Dieci anni di Mass Effect 2 in dieci dettagli - Speciale
Celebriamo i primi dieci anni del gioco che ci ha insegnato a combattere, sognare e amare nello spazio profondo.
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a cura di Francesco Ursino
Avviso: sono presenti spoiler su Mass Effect 2 (e anche su The Witcher 3)
Ridendo e scherzando, sono già passati dieci anni dall’uscita di Mass Effect 2, come scrivevamo anche nella news dedicata al gioco Bioware. E se ci ritroviamo qui a celebrare questo titolo, vuol dire che qualcosa di buono l’ha dovuto pur lasciare, dietro di sé.
Cerchiamo, allora, di rivivere in qualche modo l’epopea del secondo capitolo delle avventure di Shepard, che introduceva numerosi cambiamenti rispetto al primo atto, oltre che personaggi iconici. Nel pieno spirito della rubrica il Dettaglio, cercheremo di farlo introducendo particolari utili a celebrare il primo decennio di un gioco destinato a rimanere per tanti motivi nel cuore degli appassionati.
Mass Effect 2 non è stato amore a prima vista
Il tempo in qualche modo lenisce tutte le ferite e tende a far passare in secondo piano i lati negativi. Vale per molte cose della vita, figuriamoci per un videogioco. Dico questo perché, lo ricordo chiaramente, quando uscì Mass Effect 2 non mi fece subito una grandissima impressione.
Rispetto al primo Mass Effect, le semplificazioni erano davvero tante, e certe mi avevano colto di sorpresa. Per uno abituato a cambiare tipologia di mod delle armi prima di ogni scontro, a seconda del nemico che si trovava davanti, l’arrivo delle munizioni in Mass Effect 2 rappresentava una bella scocciatura. Ed è anche vero che Bioware si è sforzata di dare anche una sorta di cornice narrativa a quella che era una delle novità più controverse del secondo capitolo. Il primo dettaglio riguarda proprio questa conversazione tra Shepard e Conrad Verner (occorsa in Mass Effect 3), come si può vedere in questo video.
Le limitazioni sulle armature, parzialmente tolte in Mass Effect 3, erano un’altra semplificazione non del tutto piacevole. Tutto quello che cambiava era la parte estetica. Anche la gestione delle armi, e il loro utilizzo a seconda della classe scelta, subivano cambiamenti che sulle prime non mi piacevano molto.
Tra le tante novità, c’era anche l’eliminazione del Mako, a favore di un sistema di raccolta delle risorse decisamente più snello (anche se un po’ ripetitivo). Uno dei dettagli più trash del gioco era apprezzabile proprio durante queste sequenze. In italiano la faccenda perdeva tutta le sua (possibile) ironia, ma se si giocava in inglese, si arrivava su Urano, e si decideva di lanciare una sonda, IDA non poteva esimersi dal commentare con un asciutto “probing uranus” (che evito di tradurre per decenza).
Nonostante semplificazioni varie e battute che farebbero ridere sì e no un ragazzetto, Mass Effect 2 è un gioco che ancora oggi ricordo con grande piacere, soprattutto per la sua narrativa.
La missione finale più bella di sempre?
Sarà stato anche un gioco semplificato – e all’epoca le discussioni furono molte su questo tema – ma il fatto è che, una volta finito Mass Effect 2, ne volevo ancora. Non è una cosa che mi capita molto spesso, e sicuramente non mi era capitato con il primo.
La missione finale di Mass Effect 2, la “missione suicida”, come la chiamava il gioco, costituisce probabilmente uno degli esempi migliori di come un gioco basato su scelte debba comportarsi. Tutte le azioni passate del giocatore avevano un effetto e, come se non bastasse, si era chiamati a compiere ancora altre scelte in pochi minuti. Poteva finire bene, o malissimo: nel mio caso, ricordo chiaramente di aver lasciato per strada qualche compagno, ma se non altro di aver riportato a casa la maggioranza dei miei alleati. O almeno, quelli a cui ero più affezionato.
Era tutta la costruzione della missione, in ogni caso, a essere di altissimo livello. Guardate la fase iniziale, dove era necessario dividere i propri compagni e assegnare loro i vari compiti. Riassaporate l’importanza dell’evento, la sua epicità. Rivedendo questo particolare, non posso che pensare all’impatto che Mass Effect 2 ha avuto sul modo di raccontare una storia all’interno di un videogioco. E forse è un caso, o forse no, ma le stesse sensazioni le ho avute giocando a The Witcher 3, durante la preparazione della battaglia di Kaer Morhen. Certo, nel titolo CD Projekt Red era tutto più semplificato – e non si trattava della missione finale – ma mi piace pensare che per arrivare alle avventure dello strigo si sia dovuti passare anche dalla missione di Shepard.
Perché uno dei grandi meriti di Mass Effect 2 è stato proprio quello di aver proposto personaggi secondari di altissimo livello. E da qui la discussione potrebbe cadere sulla questione romance. Personalmente, potrei rimanere a lamentarmi di come diavolo abbia fatto a non concludere nulla con Miranda – e di come, temendo funzionasse come nel primo Mass Effect, non abbia concluso nulla con nessun’altra. Ma c’era un’altra romance, in Mass Effect 2, che aveva effetti decisamente meno piacevoli, e rappresenta uno dei particolari del gioco che mi ha sempre sorpreso. Si tratta di quella con Morinth, talmente intensa che alla fine… beh, Shepard ci lasciava le penne. Almeno in maniera piacevole.
