Immagine di Deathverse: Let It Die | Recensione - Un battle royale a tinte dark
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Deathverse: Let It Die | Recensione - Un battle royale a tinte dark

Deathverse: Let It Die prova a ritagliarsi un suo spazio nell'affollato mondo dei battle royale. Ci sarà riuscito?

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a cura di Nicolò Bicego

Redattore

Informazioni sul prodotto

Immagine di Deathverse: Let It Die
Deathverse: Let It Die
  • Sviluppatore: GungHo Online Entertainment
  • Produttore: GungHo Online Entertainment
  • Piattaforme: PC , PS4 , PS5
  • Generi: Multiplayer Online , Survival
  • Data di uscita: 05 ottobre 2022

L’invasione di titoli battle royale nel mondo videoludico non accenna ancora ad arrestarsi; nonostante la saturazione di questo particolare mercato sia ormai inevitabilmente vicina (se non già raggiunta), ci sono continuamente sviluppatori che tentano di cimentarsi nell’impresa di costruirsi una propria nicchia di pubblico.

Stavolta è il turno di SuperTrickGames, team nato da Grasshopper Manufacture, a cui è stato affidato lo sviluppo di Deathverse: Let It Die, battle royale ambientato nell’universo narrativo dell’action-rpg uscito nel 2016.

Il gioco è attualmente disponibile per il download gratuito su PlayStation 5, PlayStation 4 e PC. Questo, ovviamente, significa che non avete niente da perdere nel dargli una chance provandolo con mano, ma abbiamo comunque voluto darvi il nostro verdetto per farvi capire se valga o meno la pena di spendere il vostro tempo con questo nuovo battle royale.

Diamo inizio al Death Jamboree

La storia di Deathverse è ambientata successivamente agli eventi narrati nell’episodio originale Let it Die, anche se i legami narrativi diretti sono praticamente assenti, dunque non avrete bisogno di conoscenze preliminari per comprendere quel (poco) che viene raccontato in Deathverse.

Ci troviamo nell’anno 2026, con l’umanità spinta verso la follia da una calamità naturale che ha ormai colpito tutto il mondo. In questo universo distorto, ha cominciato ad avere una grandissima popolarità un reality show basato sulla violenza e sul massacro, chiamato Death Jamboree. In questa serie televisiva, sedici contendenti sono chiamati ad affrontarsi in un gioco all’ultimo sopravvissuto, con il pubblico da casa che si scalda quanto più le azioni si fanno brutali e sanguinose.

Ad introdurre questo spettacolo grottesco sono due presentatori, Queen B e Bryan Zemeckis; il filmato iniziale del gioco ce li mostra intenti ad introdurre il Death Jamboree in una assurda scenetta che sembra proveniente da un musical hollywoodiano, in un’atmosfera completamente surreale.

Ed è proprio l’atmosfera uno degli elementi più unici di Deathverse. In un momento storico in cui i battle royale abbondano, è fondamentale cercare di distinguersi dalla massa proponendo qualcosa di unico

Il team di SuperTrickGames ha evidentemente puntato molto sulla personalità estetica del suo titolo; Deathverse ha una direzione artistica molto particolare, che mescola in sé diverse culture estetiche, richiamando per certi versi lo stile vittoriano e mescolandosi per altri con elementi futuristici ed industriali.

Questo si rispecchia nella mappa di gioco, Bonuriki Island, attualmente l’unica disponibile. Essa è divisa in sette zone, ciascuna contraddistinta da una sua estetica particolare, che rende facile comprendere il proprio posizionamento anche senza fare riferimento alla mini mappa presente sullo schermo.

A livello puramente tecnico, invece, Deathverse sembra essere piuttosto solido. Certo, non è un titolo impressionante a livello grafico, ma comunque la performance di gioco è stata estremamente stabile nel corso di tutte le nostre partite (abbiamo giocato su PlayStation 5, che potere recuperare in un interessante bundle su Amazon).

Ci sono alcune sbavature visibili che rendono evidente la natura AA del gioco; ad esempio, le interviste post-partita al vincitore del Death Jamboree avvengono in un completo silenzio, senza alcuna linea di doppiaggio recitata dal sopravvissuto e con una semplice, breve chiosa del presentatore. In ogni caso, il lavoro svolto dagli sviluppatori è più che discreto, e considerando il budget con cui hanno plausibilmente lavorato sarebbe stato difficile chiedere di più sotto questo profilo.

Ne rimarrà soltanto uno (anche stavolta)

Veniamo quindi al gameplay di questo Deathverse. Il formato delle partite, nell’unica modalità disponibile, è quello classico del battle royale: 16 giocatori si scontreranno su una mappa fino a che non rimarrà soltanto un sopravvissuto, con la zona sicura che si restringe mano a mano che scorre il tempo.

Lo schema di controlli ricorda da vicino quello di un Dark Souls, con attacchi leggeri e pesanti affidati ai tasti dorsali, e la schivata affidata al pulsante cerchio. Ovviamente, Deathverse è molto più dinamico e frenetico rispetto ai Dark Souls, dunque le analogie si limitano semplicemente alla mappatura dei comandi e alle azioni di base su cui possiamo contare, ma aiutano a rendere l’idea.

Per compiere la nostra mattanza potremo scegliere ad inizio partita un’arma. Ce ne sono diverse tra cui scegliere, e ciascuna è dotata di abilità differenti; ciascuna rispecchia un particolare stile di gioco, dunque passerete sicuramente qualche partita a sperimentarle tutte prima di decidere quella su cui basare la vostra strategia.

