e praticamente solo i mostri da combattere visibili, quasi a non voler stressare ulteriormente il motore di gioco.
La buone notizie provengono dalla varietà delle ambientazioni, dalla sempiterna direzione artistica di Akira Toriyama e dal bestiario, che spazia dal buffo al tragicomico, e che riunisce sotto un'unica bandiera quasi quarant'anni del franchise Dragon Quest: se nutrite anche solo un vago interesse per lo stile del mangaka nipponico, Dragon Quest Monsters: Il principe oscuro vi farà sentire in paradiso.
Stesso discorso per le musiche, che rappresentano un compendio di quanto ascoltato finora della serie, con riarrangiamenti sempre sul pezzo e una manciata di tracce inedite ad insaporire il tutto.
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Voto Recensione di Dragon Quest Monsters: Il principe oscuro | Recensione
Voto Finale
Il Verdetto di SpazioGames
Pro
-
Narrativa interessante
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Gameplay loop assuefacente
-
Parecchi contenuti
Contro
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Niente di nuovo sotto il sole
-
Difficoltà decisamente tarata verso il basso
-
Diversi problemi tecnici
Commento
Ne emerge una proposta ludica vicina agli amanti dei giochi di ruolo incentrati sul collezionare, allevare e fondere mostri, più che su storia ed esplorazione a mondo aperto. Speriamo, comunque, che il team di sviluppo sistemi i singhiozzi del frame rate quanto prima.