Sono il comandante Shepard, tra le altre cose
Personalmente, per quel poco che vale, reputo la colonna sonora di Mass Effect 3 di livello inarrivabile – almeno rimanendo nell’ambito della serie. Basta sentire An End, Once And For All di Clint Mansell e Sam Hulick per farmi venire i brividi, a oltre dieci anni di distanza. Però, anche Mass Effect 2 aveva il suo perché in fatto di audio.
Il primo dettaglio che mi viene in mente, ad esempio, è la musica dell’Afterlife, il locale che si poteva visitare sulla stazione spaziale Omega. A livello di gameplay vero e proprio, il club era il luogo dove ci si poteva rovinare di alcol, ma anche avviare diverse missioni. La musica che si poteva sentire in sottofondo era ipnotica, oltre ad avere un nonsoché di sci-fi che la rendeva perfetta. Gustatevene un’ora intera qui.
Non si può parlare, poi, di uno dei particolari più importanti per un gioco tanto verboso quanto Mass Effect 2, ovvero il doppiaggio. Mi spingo a dire che la versione italiana, in molti casi, era più ispirata di quella originale, specie per quanto riguarda il doppiaggio di Shepard, in questo caso eccezionalmente doppiato da Giacomo Zito, dopo la defezione temporanea di Claudio Moneta. Per gli intenditori, invece, non poteva mancare anche l’urlo di Wilhelm, utilizzato in centinaia di film. A quanto pare era presente anche in Mass Effect 2 durante le prime fasi di gioco.
E come dimenticare, poi, la missione nella quale ci si poteva improvvisare testimonial dei negozi di mezza Cittadella? Sono anche questi dettagli, un po’ esilaranti, a far rimanere Mass Effect 2 nella memoria collettiva dei giocatori.
The stars look very different today: i dettagli grafici
Sul piano estetico, Mass Effect 2 inizia a mostrare i suoi anni. I volti, che un tempo ritenevo espressivi e dettagliati, oggi mi sembrano piuttosto smorti e privi di vita. Certo, non siamo ai livelli della prima versione di Mass Effect: Andromeda, tanto per rimanere in tema, ma è evidente che l’aspetto tecnico è quello che invecchia peggio in titoli del genere.
Nonostante ciò, non c’è dubbio che alcune scene conservino il loro impatto. I dettagli delle sequenze iniziali, ad esempio, specie quelle dove Shepard viene miracolosamente portato in vita, mi avevano particolarmente affascinato. Tra i dettagli più iconici, poi, non possono mancare le scene con Illusive Man, impegnato a fumare la sua sigaretta sullo sfondo di una galassia blu e rossa, divisa tra bene e male.
Ma uno dei dettagli che per me è più significativo è l’aspetto stesso di Shepard (mi riferisco alla versione maschile). All’epoca in cui ho giocato al titolo Bioware usavo ancora personalizzare l’aspetto dei personaggi nel modo più pacchiano possibile. Il mio Shepard era nero con capelli e barba biondi, ed è stato così per tutti e tre i capitoli della serie. Ciò non toglie che il modello originale di Shepard sia il vero Shepard. A interpretarlo è stato Mark Vanderloo, un modello olandese che, per qualche motivo, non è mai stato celebrato opportunamente da Bioware o Electronic Arts.
Certo, il titolo poteva contare su doppiatori d’eccezione nella versione inglese, ben più famosi di Vanderloo. L’ottima Carrie-Ann Moss, la sempre ottima Yvonne Strahovski, Adam Baldwin e tanti altri. Li potete apprezzare anche in questo video. E Vanderloo, invece, dov’è? Per qualche motivo, il modello è stato sempre tenuto in disparte. Se volete farvi una cultura sulla sua carriera, beccatevi quest’altro filmato.
Cosa rende Mass Effect 2 ancor attuale
La grafica, il sonoro, il gameplay: tutte cose ottime, ma non c’è dubbio che sono la narrativa, i personaggi, le sottotrame di Mass Effect 2 a tenere ancora in piedi il mito del titolo Bioware. E se è vero che un nuovo capitolo della saga è in sviluppo, bisognerà stare davvero attenti.
Perché non basteranno nuove meccaniche, o quantomeno un titolo sviluppato come si deve (Andromeda, sto ancora parlando di te). Per ritrovarci qui tra una decina d’anni a parlare del nuovo Mass Effect, ci sarà bisogno dello stesso mix perfetto di momenti drammatici e senza senso, gli intermezzi comici e le iconiche romance, e soprattutto una missione finale degna di questo nome.
Il mondo videoludico ha ancora bisogno di storie belle, sci-fi e appassionanti come quelle che può offrire Mass Effect. E perché, come diceva Miranda, “C’è ancora molto da fare, Shepard” (oh, scusate se ritorno sul tema, ma questa frase è il particolare di Mass Effect 2 che mi ricorderò vita natural durante, visto che per qualche motivo non mi permetteva di procedere con la romance di Miranda).
Errata corrige: questo articolo attribuiva a Claudio Moneta il doppiaggio di Shepard in Mass Effect 2, ma il doppiatore venne sostituito da Giacomo Zito. Ci scusiamo per l’imprecisione.
Mass Effect 2 è una pietra miliare nella storia moderna dei videogiochi. Sicuramente non era esente da colpe o difetti, ma i suoi pregi meritano di essere ricordati, anche a dieci anni di distanza. Solo il tempo potrà dire se questo speciale potrà essere ripetuto, magari tra qualche anno con un nuovo capitolo della serie. Voi quale particolare ricordate con più affetto del secondo capitolo della trilogia Bioware?
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