Dopo l’avvio della partita, avremo a disposizione qualche manciata di secondi per esplorare i dintorni alla ricerca di buff per migliorare il nostro personaggio. La mappa di Bonuriki Island è ricolma di miglioramenti da acquisire e di particolari funghetti che, se ingeriti, donano degli ulteriori bonus al personaggio.

Una volta incontrato un altro giocatore, avrà inizio la sfida vera e propria. Deathverse prevede uno scudo (che può essere rotto da ripetuti attacchi, specialmente quelli pesanti), ma non sono presenti veri e propri parry, dunque è incentivata l’offensiva pesante. Per sconfiggere un avversario dovremo esaurire la sua barra della vita; lo scopo non è semplice da raggiungere, perché per ogni punto mandato a segno su un nemico si guadagnano Glory Points (che simboleggiano il gradimento del pubblico) e, soprattutto, punti vita.

Questo significa che un colpo mandato a segno può far recuperare preziosissimi punti salute e permettere anche ad un avversario in fin di vita di avere una rivalsa improvvisa.

A questo scopo, sono stati inseriti anche degli elementi PvE all’interno delle partite. Sulla mappa, infatti, ci sono molteplici animali, alcuni inoffensivi, altri invece piuttosto aggressivi nei confronti degli intrusi.

Sconfiggere le creature di Bonuriki Island ci garantirà un prezioso boost alla nostra salute, permettendoci di essere più preparati all’arrivo degli avversari umani. Non sempre sarà così semplice, però. Nel corso del Death Jamboree verranno liberate sulla mappa dei cacciatori, denominati semplicemente Hunters, che braccheranno, appunto, tutti i contendenti del gioco.

Queste creature, a differenza delle altre, non possono essere sconfitte; trovarsi nelle loro vicinanze può equivalere a morte certa, dunque la nostra unica opzione a disposizione in caso di contatto con un Hunter è la fuga.

Questo elemento aggiunge ulteriore pepe alle partite, perché in qualsiasi momento il presentatore potrebbe annunciare l’arrivo di un Hunter, in grado di ribaltare completamente le sorti della partita.

La formula di Deathverse funziona, quindi, ed il gioco è davvero molto divertente ed immediato. Pur senza presentare grandi rivoluzioni rispetto ad altri titoli battle royale, l’estetica unica ed i piccoli ritocchi apportati alla formula lo rendono molto godibile anche per i non appassionati del genere.

Ci sono però alcuni elementi negativi su cui vorremmo soffermarci. Innanzitutto, sul fronte del gameplay le cose funzionano, ma si sentono alcuni limiti, come la mancanza di un tasto per il lock. Attaccare gli avversari alla cieca non è sempre comodo, soprattutto quando la situazione si fa più concitata.

In secondo luogo, a preoccuparci molto per Deathverse è la durata nel lungo periodo. Attualmente, come abbiamo sottolineato, è presente una singola mappa, su cui è possibile giocare ad una sola modalità di gioco.

Dopo qualche partita, quindi, sorge inevitabilmente una sensazione di noia, anche perché il gioco ripercorre un terreno già battuto da molti altri titoli. Gli sviluppatori hanno promesso un lungo supporto per il titolo, con nuove modalità in arrivo, ma il dubbio rimane lo stesso.

C'è anche un altro fattore da considerare: il gioco viene proposto con un modello free-to-play, ma c'è la possibilità di acquistare un abbonamento premium. Al di là delle ricompense secondarie, soltanto con l'abbonamento premium è possibile creare stanze in cui invitare gli amici.

Non è necessario che ogni amico possieda l'abbonamento, ma almeno un giocatore deve averlo. Onestamente, non ci è parsa la migliore delle idee bloccare la possibilità di giocare in stanze private dietro ad un paywall.

Considerando infine lo scarso marketing fatto per Deathverse, il gioco rischia di non riuscire a crearsi una sua nicchia di giocatori, finendo presto nel dimenticatoio. È una storia che abbiamo già visto per altri titoli, e team di sviluppo ben più grandi (e con budget più alti) si sono visti costretti ad abbandonare le proprie creature proprio per motivazioni simili.

Chiaramente, speriamo che questo non succeda per Deathverse perché la base del gioco è buona, nonostante i limiti segnalati, ed il potenziale per migliorare, stando almeno alle promesse degli sviluppatori, c’è.

Versione recensita: PS5

Voto Recensione di Deathverse: Let It Die - Recensione


7

Voto Finale

Il Verdetto di SpazioGames

Pro

  • Divertente ed appagante

  • Estetica unica nel genere

  • Intuitivo ma profondo

Contro

  • Attualmente povero di contenuti

  • Si sente la mancanza del lock

  • Non rinnova una formula giunta a saturazione

Commento

Deathverse: Let It Die non rivoluziona la formula dei battle royale, ma grazie ad una direzione artistica peculiare e ad alcuni piccoli ritocchi alla struttura di gioco riesce comunque a porsi come una valida alternativa ai titoli più popolari già presenti sul mercato. Visto che il titolo adotta un modello free-to-play ci sentiamo di consigliarlo, pur con i suoi limiti, a tutti gli appassionati del genere, perché si tratta certamente di un titolo divertente. L'incognita maggiore riguarda la tenuta sul lungo periodo: bisognerà vedere se le promesse fatte dagli sviluppatori verranno mantenute, perché ora come ora i contenuti sono davvero troppo pochi.
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